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il teatro di ercolano nelle memorie dei viaggiatori ... - Vesuvioweb

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Armando Polito<br />

IL TEATRO DI ERCOLANO<br />

NELLE MEMORIE DEI VIAGGIATORI<br />

STRANIERI DELL’OTTOCENTO<br />

La ricostruzione del <strong>teatro</strong> nell’incisione (Patte, Parigi, fra <strong>il</strong> 1749 e <strong>il</strong> 1760) <strong>di</strong> Edmonde Alexander<br />

Petitot (1727-1801).


La scoperta <strong>di</strong> Ercolano coincide approssimativamente con quella del<br />

suo <strong>teatro</strong>, <strong>di</strong>co approssimativamente per via delle numerose testimonianze,<br />

anteriori al XVIII secolo, del ritrovamento <strong>di</strong> reperti che<br />

all’epoca non furono associati alla città sepolta; poi, nel 1709 <strong>il</strong> pozzo<br />

<strong>di</strong> un conta<strong>di</strong>no, secondo altri fornaio (Enzechetta), e l’intuito rapace<br />

<strong>di</strong> un duca (Emanuele d’Elbeuf) segnarono l’inizio della spoliazione del<br />

<strong>teatro</strong>, prima che gli scavi ufficiali iniziati nel 1738 completassero<br />

l’opera, anche se <strong>il</strong> ritrovamento <strong>di</strong> alcune iscrizioni col nome finale del<br />

de<strong>di</strong>catore (HERCULANSES) <strong>di</strong>ede la certezza che quelle meraviglie<br />

appartenevano ad Ercolano. Non deve suscitare scandalo <strong>il</strong> termine<br />

spoliazione che ho usato perché in epoca borbonica era la norma: la<br />

magnificenza e la magnanimità del potere, allora tanto esaltate, (come<br />

se gli scavi fossero fatti a spese del re...) nascondevano in realtà una<br />

visione privatistica <strong>di</strong> un bene che più pubblico non può essere: quello<br />

che si riferisce alla memoria del passato. E così si procedeva a testa<br />

bassa, con <strong>il</strong> solo scopo <strong>di</strong> strappare alla terra che gelosamente li aveva<br />

custo<strong>di</strong>ti per secoli, i pezzi migliori con cui farsi belli agli occhi degli<br />

altri sovrani, magari ostacolandone la visione, come testimoniano le<br />

cronache dell’epoca, a chi più <strong>di</strong> ogni altro aveva <strong>il</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> entrare in<br />

contatto <strong>di</strong>retto con loro: gli stu<strong>di</strong>osi. Son troppo note la <strong>di</strong>vergenze<br />

sul modo <strong>di</strong> condurre gli scavi tra Alcubierre e Weber perché io ne parli,<br />

ma è doveroso ricordare la f<strong>il</strong>osofia predatoria del primo e quella<br />

documentaria e, <strong>di</strong>rei, rispettosa del secondo, che anticipa <strong>di</strong> fatto un<br />

principio fondamentale dell’archeologia attuale: quello <strong>di</strong> consentire<br />

anche a chi verrà dopo <strong>di</strong> noi <strong>di</strong> avere notizie certe sul ritrovamento e,<br />

quel che più conta, sul suo contesto. Da allora molte cose sembrano<br />

cambiate, <strong>di</strong>co sembrano perché, in realtà, locuzioni altisonanti come<br />

patrimonio dell’Umanità (e gli scavi <strong>di</strong> Ercolano ne fanno parte…) si<br />

scontrano da un lato con l’incuria e l’abbandono, dall’altro col fenomeno<br />

fiorente del trafugamento, a monte del quale c’è <strong>il</strong> perseverare <strong>di</strong><br />

una visione privatistica e predatoria del bene comune.<br />

È meglio, a questo punto, che ritorni al passato e che entri in me<strong>di</strong>as<br />

res. Gli scavi archeologici costituirono un business formidab<strong>il</strong>e attirando,<br />

come si sa, nella seconda metà del XVIII secolo e ancor più nel secolo<br />

successivo, una miriade <strong>di</strong> visitatori che fecero <strong>di</strong> Pompei la tappa<br />

forse più priv<strong>il</strong>egiata, insieme con l’ascensione al Vesuvio.<br />

2


Marginale, invece, fu l’attrazione esercitata da Ercolano che sconta ancora<br />

oggi (bisogna essere fortunati pure nella sventura…), in barba alle<br />

più avanzate tecnologie,<br />

le sue modalità <strong>di</strong><br />

seppellimento prima e <strong>il</strong><br />

fungere da fondazione<br />

per gli inse<strong>di</strong>amenti,<br />

sempre più invasivi, che<br />

si sono succeduti. Emerge<br />

chiaro dalle testimonianze<br />

sull’argomento<br />

principale (<strong>il</strong> <strong>teatro</strong>) 1 <strong>di</strong><br />

seguito raccolte e riportate<br />

in or<strong>di</strong>ne cronologico<br />

e nel testo originale<br />

(la traduzione è mia)<br />

tratto da Google e da<br />

Internet archive 2 ; le ho<br />

corredate <strong>di</strong> alcune mie<br />

osservazioni che dovrebbero<br />

<strong>di</strong>ssuadere<br />

qualche lettore superficiale<br />

(e sto usando un<br />

eufemismo…) dal rivolgermi<br />

l’accusa <strong>di</strong> procedere<br />

a colpi <strong>di</strong> copia e<br />

incolla.<br />

________<br />

1 La più dettagliata descrizione rimane quella <strong>di</strong> Andrea De Jorio, In<strong>di</strong>cazione del più rimarcab<strong>il</strong>e<br />

in Napoli e contorni, Stamperia e cartiera del Fibreno, Napoli, 1835, pagg. 41-47.<br />

2 È triste constatare come proprio in Italia, detentrice della maggior parte del patrimonio culturale<br />

dell’Umanità, <strong>il</strong> processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>gitalizzazione <strong>di</strong> testi datati (non soggetti al <strong>di</strong>ritto d’autore) e della<br />

loro immissione in rete procede faticosamente e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>natamente, con risultati ri<strong>di</strong>coli rispetto a<br />

quelli che altri paesi, meno fortunati <strong>di</strong> noi sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o della storia culturale, hanno da tempo<br />

conseguito.<br />

3


Auguste Creuzé de Lesser, Voyage en Italie et en Sic<strong>il</strong>e, fait en 1801<br />

