POLISCRITTURE Rivista di ricerca e cultura critica Numero prova ...
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Luoghi /non luoghi<br />
- Marina Massenz: Luoghi non luoghi<br />
e Luoghi delle ombre<br />
LUOGHI NON LUOGHI<br />
Venivo a fare la spesa con mia madre al<br />
“MERCATO RIONALE”. L’e<strong>di</strong>ficio in muratura<br />
racchiudeva piccoli negozi rannicchiati, ognuno<br />
con la sua specialità. Il mio preferito<br />
era la “drogheria”, perché sinonimo <strong>di</strong> biscotti,<br />
cioccolato e altre delizie. All’esterno invece<br />
stavano le bancarelle della frutta e della verdura.<br />
Si faceva la coda ai due lati, corrispondenti<br />
a due commessi e a due bilance. Era un<br />
quartiere come un altro, allora semiperiferico,<br />
della mia città.<br />
Perché adesso sopra c’è scritto BINGO in rosa,<br />
hanno rifatto la costruzione, che rimane<br />
sempre tarchiatella e un po’ sformata. Entrano<br />
ed escono persone, non si sa bene cosa<br />
facciano lì. Io non entro, e quin<strong>di</strong> non <strong>di</strong>spongo<br />
il mio corpo in alcun modo; ci passo davanti<br />
in automobile, mi fisso sul semaforo,<br />
impongo al mio collo <strong>di</strong> non girarsi a destra.<br />
Non voglio vedere la scritta in rosa, con i suoi<br />
caratteri grassocci.<br />
Me la immagino simile ad un elefante addestrato,<br />
ricoperto <strong>di</strong> drappi molto colorati, con<br />
nastri e campanellini penzolanti, <strong>di</strong> quelli che<br />
con la proboscide chiedono l’obolo.<br />
I non luoghi si <strong>di</strong>stinguono dagli altri perché<br />
tutto ciò che è lì potrebbe anche non esserci.<br />
Non si tratta però <strong>di</strong> precarietà o naturale incertezza<br />
della vita, ma <strong>di</strong> pura bruttezza e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne<br />
casuale. Non quin<strong>di</strong> della versione<br />
colorata e creativa <strong>di</strong> un artista arruffato e un<br />
po’ eccentrico, ma <strong>di</strong> quella trasandata, un<br />
po’ sciatta e maleodorante <strong>di</strong> colui che lascia<br />
i suoi oggetti, e con questi i suoi rifiuti, un po’<br />
dove capita. Senza pensarci. Questa sventatezza<br />
li <strong>di</strong>segna; così i luoghi trasudano questa<br />
<strong>di</strong>menticanza, questa stoltezza del passo,<br />
che non vede e non guarda.<br />
Il luogo <strong>di</strong>venta non luogo, perché inabitabile<br />
dall’uomo, ostile alla fantasia, senza orizzonte.<br />
Semicupo. Distogliere lo sguardo permette<br />
<strong>di</strong> scivolare oltre, illudendosi <strong>di</strong> non aver visto.<br />
Non c’è SGUARDO, perché non c’è CORNI-<br />
CE.<br />
LUOGHI DELLE OMBRE<br />
Le ombre scendono da massi enormi allineati,<br />
giganti con forme <strong>di</strong>verse, e strisce più scure<br />
le tagliano trasversalmente. In mezzo, il<br />
laghetto mostra una superficie color verde<br />
chiaro, un colore d’erba. Uno strato compattissimo,<br />
un panno <strong>di</strong> stratificazioni <strong>di</strong> minuscole<br />
alghe, così denso e omogeneo che, per<br />
convincersi della sottostante presenza<br />
d’acqua, si deve gettare un sasso. Affonda,<br />
c’é.<br />
La zona, bisogna salire un po’ per trovarla, è<br />
nascosta tra cespugli folti <strong>di</strong> lentisco, rocce<br />
laviche scarnificate (uteri…fauci…occhi…) e<br />
perfette palme nane, dai tronchi larghi e pelosi,<br />
cariche <strong>di</strong> grappoli <strong>di</strong> bacche arancioni,<br />
sferiche, che paiono <strong>di</strong> cera, per quanto sono<br />
lisce, scivolose al tatto.<br />
Qui, nell’ora del tramonto, le ombre si allungano<br />
sul lago; e sono ombre fisse, come sulla<br />
terra… ci si potrebbe camminare sopra senza<br />
incertezze, se si scorporasse questa piccola<br />
zona dal resto del paesaggio intorno (gli in<strong>di</strong>zi<br />
delle rive, un po’ fangose, che scendono, darebbero<br />
in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong>verse, e sicuramente ci<br />
si chiederebbe, esitando, terra o acqua?).<br />
Sotto c’è l’acqua, ma l’ombra non vibra, non<br />
palpita al passaggio del vento, non si preoccupa<br />
e non dà segni, come solitamente fa,<br />
quando poggia sul liquido anziché sul solido.<br />
I luoghi delle ombre sono pericolosi, perché si<br />
incontrano paesaggi che contorcono i confini<br />
della realtà, mo<strong>di</strong>ficando senza preavviso i<br />
noti rapporti tra l’ombra e la terra, l’ombra e<br />
l’acqua. Consentono sconfinamenti. Calpestare<br />
la propria ombra potrebbe indurre a<br />
confondersi con lei.<br />
Lo SGUARDO perde <strong>di</strong> vista la CORNICE, si<br />
fissa su un punto metamorfico e lì si incanta.<br />
Come ipnotizzato, visione focalizzata, penetra<br />
nella densità della materia, perché questa<br />
si trova in quel luogo camuffata. È cosa <strong>di</strong>versa<br />
da ciò che pare. Per questo ci inganna,<br />
e insieme ci seduce. Ci porta con sé, ad esplorare<br />
questo punto misterioso, per mille<br />
<strong>di</strong>vaganti sentieri. Il ritorno non è garantito.<br />
Infatti lo sguardo, privo <strong>di</strong> cornice, da solo<br />
non conosce le strade dell’andare e del venire.<br />
Poliscritture/Luoghi non luoghi 9