Comune di Casalpusterlengo - Scuola media statale Griffini
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A cura del Gruppo Pro Loco Poesia <strong>di</strong> <strong>Casalpusterlengo</strong> con il patrocinio <strong>di</strong><br />
<strong>Comune</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>Casalpusterlengo</strong>
a Luigi Martignoni,<br />
vvocato, nato a <strong>Casalpusterlengo</strong>,<br />
uno dei Mille, caduto a Calatafimi il 30.5.1860<br />
1
Il Gruppo Pro Loco Poesia <strong>di</strong> <strong>Casalpusterlengo</strong> ha l’onore ed il piacere <strong>di</strong> concorrere alle<br />
manifestazioni celebrative dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Offriamo una raccolta <strong>di</strong> pensieri, poesie,<br />
canzoni ed inni che hanno relazioni col nostro Risorgimento, sperando che i testi attraggano per<br />
l’armonia dei versi e facciano riflettere per l’anima che da essi traspira. Desideriamo sottolineare<br />
l’angolo femminile della ricerca: opere <strong>di</strong> poetesse scovate in antologie un po’ nascoste, perché si è<br />
soliti pensare al Risorgimento come “cosa da uomini”, ma “il ciel ripose/ in noi madri, in noi spose/le<br />
sorti liete della patria o il danno…/Se concor<strong>di</strong> sarem dell’alta impresa/restano i figli nostri in sua<br />
<strong>di</strong>fesa” Laura Beatrice Oliva.<br />
Nel 1861 il processo risorgimentale si avviò verso la conclusione ed il 17 Marzo venne proclamato il<br />
Regno d’Italia. La legge che ha sanzionato l’unità era composta da un solo articolo così concepito: ”Il<br />
Re Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi successori il titolo <strong>di</strong> Re d’Italia”. Una vivace<br />
<strong>di</strong>scussione, non <strong>di</strong> pura forma, ci fu sul numero or<strong>di</strong>nale del titolo <strong>di</strong> Re. Si voleva che egli<br />
assumesse quello <strong>di</strong> Vittorio Emanuele I, per puntualizzare che l’Italia non era un semplice<br />
ingran<strong>di</strong>mento del vecchio Regno sardo-piemontese, un insieme <strong>di</strong> staterelli, ma un’unica nazione,<br />
però il re non accettò quel cambiamento in ossequio all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>nastico sabaudo.<br />
Da allora iniziò l’avventura della nostra Italia. Però le conquiste dell’Unità, <strong>di</strong> ciò che Benedetto Croce<br />
ha in<strong>di</strong>cato come il più grande capolavoro politico dell’Ottocento europeo, non sono acquisite una<br />
volta per tutte, anzi sono attualmente messe in <strong>di</strong>scussione e ciò è evidente proprio nel momento in<br />
cui ci si prepara a celebrare l’anno del terzo giubileo della patria. Celebrazione che non si vuole fine<br />
a se stessa, ma proiettata a riflessioni e ad azioni che guar<strong>di</strong>no avanti con lungimiranza. Quale futuro<br />
per l’unità del Paese? Le scelte costituzionali hanno saputo far emergere valori unificanti ancora oggi<br />
punto <strong>di</strong> riferimento. Da esse si percepisce con chiarezza che unità non è uniformità, ma unità plurale<br />
che riconosce spazio e ruolo alle varie formazioni sociali. Le <strong>di</strong>fferenze non devono essere<br />
considerate fonte <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione, ma ricchezza a cui attingere. Anche la regionalità della Letteratura e<br />
della Poesia è inevitabile, a livello linguistico e talvolta contenutistico, ma Dante, il Fiorentino per<br />
eccellenza, aveva già chiara una cosa: che in Italia già ai suoi tempi vi erano tra<strong>di</strong>zioni letterarie <strong>di</strong><br />
una certa nobiltà e antichità che erano e sono elementi <strong>di</strong> identità, non <strong>di</strong> separazione.<br />
C’è molta strada da fare in questa <strong>di</strong>rezione; la nuova sfida richiede un forte impegno, a livello<br />
politico e culturale, ma penso sia dovere <strong>di</strong> tutti, soprattutto nei confronti dei giovani, spalancare<br />
delle finestre <strong>di</strong> speranza affinché essi possano intravvedere un futuro <strong>di</strong> serena convivenza non solo<br />
a livello nazionale, ma anche vivendo e non subendo la crescente <strong>di</strong>mensione in cui l’uomo moderno<br />
compie la sua storia.<br />
Buona lettura<br />
La coor<strong>di</strong>natrice del Gruppo Pro Loco Poesia, Maddalena Negri<br />
2
“Sovra can<strong>di</strong>do vel cinta d’uliva<br />
donna m’apparve, sotto verde manto<br />
vestita <strong>di</strong> color <strong>di</strong> fiamma viva.”<br />
Dante Alighieri, Purgatorio, canto XXX, 31-33<br />
3
da “Lettera semiseria <strong>di</strong> Grisostomo al suo figliolo”<br />
Giovanni Berchet<br />
T<br />
utti gli uomini, da Adamo in giú fino al calzolaio che ci fa i begli stivali, hanno nel fondo<br />
dell’anima una tendenza alla Poesia....<br />
La repubblica delle lettere non è che una, e i poeti ne sono concitta<strong>di</strong>ni tutti in<strong>di</strong>stintamente...<br />
Il poeta... sbalza fuori dalle mani della natura in ogni tempo, in ogni luogo. Ma per quanto esimio egli<br />
sia, non arriverà mai a scuotere fortemente l’animo de’ lettori suoi, né mai potrà ritrarne alto e sentito<br />
applauso, se questi non sono ricchi anch’essi della tendenza poetica passiva. Ora siffatta <strong>di</strong>sposizione<br />
degli animi umani, quantunque universale, non è in tutti gli uomini egualmente squisita...<br />
...mano in mano che le nazioni europee si riscuotevano dal sonno e dall’avvilimento, <strong>di</strong> che le aveva<br />
tutte ingombrate la irruzione de’ barbari dopo la caduta dell’impero romano, poeti qua e là<br />
emergevano a ringentilirle.<br />
La poesia d’Italia non è arte <strong>di</strong>versa dalla poesia degli altri popoli. I principi e lo scopo <strong>di</strong> lei sono<br />
perpetui ed universali.<br />
Berchet identifi c ò il nuovo pubblico della letteratura romantica con il "popolo", ovvero<br />
quella parte <strong>di</strong> popolazione n é troppo sofi sticata e tra<strong>di</strong>zionale n é eccessivamente incolta e<br />
grossolana. Tale idee sarebbero state riprese anche da altri autori più famosi del Berchet,<br />
quali ad esempio Giacomo Leopar<strong>di</strong>, Ugo Foscolo, nella sua ultima produzione poetica<br />
ed Alessandro Manzoni.<br />
4
da “Il ricordo <strong>di</strong> Mameli”<br />
Giuseppe Garibal<strong>di</strong><br />
5
da “La Giovine Italia”<br />
Giuseppe Mazzini<br />
AI POETI DEL XIX SECOLO<br />
…L<br />
a Poesia vive in ogni epoca, in ogni cotrada dove s’innalza una voce pe’ <strong>di</strong>ritti<br />
violati, dove il gemito dell’oppresso non more sterile e inesau<strong>di</strong>to, dove il<br />
martirio numera apostoli e la libertà combattenti. La Poesia s’agita in tutte le<br />
cose, è raggio <strong>di</strong> sole inviscerato in tutti gli oggetti, è potenza d’accordo dormente in un’ arpa finchè<br />
una mano, toccandola, non venga a destarla…<br />
…La Poesia è vita, moto, foco d’azione, stella che illumina il cammino dell’avvenire, colonna <strong>di</strong> luce<br />
che passagga davanti a’ popoli…<br />
…La Poesia è immortale come l’amore e la libertà, come le sorgenti eterne alle quali si ispira: la<br />
Poesia è il gioiello della creazione, e la creazione non riposa sovra un trono o sovra un altare <strong>di</strong><br />
monastero…<br />
…Oh la Poesia d’un idea, d’un idea <strong>di</strong> libertà, <strong>di</strong> patria, d’umanità, <strong>di</strong> progresso, d’un idea grande,<br />
sublime, d’isinteressata che un giorno a un gemito <strong>di</strong> prigioniero, a una lagrima <strong>di</strong> madre sparsa<br />
sopra un figlio perduto, a un grido <strong>di</strong> miseria suonante in bocca <strong>di</strong> popolano e fors’anche in una bella<br />
notte d’estate, in mezzo all’immenso mare, davanti a un mondo or<strong>di</strong>nato, davanti alla potente armonia<br />
del creato e alla sublime pagina del firmamento, o guardando da qualche vetta dell’Alpi, colla<br />
amarezza nell’anima, colla bestemmia sul labbro, la vostra terra sì bella, sì gloriosa, sì cara, fatta<br />
campo <strong>di</strong> delitto e vergogna, casa <strong>di</strong> pianto, prigione, sepolcro; questa Poesia nessuno la canterà…<br />
…Si leverà e canterà il canto dell’Umanità, il canto della risurrezione, i bei nomi <strong>di</strong> Patria, d’Amore,<br />
<strong>di</strong> Libertà, <strong>di</strong> Progresso…<br />
…Poeti abbiamo noi giovani bisogno <strong>di</strong> voi…abbiamo bisogno d’ascoltare la vostra voce, il vostro<br />
inno in mezzo alla lotta, nella quale noi ci avvolgiamo. Abbiamo bisogno <strong>di</strong> sapere che il vostro canto<br />
ci conforterà il sospiro ultimo, che daremo alla patria, e che un raggio della vostra luce poserà sui<br />
nostri sepolcri.<br />
6
Prima parte<br />
TRADIZIONE LETTERARIA<br />
7
!S" io #i <strong>di</strong>co <strong>di</strong> scriver" la #era lingua d$Italia,<br />
io #oglio avvezzarvi a sentir" italianament"<br />
" aver" i% cuor" la patria nostra….<br />
Io #orrei ch" gli Italiani parlassero com" Macchiave&i<br />
ed operassero com" il Ferruccio'<br />
Basilio Puoti, esponente della teoria purista della lingua<br />
8
GIUSEPPE MAZZINI<br />
Giosuè Carducci<br />
Qual da gli ari<strong>di</strong> scogli erma su 'l mare<br />
Genova sta, marmoreo gigante,<br />
Tal, surto in bassi dí, su 'l fluttuante<br />
Secolo, ei grande, austero, immoto appare.<br />
Da quelli scogli, onde Colombo infante<br />
Nuovi pe 'l mar vedea mon<strong>di</strong> spuntare,<br />
Egli vide nel ciel crepuscolare<br />
Co 'l cuor <strong>di</strong> Gracco ed il pensier <strong>di</strong> Dante<br />
La terza Italia; e con le luci fise<br />
A lei trasse per mezzo un cimitero,<br />
E un popol morto <strong>di</strong>etro a lui si mise.<br />
Esule antico, al ciel mite e severo<br />
Leva ora il volto che giammai non rise,<br />
—Tu sol—pensando—o ideal, sei vero.<br />
9
Felice Cavallotti<br />
l<br />
Sull'orme del Grande d'Italia campione<br />
per l'itale sorti giurammo pugnar;<br />
fratelli, ai fratelli, nell'aspra tenzone,<br />
recare il soccorso <strong>di</strong> libero acciar!<br />
Giurammo d'Italia riterger gli affanni,<br />
d'Italia giurammo por fine ai martir;<br />
o l'italo suolo francar dai tiranni,<br />
o, l'armi nel pugno, pugnando morir!<br />
Fu santo quel giuro! più vivida allora<br />
la stella d'Ausonia nel cielo brillò;<br />
oh, salve bell'astro! la celere prora<br />
già l'onda sicana, te duce, varcò.<br />
[…]<br />
10
PASSA LA RONDA<br />
Teobaldo Ciconi, friulano<br />
l<br />
Fischiano i venti, la notte è nera;<br />
batte la pioggia sulla ban<strong>di</strong>era;<br />
finché nel cielo rinasca il giorno,<br />
giriam, fratelli (16), giriamo intorno.<br />
Zitti, silenzio! Chi passa là?<br />
Passa la ronda. Viva la ronda:<br />
Viva l’Italia, la libertà.<br />
Siamo le guar<strong>di</strong>e dai tre colori,<br />
verde, la speme dei nostri cuori,<br />
bianco, la fede stretta fra noi,<br />
rosso, le piaghe dei nostri eroi (17).<br />
Zitti, silenzio!…ecc.<br />
Moschetti e spade, spade e moschetti<br />
per la salvezza dei nostri petti;<br />
finché c’è sangue, regni, per Dio,<br />
l’in<strong>di</strong>pendenza del suol natio.<br />
Zitti, silenzio!…<br />
Dalle congiunte bocche dei cento<br />
scoppia la voce del giuramento (18);<br />
11
accio <strong>di</strong> ferro, cor <strong>di</strong> leone,<br />
ciascun <strong>di</strong>fenda la sua ragione (19).<br />
Zitti, silenzio!…<br />
Poveri e ricchi siam tutti eguali (20)<br />
nelle risorte terre natali:<br />
bacio per bacio, vita per vita,<br />
ecco la legge da noi sancita.<br />
Zitti, silenzio!…<br />
Fischiano i venti, la notte è nera,<br />
batte la pioggia sulla ban<strong>di</strong>era;<br />