et 1802, P. Didot, Paris, 1806, pagg. 166-168:<br />

Fu senza dubbio un gran giorno per le arti<br />

quello in cui si scoprì questa città sepolta<br />

sotto la cenere del Vesuvio e sotto Portici:<br />

ma sarebbe stato meglio che fosse caduta<br />

in mani migliori. Sembra che si sia cercato<br />

<strong>il</strong> modo peggiore per trarre vantaggio da<br />

questa scoperta che suscita curiosità eterna<br />

e purtroppo ci si è riusciti. Dopo i primi lavori<br />

fatti nel primo fervore si comprese che,<br />

se non si faceva attenzione, Portici a sua<br />

volta sarebbe rimasta sepolta dentro Ercolano,<br />

e dopo avere scavato troppo avidamente<br />

si ricolmava troppo in fretta. Gli scavi sono<br />

interrotti da parecchio. In un paese più<br />

industrioso si sarebbero prese misure ben<br />

precise e le giuste precauzioni, si sarebbe<br />

sostenuto tutto ciò che doveva esserlo, liberato<br />

tutto <strong>il</strong> resto e, per conservare Portici,<br />

non si sarebbe perduto Ercolano. Non si sarebbe<br />

soprattutto, in quel poco che si era<br />

scoperto, tirato, spostato, portato via tutto<br />

ciò che poteva interessare le arti; si sarebbe<br />

capito che queste conquiste fatte sul tempo<br />

perdono la metà del loro valore quando sono<br />

tolte dal loro posto e che le rovine <strong>di</strong> Ercolano<br />

sarebbero <strong>il</strong> quadro veritiero delle<br />

cose notevoli trovate in Ercolano.<br />

4


Invece <strong>di</strong> seguire un piano così ragionevole e così<br />

semplice, si è trasportato nel museo <strong>di</strong> Portici<br />

tutto ciò che Ercolano ha fornito <strong>di</strong> interessante<br />

in ogni genere, e Ercolano spogliata e ricolmata<br />

non merita che uno si prenda ancora la pena <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scendervi. Una guida procede davanti ai <strong>viaggiatori</strong><br />

con una torcia in mano; li conduce in<br />

gran<strong>di</strong> cavità elevate, in corridoi umi<strong>di</strong>, gridando:”<br />

Ecco <strong>il</strong> magnifico tempio, ecco <strong>il</strong> superbo<br />

<strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Ercolano!”. Fa notare alla luce delle<br />

torce qualche pezzo <strong>di</strong> marmo o qualche<br />

malmesso resto <strong>di</strong> pittura che non si è giu<strong>di</strong>cato<br />

degno <strong>di</strong> essere asportato: dovete penare<br />

a <strong>di</strong>stinguere qualche cosa tra questi<br />

resti affumicati, che si continua ogni giorno<br />

ad affumicare. Fate due o tre giri <strong>di</strong> scavi e<br />

vi si è mostrato Ercolano. Confesso che questa<br />

visita ci ha ricordato proprio quella che<br />

avremmo fatto nell’antro della Sib<strong>il</strong>la. Ritornerei<br />

venti volte a Napoli ma non <strong>di</strong>scenderei<br />

una volta in Ercolano; è vero, invece, che<br />

andrei venti volte a Pompei.<br />

Il trasferimento <strong>dei</strong> reperti <strong>di</strong> Ercolano in una tavola tratta da Jean-Claude Richard de Saint-Non, Voyage<br />

pittoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sic<strong>il</strong>e, Parigi, 1782. v. II, pag. 54.<br />

5


La ricostruzione del <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Ercolano in due tavole tratte da Jean-Claude Richard de Saint-Non, op.<br />

cit., pagg. 63-64.<br />

6


J. M. Le Riche, Antiquités des environs de Naples, et <strong>di</strong>ssertations qui<br />

y sont relatives, Napoli, Imprimerie française, 1820, pagg. 213-215:<br />

Attraverso una porta poco appariscente, a destra<br />

della stra<strong>di</strong>na, si <strong>di</strong>scende, accompagnati<br />

da una guida che reca in mano una torcia, in<br />

una grotta che conduce al <strong>teatro</strong>. Questa grotta<br />

è segnata trasversalmente da parecchi strati<br />

<strong>di</strong> ceneri, <strong>di</strong> lap<strong>il</strong>li e <strong>di</strong> lava che coprono la<br />

città. Oggi essa è a 72 o 80 pie<strong>di</strong> sotto Resina.<br />

All’estremità della grotta e dopo parecchi giri<br />

che si percorrono <strong>nelle</strong> tenebre, si entra sotto<br />

una galleria che circondava la sommità <strong>dei</strong><br />

gra<strong>di</strong>ni del <strong>teatro</strong>.<br />

La grande cavea conteneva 18 f<strong>il</strong>e <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ni e<br />

al <strong>di</strong>sopra tre altri collocati per le donne e per<br />

<strong>il</strong> popolo. I gra<strong>di</strong>ni della grande cavea erano<br />

<strong>di</strong>visi da sette piccole scalinate che, dalle arcate<br />

superiori o vomitori, <strong>di</strong>scendevano in linea<br />

retta fino in basso. Il grande <strong>di</strong>ametro del semicerchio<br />

dove arriva l’ultimo gra<strong>di</strong>no è <strong>di</strong> 114<br />

pie<strong>di</strong>. Si è calcolato che 10000 spettatori potevano<br />

prendervi posto. I cinque primi gra<strong>di</strong>ni<br />

che costituiscono la prima cavea come l’area<br />

chiamata orchestra sono ancora, in gran parte,<br />

ricoperti <strong>di</strong> lava. La seconda cavea è <strong>il</strong>luminata<br />

oggi dalla bocca del pozzo che ha dato<br />

luogo alla scoperta <strong>di</strong> Ercolano. Il resto è sotto<br />

una volta <strong>di</strong> lava sostenuta da p<strong>il</strong>astri che sono<br />

stati preservati tagliando nel masso. I gra<strong>di</strong>ni<br />

sono in travertino, la parte superiore del<br />

portico in cui sedevano i plebei era decorata<br />

da statue <strong>di</strong> bronzo.<br />

7


La cavea e i portici erano rivestiti <strong>di</strong> marmo <strong>di</strong><br />

Paros africano e serpentina 2 . Si trovò<br />

nell’orchestra una grande quantità <strong>di</strong> pezzi <strong>di</strong> legno<br />

carbonizzato, <strong>il</strong> che fa presumere che questo<br />

<strong>teatro</strong> era greco e non romano, dal momento che<br />

i Romani avevano assegnato questa parte ai primi<br />

magistrati, mentre presso i Greci l’orchestra<br />

era destinata alle danze.<br />

La scena è larga 72 pie<strong>di</strong> e si è riconosciuto che<br />

l’e<strong>di</strong>ficio raffigurato chiamato scenium aveva 30<br />

pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> elevazione. Questo <strong>teatro</strong> d’or<strong>di</strong>ne dorico<br />

era decorato da statue <strong>di</strong> bronzo e si apriva su<br />

tre porte.<br />

I due gran<strong>di</strong> pie<strong>di</strong>stalli posti ai due lati della scena<br />

reggevano due statue equestri <strong>di</strong> marmo; una<br />

era quella <strong>di</strong> Appio Clau<strong>di</strong>o Pulcro, l’altra quella<br />

