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POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...

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Luca Ferrieri: La politica è sempre una poetica. Un <strong>di</strong>a-tria-logo su guerra e pace<br />

Il tema… Note ai fianchi… Ripresa e contrappunto…<br />

<strong>di</strong> LUCA FERRIERI <strong>di</strong> ENNIO ABATE e MARCO GAETANI <strong>di</strong> LUCA FERRIERI e ALTRI<br />

Lavorare ai fianchi<br />

Lavorare ai fianchi ovverosia sfiancare il senso comune, le certezze nostre e altrui. Lavorare ai fianchi,<br />

ossia affiancare, praticare la nobile e <strong>di</strong>smessa scelta <strong>di</strong> schierarsi, <strong>di</strong> stare al fianco, <strong>di</strong> prendere parte e<br />

partito. Lavorare ai fianchi, ossia colpire nella parti non vitali, ma anche nei punti deboli, cercando<br />

l’anello che permette <strong>di</strong> smontare e rimontare la catena. Lavorare ai fianchi: marginali che non hanno<br />

smarrito l’intero e che si propongono <strong>di</strong> accerchiarlo per via periferica. Lavorare ai fianchi, dunque sapere<br />

e sperare che gutta cavat lapidem, che il battito <strong>di</strong> una farfalla a Cologno Monzese può produrre una<br />

tempesta in Florida. Scavando nella pietra ma anche circuendola, preferendo la mossa del cavallo<br />

all’attacco frontale della torre. Lavorare ai fianchi, cioè <strong>di</strong> scarti, <strong>di</strong> scartamenti, <strong>di</strong> balzi. Lavorare nella<br />

prossimità, nella vicinanza, partendo da ciò che ci tocca, da ciò che si tocca. E poiché lavorare stanca,<br />

portare la nostra stanchezza con noi, fianco a fianco, così che stringendo lo sguardo possa mettere a fuoco<br />

i dettagli e chiudendo gli occhi, invece, possa far posto al campolungo dei sogni.<br />

O<strong>di</strong>are il nemico<br />

In un suo acuto (ancorché e perché non<br />

sempre con<strong>di</strong>visibile) intervento 1 , Sergio<br />

Benvenuto osserva che mentre gli uomini<br />

<strong>di</strong> destra non o<strong>di</strong>ano il nemico, in quanto<br />

nella mitologia guerriera simile a loro e<br />

quin<strong>di</strong> segretamente ammirato, gli uomini<br />

<strong>di</strong> sinistra lo o<strong>di</strong>ano perché li trascina alla<br />

guerra, li rende simili a lui. La <strong>di</strong>cotomia<br />

mi pare contraddetta innanzitutto dalla storia.<br />

Falangi, ustascia, ss e altre truppe scelte<br />

della destra si sono macchiate <strong>di</strong> tali e<br />

tante crudeltà che questo co<strong>di</strong>ce d’onore<br />

pare esistere solo, forse, in qualche storia<br />

<strong>di</strong> samurai. Non che le corrispettive milizie<br />

“sinistre” siano state da meno, ma proprio<br />

la ra<strong>di</strong>ce rousseauiana che Benvenuto<br />

pone alla base <strong>di</strong> ogni visione “<strong>di</strong> sinistra”<br />

(anche se così non è: esistono sinistre hobbesiane,<br />

mandevilliane, sa<strong>di</strong>ane, smithiane,<br />

nietzschiane…) dovrebbe mettere in<br />

guar<strong>di</strong>a da questo esito. A meno <strong>di</strong> sposare<br />

le posizioni oltranziste della nuova destra<br />

secondo cui è proprio Rousseau a portare<br />

dritto nel gulag. In realtà a me pare che,<br />

almeno su questo terreno, sinistra e destra<br />

siano categorie quasi ininfluenti (salvo<br />

sperare che il pacifismo abbia in realtà operato<br />

recenti e non effimere mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

positive). Ci sono uomini che o<strong>di</strong>ano e<br />

uomini che non o<strong>di</strong>ano. Tra i primi e i tra i<br />

secon<strong>di</strong> ci sono uomini che si rassegnano e<br />

uomini che combattono. Molti <strong>di</strong> questi<br />

combattono anche contro l’o<strong>di</strong>o e hanno<br />

imparato, dopo aver attraversato tutti gli<br />

[mg] Credo che nessuno che<br />

abbia mai giocato a scacchi<br />

rinuncerebbe ad una torre neppure<br />

per due cavalli.<br />

[ea] Ma l’o<strong>di</strong>o innanzitutto esiste:<br />

è un sentimento <strong>di</strong> base assieme<br />

all’amore. Non voglio improvvisare<br />

sulla definizione e la<br />

spiegazione <strong>di</strong> entrambi. Ne constato<br />

prima l’esistenza e poi un<br />

altro dato che mi pare incontrovertibile:<br />

la rielaborazione che<br />

ciascuno fa dei sentimenti <strong>di</strong> base<br />

che si ritrova (rielaborazione che<br />

mai prescinde dalle spinte della<br />

collettività d’appartenenza e accentua<br />

ora l’uno ora l’altro) solo<br />

in alcuni (spiriti religiosi? o più<br />

spinti al dovere...tu ne dai un esempio<br />

quando affermi: «non si<br />

può o<strong>di</strong>are neppure il nemico proprio<br />

perché non si deve mai assomigliargli»)<br />

raggiunge il rifiuto<br />

dell’o<strong>di</strong>o stesso. Rifiuto che a me<br />

pare, comunque, <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong><br />

astratto, poco rinvenibile soprattutto<br />

in politica. L’impossibilità <strong>di</strong><br />

1 SERGIO BENVENUTO, Paradosso del pacifismo, “Aut aut”, (1999), 293-4, p. 81-107.<br />

[lf] Ma su un’altra<br />

scacchiera?<br />

Con le torri (anche d’avorio)<br />

mi ci arrocco, mi ci chiudo, vado dritto, vado addosso, picchio<br />

contro. Col cavallo salto, zigzagheggio, scavalco gli<br />

ostacoli, volo sopra il nemico.<br />

Sul passo del cavallo cfr.: V.<br />

FOA, Il cavallo e la torre, Ei-<br />

nau<strong>di</strong>, 1991.<br />

[lf] Certo che l’o<strong>di</strong>o esiste. Certo<br />

che bisogna farci i conti. Non propongo<br />

<strong>di</strong> negarne l’esistenza (sarebbe<br />

irenico) ma <strong>di</strong> combatterla.<br />

Se l’alternativa fosse: accettazione<br />

dell’esistente / riscossa a prezzo<br />

dell’o<strong>di</strong>o, potremmo a lungo<br />

dubitare ed oscillare, come è stato<br />

tante volte in passato, e poi quasi<br />

sempre finire prigionieri <strong>di</strong> una<br />

sorta <strong>di</strong> alternanza tra le due vie<br />

(non si vive <strong>di</strong> solo o<strong>di</strong>o, mai).<br />

Ma forse oggi non è più questa<br />

l’unica possibilità: ci può essere<br />

una via <strong>di</strong> riscossa che non passa<br />

attraverso l’o<strong>di</strong>o del nemico, così<br />

come c’è una rassegnazione<br />

all’esistente che si nutre d’o<strong>di</strong>o<br />

(anche verso l’amico).<br />

Poliscritture/Eso<strong>di</strong> 30

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