che sia bonaccia, che sia procella,<br />
saldo rimango <strong>di</strong> sentinella (21)…<br />
Zitti, silenzio!<br />
12
SANT’AMBROGIO<br />
Giuseppe Giusti<br />
l<br />
Vostra Eccellenza, che mi sta in cagnesco<br />
per que' pochi scherzucci <strong>di</strong> dozzina,<br />
e mi gabella per anti–tedesco<br />
perché metto le birbe alla berlina,<br />
o senta il caso avvenuto <strong>di</strong> fresco,<br />
a me che, girellando una mattina,<br />
capito in Sant'Ambrogio <strong>di</strong> Milano,<br />
in quello vecchio, là, fuori <strong>di</strong> mano.<br />
M'era compagno il figlio giovinetto<br />
d'un <strong>di</strong> que' capi un po' pericolosi,<br />
<strong>di</strong> quel tal Sandro, autor d'un romanzetto<br />
ove si tratta <strong>di</strong> promessi sposi...<br />
Che fa il nesci, Eccellenza? o non l'ha letto?<br />
Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi,<br />
in tutt'altre faccende affaccendato,<br />
a questa roba è morto e sotterrato.<br />
Entro, e ti trovo un pieno <strong>di</strong> soldati,<br />
<strong>di</strong> que' soldati settentrionali,<br />
come sarebbe Boemi e Croati,<br />
messi qui nella vigna a far da pali:<br />
<strong>di</strong>fatto, se ne stavano impalati,<br />
come sogliono in faccia a' Generali,<br />
co' baffi <strong>di</strong> capecchio e con que' musi,<br />
davanti a Dio <strong>di</strong>ritti come fusi.<br />
Mi tenni in<strong>di</strong>etro; ché piovuto in mezzo<br />
<strong>di</strong> quella maramaglia, io non lo nego<br />
d'aver provato un senso <strong>di</strong> ribrezzo,<br />
13
che lei non prova in grazia dell'impiego.<br />
Sentiva un'afa, un alito <strong>di</strong> lezzo:<br />
scusi, Eccellenza, mi parean <strong>di</strong> sego<br />
in quella bella casa del Signore<br />
fin le candele dell'altar maggiore.<br />
Ma in quella che s'appresta il sacerdote<br />
a consacrar la mistica vivanda,<br />
<strong>di</strong> sùbita dolcezza mi percuote<br />
su, <strong>di</strong> verso l'altare, un suon <strong>di</strong> banda.<br />
Dalle trombe <strong>di</strong> guerra uscìan le note<br />
come <strong>di</strong> voce che si raccomanda,<br />
d'una gente che gema in duri stenti<br />
e de' perduti beni si rammenti.<br />
Era un coro del Ver<strong>di</strong>; il coro a Dio<br />
là de' Lombar<strong>di</strong> miseri assetati;<br />
quello: O Signore, dal tetto natio,<br />
che tanti petti ha scossi e inebriati.<br />
Qui cominciai a non esser più io<br />
e, come se que' cosi doventati<br />
fossero gente della nostra gente,<br />
entrai nel branco involontariamente.<br />
Che vuol ella, Eccellenza, il pezzo è bello,<br />
poi nostro, e poi suonato come va;<br />
e coll'arte <strong>di</strong> mezzo, e col cervello<br />
dato all'arte, l'ubbie si buttan là.<br />
Ma cessato che fu, dentro, bel bello<br />
io ritornava a star come la sa:<br />
quand'eccoti, per farmi un altro tiro,<br />
da quelle bocche che parean <strong>di</strong> ghiro<br />
un cantico tedesco lento lento<br />
14
per l'âer sacro a Dio mosse le penne.<br />
Era preghiera, e mi parea lamento,<br />
d'un suono grave flebile solenne,<br />
tal che sempre nell'anima lo sento:<br />
e mi stupisco che in quelle cotenne,<br />
in que' fantocci esotici <strong>di</strong> legno,<br />
potesse l'armonia fino a quel segno.<br />
Sentìa nell'inno la dolcezza amara<br />
de' canti u<strong>di</strong>ti da fanciullo; il core<br />
che da voce domestica gl'impara,<br />
ce li ripete i giorni del dolore:<br />
un pensier mesto della madre cara,<br />
un desiderio <strong>di</strong> pace e <strong>di</strong> amore,<br />
uno sgomento <strong>di</strong> lontano esilio,<br />
che mi faceva andare in visibilio.<br />
E quando tacque, mi lasciò pensoso<br />
<strong>di</strong> pensieri più forti e più soavi.<br />
«Costor», <strong>di</strong>cea tra me, «Re pauroso<br />
degl'italici moti e degli slavi,<br />
strappa a' lor tetti, e qua senza riposo<br />
schiavi gli spinge per tenerci schiavi;<br />
gli spinge <strong>di</strong> Croazia e <strong>di</strong> Boemme,<br />
come mandre a svernar nelle maremme.<br />
A dura vita, a dura <strong>di</strong>sciplina,<br />
muti, derisi, solitari stanno,<br />
strumenti ciechi d'occhiuta rapina,<br />
che lor non tocca e che forse non sanno:<br />
e quest'o<strong>di</strong>o, che mai non avvicina<br />
il popolo lombardo all'alemanno,<br />
giova a chi regna <strong>di</strong>videndo, e teme<br />
popoli avversi affratellati insieme.<br />
15
Povera gente! lontana da' suoi,<br />
in un paese qui che le vuol male,<br />
chi sa che in fondo all'anima po' poi<br />
non man<strong>di</strong> a quel paese il principale!<br />
Gioco che l'hanno in tasca come noi».<br />
Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale,<br />
colla su' brava mazza <strong>di</strong> nocciolo,<br />
duro e piantato lì come un piolo.<br />
16
ALL’ITALIA<br />
Giacomo Leopar<strong>di</strong><br />
l<br />
O patria mia, vedo le mura e gli archi<br />
E le colonne e i simulacri e l'erme<br />
Torri degli avi nostri,<br />
Ma la gloria non vedo,<br />
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi<br />
I nostri padri antichi. Or fatta inerme,<br />
Nuda la fronte e nudo il petto mostri.<br />
Oimè quante ferite,<br />
Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,<br />
Formosissima donna! Io chiedo al cielo<br />
E al mondo: <strong>di</strong>te <strong>di</strong>te;<br />
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,<br />
Che <strong>di</strong> catene ha carche ambe le braccia;<br />
Sì che sparte le chiome e senza velo<br />
Siede in terra negletta e sconsolata,<br />
Nascondendo la faccia<br />
Tra le ginocchia, e piange.<br />
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,<br />
Le genti a vincer nata<br />
E nella fausta sorte e nella ria.<br />
Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,<br />
Mai non potrebbe il pianto<br />
Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;<br />
Che fosti donna, or sei povera ancella.<br />
Chi <strong>di</strong> te parla o scrive,<br />
Che, rimembrando il tuo passato vanto,<br />
Non <strong>di</strong>ca: già fu grande, or non è quella?<br />
Perché, perché? dov'è la forza antica,<br />
Dove l'armi e il valore e la costanza?<br />
Chi ti <strong>di</strong>scinse il brando?<br />
17
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica<br />
O qual tanta possanza<br />
Valse a spogliarti il manto e l'auree bende?<br />
Come cadesti o quando<br />
Da tanta altezza in così basso loco?<br />
Nessun pugna per te? non ti <strong>di</strong>fende<br />
Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: io solo<br />
Combatterò, procomberò sol io.<br />
Dammi, o ciel, che sia foco<br />
Agl'italici petti il sangue mio.<br />
Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi<br />
E <strong>di</strong> carri e <strong>di</strong> voci e <strong>di</strong> timballi:<br />
In estranie contrade<br />
Pugnano i tuoi figliuoli.<br />
Atten<strong>di</strong>, Italia, atten<strong>di</strong>. Io veggio, o parmi,<br />
Un fluttuar <strong>di</strong> fanti e <strong>di</strong> cavalli,<br />
E fumo e polve, e luccicar <strong>di</strong> spade<br />
Come tra nebbia lampi.<br />
Né ti conforti? e i tremebon<strong>di</strong> lumi<br />
Piegar non soffri al dubitoso evento?<br />
A che pugna in quei campi<br />
L'itala gioventude? O numi, o numi:<br />
Pugnan per altra terra itali acciari.<br />
Oh misero colui che in guerra è spento,<br />
Non per li patrii li<strong>di</strong> e per la pia<br />
Consorte e i figli cari,<br />
Ma da nemici altrui<br />
Per altra gente, e non può <strong>di</strong>r morendo:<br />
Alma terra natia,<br />
La vita che mi desti ecco ti rendo.<br />
Oh venturose e care e benedette<br />
L'antiche età, che a morte<br />
Per la patria correan le genti a squadre;<br />
E voi sempre onorate e gloriose,<br />
18
O tessaliche strette,<br />
Dove la Persia e il fato assai men forte<br />
Fu <strong>di</strong> poch'alme franche e generose!<br />
Io credo che le piante e i sassi e l'onda<br />
E le montagne vostre al passeggere<br />
Con in<strong>di</strong>stinta voce<br />
Narrin siccome tutta quella sponda<br />
Coprìr le invitte schiere<br />
De' corpi ch'alla Grecia eran devoti.<br />
Allor, vile e feroce,<br />
Serse per l'Ellesponto si fuggia,<br />
Fatto lu<strong>di</strong>brio agli ultimi nepoti;<br />
E sul colle d'Antela, ove morendo<br />
Si sottrasse da morte il santo stuolo,<br />
Simonidesalia,<br />
Guardando l'etra e la marina e il suolo.<br />
E <strong>di</strong> lacrime sparso ambe le guance,<br />
E il petto ansante, e vacillante il piede,<br />
Toglieasi in man la lira:<br />
Beatissimi voi,<br />
Ch'offriste il petto alle nemiche lance<br />
Per amor <strong>di</strong> costei ch'al Sol vi <strong>di</strong>ede;<br />
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira.<br />
Nell'armi e ne' perigli<br />
Qual tanto amor le giovanette menti,<br />
Qual nell'acerbo fato amor vi trasse?<br />
Come sì lieta, o figli,<br />
L'ora estrema vi parve, onde ridenti<br />
Correste al passo lacrimoso e duro?<br />
Parea ch'a danza e non a morte andasse<br />
Ciascun de' vostri, o a splen<strong>di</strong>do convito:<br />
Ma v'attendea lo scuro<br />
Tartaro, e l'onda morta;<br />
Né le spose vi foro o i figli accanto<br />
19
Quando su l'aspro lito<br />
Senza baci moriste e senza pianto.<br />
Ma non senza de' Persi orrida pena<br />
Ed immortale angoscia.<br />
Come lion <strong>di</strong> tori entro una mandra<br />
Or salta a quello in tergo e sì gli scava<br />
Con le zanne la schiena,<br />
Or questo fianco addenta or quella coscia<br />
Tal fra le Perse torme infuriava<br />
L'ira de' greci petti e la virtute.<br />
Ve' cavalli supini e cavalieri;<br />
Ve<strong>di</strong> intralciare ai vinti<br />
La fuga i carri e le tende cadute<br />
E correr fra' primieri<br />
Pallido e scapigliato esso tiranno;<br />
Ve' come infusi e tinti<br />
Del barbarico sangue i greci eroi,<br />
Cagione ai Persi d'infinito affanno,<br />
A poco a poco vinti dalle piaghe,<br />
L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva:<br />
Beatissimi voi<br />
Mentre nel mondo si favelli o scriva.<br />
Prima <strong>di</strong>velte, in mar precipitando,<br />
Spente nell'imo strideran le stelle,<br />
Che la memoria e il vostro<br />
Amor trascorra o scemi.<br />
La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando<br />
Verran le madri ai parvoli le belle<br />
Orme del vostro sangue. Ecco io mi prostro,<br />
O benedetti, al suolo,<br />
E bacio questi sassi e queste zolle,<br />
Che fien lodate e chiare eternamente<br />
Dall'uno all'altro polo.<br />
Deh foss'io pur con voi qui sotto, e molle<br />
20
Fosse del sangue mio quest'alma terra.<br />
Che se il fato è <strong>di</strong>verso, e non consente<br />
Ch'io per la Grecia i moribon<strong>di</strong> lumi<br />
Chiuda prostrato in guerra,<br />
Così la vereconda<br />
Fama del vostro vate appo i futuri<br />
Possa, volendo i numi,<br />
Tanto durar quanto la vostra duri.<br />
21
AI SUPERSTITI DI CALATAFIMI<br />
Eliodoro Lombar<strong>di</strong>, siciliano<br />
l<br />
Così, pro<strong>di</strong>, così lasciaste a noi<br />
D'una patria il retaggio;<br />
L'avvenir vi darà nome <strong>di</strong> eroi,<br />
Ma il presente, più saggio,<br />
Vi gracida così: « Dell'Ideale<br />
Colmi la mente e il petto,<br />
Poeti foste, e il senso del reale<br />
In voi fece <strong>di</strong>fetto.<br />
Sangue spendeste, e seminaste in cento<br />
Campi le vostre carni<br />
Lacere; ad ogni rischio, ad ogni stento,<br />
Rotti, squalli<strong>di</strong>, scarni,<br />
Movendo incontro: e poi che, al fin vinceste<br />
Ed afferraste il lido,<br />
Voi, d'ltalia fattor, voi non coglieste<br />