<strong>di</strong> Marco Nonio Balbo.<br />

La parte posteriore della scena, o postscaenium 3 ,<br />

aveva la maggior parte che dava su una strada.<br />

Ci sono su ciascun lato del postscaenium due camere<br />

destinate agli attori; esse sono decorate da<br />

pitture; nella volta della camera a sinistra c’è una<br />

maschera scenica in stucco.<br />

Due portici attinenti a questa parte servivano,<br />

nello stesso tempo, da entrata al <strong>teatro</strong> e da luogo<br />

<strong>di</strong> riparo in caso <strong>di</strong> pioggia.<br />

I pericoli derivanti per la città <strong>di</strong> Resina hanno<br />

fatto abbandonare gli scavi. Tutte le uscite praticate<br />

recentemente sono state murate.<br />

_____________<br />

2 Africano è in riferimento non all’origine ma al colore scuro; la serpentina è una roccia metamorfica<br />

a struttura compatta <strong>di</strong> colore verde con screziature che ricordano la pelle del serpente, costituita<br />

principalmente da serpentino (minerale <strong>di</strong> colore verde e aspetto fibroso o scaglioso, costituito<br />

da s<strong>il</strong>icato <strong>di</strong> magnesio in lamelle fogliacee sovrapposte) e usata, in alcune varietà, per rivestimenti<br />

ornamentali.<br />

3 La grafia Postecenium, come nel precedente scenium (che, peraltro non esiste), è inesatta, dal<br />

momento che <strong>il</strong> nome semplice è scaena; accanto a postscaenium <strong>il</strong> latino prevedeva, tutt’al più,<br />

la variante poscaenium.<br />

8


Pianta del <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Ercolano attribuita al Weber (1747).<br />

9


Louis Valentin, Voyage en Italie fait en l'année 1820 : 2e éd., corr. et<br />

augm. de nouvelles observations faites dans un second voyage en<br />

1824 (2e éd.), Gabon, Paris, 1826, pagg. 25-26:<br />

__________<br />

4 Nell’originale, credo per errore <strong>di</strong> stampa, se<strong>di</strong>ni per sed<strong>il</strong>i.<br />

Il <strong>teatro</strong> è <strong>il</strong> solo monumento che si vede<br />

<strong>nelle</strong> rovine <strong>di</strong> Ercolano. È <strong>di</strong> buona architettura<br />

greca, decorato da una bella facciata<br />

e da colonne <strong>di</strong> marmo. Lo si è paragonato,<br />

a ragione, al <strong>teatro</strong> olimpico <strong>di</strong> Vicenza,<br />

capolavoro <strong>di</strong> Palla<strong>di</strong>o. La sua circonferenza<br />

esterna è <strong>di</strong> 290 pie<strong>di</strong>, quella<br />

interna <strong>di</strong> 230. Ci sono ventuno gra<strong>di</strong>ni o<br />

sed<strong>il</strong>i 4 per gli spettatori; hanno una forma<br />

semicircolare. Si entra in questo monumento<br />

attraverso un sotterraneo <strong>il</strong> cui ingresso<br />

è dal lato del mare. Vi si arriva con<br />

delle torce. Si percorrono corridoi tagliati<br />

nella lava; si giunge, a sinistra, in una camera<br />

rischiarata da un largo pozzo rivestito<br />

<strong>di</strong> pietre, <strong>di</strong> circa quaranta pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> altezza.<br />

Questo spiraglio rischiara molto bene<br />

una parte del <strong>teatro</strong>. Comunica in alto<br />

con la città moderna. Nel corridoio a destra<br />

si nota, su una parete, l’impronta <strong>di</strong><br />

una grande faccia umana impressa nella<br />

lava; si sostiene che è l’effetto <strong>di</strong> una maschera<br />

sepolta per caso.<br />

10


Louis Simond, Voyage en italie et in Sic<strong>il</strong>e, v. II, Sautelet, Paris, 1828,<br />

pagg. 124-125 :<br />

11<br />

Si <strong>di</strong>scende in quella che può<br />

chiamarsi la tomba <strong>di</strong> Ercolano<br />

per una lunga scalinata moderna<br />

tagliata nella lava; alla luce <strong>di</strong> una<br />

candela <strong>di</strong> cui ciascun curioso<br />

è dotato si vedono subito i gra<strong>di</strong>ni<br />

<strong>di</strong> un <strong>teatro</strong> fatto <strong>di</strong> lava, ma <strong>di</strong><br />

lava talmente antica che i Romani<br />

non conservavano nessun ricordo<br />

relativo alla sua origine. Non<br />

sembra che essi sapessero che <strong>il</strong><br />

Vesuvio era stato un vulcano.<br />

Questi gra<strong>di</strong>ni, come quelli del <strong>teatro</strong><br />

<strong>di</strong> Pompei, hanno 3 pie<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

larghezza su 14 pollici <strong>di</strong> altezza e<br />

formano un semicerchio <strong>il</strong> cui <strong>di</strong>ametro<br />

è occupato dalla scena che<br />

è <strong>di</strong> 185 pie<strong>di</strong>; ma questa scena è<br />

propriamente una tribuna senza<br />

profon<strong>di</strong>tà. Si vedono ai due lati i<br />

pie<strong>di</strong>stalli delle due statue equestri<br />

che abbiamo ammirato nel<br />

museo <strong>di</strong> Napoli 5 e vi si trovano<br />

incisi i nomi <strong>dei</strong> Balbi. Fummo<br />

molto colpiti nel vedere una figura<br />

umana esattamente modellata<br />

nella lava, ma è un viso <strong>di</strong> bronzo<br />

che vi ha lasciato la sua impronta;<br />

la carne sarebbe stata un sig<strong>il</strong>lo<br />

troppo poco solido. Si<br />

__________<br />

5 In realtà i pie<strong>di</strong>stalli, secondo le iscrizioni che essi recano, reggevano le statue <strong>di</strong> Marco Nonio<br />

Balbo e <strong>di</strong> Appio Clau<strong>di</strong>o Pulcro (mai ritrovate, <strong>il</strong> che, secondo Gaetano Nob<strong>il</strong>e, Descrizione della<br />

città <strong>di</strong> Napoli e delle sue vicinanze, A spese proprie, Napoli, parte terza, 1857, pag. 152 “dà a credere<br />

che, dopo <strong>il</strong> tremuoto della città, già se ne estrassero in parte i preziosi monumenti che la decoravano”).<br />

Le statue equestri <strong>dei</strong> Balbo <strong>di</strong> cui parla l’autore furono rinvenute nella bas<strong>il</strong>ica.


12<br />

<strong>di</strong>ce che Ercolano fu, come Pompei,<br />

improvvisamente seppellita<br />

sotto ceneri al <strong>di</strong> sopra delle quali<br />

la lava colò più tar<strong>di</strong>; tuttavia abbiamo<br />

trovato la lava dappertutto<br />

in contatto imme<strong>di</strong>ato con le rovine;<br />

ma siccome come, lungi<br />

dall’aderire, essa lascia al contrario<br />

un piccolo intervallo, si sono<br />

separati fac<strong>il</strong>mente i marmi o altri<br />

oggetti che essa avvolge.<br />

Gli scavi <strong>di</strong> Ercolano in una tavola tratta da Jean-Claude Richard de Saint-Non, op. cit., pag. 3.


