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POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...

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si <strong>di</strong>ceva una volta) può essere utile affrontare<br />

la centralità in<strong>di</strong>scussa del modello-chiesa, così<br />

accanitamente e lucidamente al centro degli<br />

stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ranchetti, specie in questo momento in<br />

cui gran parte della sinistra - come ha ricordato<br />

Massimo Cappitti in una delle pochissime<br />

recensioni che Non c’è più religione abbia ricevuto<br />

(in L’ospite ingrato 2 2003) - sembra allinearsi<br />

ossequiosamente alla chiesa, fino ritenerla<br />

l’«unica istanza etica universale capace <strong>di</strong><br />

parlare autorevolmente al mondo “globalizzato”»;<br />

5) chi viene dalla storia della sinistra<br />

comunista più ra<strong>di</strong>cale si potrebbe però chiedere<br />

se abbia senso partire dalla <strong>critica</strong> della<br />

chiesa fatta da Ranchetti invece che dalle tante<br />

critiche anarchiche fatte fin dall’inizio del movimento<br />

operaio alla forma-partito (da Bakunin<br />

a Rosa Luxemburg alla rivoluzione <strong>cultura</strong>le<br />

cinese). Mi sono risposto: a queste critiche,<br />

sovente troppo fiduciosamente illuministiche, è<br />

sfuggito quasi sempre la presa dell’aspetto sacrale<br />

del potere sull’immaginario sociale. Ed è<br />

stata, invece, proprio la chiesa – come fa notare<br />

Ranchetti nella coda dell’intervista - che per<br />

lunghi secoli, sottraendo il suo e l’altrui potere<br />

ad ogni interrogazione o intromissione dei suoi<br />

laici e dei cosiddetti “eretici”, ha monopolizzato<br />

le risposte a dubbi fondamentali<br />

dell’esistenza nostra, riverberando sugli altri<br />

poteri con cui mano mano si è alleata - dagli<br />

imperatori ai fascismi – l’aura della sua sacralità;<br />

6) se forse c’interrogassimo seriamente<br />

sul perché la “chiesa comunista” sia crollata e<br />

quella cattolica invece mantenga una sua presenza<br />

pervasiva (sia pur pervertita), sa perdonarsi<br />

e assolversi dei propri “errori” o esibire<br />

in mo<strong>di</strong> spettacolari fascinosi le <strong>di</strong>chiarazioni e<br />

le imprese dei suoi capi carismatici e può presentarsi<br />

oggi come «l’unico soggetto monopolista<br />

della storia e della verità» (Cappitti), dovremmo<br />

rispondere che l’amministrazione oculata<br />

del suo Sacro le ha permesso <strong>di</strong> avere rapporti<br />

privilegiati <strong>di</strong> connivenza e <strong>di</strong> adattamento<br />

con altri gestori <strong>di</strong> un sacro degradato (fascismo<br />

e nazismo); e oggi anche col Capitale finanziario<br />

trionfante, dalla chiesa <strong>critica</strong>to per<br />

i suoi “eccessi materialistici”, ma mai <strong>di</strong>sconosciuto<br />

e tantomeno scomunicato, come capitò al<br />

comunismo da parte <strong>di</strong> Pio XII. Mentre il comunismo<br />

staliniano non seppe andare oltre un<br />

certo rozzo culto della personalità.<br />

Aggiungo infine almeno altre tre domande<br />

che la lettura <strong>di</strong> Non c’è più religione mi<br />

ha suscitato:<br />

1) perché è stata possibile una connivenza<br />

quasi logica, come <strong>di</strong>mostra Ranchetti,<br />

fra Chiesa cattolica e fascismo o, altrimenti, è<br />

stata sempre più facile l’«alleanza tra trono ed<br />

altare» e così ardua quella fra cristianesimo e<br />

comunismo?<br />

2) la <strong>critica</strong> al cattolicesimo <strong>di</strong> Ranchetti<br />

verrebbe rafforzata o indebolita da quella<br />

al Capitale, il grande innominato del suo libro?<br />

(Marx, se non sbaglio, è citato una sola<br />

volta, a pag. 79, parlando del tentativo <strong>di</strong> interpretazione<br />

fatto da parte dei cattolici <strong>di</strong> sinistra<br />

e nell’intervista Ranchetti chiarisce bene<br />

anche alcune ragioni biografiche dell’assenza<br />

nella sua riflessione <strong>di</strong> questo autore);<br />

3) da chi e come si potrà spezzare questo monopolio<br />

totalitario della Chiesa, se tutta la<br />

memoria del tentativo del comunismo novecentesco<br />

è <strong>di</strong>ventata oggi tabù? (Ricordo en passant<br />

che Giovanni Paolo II, oltre che «incarnazione<br />

<strong>di</strong> un “primato che non riconosce errore”»<br />

è stato presentato anche come il “vincitore<br />

del comunismo”, e cioè <strong>di</strong> un’esperienza storica<br />

nella quale si era affacciata l’ipotesi che forse<br />

un senso religioso alla vita poteva anche non<br />

essere più necessario).<br />

Poliscritture/Eso<strong>di</strong> 29

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