Tanto da farvi il nido.<br />
[…]<br />
Esser leone è ben, ma un po' <strong>di</strong> volpe<br />
Ci vuol dentro il cervello...<br />
Le provvide malizie non son colpe:<br />
Lo scrisse il Machiavello.<br />
Apprender l'arte ben sagace e fina<br />
Di chi volvesi e gira<br />
Ora a destra, ora a centro, ora a mancina,<br />
Secondo il vento spira;<br />
22
Parteggiar pel successo e pel banchetto<br />
Della prospera sorte;<br />
Starsene queto, avviticchiato e stretto<br />
Sempre, sempre al più forte:<br />
Queste le norme onde abbrancar pel ciuffo<br />
L'instabil Dea, con queste<br />
Non è a temer vortici e gorghi, o buffo<br />
Di venti e <strong>di</strong> tempeste.<br />
Con vele aperte, d'ogni pondo scarca,<br />
Fatta secura appieno,<br />
Con esse andrebbe omai la vostra barca<br />
Per mar fido e sereno,<br />
[…]<br />
Così vien recitando il piccioletto<br />
Vulgo a Voi, luminoso<br />
Rudero <strong>di</strong> battaglie; e Voi, con detto<br />
Fra beffardo e sdegnoso:<br />
«E sia. Lustro ed onori al tumido pavone,<br />
La fiera solitu<strong>di</strong>ne e il deserto al leone.<br />
[…]<br />
A noi l'aria, la luce, il mar selvaggio, e pura<br />
E fida amica, e madre, questa immensa Natura<br />
Che ci mantien pur sal<strong>di</strong> muscoli e nervi, e dorso<br />
Franco <strong>di</strong> basto, e bocca libera e senza morso,<br />
E capo cretto, e guardo securo, anima altera<br />
Che s'infrange, non piega, e coscienza intera.<br />
[…]<br />
23
E parerci una reggia la squallida stamberga<br />
Che, ignu<strong>di</strong>, è ver, ma onesti, ma liberi ci alberga.<br />
Oh la pingue opulenza ! Oh gli onori fastosi!<br />
[…]<br />
A noi, grulli ed ingenui, basti, e fia molto, il <strong>di</strong>re,<br />
Coll'occhio intento ai vigili astri dell'avvenire,<br />
Il <strong>di</strong>r fra le macerie e le infrante catene :<br />
“La terza Italia è sangue, sangue <strong>di</strong> nostre vene.»<br />
24
PER LA LIBERAZIONE D’ITALIA<br />
Vincenzo Monti<br />
l<br />
Bella Italia, amate sponde<br />
pur vi torno a riveder !<br />
Trema in petto e si confonde<br />
l'alma oppressa dal piacer.<br />
Tua bellezza che <strong>di</strong> pianti<br />
fonte amara ognor ti fu,<br />
<strong>di</strong> stranieri e cru<strong>di</strong> amanti<br />
t'avea posta in servitù.<br />
Ma bugiarda e mal sicura<br />
la speranza fia de' re;<br />
il giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> natura,<br />
no, pei barbari non è.<br />
Bonaparte al tuo periglio<br />
dal mar libico volò;<br />
vide il pianto del tuo ciglio,<br />
e il suo fulmine impugnò.<br />
Tremar l'Alpi, e stupefatte<br />
suoni umani replicâr,<br />
e l'eterne nevi intatte<br />
d'armi e armati fiammeggiâr.<br />
Del baleno al per veloce<br />
scese il forte, e non s'udì<br />
ché men ratto il vol la voce<br />
della fama lo seguì.<br />
D'ostil sangue i vasti campi<br />
25
<strong>di</strong> Marengo intiepi<strong>di</strong>r,<br />
e de' bronzi ai tuoni, ai lampi,<br />
l'onde attonite fuggir.<br />
Di Marengo la pianura<br />
al nemico tomba <strong>di</strong>è;<br />
il giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> natura,<br />
no, pei barbari non è.<br />
Bella Italia, amate sponde,<br />
pur vi torno a riveder !<br />
trema in petto e si confonde<br />
l'alma oppressa dal piacer.<br />
Volgi l'onda al mar spe<strong>di</strong>ta,<br />
o de' fiumi algoso re;<br />
<strong>di</strong>nne all'Adria che finita<br />
la gran lite ancor non è;<br />
<strong>di</strong>' che l'asta il franco Marte<br />
ancor fissa al suol non ha;<br />
<strong>di</strong>' che dove è Bonaparte<br />
sta vittoria e libertà.<br />
Libertà, principio e fonte<br />
del coraggio e dell'onor,<br />
che il piè in terra, in ciel la fronte<br />
sei del mondo il primo amor,<br />
questo lauro al crin circonda:<br />
virtù patria lo nutrì,<br />
e Desaix la sacra fronda<br />
del suo sangue colorì.<br />
Su quel lauro in chiome sparte<br />
pianse Francia e palpitò:<br />
26
non lo pianse Bonaparte<br />
ma invi<strong>di</strong>ollo, e sospirò.<br />
Ombra illustre ti conforti<br />
quell'invi<strong>di</strong>a e quel sospir;<br />
visse assai chi 'l duol de' forti<br />
meritò nel suo morir.<br />
Ve' sull'Alpi doloroso<br />
della patria il santo amor,<br />
alle membra dar riposo<br />
che fûr velo al tuo gran cor.<br />
L'ali il tempo riverenti<br />
al tuo piede abbasserà<br />
fremeran procelle e venti,<br />
e la tomba tua starà.<br />
Per la cozia orrenda valle,<br />
usa i nembi a calpestar,<br />
torva l'ombra d'Annibale<br />
verrà teco a ragionar.<br />
Chiederà <strong>di</strong> quell'ar<strong>di</strong>to,<br />
che secondo l'Alpe aprì:<br />
tu gli mostra il varco a <strong>di</strong>to<br />
e rispon<strong>di</strong> al fier così:<br />
- Di prontezza e <strong>di</strong> coraggio<br />
te quel grande superò:<br />
Afro, ce<strong>di</strong>, al suo paraggio;<br />
tu scendesti ed ei volò.<br />
Tu dell'itale contrade<br />
27
abborrito destruttor;<br />
ei le torna in libertade,<br />
e ne porta seco il cor.<br />
Di civil eterne risse<br />
tu a Cartago rea cagion:<br />
ei placolle e le sconfisse<br />
col sorriso e col perdon.<br />
Che più chie<strong>di</strong> ? Tu ruina,<br />
ei salvezza al patrio suol.<br />
Afro, ce<strong>di</strong> e il ciglio inchina:<br />
muore ogni astro in faccia al sol.<br />
28
MARZO 1821<br />
Alessandro Manzoni<br />
l<br />
Soffermati sull’arida sponda<br />
volti i guar<strong>di</strong> al varcato Ticino,<br />
tutti assorti nel novo destino,<br />
certi in cor dell’antica virtù,<br />
han giurato: non fia che quest’onda<br />
scorra più tra due rive straniere;<br />
non fia loco ove sorgan barriere<br />
tra l’Italia e l’Italia, mai più!<br />
L’han giurato: altri forti a quel giuro<br />
rispondean da fraterne contrade,<br />
affilando nell’ombra le spade<br />
che or levate scintillano al sol.<br />
Già le destre hanno strette le destre;<br />
già le sacre parole son porte;<br />
o compagni sul letto <strong>di</strong> morte,<br />
o fratelli su libero suol.<br />
Chi potrà della gemina Dora,<br />
della Bormida al Tanaro sposa,<br />
del Ticino e dell’Orba selvosa<br />
scerner l’onde confuse nel Po;<br />
chi stornargli del rapido Mella<br />
e dell’Oglio le miste correnti,<br />
chi ritorgliergli i mille torrenti<br />
che la foce dell’Adda versò,<br />
quello ancora una gente risorta<br />
potrà scindere in volghi spregiati,<br />
e a ritroso degli anni e dei fati,<br />
risospingerla ai prischi dolor;<br />
29
una gente che libera tutta<br />
o fia serva tra l’Alpe ed il mare;<br />
una d’arme, <strong>di</strong> lingua, d’altare,<br />
<strong>di</strong> memorie, <strong>di</strong> sangue e <strong>di</strong> cor.<br />
Con quel volto sfidato e <strong>di</strong>messo,<br />
con quel guardo atterrato ed incerto<br />
con che stassi un men<strong>di</strong>co sofferto<br />
per mercede nel suolo stranier,<br />
star doveva in sua terra il Lombardo:<br />
l’altrui voglia era legge per lui;<br />
il suo fato un segreto d’altrui;<br />
la sua parte servire e tacer.<br />
O stranieri, nel proprio retaggio<br />
torna Italia e il suo suolo riprende;<br />
o stranieri, strappate le tende<br />
da una terra che madre non v’è.<br />
Non vedete che tutta si scote,<br />
dal Cenisio alla balza <strong>di</strong> Scilla?<br />
non sentite che infida vacilla<br />
sotto il peso de’ barbari piè?<br />
O stranieri! sui vostri stendar<strong>di</strong><br />
sta l’obbrobrio d’un giuro tra<strong>di</strong>to;<br />
un giu<strong>di</strong>zio da voi proferito<br />
v’accompagna a l’iniqua tenzon;<br />
voi che a stormo gridaste in quei giorni:<br />
Dio rigetta la forza straniera;<br />
ogni gente sia libera e pera<br />
della spada l’iniqua ragion.<br />
Se la terra ove oppressi gemeste<br />
preme i corpi de’ vostri oppressori,<br />
30
se la faccia d’estranei signori<br />
tanto amata vi parve in quei dì;<br />
chi v’ha detto che sterile, eterno<br />
saria il lutto dell’itale genti?<br />
chi v’ha detto che ai nostri lamenti<br />
saria sordo quel Dio che v’udì?<br />
Sì, quel Dio che nell’onda vermiglia<br />
chiuse il rio che inseguiva Israele,<br />
quel che in pugno alla maschia Giaele<br />
pose il maglio ed il colpo guidò;<br />
quel che è Padre <strong>di</strong> tutte le genti,<br />
che non <strong>di</strong>sse al Germano giammai:<br />
Va’, raccogli ove arato non hai;<br />
spiega l’ugne; l’Italia ti do.<br />
Cara Italia! dovunque il dolente<br />
grido uscì del tuo lungo servaggio;<br />
dove ancor dell’umano lignaggio<br />
ogni speme deserta non è:<br />
dove già libertade è fiorita.<br />
Dove ancor nel segreto matura,<br />
dove ha lacrime un’alta sventura,<br />
non c’è cor che non batta per te.<br />
Quante volte sull’Alpe spïasti<br />
l’apparir d’un amico stendardo!<br />
Quante volte intendesti lo sguardo<br />
ne’ deserti del duplice mar!<br />
ecco alfin dal tuo seno sboccati,<br />
stretti intorno ai tuoi santi colori,<br />
forti, armati dei propri dolori,<br />
i tuoi figli son sorti a pugnar.<br />
Oggi, o forti, sui volti baleni<br />
31
il furor delle menti segrete:<br />
per l’Italia si pugna, vincete!<br />
Il suo fato sui bran<strong>di</strong> vi sta.<br />
O risorta per voi la vedremo<br />
al convito dei popoli assisa,<br />
o più serva, più vil, più derisa<br />
sotto l’orrida verga starà.<br />
Oh giornate del nostro riscatto!<br />
Oh dolente per sempre colui<br />
che da lunge, dal labbro d’altrui,<br />
come un uomo straniero, le udrà!<br />
Che a’ suoi figli narrandole un giorno,<br />
dovrà <strong>di</strong>r sospirando: "io non c’era";<br />
che la santa vittrice ban<strong>di</strong>era<br />
salutata quel dì non avrà.<br />
32
LA SPIGOLATRICE DI SAPRI<br />
Luigi Mercantini<br />
l<br />
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!<br />
Me ne andavo un mattino a spigolare<br />
quando ho visto una barca in mezzo al mare:<br />
era una barca che andava a vapore,<br />
e alzava una ban<strong>di</strong>era tricolore.<br />
All'isola <strong>di</strong> Ponza si è fermata,<br />
è stata un poco e poi si è ritornata;<br />
s'è ritornata ed è venuta a terra;<br />
sceser con l'armi, e noi non fecer guerra.<br />
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!<br />
Sceser con l'armi, e a noi non fecer guerra,<br />
ma s'inchinaron per baciar la terra.<br />
Ad uno ad uno li guardai nel viso:<br />
tutti avevano una lacrima e un sorriso.<br />
Li <strong>di</strong>sser ladri usciti dalle tane:<br />
ma non portaron via nemmeno un pane;<br />
e li sentii mandare un solo grido:<br />
Siam venuti a morir pel nostro lido.<br />
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!<br />
Con gli occhi azzurri e coi capelli d'oro<br />
un giovin camminava innanzi a loro.<br />
Mi feci ar<strong>di</strong>ta, e, presol per la mano, gli chiesi: - dove vai, bel capitano? -<br />
Guardommi e mi rispose: - O mia sorella, vado a morir per la mia patria bella. -<br />
Io mi sentii tremare tutto il core,<br />
né potei <strong>di</strong>rgli: - V'aiuti 'l Signore! -<br />
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!<br />
Quel giorno mi scordai <strong>di</strong> spigolare,<br />
e <strong>di</strong>etro a loro mi misi ad andare:<br />
33
due volte si scontraron con li gendarmi,<br />
e l'una e l'altra li spogliar dell'armi.<br />
Ma quando fur della Certosa ai muri,<br />
s'u<strong>di</strong>ron a suonar trombe e tamburi,<br />
e tra 'l fumo e gli spari e le scintille<br />
piombaron loro addosso più <strong>di</strong> mille.<br />
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!<br />
Eran trecento non voller fuggire,<br />
parean tremila e vollero morire;<br />
ma vollero morir col ferro in mano,<br />
e avanti a lor correa sangue il piano;<br />
fin che pugnar vid'io per lor pregai,<br />