Pierre-Charles-Joseph de Mengin-Fondragon, Nouveau voyage toporaphique,<br />

historique, critique, olitique et moral en Italie, Meyer, Paris, 1833,<br />

tome II, pagg. 331-333:<br />

Attualmente <strong>il</strong> <strong>teatro</strong> non è stato colmato,<br />

<strong>il</strong> che mi ha permesso <strong>di</strong> andare a vederlo.<br />

La sua circonferenza è <strong>di</strong> 290 pie<strong>di</strong><br />

all’esterno e <strong>di</strong> 230 all’interno. 21 or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

gra<strong>di</strong>ni , sormontati da una galleria ornata<br />

<strong>di</strong> statue in bronzo servivano a contenere<br />

gli spettatori, che dovevano essere numerosi<br />

poiché Ercolano contava 100.000 anime,<br />

mentre Pompei 40.000. Era rivestito in<br />

marmo.Vi si trovarono tra altri oggetti due 6<br />

se<strong>di</strong>e <strong>di</strong> bronzo, dove sedevano i consoli;<br />

sono quelle che ho descritto percorrendo le<br />

sale del museo <strong>di</strong> Napoli, ove ora sono collocate.<br />

Là, come a Pompei, l’orchestra era<br />

posta tra gli spettatori e <strong>il</strong> proscenio e i<br />

musicisti erano piazzati in <strong>di</strong>verse postazioni<br />

poste <strong>di</strong> fronte agli attori. Il fondo del<br />

<strong>teatro</strong> era attraversato da tre porte attraverso<br />

le quali entravano e uscivano gli attori,<br />

che avevano <strong>di</strong>etro la scena camerini<br />

e corridoi particolari. Vi si sono trovate<br />

delle maschere e l’impronta <strong>di</strong> una si vede<br />

ancora sulla lava attaccata alla volta. Tutti<br />

i corridoi, i portici, i vomitori o passaggi, le<br />

porte esistono ancora intatte; ma l’acqua<br />

che trasuda senza posa dalla volta, a contatto<br />

con la lava che si è scavata, bagna<br />

continuamente e annerisce le pareti <strong>dei</strong><br />

muri e deteriora <strong>il</strong> marmo bianco che li<br />

compone. È stato necessario puntellare e<br />

tappare una parte <strong>dei</strong> corridoi per evitare<br />

________<br />

6 Una secondo Gaetano Nob<strong>il</strong>e, op. cit., pag. 151, notizia confermata anche in Carlo Celano, Notizie<br />

del bello, dell’antico e del curioso della città <strong>di</strong> Napoli, Chiurazzi, Napoli, 1870, v. V, pag. 717 (ma la<br />

prima e<strong>di</strong>zione risale al 1692, l’anno successivo <strong>il</strong> Celano moriva, per cui la notizia è da attribuirsi al<br />

Chiarini che vi operò delle aggiunte <strong>nelle</strong> e<strong>di</strong>zioni successive); ve<strong>di</strong>, però, la <strong>di</strong>dascalia dell’immagine<br />

alla pagina seguente.<br />

13


e perché nuove rovine non venissero ad<br />

aggiungersi a quelle antiche. Così, meno<br />

fortunata <strong>di</strong> Pompei, Ercolano è condannata<br />

probab<strong>il</strong>mente ad un’eterna sepoltura.<br />

Dappertutto in questo <strong>teatro</strong> si vede carbonizzato<br />

<strong>il</strong> legno che era stato usato nella<br />

sua costruzione e i tronconi <strong>di</strong> colonne rovesciate<br />

<strong>di</strong>mostrano che Ercolano, come<br />

Pompei, aveva subito i danni <strong>di</strong> un terremoto<br />

prima <strong>di</strong> essere inghiottita dalla lava<br />

e dalla cenere.<br />

Ricostruzione <strong>di</strong> parte del <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Ercolano in una tavola <strong>di</strong> Francesco Piranesi (1873); vi sono anche<br />

raffigurate le due fantomatiche se<strong>di</strong>e curuli.<br />

14


Giulia Falletti <strong>di</strong> Barolo, Lettere a S<strong>il</strong>vio Pellico nel viaggio per l’Italia<br />

dal 2 novembre 1833 al 16 apr<strong>il</strong>e 1834 tradotte dal francese e pubblicate<br />

per la prima volta da Giovanni Lanza, Speirani, Torino, 1886,<br />

pagg. 33-34:<br />

15


Valérie De Gasparin, Voyage d'une ignorante dans le mi<strong>di</strong> de la France<br />

et l'Italie, v. I, Paulin, Paris, 1835, pagg. 273-276:<br />

Appena arrivati a Resina ci vedemmo assaliti<br />

da cento guide.<br />

“Vogliamo salir al Vesuvio?...” <strong>di</strong>ceva uno<br />

facendo l’occhietto e tirava dolcemente la<br />

manica dell’eccellente signor D. 7<br />

“Adesso, vedete com’è bellò 8 !...” gridava <strong>il</strong><br />

secondo con una voce enfatica mostrandomi<br />

col braccio teso <strong>il</strong> vulcano che vomitava<br />

un fumo abbondante, poi i due ruscelli <strong>di</strong><br />

lava che una linea biancastra faceva <strong>di</strong>stinguere.<br />

“Domani sara 9 finito!...” aggiungeva <strong>il</strong> terzo<br />

con un gemito. Il quarto mi presentava<br />

delle torce <strong>di</strong> pece; <strong>il</strong> quinto un bastone;<br />

questo del vino, quello delle arance,<br />

quest’altro del pane...e l’”Andate al Diavolo!”<br />

energicamente proferito dal mio domestico<br />

ci liberò solo <strong>di</strong> questi men<strong>di</strong>canti brevettati.<br />

“...Ad Ercolano!...” <strong>di</strong>ssi a mia volta quando<br />

questo tumulto <strong>di</strong> offerte interessate si era<br />

calmato e io potei senza rischio mettere da<br />

parte per qualche momento la mia gravità<br />

s<strong>il</strong>enziosa.<br />

___________<br />

7 Nel testo originale, anche per la consequenzialità delle note, i tre asterischi sono probab<strong>il</strong>mente<br />

stati aggiunti per errore <strong>di</strong> stampa, a meno che l’autrice non abbia voluto fare allusione ad un intercalare<br />

che contrad<strong>di</strong>stingueva <strong>il</strong> suo accompagnatore.<br />

8 Se bellò non è un altro errore <strong>di</strong> stampa è da ravvisarvi un geniale adattamento della voce<br />

all’accento francese da parte della guida napoletana.<br />

9 Qui, invece, sempre che non si tratti <strong>di</strong> errore <strong>di</strong> stampa, è la nostra contessa (tale era l’autrice)<br />

a italianizzare la parola facendola <strong>di</strong>ventare da tronca (quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> sapore francese) piana.<br />

