Tutto il popolo italiano Deve aiutarmi i bambini li sentivamo urlare anche loro venivano torturati Tutti quelli che sono stati con me In queste lotte soprattutto venivano fatti assalire dai cani Mi devono aiutare un giorno mi hanno fatta appoggiare al muro con le mani alzate ma io non ce la facevo a restare così La mia vita Dipende da voi alla fine ho chiesto <strong>di</strong> poter scrivere qualcosa ai miei figli perché mi sarei suicidata Fate pressione sul governo Aiutatemi sono stata rilasciata dopo ottanta giorni e mi hanno anche restituito gli orecchini Questo popolo Non vuole occupazione gli Stati Uniti hanno occupato il nostro paese abbiamo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderci Non vuole le truppe abbiamo il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderci Non vuole stranieri io non ho fatto nulla <strong>di</strong> male perché dovrei avere paura? Aiutatemi io non ho fatto nulla <strong>di</strong> male Ho sempre lottato con voi Poliscritture/Samizdat 8
2 Luoghi /non luoghi - Marina Massenz: Luoghi non luoghi e Luoghi delle ombre LUOGHI NON LUOGHI Venivo a fare la spesa con mia madre al “MERCATO RIONALE”. L’e<strong>di</strong>ficio in muratura racchiudeva piccoli negozi rannicchiati, ognuno con la sua specialità. Il mio preferito era la “drogheria”, perché sinonimo <strong>di</strong> biscotti, cioccolato e altre delizie. All’esterno invece stavano le bancarelle della frutta e della verdura. Si faceva la coda ai due lati, corrispondenti a due commessi e a due bilance. Era un quartiere come un altro, allora semiperiferico, della mia città. Perché adesso sopra c’è scritto BINGO in rosa, hanno rifatto la costruzione, che rimane sempre tarchiatella e un po’ sformata. Entrano ed escono persone, non si sa bene cosa facciano lì. Io non entro, e quin<strong>di</strong> non <strong>di</strong>spongo il mio corpo in alcun modo; ci passo davanti in automobile, mi fisso sul semaforo, impongo al mio collo <strong>di</strong> non girarsi a destra. Non voglio vedere la scritta in rosa, con i suoi caratteri grassocci. Me la immagino simile ad un elefante addestrato, ricoperto <strong>di</strong> drappi molto colorati, con nastri e campanellini penzolanti, <strong>di</strong> quelli che con la proboscide chiedono l’obolo. I non luoghi si <strong>di</strong>stinguono dagli altri perché tutto ciò che è lì potrebbe anche non esserci. Non si tratta però <strong>di</strong> precarietà o naturale incertezza della vita, ma <strong>di</strong> pura bruttezza e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne casuale. Non quin<strong>di</strong> della versione colorata e creativa <strong>di</strong> un artista arruffato e un po’ eccentrico, ma <strong>di</strong> quella trasandata, un po’ sciatta e maleodorante <strong>di</strong> colui che lascia i suoi oggetti, e con questi i suoi rifiuti, un po’ dove capita. Senza pensarci. Questa sventatezza li <strong>di</strong>segna; così i luoghi trasudano questa <strong>di</strong>menticanza, questa stoltezza del passo, che non vede e non guarda. Il luogo <strong>di</strong>venta non luogo, perché inabitabile dall’uomo, ostile alla fantasia, senza orizzonte. Semicupo. Distogliere lo sguardo permette <strong>di</strong> scivolare oltre, illudendosi <strong>di</strong> non aver visto. Non c’è SGUARDO, perché non c’è CORNI- CE. LUOGHI DELLE OMBRE Le ombre scendono da massi enormi allineati, giganti con forme <strong>di</strong>verse, e strisce più scure le tagliano trasversalmente. In mezzo, il laghetto mostra una superficie color verde chiaro, un colore d’erba. Uno strato compattissimo, un panno <strong>di</strong> stratificazioni <strong>di</strong> minuscole alghe, così denso e omogeneo che, per convincersi della sottostante presenza d’acqua, si deve gettare un sasso. Affonda, c’é. La zona, bisogna salire un po’ per trovarla, è nascosta tra cespugli folti <strong>di</strong> lentisco, rocce laviche scarnificate (uteri…fauci…occhi…) e perfette palme nane, dai tronchi larghi e pelosi, cariche <strong>di</strong> grappoli <strong>di</strong> bacche arancioni, sferiche, che paiono <strong>di</strong> cera, per quanto sono lisce, scivolose al tatto. Qui, nell’ora del tramonto, le ombre si allungano sul lago; e sono ombre fisse, come sulla terra… ci si potrebbe camminare sopra senza incertezze, se si scorporasse questa piccola zona dal resto del paesaggio intorno (gli in<strong>di</strong>zi delle rive, un po’ fangose, che scendono, darebbero in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong>verse, e sicuramente ci si chiederebbe, esitando, terra o acqua?). Sotto c’è l’acqua, ma l’ombra non vibra, non palpita al passaggio del vento, non si preoccupa e non dà segni, come solitamente fa, quando poggia sul liquido anziché sul solido. I luoghi delle ombre sono pericolosi, perché si incontrano paesaggi che contorcono i confini della realtà, mo<strong>di</strong>ficando senza preavviso i noti rapporti tra l’ombra e la terra, l’ombra e l’acqua. Consentono sconfinamenti. Calpestare la propria ombra potrebbe indurre a confondersi con lei. Lo SGUARDO perde <strong>di</strong> vista la CORNICE, si fissa su un punto metamorfico e lì si incanta. Come ipnotizzato, visione focalizzata, penetra nella densità della materia, perché questa si trova in quel luogo camuffata. È cosa <strong>di</strong>versa da ciò che pare. Per questo ci inganna, e insieme ci seduce. Ci porta con sé, ad esplorare questo punto misterioso, per mille <strong>di</strong>vaganti sentieri. Il ritorno non è garantito. Infatti lo sguardo, privo <strong>di</strong> cornice, da solo non conosce le strade dell’andare e del venire. Poliscritture/Luoghi non luoghi 9