ma un tratto venni men, né più guardai;<br />
io non vedeva più fra mezzo a loro<br />
quegli occhi azzurri e quei capelli d'oro.<br />
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!<br />
34
LA PREGHIERA DI DONNA FABIA FABRON DE FABRIAN<br />
Estratto dalla poesia “La Preghiera”<br />
Carlo Porta, lombardo<br />
l<br />
…Mio caro buon Gesù, che per decreto<br />
dell’infallibil vostra volontà<br />
m’avete fatta nascere nel ceto<br />
<strong>di</strong>stinto <strong>di</strong> prima nobiltà<br />
mentre poteva a un minim cenno vostro<br />
nascer plebea, un verme vile, un mostro:<br />
Io vi ringrazio che d’un sì gran bene<br />
Abbiev ricolma l’umil mia persona,<br />
tnat più che essend le gerarchie terrene<br />
simbol <strong>di</strong> quelle che vi fan corona,<br />
godo così <strong>di</strong> un grad ch’è riflession<br />
del grad <strong>di</strong> Troni, e <strong>di</strong> dominazion.<br />
Questo favorlunge dall’esaltarm,<br />
come accadrebbe in un cervellleggier,<br />
non serve incambi che a rammemoram<br />
la gratitu<strong>di</strong>n mia, ed il dover<br />
<strong>di</strong> seguirvi, e imitarvi specialment<br />
nella clemenza con i delinquent.<br />
Quin<strong>di</strong> in vantaggio <strong>di</strong> costoro anch’io<br />
V’offro quei preghi, che aviifaa voi stess<br />
Per i vostri nimici al padre Id<strong>di</strong>o.<br />
Ah sì, abbiate pietà dei lor eccess,<br />
imperciocché, ritengh che mi offendesser<br />
senza conoscer cosa sì facesser.<br />
Possa st’umile mia rassegnazion,<br />
congiuntament ai meritinfinitt<br />
della vostra accerbissimapassion,<br />
espiar le lor colpe, i lor delitt,<br />
condurli al ben, salvar l’anima mia,<br />
glorificarmi in cielo, e così sia…<br />
35
AL FOCOLARE (Garibal<strong>di</strong> vecchio a Caprera)<br />
Giovanni Pascoli<br />
Garibal<strong>di</strong> siede al focolare,<br />
siede avanti fuoco <strong>di</strong> lentischio.<br />
A Caprera cupo batte il mare,<br />
il libeccio l’empie del suo fischio.<br />
Egli vecchio dalla barba bianca<br />
cova il fuoco, cova il suo pensiero;<br />
e si trova sur una barranca,<br />
la gran chioma scossa dal pampero.<br />
Vede un mare verde là che sogna<br />
d’esser terra né fiottare più.<br />
L’aria porta beli <strong>di</strong> vigogna<br />
alti e bassi fischi <strong>di</strong> gnandù…<br />
Oh! Le pampe dell’immenso Plata<br />
ver<strong>di</strong> sotto il cielo senza nubi,<br />
una solitu<strong>di</strong>ne ondulata<br />
sparsa <strong>di</strong> isolette <strong>di</strong> carrubi,<br />
solo terra degna che vi scenda<br />
il marino che patì fortuna;<br />
egli d’una vela fa la tenda,<br />
e vi sogna sotto l’alta luna.<br />
Ecco un tuono, un calpestio <strong>di</strong> zampe<br />
che s’appressa sempre sempre più…<br />
Va sul mare verde delle pampe<br />
lo stallone e la sua gioventù.<br />
Come è bello il libero stallone<br />
36
con la coda e la criniera ai venti!<br />
Mai ne’ fianchi non ebbe lo sprone<br />
né il ribrezzo del ferro tra i denti.<br />
Pura è l’unghia <strong>di</strong> fimo <strong>di</strong> stalle,<br />
brilla al sole la lucida groppa.<br />
E raccoglie le sparse cavalle,<br />
annitrisce al pampero, e galoppa.<br />
Va, galoppa! Va libero e fiero<br />
Della tua solitu<strong>di</strong>ne, tu!<br />
Più veloce sei tu del pampero<br />
più del tempo….del tempo che fu.<br />
37
Seconda parte<br />
AL FEMMINILE<br />
38
!No" credo punto ch# una donna, perch$ donna, no" possa aver#<br />
u" ingeg no <strong>di</strong> tal potenza da far# uno dei pi% be i libri del mondo.<br />
La natura & cos' (aria: l# test# femminili possono esser#<br />
<strong>di</strong> tanti <strong>di</strong>versi g ra<strong>di</strong> <strong>di</strong> forza # <strong>di</strong> senno!<br />
Nient# meno ch# l# maschili.)<br />
Silvio Pellico, Lettera a Quirina Mocennni Magiotti del 12 Aprile 1835<br />
39
IN MORTE DI RODOLFO CASTINELLI<br />
Giannina Milli (Teramo 1825-1888, poetessa, educatrice, patriota)<br />
l<br />
E fatto gelo è il cor che tanto viva<br />
Fiamma accogliea i generosi affetti?<br />
Muto quel labbro, onde si larga usciva<br />
Vena <strong>di</strong> forti e in un soavi detti?<br />
Inerte quella man che ognor si apriva<br />
De’ men<strong>di</strong>chi al soccorso e dei reietti?<br />
E spento il ciglio, che al fraterno lutto<br />
Non rimase giammai <strong>di</strong> pianto asciutto?<br />
Al tuo morente orecchio, oh almeno suonato<br />
Del popol tuo fosse il concorde grido,<br />
che il sacro dritto alfin riven<strong>di</strong>cato<br />
volle da chi fu alle promesse infido!<br />
Oh <strong>di</strong> sangue e <strong>di</strong> oltraggi immacolato<br />
Rivisto avessi sventolar sul lido<br />
Del placid’Arno il tricolor vessillo<br />
Cui saluta guerrier libero squillo!<br />
Da un impeto d’amor lìalma gioconda<br />
Rapita, il vol spiccato avrebbe a Dio;<br />
come chiuso vapor, se il foco abbonda,<br />
scoppia e s’innalza all’etere natio.<br />
Ma il vale estremo alla materna sponda<br />
Mentre volgevi, ti ascoltaro, o pio,<br />
dolerti sol che ti togliesse il fato<br />
Spender per essa ancor l’estremo fiato!<br />
40
A CIRO MENOTTI<br />
Giannina Milli<br />
l<br />
Quel dì che sulla tua fossa romita<br />
Venne <strong>di</strong> pro<strong>di</strong> italici una schiera<br />
A <strong>di</strong>spiegar la tricolor ban<strong>di</strong>era<br />
Per cui tu desti volentier la vita.<br />
E <strong>di</strong> lagrime sparsa, e insiem rapita<br />
Nella letizia d’una gente intera,<br />
la tua sorella alla cagione altera<br />
del tuo supplizio bene<strong>di</strong>va ar<strong>di</strong>ta;<br />
Quel dì felice, a cui sì tristo e rio<br />
Tempo successe, oh perché mai d’accanto<br />
Al sacro avello tuo non era anch’io?<br />
Libero un inno a te, libero e santo<br />
Spirto, avrei sciolto; oggi del suol natio<br />
Nella miseria inni non ho, ma pianto!<br />
Firenze, 1° maggio 1858<br />
41
ALLA MIA CELLA<br />
Matilde Joannini (Torino 1806-1848, poetessa e patriota)<br />
l<br />
A mia cella lasciarti degg’io<br />
senza <strong>di</strong>rti parola d’ad<strong>di</strong>o<br />
senza volger pensiero d’affetto<br />
al tuo caro domestico letto?<br />
No, un saluto, una grata memoria<br />
il mio cuore ti vuole sacrar.<br />
Testimon più d’un lustro fedele<br />
fosti sol <strong>di</strong> mie giuste querele,<br />
talor tacquemi in seno il dolore,<br />
per te, ratte fuggironmil’ore,<br />
tu all’inerzia molesta, al pigr’ozio,<br />
mi sapesti costante sottrar.<br />
M’ispirò la tua quiete pietosa<br />
in cui l’alma tranquilla riposa<br />
con solenne pacifico invito<br />
quel desir solitario, romito,<br />
quel desir, che conforto è del misero<br />
da cui tutta speranza partì.<br />
Me<strong>di</strong>tando con te dolcemente<br />
il passato, il futuro, il presente,<br />
al mio guardo son fatti nud’ombra<br />
che invisibil vapore <strong>di</strong>sgombra,<br />
della vita il brevissimo spazio<br />
parmi accolto nel cerchio d’un dì.<br />
Del piacer fra la torbida gioia<br />
per te mai non rivenni la noia,<br />
d’ogni vaga lusinga all’incanto<br />
42
vi<strong>di</strong> crescer la spina d’accanto,<br />
né vil senso d’invi<strong>di</strong>a, d’oltraggio,<br />
del mio cuore alla porta picchiò.<br />
Qual nocchiero battuto dall’onda<br />
scopre alfine selvaggia una sponda,<br />
e la giunge, ed anela la boccia,<br />
che <strong>di</strong> morte il contese alle braccia<br />
e redento sul suolo benefico<br />
un’umile colonna posò.<br />
Così fu che da orrenda tempesta,<br />
che dai venti <strong>di</strong> nera foresta<br />
proteggendo la grama mia salma<br />
un asil mi porgesti, una calma,<br />
del pensiero nell’angol più memore<br />
la migliore memoria sarai.<br />
E se avvien che cangiando <strong>di</strong> nido<br />
abbia forse il destino meno infido<br />
in quell’altra, che a te pare sorella,<br />
mia <strong>di</strong>letta carissima cella<br />
più felice <strong>di</strong>rò, non <strong>di</strong>mentico,<br />
tu maestra mi fosti nei guai.<br />
43
ESTRATTI<br />
Grazia Pierantoni Mancini (Napoli 1842-Torino 1915, scrittrice e poetessa)<br />
l<br />
“…P<br />
oche ragazze al mondo contano genitori come i miei: babbo a Napoli già<br />
prima dell’esilio era <strong>di</strong>ventato famoso avvocato, un professore <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, uno<br />
scrittore…Nel 1849 il Borbone lo condannò a venticinque anni <strong>di</strong> lavori<br />
forzatie al sequestro secolare della sua proprietà, ma avvertito in tempo era riuscito a sfuggire per<br />
miracolo a Torino, dove è considerato il capo della numerosa tribù degli esuli napoletani rifugiati<br />
all’ombra della ban<strong>di</strong>era sabauda.”<br />
“…amo gli eroi degli antichi tempi e quando leggo i poeti <strong>di</strong> questa Italia che più non è ma che<br />
presto risorgerà per loro merito, sento caldamente la carità <strong>di</strong> patria nel mio cuore. Mio padre è esule<br />
ed io evoco la sua bella Napoli, mentre odo pianti <strong>di</strong> oppressi e rumori <strong>di</strong> catene: ma sorgerà il<br />
liberatore…<strong>di</strong> là dove si soffre e si spera, noi donne facciamo ad essi corona perché, come loro,<br />
sentiamo altamente l’amor <strong>di</strong> patria…non siamo insensibili al grido <strong>di</strong> dolore che da tante parti si leva<br />
versa <strong>di</strong> noi.”<br />
“…stu<strong>di</strong>a, lavora, e se un giorno te ne sentirai il coraggio, pubblica i tuoi lavori, ma ricordati che non<br />
devi cercare la rinomanza, bensì il bene altrui. Perciò siano i tuoi scritti semplici e morali come sei<br />
tu.””<br />
44
ALLA LIRA<br />
Laura Beatrice Oliva (Napoli 1821-Fiesole 1869, scrittrice e poetessa)<br />
“…il ciel ripose<br />
in noi madri, in noi spose,<br />
le sorti liete della patria o il danno…<br />
Se concor<strong>di</strong> sarem dell’alta impresa<br />
Restano i figli nostri in sua <strong>di</strong>fesa.”<br />
T’affidai d’umil prego il mesto accento<br />
Deh seconda or, mia lira, il pregar mio!<br />
Per te novo l’aleggiar del vento<br />
Il rechi a Dio.<br />
Ei già l’udìa, già mi rendeasecura<br />
Tornava in pace e respirar quest’alma;<br />
dal caldo e il gel <strong>di</strong> mia prigione oscura<br />
sorgea la calma.<br />
Chi mai, chi mai quell’armonia dolente<br />
Ch’io ritentai sulle tue corde, o lira,<br />
u<strong>di</strong>r potea?...chi rispondea? La mente,<br />
no, non delira!<br />
Limpida voce al pregar mio rispose,<br />
qual <strong>di</strong> pietadesoavissim’eco<br />
e l’alto accento in mesti lai compose<br />
per piangere meco.<br />
Allora <strong>di</strong>ss’io:quel fremito segreto<br />
Del tuo plorar, mia cetra, ormai sospen<strong>di</strong>.<br />
Quel suon t’invita; ormai <strong>di</strong> speme un lieto<br />
ALLA LIRA<br />
(dalla raccolta PATRIA E AMORE, 1861)<br />
45
Carme mi appren<strong>di</strong>.<br />
E tu che scoti vivide favelle<br />
Pur da fievolvapor non interrotte,<br />
più lungamente a scintillar <strong>di</strong> stelle<br />
prosegui, o notte.<br />
Prosegu, almo respi d’aure leggere,<br />
né vi sperdan le preste ale de’ venti,<br />
mentre a me sussurrate lusinghiere<br />
que’ dolci accenti.<br />
Oimé! già tutto nell’oblio profondo<br />
Torna in silenzio! Illusion fallace!<br />
La sola, ohimé, che m’arridea nel mondo<br />
Aura già tace.<br />
O mesta cetra! Del gioir s’appanna<br />
Per me quel lampo…altro non fur che larve!<br />
Balen che presto l’uman core inganna<br />
Presto <strong>di</strong>sparve!<br />
46
PIA$$A DEL P)P)L)
Terza parte<br />
CANTI E INNI POPOLARI DEL RISORGIMENTO<br />
47
W VERDI<br />
!Giusepp" Ver<strong>di</strong> grandeggi# ne$a musica appunto<br />
perch% col Risorgimento si identi&c# dandogli i suoi slanci,<br />