16


“A Erculanum!”. Seguita da sei gran<strong>di</strong><br />

scurr<strong>il</strong>i 10 <strong>dei</strong> quali per niente al mondo potemmo<br />

sbarazzarci, entrai nella stamberga<br />

che ricopre <strong>il</strong> sotterraneo. Una guida in uniforme,<br />

che sedeva lì al pari del Re, accese<br />

delle candele e scacciò con uno sguardo la<br />

nostra scorta cenciosa.<br />

L’aria era ghiacciata in queste scale a chiocciola<br />

strette; <strong>il</strong> chiarore vac<strong>il</strong>lante delle fiaccole<br />

bastava appena a guidarci. Nonostante<br />

la privazione della luce che spandono i raggi<br />

del sole, non mi <strong>di</strong>spiaceva affatto; io amavo<br />

queste tenebre, amavo queste gole dove<br />

si avanzava a tentoni; <strong>il</strong> rotolamento delle<br />

vetture sopra le nostre teste mi pareva imponente<br />

e questa corsa nell’oscurità eccitava<br />

la mia immaginazione! Mi venivano in<br />

mente i racconti popolari e fantastici ai quali<br />

l’Irlanda, la Germania hanno dato i natali;<br />

da lontano, a metà nascosti <strong>di</strong>etro un pezzo<br />

<strong>di</strong> muro, da vicino svanendo alla curva <strong>di</strong> un<br />

vicolo, arrampicandosi su un blocco <strong>di</strong> lava,<br />

dappertutto vedevo fuggire questi<br />

Cluricanes 11 , queste Fate, questi Gnomi che<br />

hanno così felicemente ispirato l’autore <strong>di</strong><br />

Tr<strong>il</strong>by 12 . Ahimè! Non erano i folletti, gli spiriti<br />

bizzarri, né gli abitanti del mondo sotterraneo<br />

che venivo a cercare con l’itinerario in<br />

mano! ...Così<br />

_______<br />

10 Ga<strong>il</strong>lard in francese significa pure marcantonio, ma non mi pare, a parte quel grands che sarebbe<br />

stato ridondante, che l’autrice lo abbia usato in tal senso.<br />

11 Creature fantastiche delle favole irlandesi; la grafia esatta è Cluricanes e non Gluricanes.<br />

12 Tr<strong>il</strong>by ou le lutin d’Arga<strong>il</strong>, un racconto fantastico, ambientato in Scozia, pubblicato nel 1822 da<br />

Charles No<strong>di</strong>er; ad esso si ispirerà Adolphe Nourrit per <strong>il</strong> libretto del balletto La Sylphide.<br />

17


mettendo da parte subito queste <strong>di</strong>vagazioni<br />

la cui fut<strong>il</strong>ità mi dava rimorsi, porsi<br />

l’orecchio attento alle notizie del mio cicerone.<br />

“Questo, lava del Vesuvio!...Questo, palco<br />

del console!...Questo, se<strong>di</strong>e per li spettatori!...Questo<br />

camera per gli attori...Questo,<br />

scena!...Questo orchestro!...”.<br />

Questo è tutto quello che potei ricavare<br />

da lui e che mi ripeteva senza posa, in<strong>di</strong>cando<br />

ora un gra<strong>di</strong>no spezzato, ora un<br />

corridoio per metà colmo <strong>di</strong> lava; da questa<br />

parte uno spazio <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci pie<strong>di</strong> quadrati,<br />

qui un blocco <strong>di</strong> pietra <strong>di</strong>pinta <strong>di</strong> rosso<br />

o <strong>di</strong> nero antico!<br />

Provavo lì una vera delusione; ma dopo<br />

una mezz’ora giunsi con un violento sforzo<br />

intellettuale a sgomberare l’interno del<br />

<strong>teatro</strong>; riposi al loro posto le statue, i<br />

bronzi, i vasi, i bassor<strong>il</strong>ievi; riunii i dettagli,<br />

ricostruii l’e<strong>di</strong>ficio, e, portata a termine<br />

la mia fatica, fu con rispetto che contemplai<br />

questi resti meravigliosi che <strong>il</strong> Vesuvio<br />

ci ha conservato a <strong>di</strong>spetto <strong>dei</strong> secoli!<br />

18


Piante <strong>di</strong> Francesco La Vega (1777 circa) della parte superiore ed inferiore del <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Ercolano.<br />

19


Aubert de Linsolas, Souvenirs de l'Italie. 1, Rastoul, Avignon, 1836,<br />

pagg. 144-145:<br />

È a Resina che si prendono delle guide per<br />

salire sul Vesuvio e sta pure sotto la posizione<br />

che occupa questo v<strong>il</strong>laggio, e sotto<br />

quella <strong>di</strong> Portici giace la città <strong>di</strong> Ercolano.<br />

Una piccola strada a destra della pubblica<br />

piazza e che corre verso <strong>il</strong> mare conduce <strong>il</strong><br />

viaggiatore a una casa poco appariscente<br />

dove risiedono i custo<strong>di</strong> o guar<strong>di</strong>ani reali.<br />

Vi guidano attraverso una galleria sotterranea<br />

al pozzo che fece scoprire questa<br />

città e <strong>di</strong> là al suo <strong>teatro</strong>, la sola parte visib<strong>il</strong>e<br />

che c’è al giorno d’oggi. Questa città,<br />

fondata da Ercole, circa sessanta anni<br />

prima della fondazione <strong>di</strong> Troia, fu sepolta<br />

nella eruzione del Vesuvio dell’anno 79<br />

dell’era cristiana. Gli abitanti <strong>di</strong> Resina ne<br />

scoprirono le prime tracce, scoperta completata<br />

nel 1720 dagli scavi che or<strong>di</strong>nò <strong>il</strong><br />

principe d’Elbeuf; Carlo III, dopo aver fatto<br />

estrarre da Ercolano tutti gli oggetti<br />

d’arte che vi si trovavano, fu costretto ad<br />

or<strong>di</strong>nare <strong>di</strong> ricolmare lo scavo per preservare<br />

da uno smottamento certo le case <strong>di</strong><br />

Portici e Resina, costruite sulla superficie<br />

<strong>di</strong> questa cavità; <strong>di</strong> modo che<br />

20


<strong>il</strong> viaggiatore è privato del piacere <strong>di</strong> immergersi<br />

nell’antichità e <strong>di</strong> circolare attraverso<br />

questa città, <strong>di</strong> ammirarne le rovine,<br />

<strong>il</strong> foro e i monumenti. Il <strong>teatro</strong> è della<br />

più ricca architettura greca; aveva una<br />

galleria ornata <strong>di</strong> statue in bronzo <strong>di</strong> gran<br />

pregio; vi si contavano 21 f<strong>il</strong>e <strong>di</strong> gra<strong>di</strong>ni,<br />

