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POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...

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- Pier Paride Vidari: Memorie berlinesi<br />

Non riesco a sconnettere la mia mente dalla<br />

tragicità <strong>di</strong> Berlino.<br />

Forse perché ricordo ancora perfettamente<br />

quei giorni quando il cielo si copriva d’aerei,<br />

con quel vasto, cupo e pauroso rombo che lo<br />

avvolgeva interamente per un tempo che pareva<br />

eterno. Il cielo - e noi con lui - era un<br />

cumulo d’angoscia. Tutti a guardare in alto.<br />

Ricordo anche le frasi dei gran<strong>di</strong>. Bombardano<br />

ormai la Germania, <strong>di</strong>cevano. Ricordo,<br />

meno lucidamente, le paure delle battaglie o<br />

dei tanti nemici, fra i quali ci furono anche i<br />

tedeschi, e parevano fossero come attesi,<br />

specialmente dai vecchi. Io ero molto piccolo,<br />

ed anche meravigliato da quelle vastità che<br />

sapevano <strong>di</strong> paure polverose.<br />

La prima volta, perciò, che mi recai a Berlino,<br />

pur preso dal lavoro che dovevo compiere,<br />

non staccavo la mente da quei frammenti.<br />

Non era certamente la mia prima visita in<br />

Germania, anzi: vi ero stato ancora piuttosto<br />

giovane, e via via avevo visitato molte città<br />

tedesche, come Monaco ancora <strong>di</strong>strutta,<br />

Francoforte americanizzata (soprannominata,<br />

infatti, Frankfurt-am-Manhattan), Hannover,<br />

Solingen, Amburgo. A volte vi avevo lavorato,<br />

o v’ero solo transitato e così via. Sempre<br />

v’avevo cercato inconsciamente ciò che quegli<br />

aerei avevano compiuto.<br />

Nel 1965 circa, forse per liberarmi da quelle<br />

paure, avevo scritto una sorta <strong>di</strong> poemetto,<br />

quasi un testo adatto ad un canto corale, che<br />

non a caso parlava <strong>di</strong> Berlin Brandenburg<br />

(nome inventato ed allusivo) e <strong>di</strong> certi soldati,<br />

poveretti, a nome Karl e Jean-Baptiste. Nella<br />

mia ingenuità li vedevo come vittime dei loro<br />

generali e del potere che li mandò a morire.<br />

Berlino però, più d’ogni altra città, aveva subito<br />

una doppia guerra fra le sue vie e le sue<br />

case: quella mon<strong>di</strong>ale e quella fredda. Il muro<br />

correva con spietata durezza fra le vie e le<br />

abitazioni. Ero a Berlino quando la parte Ovest<br />

era ormai stata riunita - da tripartita che<br />

era - ma non ancora unita all’Est. Pensavo<br />

anche a mio padre, che era fuggito da Vienna<br />

poco prima dell’annessione, e che aveva voluto<br />

rivisitarla con la famiglia poco dopo che<br />

si era definitivamente riunificata (fu l’anno seguente,<br />

mi pare, dell’uscita dell’ultimo carro<br />

armato russo, e l’anno prima del tentativo,<br />

anche da parte degli Ungheresi, <strong>di</strong> ribellarsi<br />

ugualmente al pesante dominio).<br />

Alla sera passavo spesso da Europa Center,<br />

percorrendo, a volte con fasti<strong>di</strong>o, la<br />

Ku’damm, con le luci deludenti <strong>di</strong> quella che<br />

era detta la Montenapoleone <strong>di</strong> Berlino, o anche<br />

la vetrina dell’Ovest. Nuovamente sentivo<br />

i sottili filamenti della trage<strong>di</strong>a, richiamata, ostentata,<br />

dallo spezzone della Kaiser-<br />

Wilhelm-Gedächtniskirche, che fu sbriciolata<br />

il 22 novembre 1943 e tenuta a ricordo del<br />

bombardamento. Pareva un monumento eretto<br />

alla <strong>di</strong>struzione, come del resto Gerdarmenmarkt<br />

o la Franzosisch e la Deutscherkirke.<br />

Accanto, s’aggrega gelidamente e domina<br />

la piazza la chiesa-torre eretta fra il 1959 e il<br />

1961 su progetto d’Egon Eiermann, uno degli<br />

ultimi architetti legati alla vecchia Bauhaus.<br />

Ero ancora a Berlino durante un inverno, molto<br />

freddo, quando mia moglie, che m’aveva<br />

accompagnato e anche aiutato con il suo<br />

splen<strong>di</strong>do tedesco, esclamò, piano: “Hanno la<br />

mia età”. Guardai nella stessa <strong>di</strong>rezione e vi<strong>di</strong><br />

gli alberi che ricrescevano a decorare<br />

l’ottocentesca Platz der Republik <strong>di</strong> fronte al<br />

Reichstag. Allora esso era ancora privo della<br />

cupola trasparente <strong>di</strong> Foster, anzi era come<br />

scar<strong>di</strong>nato dalla presenza del muro, che tagliava<br />

l’ingresso (ovest) dal corpo principale<br />

dell’e<strong>di</strong>ficio (est). Tutti quegli alberi erano stati<br />

ripiantati appunto nel 1945. Quell’anno un<br />

settimo degli e<strong>di</strong>fici della Germania erano <strong>di</strong>strutti,<br />

e un’accumulo terribile <strong>di</strong> macerie dominava<br />

il paesaggio berlinese.<br />

Era la conseguenze <strong>di</strong> quel rombo vissuto da<br />

bambino.<br />

Quello stesso inverno del 1985, andammo a<br />

visitare le desolate torri <strong>di</strong> legno, nere e spoglie,<br />

che stavano <strong>di</strong> fronte alla porta <strong>di</strong> Brandeburgo.<br />

Permettevano ai parenti <strong>di</strong> parlarsi<br />

sopra il muro, che in quel punto scendeva per<br />

permettere al monumento d’emergere: quale<br />

sensibilità! In mezzo alla parte più bassa del<br />

muro, la Brandenburger Tor era stata coronata<br />

ai lati da ni<strong>di</strong> <strong>di</strong> mitragliatrici dei Vopos, che<br />

s’intravedevano nell’incipiente oscurità<br />

dell’inverno berlinese.<br />

A causa <strong>di</strong> ciò, mi chiedevo del tributo da pagare<br />

per le colpe, in questo caso certamente<br />

pesanti della Germania hitleriana, che furono<br />

pagate ancora una volta, e in modo speciale,<br />

dalla popolazione. Il popolo che non aveva<br />

deciso, non aveva capito o non aveva voluto<br />

capire. Insomma: il <strong>di</strong>lemma era se la sinistra,<br />

Poliscritture/Luoghi non luoghi 21

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