i suoi ritmi, i suoi inni, i suoi cori !<br />
Indro Montanelli<br />
48
IL CANTO DEGLI ITALIANI<br />
Goffredo Mameli<br />
l<br />
Fratelli d’Italia<br />
l’Italia s’è desta,<br />
dell'elmo <strong>di</strong> Scipio<br />
s'è cinta la testa.<br />
Dov'è la vittoria?<br />
Le porga la chioma<br />
chè schiava <strong>di</strong> Roma<br />
Id<strong>di</strong>o la creò.<br />
Stringiamoci a coorte,<br />
siam pronti alla morte<br />
l'Italia chiamò.<br />
Noi fummo da secoli<br />
calpesti e derisi,<br />
perchè non siam popolo,<br />
perchè siam <strong>di</strong>visi,<br />
raccolgaci un'unica<br />
ban<strong>di</strong>era, una speme;<br />
<strong>di</strong> fonderci insieme<br />
già l'ora suonò.<br />
Stringiamoci a coorte,<br />
siam pronti alla morte<br />
l'Italia chiamò.<br />
Uniamoci, amiamoci<br />
l'unione e l'amore<br />
rivelano ai popoli<br />
le vie del Signore.<br />
Giuriamo, far libero<br />
il suolo natìo;<br />
uniti, per Dio!<br />
Chi vincer ci può?<br />
49
Stringiamoci a coorte,<br />
siam pronti alla morte<br />
l'Italia chiamò.<br />
Dall'Alpe a Sicilia<br />
ovunque è Legnano<br />
ogn’uom <strong>di</strong> Ferruccio<br />
ha il cuore e la mano.<br />
I bimbi, d'Italia<br />
si chiaman Balilla.<br />
Il suon d'ogni squilla<br />
i Vespri suonò.<br />
Stringiamoci a coorte,<br />
siam pronti alla morte<br />
l'Italia chiamò.<br />
Son giunchi che piegano<br />
le spade vendute;<br />
già l’Aquila d’Austria<br />
le penne ha perdute.<br />
Il sangue d’Italia,<br />
il sangue polacco,<br />
bevè, col cosacco,<br />
ma il cor le bruciò.<br />
Stringiamoci a coorte,<br />
siam pronti alla morte<br />
l'Italia chiamò.<br />
50
Manoscritto del Canto degli Italiani, o Inno <strong>di</strong> Mameli<br />
51
ADDIO MIA BELLA ADDIO<br />
Carlo Bosi<br />
l<br />
Ad<strong>di</strong>o, mia bella, ad<strong>di</strong>o:<br />
l'armata se ne va;<br />
se non partissi anch'io<br />
sarebbe una viltà!<br />
Non pianger, mio tesoro:<br />
forse ritornerò;<br />
ma se in battaglia io moro<br />
in ciel ti rivedrò.<br />
La spada, le pistole,<br />
lo schioppo li ho con me:<br />
all'apparir del sole<br />
mi partirò da te!<br />
Il sacco preparato<br />
sull'òmero mi sta;<br />
son uomo e son soldato:<br />
viva la libertà!<br />
Non è fraterna guerra<br />
la guerra ch'io farò;<br />
dall'italiana terra<br />
lo straniero caccerò.<br />
L'antica tirannia<br />
grava l'Italia ancor:<br />
io vado in Lombar<strong>di</strong>a<br />
incontro all'oppressor.<br />
Saran tremende l'ire,<br />
grande il morir sarà!<br />
Si muora: è un bel morire<br />
52
morir per la libertà<br />
Tra quanti moriranno<br />
forse ancor io morrò:<br />
non ti pigliare affanno,<br />
da vile non cadrò.<br />
Se più del tuo <strong>di</strong>letto<br />
tu non udrai parlar,<br />
perito <strong>di</strong> moschetto<br />
per lui non sospirar.<br />
Io non ti lascio sola,<br />
ti resta un figlio ancor:<br />
nel figlio ti consola,<br />
nel figlio dell'amor!'<br />
Squilla la tromba...Ad<strong>di</strong>o...<br />
L'armata se ne va...<br />
Un bacio al figlio mio!<br />
Viva la libertà!<br />
53
LA BELLA GIGOGIN<br />
Paolo Giorza (compositore <strong>di</strong> balli milanese, 1832-1914)<br />
l<br />
Ela bella Gigogin<br />
col tremille-lerillellera<br />
La va a spass col so spingin<br />
Col tremille-relillellà.<br />
Di quin<strong>di</strong>ci anni facevo all'amore<br />
Daghela avanti un passo<br />
Delizia del mio cuore.<br />
A se<strong>di</strong>ci anni ho preso marito<br />
Daghela avanti un passo<br />
Delizia del mio cuore.<br />
A <strong>di</strong>ciassette mi sono spartita<br />
Daghela avanti un passo<br />
Delizia del mio cuor.<br />
La ven, la ven, la ven a la finestra<br />
L'è tutta, l'è tutta, l'è tutta insipriada<br />
La <strong>di</strong>s, la <strong>di</strong>s, la <strong>di</strong>s che l'è malada<br />
Per non, per non, per non mangiar polenta<br />
Bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza<br />
Lassala, lassala, lassala maridà.<br />
Le baciai, le baciai il bel visetto<br />
Cium, cium, cium<br />
La mi <strong>di</strong>sse, la mi <strong>di</strong>sse oh che <strong>di</strong>letto !<br />
Cium, cium, cium<br />
La più in basso, la più in basso c'è un boschetto<br />
Cium, cium, cium<br />
La ci andremo, la ci andremo a riposar.<br />
Ta-ra-ta-ta-ta-tam.<br />
Gigogin era il <strong>di</strong>minutivo piemontese <strong>di</strong> Teresina.<br />
Gigogin fra i cospiratori voleva <strong>di</strong>re anche Italia<br />
54
CORO DEL NABUCCO<br />
Temistocle Solera, librettista del “Nabucco”- musiche <strong>di</strong> Giuseppe Ver<strong>di</strong><br />
l<br />
Va, pensiero, sull'ali dorate,<br />
va, ti posa sui clivi, sui colli,<br />
ove olezzano tepide e molli<br />
l'aure dolci del suolo natal!<br />
Del Giordano le rive saluta,<br />
<strong>di</strong> Sionne le torri atterrate.<br />
O mia Patria sì bella e perduta,<br />
o membranza sì cara e fatal!<br />
Arpa d'or dei fati<strong>di</strong>ci vati<br />
perchè muta dai salici pen<strong>di</strong>?<br />
le memorie nel petto riaccen<strong>di</strong>,<br />
ci favella del tempo che fu!<br />
O simile <strong>di</strong> Solima ai fati<br />
traggi un suono <strong>di</strong> cupo lamento<br />
oh t'ispiri il Signore, un concento<br />
che ne infonda al patire virtù,<br />
che ne infonda al patire virtù,<br />
al patire virtù!<br />
55
INNO NAZIONALE (1847)<br />
l<br />
Citta<strong>di</strong>ni, accorrete, accorrete,<br />
le compatte falangi formate,<br />
ed al mondo alla fine mostrate<br />
ch'oggi Italia ha il suo canto guerrier.<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Sarà Italia in<strong>di</strong>pendente.<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Od estinti si cadrà.<br />
Del toscano Leopoldo secondo<br />
fu l'agir sublimissimo e sano,<br />
poi re Alberto, guerriero italiano,<br />
colla forza la forza ci <strong>di</strong>è.<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Per Pio nono e Carlo Alberto !<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Per Leopoldo Tosco Re !<br />
Con tre simili intrepi<strong>di</strong> cuori,<br />
se chi opprime impe<strong>di</strong>sse il pensiero<br />
del riscatto <strong>di</strong> un popolo intiero,<br />
crudo scempio <strong>di</strong> lui si farà.<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Sarà Italia in<strong>di</strong>pendente.<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Od estinti si cadrà.<br />
Citta<strong>di</strong>ni, accorrete, accorrete,<br />
le compatte falangi formate,<br />
ed al mondo alla fine mostrate<br />
ch'oggi Italia ha il suo canto guerrier.<br />
56
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Per Pio nono e Carlo Alberto !<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Per Leopoldo Tosco Re !<br />
Fra noi gli o<strong>di</strong> <strong>di</strong> parte cessaro;<br />
giusta, sacra ed immensa è la speme,<br />
che ci stringe, ci agglòmera insiene,<br />
che <strong>di</strong> tante una vita ne fa.<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Sarà Italia in<strong>di</strong>pendente.<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Od estinti si cadrà.<br />
Non più esigli, nè morti, nè pianti,<br />
tale è il sacro volere <strong>di</strong> Dio.<br />
Fu il fortissimo agire <strong>di</strong> Pio<br />
che i destini d'Italia mutò!<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Per Pio nono e Carlo Alberto !<br />
Giuriam ! Giuriam ! Giuriam !<br />
Per Leopoldo Tosco Re !<br />
Ei <strong>di</strong>è esempio umanissimo ai Regi,<br />
Ei <strong>di</strong>schiúseci libero il varco,<br />
e due Regi s'assunser l'incarco<br />
d'esser pronti coi figli a pugnar.<br />
Giuriam! Giuriam! Giuriam!<br />
Sarà Italia in<strong>di</strong>pendente.<br />
Giuriam! Giuriam! Giuriam!<br />
Od estinti si cadrà.<br />
57
OR CHE INNALZATO E’ L’ALBERO, OVVERO, INNO ALL’ALBERO<br />
Autore sconosciuto, anni 1795-99<br />
l<br />
Or che innalzato è l’albero<br />
s’abbassino i tiranni.<br />
Da’ suoi superbi scranni<br />
scenda la nobiltà.<br />
Un dolce amor <strong>di</strong> patria<br />
s’accenda in questi li<strong>di</strong>:<br />
formiam comuni i gri<strong>di</strong>;<br />
viva la libertà<br />
58
INNO DEL '48<br />
l<br />
Di canti <strong>di</strong> gioia, <strong>di</strong> canti d'amore<br />
risuoni la vita, ma, spenta nel core,<br />
non cada per essi la nostra virtù.<br />
Dai lacci sciogliemmo l'avvinto pensiero<br />
ch'or libero spazia nei campi del vero;<br />
e sparsa la luce sui popoli fu.<br />
Ribelli ai tiranni <strong>di</strong> sangue bagnammo<br />
le zolle d'Italia fra l'armi sposammo<br />
in sacro connubio la patria al saper.<br />
Ed essa faremo co' petti, co' carmi<br />
superba nell'arti, temuta nell'armi,<br />
regina nell'opre del <strong>di</strong>vo pensier.<br />
Ed essa faremo col core e con l'armi<br />
l'Italia dei padri sognata ne' carmi<br />
l'Italia redenta dal giogo stranier.<br />
59
LA BANDIERA TRICOLORE<br />
l<br />
Ela ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> tre colori<br />
sempre è stata la più bella:<br />
noi vogliamo sempre quella,<br />
noi vogliam la libertà!<br />
E la ban<strong>di</strong>era gialla e nera<br />
qui ha finito <strong>di</strong> regnare,<br />
la ban<strong>di</strong>era gialla e nera<br />
qui ha finito <strong>di</strong> regnare<br />
Tutti uniti in un sol patto,<br />
stretti intorno alla ban<strong>di</strong>era,<br />
griderem mattina e sera:<br />
viva, viva i tre color!<br />
60
I TRE COLORI<br />
l<br />
Elo mio amore sé n'è ito a Siena,<br />
portommi il brigi<strong>di</strong>n <strong>di</strong> due colori:<br />
il càn<strong>di</strong>do è la fè che c'incatena,<br />
il rosso è l'allegria de' nostri cuori.<br />
Ci metterò una foglia <strong>di</strong> verbena<br />
ch'io stessa alimentai <strong>di</strong> freschi umori.<br />
E gli <strong>di</strong>rò che il verde, il rosso e il bianco<br />
gli stanno ben con una spada al fianco,<br />
e gli <strong>di</strong>rò che il bianco, il verde e il rosso<br />
vuol <strong>di</strong>r che Italia il giogo suo l'ha scosso,<br />
e gli <strong>di</strong>rò che il rosso, il bianco e il verde<br />
gli è un terno che si gioca e non si perde.<br />
61
AI MORTI PER LA PATRIA<br />
Inno nazionale – 1848<br />
Per la Patria il sangue han dato<br />
Esclamando: Italia e Pio!<br />
L'alme pure han reso a Dio,<br />
Benedetti nel morir.<br />
Hanno vinto, e consumato<br />
Il santissimo martir !<br />
g<br />
Di quei forti - per noi morti<br />
Sacro è il grido e non morrà.<br />
k<br />
Noi per essi alfin redenti<br />
Salutiamo i dì novelli;<br />
Sovra il sangue dei fratelli<br />
Noi giuriamo libertà<br />
E sul capo dei potenti<br />
L'alto giuro tuonerà.<br />
k<br />
Di quei forti - per noi morti<br />
Sacro è il grido e non morrà.<br />
h<br />
Uno cadde, e sorser cento<br />
Alla voce degli eroi:<br />
Or si pugna alfin per noi,<br />
Fugge insano l'oppressor;<br />
E lo agghiaccia <strong>di</strong> spavento<br />
La ban<strong>di</strong>era tricolor.<br />
l<br />
Di quei forti - per noi morti<br />
Sacro è il grido e non morrà.<br />
l<br />
O Signor sul patrio altare<br />
Noi t'offrimmo i nostri figli;<br />
Scrivi in ciel, ne' tuoi consigli,<br />
Dopo secoli, il gran dì:<br />
Dall'Alpi insino al mare<br />
Tutta Italia un giuro unì.Di quei forti - per noi morti<br />
Sacro è il grido e non morrà.<br />
62
ALL'ARMI! ALL'ARMI !<br />
Su, figli d'Italia! su, in armi! coraggio!<br />
Il suolo qui è nostro: del nostro retaggio<br />
il turpe mercato finisce pei re.<br />
Un popol <strong>di</strong>viso per sette destini,<br />
in sette spezzato da sette confini,<br />
si fonde in uno solo, più servo non è.<br />
l<br />