ma se ne può visitare solo una piccola<br />

parte, <strong>il</strong> cui scavo non presentava gli<br />

stessi pericoli per le costruzioni sovrastanti<br />

<strong>di</strong> Resina. Si <strong>di</strong>stinguono pertanto<br />

alla luce <strong>di</strong> una torcia <strong>di</strong>verse iscrizioni<br />

apposte dai <strong>viaggiatori</strong> come pure<br />

l’impronta <strong>di</strong> una figura umana tracciata<br />

sulla crosta <strong>di</strong> lava e <strong>di</strong> ceneri soli<strong>di</strong>ficate<br />

che ne formano la volta. La grande strada<br />

<strong>di</strong> Salerno passa su questa volta e <strong>il</strong> rumore<br />

delle vetture con le sue gradazioni<br />

<strong>di</strong>fferenti simula <strong>il</strong> rumore <strong>dei</strong> rombi del<br />

tuono. Si vorrebbe fermarsi <strong>di</strong> più in questo<br />

sotterraneo celebre, ma la curiosità e<br />

l’interesse si raffreddano subito, perché <strong>il</strong><br />

visitatore per via dello spazio ridotto è<br />

obbligato ogni momento a tornare sui<br />

suoi passi. La sua immaginazione gli rappresenta<br />

i templi e i palazzi che giacciono<br />

attorno a lui in questo oscuro confine; ma<br />

sono <strong>dei</strong> morti che non gli è concesso <strong>di</strong><br />

esumare.<br />

21


Jean Claude Fulchiron, Voyage dans l'Italie.... Royaume de Naples, Didot,<br />

Paris, 1838, pagg. 308-309:<br />

I soli monumenti che attualmente è possib<strong>il</strong>e<br />

visitare sono <strong>il</strong> <strong>teatro</strong> e la strada della<br />

quale sto per parlare. Lo stesso <strong>teatro</strong> non<br />

è interamente scavato. Si possono vedere<br />

<strong>il</strong>luminati dalla luce del giorno che penetra<br />

da un pozzo <strong>di</strong> una dozzina <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> apertura<br />

solo la parte del rivestimento in<br />

marmo e i gra<strong>di</strong>ni semicircolari più vicini<br />

alla scena; questi gra<strong>di</strong>ni sono in numero<br />

<strong>di</strong> 21 e li si ritrova <strong>nelle</strong> <strong>di</strong>verse gallerie coperte,<br />

in seno al masso, per seguire <strong>il</strong> contorno<br />

interno del basamento e <strong>di</strong>simpegnare<br />

i corridoi e la scalinata che allora serviva<br />

alla circolazione degli spettatori. Tutto questo<br />

può essere esaminato solo alla luce<br />

delle torce, come pure la scena interamente<br />

liberata dalla cenere e dalla lava. Questa<br />

scena dà dunque un’idea esatta delle rappresentazioni<br />

teatrali degli antichi, tanto<br />

più che i due teatri <strong>di</strong> Pompei sono sim<strong>il</strong>i a<br />

quello <strong>di</strong> Ercolano, <strong>il</strong> che sembra <strong>di</strong>mostrare<br />

che esisteva un tipo tra<strong>di</strong>zionale. Elevata<br />

<strong>di</strong> un metro al <strong>di</strong> sopra dell’atrio che la<br />

separa dai gra<strong>di</strong>ni, essa ha, riferendomi alla<br />

misura <strong>dei</strong> miei passi, ventinove metri <strong>di</strong><br />

larghezza e solo un<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà; la sua<br />

decorazione era permanente, in<br />

22


muratura e rappresentava un portico con<br />

una rientranza al centro, dove era posta la<br />

porta d’ingresso <strong>dei</strong> personaggi; così non<br />

si poteva simulare cambiamento <strong>di</strong> luogo.<br />

Alle due estremità, e vicino all’orchestra,<br />

ci sono due pie<strong>di</strong>stalli che reggevano statue<br />

collocate attualmente nella collezione<br />

del museo; <strong>di</strong>etro la scena c’è un corridoio<br />

comunicante con i camerini degli attori:<br />

è là vicino che vi si vede l’impronta <strong>di</strong> una<br />

maschera conservata nella cenere soli<strong>di</strong>ficata.<br />

Insomma, la vista <strong>di</strong> questo monumento<br />

obbliga a pensare che, in un sim<strong>il</strong>e<br />

locale e con rappresentazioni date in pieno<br />

giorno, esse dovevano mancare<br />

dell’<strong>il</strong>lusione che noi sappiamo procurare<br />

agli spettatori moderni. La circonferenza <strong>di</strong><br />

questo <strong>teatro</strong> è esternamente <strong>di</strong> 96 metri,<br />

all’interno <strong>di</strong> 76; la sua forma è quella delle<br />

nostre sale da spettacolo, cioè un emiciclo<br />

per <strong>il</strong> pubblico e un quadr<strong>il</strong>atero per la<br />

scena; ma con la <strong>di</strong>fferenza che presso gli<br />

antichi essa era più lunga che profonda,<br />

al contrario <strong>di</strong> oggi: <strong>di</strong>fferenza dovuta al<br />

nostro sistema <strong>di</strong> decorazione, che è nato<br />

in Toscana nel XVI secolo. Forse, se si giu<strong>di</strong>ca<br />

in base ai paesaggi trovati ad Ercolano,<br />

l’antichità non era in grado <strong>di</strong> adottarla<br />

poiché essa sembra aver ignorato le principali<br />

regole della prospettiva lineare.<br />

23


Mercier-Thoinnet, Souvenirs de voyage, par , dans le mi<strong>di</strong> de la France...<br />

dans la Ligurie, à Gênes, Rome, Naples... sur l'Adriatique, dans<br />

l'Albanie... la Dalmatie, l'Illyrie, à Trieste, Venise, en Suisse,<br />

Schwartz et Gagnot, Paris, 1838, pagg. 179-180:<br />

Siamo tornati a Portici, seduta su Ercolano,<br />

tra <strong>il</strong> Vesuvio, che fuma, e <strong>il</strong> mare che<br />

ribolle ai suoi pie<strong>di</strong>. Infine, giunti a Resina,<br />

<strong>di</strong>scen<strong>di</strong>amo a 80 pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà in Ercolano,<br />

seppellita da se<strong>di</strong>ci secoli sotto uno<br />

strato <strong>di</strong> lap<strong>il</strong>lo 13 , specie <strong>di</strong> pietra pomice<br />

delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> una nocciolina; ci si faceva<br />

luce al chiarore <strong>di</strong> una torcia, sotto<br />

una volta umida. Il <strong>teatro</strong> è grande e magnifico,<br />

se ne ammira la soli<strong>di</strong>tà; la facciata<br />

è ornata <strong>di</strong> belle colonne <strong>di</strong> marmo e le<br />

decorazioni erano molto ricche.<br />

_________<br />

13 Credo che nell’originale grap<strong>il</strong>io sia un errore, forse <strong>di</strong> stampa, per lap<strong>il</strong>lo.<br />