Su, Italia! su, in armi! Venuto è il tuo dì!<br />
Dei re congiurati la tresca finì!<br />
l<br />
Dall'Alpi allo Stretto fratelli siam tutti!<br />
Su i límiti schiusi, su i troni <strong>di</strong>strutti<br />
piantiamo i comuni tre nostri color<br />
il verde, la speme tant'anni pasciuta;<br />
il rosso, la gioia d'averla compiuta;<br />
il bianco, la fede fraterna d'amor.<br />
l<br />
Su, Italia! su, in armi! Venuto è il tuo dì!<br />
Dei re congiurati la tresca finì!<br />
l<br />
Su, Italia novella! Su, libera ed una!<br />
Mal abbia chi a vasta, secura fortuna<br />
l'angustia prepone d'auguste città!<br />
Sien tutte le fide d'un solo stendardo!<br />
Su, tutti da tutte! Mal abbia il codardo,<br />
l'inetto che sogna parzial libertà.<br />
l<br />
Su, Italia! su, in armi! Venuto è il tuo dì!<br />
Dei re congiurati la tresca finì!<br />
l<br />
Voi chiusi nei borghi, voi sparsi alla villa,<br />
u<strong>di</strong>te le trombe, sentite la squilla<br />
che all'armi vi chiama del vostro Comun!<br />
Fratelli, a' fratelli correte in aiuto!<br />
Gridate al Tedesco che guarda sparuto:<br />
l'Italia è concorde, non serve a nessun!<br />
l<br />
Su, Italia! su, in armi! Venuto è il tuo dì!<br />
Dei re congiurati la tresca finì!<br />
63
INNO A GARIBALDI<br />
l<br />
All'armi! All'Armi!<br />
Si scopron le tombe<br />
si levano i morti<br />
i martiri nostri<br />
son tutti risorti.<br />
Le spade nel pugno,<br />
gli allori alle chiome<br />
la fiamma ed il nome<br />
d'Italia sul cuor!<br />
Corriamo! Corriamo!<br />
su o giovani schiere<br />
su al vento per tutto<br />
le nostre ban<strong>di</strong>ere<br />
su tutti col ferro<br />
su tutti col fuoco<br />
su tutti col fuoco<br />
d'Italia nel cor.<br />
Va fuori d'Italia<br />
Va fuori ch'è l'ora<br />
Va fuori d'Italia<br />
va fuori o stranier!<br />
64
Quarta parte<br />
IL SECONDO RISORGIMENTO<br />
65
!… a"#epoca ero molto giovan$ ma percepivo uno sgomento<br />
esistenziale, real$ $ con<strong>di</strong>viso da tanti.<br />
Era il timor$ ch$ la !patria% foss$ !s& be"a $ perduta%<br />
com$ si canta nel Nabucco <strong>di</strong> Ver<strong>di</strong>.<br />
Bisognava agir$ $ reagire.<br />
Nel 1 9 4 3 , quando l#Italia fu tagliata i' du$<br />
$ percorsa da eserciti stranieri, a( amata $ stremata,<br />
fu protetta anch$ da"a sua tenuta culturale,<br />
da"#ere<strong>di</strong>t) degli entusiasmi unitari…<br />
il Risorgimento * l# !humus% fondamental$ de"$ nostr$ origini%.<br />
Lucio Villari, storico<br />
66
ALLE FRONDE DEI SALICI<br />
Salvatore Quasimodo<br />
l<br />
Ecome potevano noi cantare<br />
Con il piede straniero sopra il cuore,<br />
fra i morti abbandonati nelle piazze<br />
sull’erba dura <strong>di</strong> ghiaccio, al lamento<br />
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero<br />
della madre che andava incontro al figlio<br />
crocifisso sul palo del telegrafo?<br />
Alle fronde dei salici, per voto,<br />
anche le nostre cetre erano appese,<br />
oscillavano lievi al triste vento.<br />
67
AI FRATELLI CERVI, ALLA LORO ITALIA<br />
Salvatore Quasimodo<br />
In tutta la terra ridono uomini vili,<br />
principi, poeti, che ripetono il mondo<br />
in sogni, saggi <strong>di</strong> malizia e ladri<br />
<strong>di</strong> sapienza. Anche nella mia patria ridono<br />
sulla pietà, sul cuore paziente, la solitaria<br />
malinconia dei poveri. E la mia terra è bella<br />
d’uomini e d’alberi, <strong>di</strong> martirio, <strong>di</strong> figure<br />
<strong>di</strong> pietra e <strong>di</strong> dolore, d’antiche me<strong>di</strong>tazioni.<br />
Gli stranieri vi battono con <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> mercanti<br />
il petto dei santi, le reliquie d’amore,<br />
bevono vino e incenso alla forte luna<br />
delle rive su chitarre <strong>di</strong> re accordano<br />
canti <strong>di</strong> vulcani. Da anni e anni<br />
vi entrano in armi, scivolano dalle valli<br />
lungo le pianure con gli animali e i fiumi.<br />
Nella notte dolcissima Polifemo piange<br />
qui ancora il suo occhio spento da navigante<br />
dell’isola lontana. E il ramo d’ulivo è sempre ardente.<br />
Anche qui <strong>di</strong>vidono in sogni la natura,<br />
vestono la morte e ridono i nemici<br />
familiari. Alcuni erano con me nel tempo<br />
dei versi d’amore e solitu<strong>di</strong>ne nei confusi<br />
dolori <strong>di</strong> lente macine e <strong>di</strong> lacrime.<br />
Nel mio cuore finì la loro storia<br />
quando caddero gli alberi e le mura<br />
tra furie e lamenti fraterni nella città lombarda.<br />
Ma io scrivo ancora parole d’amore,<br />
68
e anche questa è una lettera d’amore<br />
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi<br />
non alle sette stelle dell’orsa: ai sette emiliani<br />
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,<br />
morirono tirando da<strong>di</strong> d’amore nel silenzio.<br />
Non sapevano soldati filosofi poeti<br />
<strong>di</strong> questo umanesimo <strong>di</strong> razza conta<strong>di</strong>na.<br />
L’amore la morte in una fossa <strong>di</strong> nebbia appena fonda.<br />
Ogni terra vorrebbe i vostri nomi <strong>di</strong> forza, <strong>di</strong> pudore,<br />
non per memoria, ma per i giorni che strisciano<br />
tar<strong>di</strong> <strong>di</strong> storia, rapi<strong>di</strong> <strong>di</strong> macchie <strong>di</strong> sangue.<br />
69
MILANO, AGOSTO 1943<br />
Salvatore Quasimodo<br />
Invano cerchi tra la polvere,<br />
povera mano, la città è morta.<br />
E' morta: s'è u<strong>di</strong>to l'ultimo rombo<br />
sul cuore del Naviglio. E l'usignolo<br />
è caduto dall'antenna, alta sul convento,<br />
dove cantava prima del tramonto.<br />
Non scavate pozzi nei cortili:<br />
i vivi non hanno più sete.<br />
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:<br />
lasciateli nella terra delle loro case:<br />
la città è morta, è morta!<br />
70
Appen<strong>di</strong>ce<br />
AUTORI LOCALI<br />
71
Ai nostri nipoti:<br />
!L"Italia sar# gli Italiani ch$ saret$ %oi…<br />
soprattutto speranza <strong>di</strong>rei. …<br />
& ci' ch$ serv$ a noi $ al Paese.<br />
Il resto lo fanno il cuor$ $ l"anima(<br />
Carlo Azeglio Ciampi<br />
72
CALATAFIMI<br />
Mariangelo Buttafava<br />
Non c’eran più camicie<br />
E mi han dato un rosso straccio<br />
Che al collo mi misi e risi………<br />
Non c’eran più moschetti<br />
E lì sorrisi a denti stretti…..<br />
Da casal venivo con lo<strong>di</strong>giani amici<br />
Diversi <strong>di</strong> ceto ma giovani <strong>di</strong> mente…<br />
Con la nostra umiltà<br />
Volevamo solo l’unità……<br />
Con la nostra volontà<br />
Cercavamo solidarietà.<br />
Era maggio e da quarto salpammo.<br />
Sulle navi cantammo<br />
Quei canti d’amore della terra nostra<br />
Che fondere dovevamo.<br />
Ora siam qui su questa dorata collina<br />
Sudati e sparsi come rossi maggiolini<br />
Aspettando solo che lui<br />
Sul suo bianco cavallo ci gri<strong>di</strong>……<br />
Avanti fratelli italiani.<br />
De<strong>di</strong>cata a Luigi Martignoni, avvocato, nato a <strong>Casalpusterlengo</strong>,<br />
Uno dei Mille, caduto a Calatafi mi il 30.5.1860<br />
Luigi Martignoni, <strong>di</strong> nobile famiglia lo<strong>di</strong>giana, avvocato trentatreenne, fu tra i primi ad accorrere alla chiamata<br />
<strong>di</strong> Garibal<strong>di</strong> nella spe<strong>di</strong>zione dei mille. Non ebbe fortuna e fu tra i primi a cadere nella battaglia <strong>di</strong> Calatafi mi.<br />
Ferito gravemente nello scontro venne ricoverato nella sagrestia della chiesa <strong>di</strong> vita trasformata in ospedale <strong>di</strong><br />
fortuna, dove morì in seguito alle gravi ferite riportate agli arti superiori e inferiori e l ì venne sepolto. Non<br />
reperibili fotografi e. Al momento non si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> informazioni maggiori. Ma è in corso una ricerca. Il suo<br />
nome figura inoltre su una grande lapide posizionata nel porticato della prefettura <strong>di</strong> Milano, insieme a molti<br />
altri.<br />
73
ITALIA 150° - GUERRE E PACE PER UN SECOLO E MEZZO, PER RICORDARE -<br />
“QUELLE ULTIME ORE DI PACE”<br />
Enrico Cipelletti<br />
Era un giorno <strong>di</strong> settembre come gli altri, quando la dolcezza del clima sembra portarti via assieme<br />
alle prime foglie che si staccano dagli alberi per planare sulle aiuole del giar<strong>di</strong>no. Eravamo in<br />
vacanza a Palinuro con il “Centro Sociale Insieme” <strong>di</strong> Casale e quel mattino si era deciso per un<br />
pellegrinaggio al “Cristo <strong>di</strong> Maratea” che è lassù, al vertice della montagna con le braccia allargate per<br />
abbracciare tutto il mondo. Il pulman saliva con il passo turistico che ci concedeva <strong>di</strong> godere il paesaggio<br />
che, ad ogni golfo della costa, ci apriva un nuovo scenario, con l’azzurro ed il sole che faceva brillare le<br />
scaglie <strong>di</strong> mare.<br />
Arrivati alla grande statua del Cristo, dopo la visita al santuario per la preghiera, salimmo i gra<strong>di</strong>ni del<br />
basamento e fu allora che, in quella splen<strong>di</strong>da giornata settembrina, potemmo vedere tutta la Calabria<br />
affacciata sul Tirreno dentro un azzurro che sfumava lontano.<br />
Nel ritorno ci fermammo a Sapri; era mezzogiorno e decidemmo <strong>di</strong> fare una pausa per il pic-nic davanti al<br />
golfo, dove, all’ombra degli eucalipti della riva, c’erano tavoli rustici approntati per i turisti. Eravamo<br />
incantati per la bellezza del luogo, un assorto silenzio rapiva i nostri occhi pieni <strong>di</strong> stupore. Aliti <strong>di</strong> vento<br />
muovevano teneramente le foglie degli eucalipti; anche il mare taceva; solo qualche piccola onda veniva a<br />
lambire la spiaggia.<br />
Verso le 15 del pomeriggio partimmo per una tappa a Marina <strong>di</strong> Camerota; sul pulman cominciarono i<br />
commenti <strong>di</strong> tutti per la gita dentro lo splendore <strong>di</strong> quel giorno <strong>di</strong> settembre. Era un chiacchierio gioioso a<br />
cui tutti partecipavano perché , in quelle ore, il conoscersi meglio aveva portato all’amicizia.<br />
Le strade <strong>di</strong> Camerota erano percorse da molti vacanzieri; erano quasi le 17. Ai tavolini alcuni sorbivano<br />
il tè, ma si sentivano le televisioni che ad alto volume davano notizia <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> importante. Entrammo<br />
in un bar dove ci spiegarono che due aerei avevano colpito le Torri Gemelle <strong>di</strong> New York. Fu subito<br />
stupore, sgomento, con la gente che non voleva credere all’accaduto.<br />
Quando tornammo al villaggio turistico, le TV delle sale ci confermarono l’attacco terroristico.<br />
Scendeva la sera ed una velata tristezza opprimeva il cuore <strong>di</strong> tutti. Delle ore felici che avevamo vissuto<br />
quel giorno insieme ci restava solo il ricordo.<br />
Dopo quell’11 Settembre 2001 iniziò una guerra che, dopo nove anni, non è ancora finita. Ci resta solo<br />
la Speranza che un tempo non lontano le armi siano trasformate in aratri come <strong>di</strong>ce il Vangelo.<br />
74
“150 ANNI” COME ERAVAMO<br />
Andreina Gallinari<br />
Sono nata in una giornata profumata <strong>di</strong> giugno <strong>di</strong> 74 anni fa: il che vuol <strong>di</strong>re che, se mi<br />
concedete un piccolo sconticino, questi miei occhi hanno visto metà della storia della nostra<br />
nazione, che da 150 anni chiamiamo Italia. È giunto dunque il tempo <strong>di</strong> tirare giù dallo<br />
scaffale della mia vita il libro impolverato della mia infanzia per spiegarvi come, ai quei tempi, la<br />
nostra sacra patria fosse: come i suoi abitanti andavano agghindati, come si salutava abbassandosi il<br />
cappello, come si sperava, si amava, si sognava, come la domenica brillavano i sagrati delle chiese e<br />
si raccoglievano le ciliege e ci si tuffava nelle rogge spaventando le libellule. E poi, dopo due figli,<br />
quattro nipoti e già un pronipotino, in fondo dovete lasciare che mi atteggi un po' a Didone che<br />
illustra la storia della sua Cartagine, anche se io non sono nata principessa ma semplice figlia <strong>di</strong> un<br />
prestinaio. Ad ogni modo, il primo ricordo che ho è quello della mia dolce, tenera maestra delle<br />
elementari, che mi insegnò tutto quello che so. Di tutte le pene capitatemi nella mia vita, mi accadde<br />
da piccola la più <strong>di</strong>sgraziata: quella <strong>di</strong> incominciare la scuola in piena guerra, nel 1942. Non esisteva<br />
governo, o meglio c'era, ma comandato dal Duce: per alcuni era la "luce", per altri un semplice<br />
strillone calvo che si affacciava da un balcone in piazza. Io quelle cose ancora non le capivo bene:<br />
sapevo solo riconoscere il rombo degli aerei che spaventavano i piccioni dai giar<strong>di</strong>ni della bella Villa<br />
Litta, la reggia del mio amato paese, Orio Litta. Ah Orio Litta...c'erano cinque fratelli valorosi, quando<br />
partirono per la Russia le cinghie della sacca stringevano le loro spalle forti. Sono morti sul Don,<br />
accasciati tra le isbe congelate, rigi<strong>di</strong> e intirizziti nella <strong>di</strong>visa sulla quale, appuntata, c'era ancora lei,<br />
la ban<strong>di</strong>erina Italiana. Ancora oggi li ricordo con commozione, e spero che il Beato Gnocchi abbia<br />
potuto mettere loro una coroncina del rosario nel palmo della mano, che abbia potuto chiudere loro gli<br />
occhi, accomiatandoli dal mondo pronti per essere ricevuti nella gloria del nostro Signore<br />
onnipotente. Ma nonostante tutto questa <strong>di</strong>sperazione, questo strazio, questa negra ambascia, la<br />
nostra cara maestrina ci insegnò da amare la nostra nazione, ad averne rispetto e a comportarci con<br />
onore perché solo dall'onore comune nasce il fermento civile, quello che rende le società gran<strong>di</strong> e<br />
illuminate come sotto Pericle o Augusto . Noi eravamo 31 allievi, tutti pressati in una classe mal<br />
riscaldata, e si era poveri - ma poveri davvero, da far inorri<strong>di</strong>re De Amicis, costretti a scrivere fino al<br />
margine del foglio per risparmiare la carta quaderno. Ma questa miseria, questa in<strong>di</strong>genza che ora<br />
farebbe ammattire il più umile dei vagabon<strong>di</strong>, la si sopportava bene, perché si era una grande<br />
famiglia, e la nostra maestrina ci <strong>di</strong>ceva che la grande famiglia dove tutti eravamo uguali aveva per<br />
madre l'Italia, e che era giusto <strong>di</strong>fenderla.<br />
La mattina era obbligatorio l'alzaban<strong>di</strong>era. Nel silenzio assoluto la puleggia cigolava e lo spago issava<br />
il vessillo, lentamente. E il mio cuore traboccava <strong>di</strong> orgoglio sempre, e le <strong>di</strong>tina dei pie<strong>di</strong> mi si<br />
75
irrigi<strong>di</strong>vano in un fiero brivido. Alcuni <strong>di</strong> noi avevano la bocca secca per non aver fatto colazione, altri<br />
la vestaglina consunta e sdrucita perché non c'erano arma<strong>di</strong> nelle loro case, altri le occhiaie per aver<br />
battuto i denti tutta notte dal freddo. Ma sotto quella ban<strong>di</strong>era eravamo tutti degni, noi eravamo<br />
Italiani, e questo contava. E che ne è oggi, <strong>di</strong> quel senso <strong>di</strong> onore che ci affratellava tutti? Dov'é, ora<br />
l'Italia? Nessun italiano dell'epoca si sarebbe mai permesso <strong>di</strong> sventrare le strade della nostra<br />
capitale, e usare i sanpietrini per ferire altre persone. Ai miei tempi i giovani erano chini nei campi<br />
come in un quadro <strong>di</strong> Millet, e chi era fortunato andava in fabbrica. C'erano tanto dolore e lacrime, e<br />
poi qualche sorriso, nei tanti sabati del villaggio che a Orio Litta ti davano la sensazione che valesse<br />
la pena vivere solo per stare in compagnia . Ora ci sono solo manifestazioni sterili, voci <strong>di</strong>etro un<br />
megafono, tumulti <strong>di</strong>ssennati, troppe riven<strong>di</strong>cazioni, selve <strong>di</strong> manganelli ad acquietare una ferocia che<br />
non si capisce bene da dove sgorghi. Davvero se il sommo poeta potesse tornare in vita non<br />
esiterebbe un secondo a esclamare «Ahi serva Italia, <strong>di</strong> dolore ostello, | nave sanza nocchiere in<br />
gran tempesta, | non donna <strong>di</strong> province, ma bordello!»<br />
Cosa stiamo dando noi alla patria? Forse solo il nostro <strong>di</strong>sprezzo. Non ci sono più ban<strong>di</strong>ere ai<br />
balconi nelle festività del 2 giugno, del 25 aprile, del 4 novembre. Taluni ignorano persino la natura<br />
<strong>di</strong> questi giorni <strong>di</strong> riposo e pensano solo a sfondare il letto fino al primo pomeriggio, per poi<br />
risvegliarsi con un senso <strong>di</strong> vuoto ciabattando svogliatamente fino alla cucina.<br />
Le nuove generazioni sono certo più acculturate <strong>di</strong> noi, a tutti oggi è concessa la possibilità <strong>di</strong><br />
frequentare l'università. L'università! Che parola solenne e portentosa ci pareva ai tempi! Ci portava<br />
a immaginare porticati solatii dove ragazzi eccezionali dagli occhiali cerchiati , menti benedette e<br />
irraggiungibili, <strong>di</strong>scutevano animatamente <strong>di</strong> leggi, forme <strong>di</strong> energia, stili <strong>di</strong> costruzioni, lettere e<br />
carteggi, <strong>di</strong> come rendere insomma il mondo migliore nel nome <strong>di</strong> Heisenberg, Le Corbusier, <strong>di</strong><br />
Pavese; come in quell'affresco <strong>di</strong> Raffaello, credo si chiamasse la <strong>Scuola</strong> <strong>di</strong> Atene. Ora la cultura è<br />
alla portata <strong>di</strong> tutti. Ma nonostante questo, il senso <strong>di</strong> italianità non si è inorgoglito, e anzi avvizzisce<br />
negli astensionismi alle urne quando abbiamo il dovere <strong>di</strong> pronunciarci su chi governerà; nell'egoismo<br />
<strong>di</strong>lagante che ci getta nel terrore se qualcuno ci rivolge la parola al parco o seduti in treno; nell'abulia<br />
cosmica che ci forza a pre<strong>di</strong>ligere il gossip a una <strong>di</strong>scussione sul nostro futuro comune.<br />
Per questi 150 anni tanti sono i conferenzieri che attraversano l'Italia per ravvivare un po' le braci del<br />
fervor <strong>di</strong> patria. Tutto ciò è lodevole, ma serve? Ha una qualche utilità? Quante persone suggono le<br />
parole <strong>di</strong> questi ar<strong>di</strong>ti oratori che propugnano l'italianità, e quanti, invece, guardano l'orologio con<br />
fregola, smaniando <strong>di</strong> tornare a casa per affondare nuovamente in poltrona? Quante locan<strong>di</strong>ne «150<br />
anni d'Italia, tra presente e futuro» ingialliranno e raggrinziranno affisse sulle bacheche <strong>di</strong> atenei,<br />
municipi e piazze, ignorate dalla fretta bramosa solo <strong>di</strong> raggiungere l'ufficio o la palestra?<br />
76
Non è <strong>di</strong> parole o concerti fastosi o parate che si nutre il rispetto per il tricolore, la cui banda rossa al<br />
drappo ci ricorda il sangue versato a Capaci, in via d'Amelio, in piazza Fontana, a El Alamein, sulla<br />
Bainsizza fino a Montanara e Curtatone, quando l'Italia non era che un'idea nella mente <strong>di</strong> illuminati<br />
liberali. Armiamoci invece <strong>di</strong> <strong>di</strong>ligenza, mitezza d'animo, perseverante costanza che non teme <strong>di</strong><br />
essere <strong>di</strong>sillusa, senso del dovere e questa nazione potrà risorgere ancora come ha fatto il 17 marzo<br />
<strong>di</strong> un secolo e mezzo fa, per continuare a essere il ridente "giar<strong>di</strong>no del mondo", come lo chiamava il<br />
grande Napoleone.<br />
Viva l'Italia, e che possa avere altri 150 anni.<br />
77
PENSO ALL’ITALIA<br />
Angela Lazzari<br />
Penso all’Italia e alle sue piazze,<br />
alla sua gente.<br />
Vedo scale che salgono<br />
E scendono<br />
Rotolano<br />
S’avviluppano<br />
S’incurvano.<br />
Scale tortuose e ripide<br />
Di marmi e <strong>di</strong> mattoni<br />
Di Ciotoli e <strong>di</strong> pietre.<br />
Scale come i pensieri<br />
Miserevoli e nobili<br />
Scale che come i sogni<br />
S’insinuano tra i rami folti<br />
Degli alberi<br />
Dove ai pioli se ne aggiungono altri<br />
per arrivare in cielo.<br />
Gente affaccendata sui<br />
Pioli del sogno<br />
Lo sguardo verso una memoria lontana<br />
Ricca colorata<br />
Assente dai rovinosi oblii del tempo e dell’infamia.<br />
78
CENCINQUANT'ÀNI<br />
Aldo Milanesi<br />
Vurìu perdunàm<br />
se in versi senàri<br />
mi tùrni un po indré<br />
(de s'tantacinch'àni!),<br />
quan sèri fiulìn<br />
de scola a Milan?<br />
Adés tanti i pàrlun<br />
d'i centcinquant'àni<br />
ch'è stai misi inséma<br />
una m!cia de Stati<br />
per vègh un'ltalia<br />
vurs!da da gent<br />
- i nosti patrioti -<br />
che a scola ò st!<strong>di</strong>àd.<br />
El brau mè maèstor<br />
che t!tt el spieghèva<br />
de lur el parlèva<br />
e inséma s’cantèva:<br />
"Si scopron le tombe,<br />
si levano i morti,<br />
79
i martiri nostri<br />
son tutti risorti..."<br />
(Finìd l'ispirassiòn<br />
a base de senari,<br />
el metro cambiarò<br />
passando ai settenari).<br />
N!m fiöi, a menadìd<br />
i nùmi cunussèvum<br />
d’i màrtiri e d'eroi<br />
che i èvun vist luntàn:<br />
Ban<strong>di</strong>era e Pisacane,<br />
i vecchi Carbonari<br />
Pellico e Maroncelli<br />
e Carlo Zima e Sciesa<br />
cul so "Tirèmminnànz",<br />
Pasquale Sottocorno<br />
e tanti e tanti amò...<br />
Manin e Tommaseo,<br />
Mazzini e Garibal<strong>di</strong>,<br />
la spe<strong>di</strong>ssiòn dei Mille<br />
e la gran tésta fina<br />
del Benso de Cavour.<br />
T!ti - chi p! e chi mén -<br />
80
i èvun sugnàd l'ltalia<br />
dalle Alpi a la Sicilia<br />
un'!nica Nassiòn,<br />
L‘è véra che gh'èstài,<br />
dòpu chi témpi là<br />
e in t!ti chi ani chi,<br />
muménti bèi e br!ti,<br />
misérie e sacrifìssi<br />
e guère cun tant sàngu<br />
de tanti pori fìöi:<br />
èl sangu d'i nemìsi<br />
ma ànca d'ifradéi...<br />
S'tantacinch’àni fa,<br />
maèstri e prufessùri,<br />
sénsa fa tant fracàss<br />
d'l‘Italia l’!nìta<br />
i fèvun ricurdà.<br />
Rivà<strong>di</strong> al dì d’incö<br />
le fèste se farà<br />
cun tanti bèi <strong>di</strong>scùrsi<br />
e manifestassiòn:<br />
t!ti a fas bèi de bùca.<br />
Chi se ricurdarà<br />
81
d'i martiri: i bèi nùmi<br />
che à fai, prima de t!ti,<br />
d’l'Italia un paés sul?<br />
Fo mal a pensa mal,<br />
ma... dòpu tanti àni<br />
n!m sém gnamò stài bon<br />
da véd métos a pari<br />
"teròn“ e "pulentòn".<br />
Gh'ò idéa che un quaid!n<br />
El ghe guadagna a sùra<br />
a tégn in pé per sémpor<br />
cuntrasti e <strong>di</strong>visiòn.<br />
82
Traduzione letterale<br />
CENTOCINQUANT’ANNI<br />
Volete perdonarmi/ se in versi senari/ io torno un po’ in<strong>di</strong>etro/ (<strong>di</strong> 75 anni),/ quand’ero un<br />
bambino/<strong>di</strong> scuola a Milano?/Adesso tanti parlano/ dei 150 anni/che è stata messa insieme/ una<br />
caterva <strong>di</strong> Stati/ per avere un'ltalia/ voluta da gente/ - i nostri patrioti - / che ho stu<strong>di</strong>ato a scuola/ Il<br />
bravo mio maestro/ che tutto ci spiegava/ <strong>di</strong> loro parlava/ e insieme si cantava:/ “Si scoprono le<br />
tombe,/ si levano i morti,/ i martiri nostri/ son tutti risorti.../ (Finita l'ispirazione/ a base <strong>di</strong> senari,/ il<br />