24


Adolphe Pezant, Voyage pittoresque à Pompeï, Herculanum, au Vésuve,<br />

à Rome et à Naples, Cretaine, Paris, 1839, pagg.306-310:<br />

25<br />

Oggi è nel borgo <strong>di</strong> Resina che si trova<br />

l’ingresso della tomba <strong>di</strong> Ercolano. Esso<br />

è in una casa or<strong>di</strong>naria, occupata dal<br />

cicerone, che serve da guida agli stranieri<br />

che vogliono visitare queste rovine.<br />

Dopo aver <strong>di</strong>stribuito a tutti noi candele<br />

accese penetrammo per una larga volta<br />

alla cui uscita trovammo cento gra<strong>di</strong>ni<br />

che ci condussero <strong>di</strong>rettamente al <strong>teatro</strong>.<br />

Avanzando sotto l’oscuro percorso <strong>il</strong><br />

giorno fuggiva <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> noi, ci sembrava<br />

<strong>di</strong>scendere al tenebroso soggiorno,<br />

perché quando si è in basso si è avv<strong>il</strong>uppati<br />

dalla notte più profonda. Potremmo<br />

ben <strong>di</strong>re come Ovi<strong>di</strong>o:<br />

Est via declivis funesta nub<strong>il</strong>a nigro<br />

Ducit ad infernas per muta s<strong>il</strong>entia sedes.<br />

È un cammino tenebroso, coperto <strong>di</strong> nuvole scure,<br />

<strong>il</strong> cui pen<strong>di</strong>o conduce agli inferi attraverso <strong>il</strong><br />

s<strong>il</strong>enzio.<br />

Il primo oggetto che si trova è <strong>il</strong> <strong>teatro</strong> che<br />

era situato a nord della città, sulla piazza<br />

pubblica, vicino ad un tempio, <strong>di</strong> forma sferica,<br />

consacrato ad Ercole. Era delle massime<br />

<strong>di</strong>mensioni. Winkelmann sostiene che<br />

poteva contenere 30500 spettatori seduti,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente da quelli che si trovavano<br />

sulla platea, che Vitruvio chiama orchestra<br />

e noi oggi parterre; ma calcoli più recenti<br />

ed esatti, si <strong>di</strong>ce, hanno valutato questo<br />

numero a 10000 o a 12000. Per farci<br />

conoscere la larghezza del <strong>teatro</strong> <strong>il</strong> nostro<br />

cicerone ci condusse ad una delle parti laterali<br />

<strong>di</strong> ciò che


26<br />

oggi chiamiamo orchestra; vi collocò<br />

due candele; essendoci poi portati al<br />

lato opposto giu<strong>di</strong>cammo in questo modo<br />

che esso era più largo che lungo. La<br />

sua circonferenza esterna è <strong>di</strong> 290 pie<strong>di</strong>,<br />

l’interna <strong>di</strong> 230, per 150 <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà.<br />

La scena, che gli antichi chiamavano<br />

pulpitum, ha 65 pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> apertura su<br />

trenta <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà. La platea, che è <strong>il</strong><br />

nostro parterre, come ho detto prima,<br />

ha 150 pie<strong>di</strong> dopo <strong>il</strong> davanti della scena<br />

fino ai primi gra<strong>di</strong>ni, che si elevano in<br />

numero <strong>di</strong> 21 f<strong>il</strong>e in anfi<strong>teatro</strong>, fino ad<br />

una galleria superiore ornata <strong>di</strong> statue<br />

<strong>di</strong> bronzo.<br />

La larghezza <strong>di</strong> ciascun posto è <strong>di</strong> 4<br />

palmi, equivalenti ad un po’ meno <strong>di</strong> 3<br />

pie<strong>di</strong>, poiché 12 palmi sono 8 pie<strong>di</strong>, e la<br />

loro altezza era <strong>di</strong> 1 palmo. Erano tagliati<br />

nel tufo. Il parterre era rivestito<br />

<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> lastre <strong>di</strong> marmo giallo antico,<br />

<strong>di</strong> cui si vedono ancora resti in parecchi<br />

punti. Il corpo del <strong>teatro</strong> era <strong>di</strong> mattoni,<br />

così come si vede <strong>nelle</strong> gallerie interne<br />

e nella cinta esterna dove ci sono gran<strong>di</strong><br />

p<strong>il</strong>astri <strong>di</strong> mattoni rivestiti <strong>di</strong> stucco e<br />

coperti <strong>di</strong> pitture, <strong>di</strong> cui si scopre ancora<br />

qualche debole traccia. Gli scalini per<br />

cui vi si entra sono in travertino, larghi<br />

e ben conservati. I marmi preziosi, le<br />

colonne, le statue che ne sono stati estratti<br />

attestano la ricchezza e la bellezza<br />

dell’architettura <strong>di</strong> questo monumento,<br />

che era <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne corinzio. Questo<br />

<strong>teatro</strong> fu fondato <strong>il</strong> 15 a. C. da Marco<br />

Nonio Balbo e suo figlio, console <strong>di</strong><br />

Ercolano sotto l’impero <strong>di</strong> Tiberio, che<br />

lasciò al padre l’onore <strong>di</strong> annuire per<br />

primo nel senato. Vedemmo ai due lati<br />

del <strong>teatro</strong> <strong>il</strong> posto che occupavano le<br />

loro statue che oggi sono al museo <strong>di</strong><br />

Napoli e la cui esecuzione è molto ap-


La magnificenza <strong>di</strong> questo monumento teatrale,<br />

le rovine degli altri e<strong>di</strong>fici architettonicamente<br />

pregevoli che Ercolano conteneva<br />

attestano che questa città era la più<br />

bella e la più ricca della Campania, dopo<br />

Napoli e Capua. Strabone, Plinio, Floro e<br />

Stazio lo confermano con l’elogio che ne<br />

fanno. Il ricordo <strong>di</strong> questa città, che era<br />

sparita, dopo 17 secoli era talmente cancellato<br />

che quando fu scoperta bisognò che<br />

si rinvenisse <strong>il</strong> nome <strong>di</strong> Ercolano su<br />

un’iscrizione del <strong>teatro</strong> per riconoscere la<br />

sua <strong>di</strong>slocazione e per porre fine ai <strong>di</strong>battiti<br />