metro cambierò/ passando ai settenari)./ Noi bambini, a mena<strong>di</strong>to/ i nomi conoscevamo/ dei martiri e<br />
degli eroi/ che avevano visto lontano:/ Ban<strong>di</strong>era e Pisacane,/ i vecchi Carbonari/ Pellico e Maroncelli/<br />
e Carlo Zima e Sciesa/ con il suo "Tiremminnanz“,/ Pasquale Sottocorno/ e tanti e tanti ancora.../<br />
Manin e Tommaseo,/ Mazzini e Garibal<strong>di</strong>,/ la spe<strong>di</strong>zione dei Mille/ e la gran testa fina/ del Benso <strong>di</strong><br />
Cavour./ Tutti - chi più e chi meno -/ avevano sognato l‘ltalia/ dalle Alpi alla Sicilia/ un'unica<br />
nazione./ E' vero che ci sono stati,/ dopo quei tempi/ e in tutti questi anni,/ momenti belli e brutti,/<br />
miserie e sacrifici/ e guerre con tanto sangue/ <strong>di</strong> tanti poveri ragazzi:/ il sangue dei nemici/ ma<br />
anche dei fratelli.../ Settantacinqueanni fa/ maestri e professori,/ senza fare tanto rumore/ dell'ltalia<br />
l’unità/ facevano ricordare./ Arrivati al giorno d'oggi/ le feste si faranno/ con tanti bei <strong>di</strong>scorsi/ e<br />
2manifestazioni:/ tutti a farsi belli <strong>di</strong> bocca./ Chi si ricorderà/ dei martiri i bei noni/ che hanno fatto,<br />
prima <strong>di</strong> tutti/ dell'ltalia un solo paese?/ Faccio male a pensare male,/ ma... dopo tanti anni/ non<br />
siamo ancora stati capaci/ <strong>di</strong> veder mettersi a pari/ "terroni" e “polentoni"./ Ho l'idea che qualcuno/<br />
ci guadagni sopra/ tenendo in pie<strong>di</strong> per sempre/ contrasti e <strong>di</strong>visioni.//<br />
83
AUGÜRI ALL’ITALIA cul cör a t!t el mund e à nca p!ssè<br />
Maddalena Negri<br />
Son stài pensàda da L!<br />
tra miliar<strong>di</strong> de creat!r,<br />
son citadìna del mund<br />
son européa<br />
son italiàna.<br />
Me trövi bén nel me paì"<br />
tàme nel nin,<br />
p’rò… l’è picinìn.<br />
Me stìmi da és italiàna<br />
per la stòria, le belésse,<br />
la genialità, per t!t<br />
p’rò … sto stréta.<br />
L’è impurtànt fa part d’l’Euròpa:<br />
se sumigliém<br />
gh’ém la stésa munéda<br />
p’rò … me bàsta no.<br />
Son stài creàda p’r el mund<br />
…e ànca p!ssè,<br />
per vulà, libera,<br />
nel sul e nel vént<br />
tàme un u"lìn sénsa cadéna.<br />
Sém destinà<strong>di</strong> a l’infinìd<br />
gh’ém da cuntentàs d’un puste"ìn?<br />
L’Amùrel n’à furmàd<br />
!berlém i bràsi e ’l cör.<br />
84
Trém!u i stecà<strong>di</strong>,<br />
mis-cém i culùri<br />
da là, per l’eternità,<br />
starém t"ti inséma.<br />
85
Traduzione letterale<br />
AUGURI ALL’ITALIA col cuore a tutto il mondo ed anche oltre<br />
Sono stata pensata da Lui/ tra miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> creature,/ sono citta<strong>di</strong>na del mondo/ sono europea/ sono<br />
italiana./ Mi trovo bene nel mio paese/ come nel nido,/ però… è piccolo./ Sono fiera <strong>di</strong> essere<br />
italiana/ per la Storia, le bellezze,/ la genialità, per tutto/ però…sto stretta./ E’ importante far parte<br />
dell’Europa:/ ci assomigliamo/ abbiamo la stessa moneta/ però…non mi basta./ Sono stata creata<br />
per il mondo/ …e anche oltre/ per volare, libera,/ nel sole e nel vento/ come un uccellino senza<br />
catena./ Siamo destinati all’infinito/ dobbiamo accontentarci <strong>di</strong> un posticino?/ L’Amore ci ha formati,/<br />
spalanchiamo le braccia e il cuore./ Buttiamo giù gli steccati,/ mescoliamo i colori,/ <strong>di</strong> là, per<br />
l’eternità,/ staremo tutti insieme.<br />
86
ALL’ITALIA<br />
Sebastiano Sidoti<br />
Dei pilastri d’ occidente<br />
tieni memoria antica,<br />
<strong>di</strong> miti e <strong>di</strong> cultura.<br />
In tutto lo stivale<br />
suggestiva e varia<br />
è la natura e la tua storia:<br />
storia <strong>di</strong> eroi morti<br />
eppur <strong>di</strong>menticati.<br />
Dei tanti artisti qui vissuti,<br />
opere e monumenti<br />
che il mondo ammira,<br />
noi, <strong>di</strong>visi, poco apprezziamo.<br />
E’ terra varia<br />
Italia non è un nome,<br />
è un mito evocatore<br />
d’ immagini, suoni<br />
colori, amori, passioni.<br />
in <strong>di</strong>versità e bellezze,<br />
costumi e sostanza,<br />
contrad<strong>di</strong>zioni mai dome,<br />
e anco vergogne mai sopite.<br />
87
Eppur è lo Stivale,<br />
ricco <strong>di</strong> eroi<br />
da non <strong>di</strong>menticare.<br />
E’ anco la memoria d’Europa<br />
<strong>di</strong> cui vantarsi,<br />
è l’ Italia da festeggiare,<br />
è l’unità da ricordare.<br />
E’ l’Italia dei tanti morti<br />
per ideali e amori<br />
che né canti ed inni<br />
posson bastare<br />
né altre storie annullare.<br />
Genitrice <strong>di</strong> poeti e pensatori<br />
hai, Italia nostra,<br />
mille città da raccontare<br />
e mille piazze da amare.<br />
Dal fumo d’ogni retorica<br />
e <strong>di</strong>singanno<br />
alza or lo sguardo<br />
al cielo<br />
ed in<strong>di</strong>ca a noi la strada<br />
d’un miglior futuro<br />
e <strong>di</strong> novella fratellanza.<br />
88
Si ringraziano gli alunni della III C della <strong>Scuola</strong> Me<strong>di</strong>a General Griffi ni <strong>di</strong> <strong>Casalpusterlengo</strong> e<br />
l’insegnante prof. Angela Lazzari per il contributo delle fotografi e delle Vie <strong>di</strong><br />
<strong>Casalpusterlengo</strong> intitolate a personaggi o fatti del Risorgimento.<br />
89
In<strong>di</strong>ce<br />
Presentazione.......................................................................................................................pag. 2<br />
Lettera semiseria <strong>di</strong> Grisostomo al suo figliolo, Giovanni Berchet......................................pag. 4<br />
Il ricordo <strong>di</strong> Mameli, Giuseppe Garibal<strong>di</strong> ..........................................................................pag. 5<br />
La Giovine Italia, Giuseppe Mazzini ..................................................................................pag. 6<br />
Prima parte - TRADIZIONE LETTERARIA ..........................................................................pag. 7<br />
Giuseppe Mazzini, Giosuè Carducci ................................................................................pag. 9<br />
Senza titolo, Felice Cavallotti ...........................................................................................pag. 10<br />
Passa la ronda, Teobaldo Ciconi.......................................................................................pag. 11<br />
Sant’Ambrogio, Giuseppe Giusti.........................................................................................pag. 13<br />
All’Italia, Giacomo Leopar<strong>di</strong>...............................................................................................pag. 16<br />
Ai superstiti <strong>di</strong> Calatafimi, Eliodoro Lombar<strong>di</strong>....................................................................pag. 22<br />
Per la liberazione d’Italia, Vincenzo Monti.........................................................................pag. 25<br />
Marzo 1821, Alessandro Manzoni.....................................................................................pag. 29<br />
La spigolatrice <strong>di</strong> Sapri, Luigi Mercantini..........................................................................pag. 33<br />
La Preghiera Di Donna Fabia Fabron De Fabrian, Carlo Porta..........................................pag. 35<br />
Al focolare (Garibal<strong>di</strong> Vecchio A Caprera), Giovanni Pascoli............................................pag. 36<br />
Seconda Parte - AL FEMMINILE..........................................................................................pag. 38<br />
In Morte Di Rodolfo Castinelli, Giannina Milli....................................................................pag. 40<br />
A Ciro Menotti, Giannina Milli...........................................................................................pag. 41<br />
Alla mia cella, Matilde Joannini.........................................................................................pag. 42<br />
90
Estratti, Grazia Pierantoni Mancini...................................................................................pag. 44<br />
Alla Lira, Laura Beatrice Oliva...........................................................................................pag. 45<br />
Terza Parte - CANTI E INNI POPOLARI DEL RISORGIMENTO..........................................pag. 47<br />
Il Canto degli Italiani, Goffredo Mameli..............................................................................pag. 49<br />
Manoscritto del Canto degli Italiani.......................................................................................pag. 51<br />
Ad<strong>di</strong>o mia bella ad<strong>di</strong>o, Carlo Bosi.......................................................................................pag. 52<br />
La Bella Gigogin, Paolo Giorza..........................................................................................pag. 54<br />
Coro del Nabucco, Temistocle Solera, Giuseppe Ver<strong>di</strong>......................................................pag. 55<br />
Inno Nazionale (1847)........................................................................................................pag. 56<br />
Or che innalzato è l’albero, ovvero, Inno all’albero..............................................................pag. 58<br />
Inno del '48..........................................................................................................................pag. 59<br />
La Ban<strong>di</strong>era Tricolore............................................................................................................pag. 60<br />
I Tre Colori...........................................................................................................................pag. 61<br />
Ai morti per la Patria Inno Nazionale – 1848......................................................................pag. 62<br />
All'armi! All'armi !................................................................................................................pag. 63<br />
Inno a Garibal<strong>di</strong>....................................................................................................................pag. 64<br />
Quarta Parte - IL SECONDO RISORGIMENTO ..................................................................pag. 65<br />
Alle fronde dei salici, Salvatore Quasimodo ......................................................................pag. 67<br />
Ai Fratelli Cervi, alla loro Italia, Salvatore Quasimodo..........................................................pag. 68<br />
Milano, Agosto 1943, Salvatore Quasimodo........................................................................pag. 70<br />
Appen<strong>di</strong>ce - AUTORI LOCALI .............................................................................................pag. 71<br />
Calatafimi, Mariangelo Buttafava.......................................................................................pag. 73<br />
Italia 150° […] “Quelle ultime ore <strong>di</strong> pace”, Enrico Cipelletti..........................................pag. 74<br />
91
“150 Anni” come eravamo, Andreina Gallinari..................................................................pag. 75<br />
Penso all’Italia, Angela Lazzari..........................................................................................pag. 78<br />
Cencinquantàni, Aldo Milanesi...........................................................................................pag. 79<br />
Augüri all’Italia cul cör a t!t el mund e ànca p!ssè, Maddalena Negri............................pag. 84<br />
All’Italia, Sebastiano Sidoti ................................................................................................pag. 87<br />
92