sull’argomento che nei secoli si erano<br />

accesi tra gli scrittori. Gli uni <strong>di</strong>cevano che<br />

essa fu ritrovata da conta<strong>di</strong>ni che avevano<br />

venduto <strong>dei</strong> marmi al principe d’Elbeuf per<br />

la costruzione del suo palazzo e che gli cedettero<br />

<strong>il</strong> terreno in cui li avevano trovati;<br />

<strong>il</strong> principe, padrone della proprietà, fece<br />

scavare e la tomba <strong>di</strong> Ercolano venne aperta.<br />

Un’altra versione, non molto <strong>di</strong>fferente e<br />

alla quale <strong>il</strong> pozzo che vi si vede ancora<br />

darebbe apparenza <strong>di</strong> verità, <strong>di</strong>ce che fu<br />

un fornaio <strong>di</strong> Resina che, scavando un pozzo,<br />

giunse alla cavea del <strong>teatro</strong>, ma tutto<br />

rimase lì, contentandosi <strong>di</strong> fare uso <strong>dei</strong><br />

marmi che ne estraeva; nel 1711, prima<br />

della scoperta <strong>di</strong> Pompei, quando <strong>il</strong> principe<br />

d’Elbeuf faceva costruire un palazzo,<br />

quest’uomo si impegnò a fornirgli i marmi<br />

necessari alla sua costruzione.<br />

Questi marmi lavorati suscitarono la curiosità<br />

del principe che gli offrì <strong>di</strong> acquistare <strong>il</strong><br />

fondo; <strong>il</strong> fornaio accettò e gli scavi che ci<br />

donarono Ercolano furono proseguiti dal<br />

principe ma furono sospesi per or<strong>di</strong>ne del<br />

governo e furono ripresi solo 30 anni dopo<br />

sotto <strong>il</strong> regno <strong>di</strong> Carlo III re <strong>di</strong> Spagna, <strong>di</strong>venuto<br />

pacifico possessore del suo regno<br />

dopo averlo conquistato e che scelse Portici<br />

per passarvi la primavera.<br />

27


28<br />

Visitando questa città sotterranea si<br />

vede che l’eruzione che la seppellì<br />

nell’anno 63 14 della nostra era non ebbe<br />

lo stesso carattere <strong>di</strong> quella <strong>di</strong><br />

Pompei. Ercolano fu inondata da un<br />

torrente <strong>di</strong> lave mescolate a ceneri e<br />

pietre, che, come una specie <strong>di</strong> pasta<br />

o <strong>di</strong> fluido, penetrò all’interno <strong>dei</strong> palazzi<br />

e delle case fin negli angoli più<br />

riposti e se<strong>di</strong>ci anni dopo Pompei fu<br />

sorpresa e interrata sotto una pioggia<br />

spessa <strong>di</strong> ceneri infuocate, mescolate<br />

con l’acqua, che la coprì interamente.<br />

Questi due eventi sono attestati dal<br />

grande numero <strong>di</strong> scheletri che furono<br />

trovati in quest’ultima città nella posa<br />

<strong>di</strong> persone che fuggivano, portando<br />

con sé gioielli, denaro, per sottrarsi a<br />

questo <strong>di</strong>sastro; e in Ercolano se ne<br />

trovò uno solo nel <strong>teatro</strong> e molto pochi<br />

in città, avendo avuto gli abitanti <strong>il</strong><br />

tempo <strong>di</strong> sottrarsi alla morte poiché,<br />

secondo Dione Cassio, furono prevenuti<br />

da un terremoto che durò parecchi<br />

giorni, a parte <strong>il</strong> fatto che la natura<br />

fluida della lava, che avanza lentamente<br />

nella sua marcia, lasciò loro <strong>il</strong><br />

tempo <strong>di</strong> fuggire. La situazione <strong>di</strong> Ercolano<br />

non ha permesso che la si scoprisse<br />

interamente come Pompei perché<br />

sarebbe stato necessario, per portare<br />

alla luce una città in rovina, o<br />

piuttosto un ammasso <strong>di</strong> pietre, sacrificare<br />

due città ben salde, a cui Ercolano<br />

serve da fondamenta. Così fu<br />

presa la decisione, nello scavarla,<br />

_________<br />

14 Incre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>e confusione tra <strong>il</strong> terremoto del 62 (neppure del 63) e l’eruzione del 79.


________<br />

15 Riprodotta nella pagina seguente.<br />

<strong>di</strong> colmare da un lato gli scavi che erano stati<br />

fatti con <strong>il</strong> materiale che si prelevava<br />

dall’altro, dopo averne estratto gli oggetti<br />

preziosi; <strong>il</strong> che fa sì che oggi in Ercolano rimane<br />

da vedere solo <strong>il</strong> <strong>teatro</strong> nel cui circuito<br />

si son lasciati massi <strong>di</strong> lava che hanno la<br />

stessa natura della roccia, per sostenere la<br />

terra, ad evitare un indebolimento che potrebbe<br />

causare <strong>il</strong> crollo delle abitazioni basate<br />

su queste rovine. Si son praticati <strong>dei</strong> corridoi<br />

nei quali si circola per visitare questo<br />

monumento. Quando si è sotto le volte che<br />

si trovano <strong>di</strong>rettamente sulla strada maestra<br />

si sente un rumore sordo sim<strong>il</strong>e a quello del<br />

tuono che rimbomba da lontano: è quello<br />

delle vetture che passano sulla strada.<br />

Si è conservato <strong>il</strong> pozzo che fu scavato nel<br />

1711, epoca della scoperta <strong>di</strong> questa città.<br />

La sua profon<strong>di</strong>tà, che era quella della tomba<br />

<strong>di</strong> Ercolano, è <strong>di</strong> 66 pie<strong>di</strong>. Questo pozzo<br />

scende <strong>di</strong>rettamente sui gra<strong>di</strong>ni dove sedevano<br />

gli spettatori, che è la parte<br />

dell’anfi<strong>teatro</strong> che gli antichi chiamavano cavea<br />

(vedere la tavola 15 dopo <strong>il</strong> frontespizio),<br />

e lo <strong>il</strong>lumina in basso.<br />

29


Questa tavola era già apparsa in M. J.-M. Le Riche, Vues des monumens antiques de Naples, gravées<br />

à l'aquatinta, accompagnées de notions et de <strong>di</strong>ssertations, Nepveu, Paris, 1825.<br />

30


Van Den Nest, Charles Joseph (Abbé), Naples et le Mont-Cassin, t. 1,<br />

J. P. Van Dieren, Anversa, 1850, pagg. 197-199:<br />

31<br />

Scendemmo in Ercolano alla fleb<strong>il</strong>e luce <strong>di</strong><br />

qualche candela che <strong>il</strong> nostro cicerone piazzò<br />

contro le pareti della galleria per farci vedere,<br />

per quanto era possib<strong>il</strong>e, gli interessanti monumenti<br />

che ci in<strong>di</strong>cava. Il bagliore fantastico della<br />

luce che ci serviva da guida unito al timore<br />

che provavamo <strong>di</strong> vederla spegnersi<br />

nell’atmosfera densa <strong>di</strong> questa tomba (paura<br />

d’altra parte amplificata dalle precauzioni <strong>di</strong> cui<br />

si circondava la guida per non perdere le tracce<br />

del cammino) riempiva <strong>il</strong> nostro animo <strong>di</strong><br />

vaghi terrori. Le nostre sagome allungate o<br />

accorciate dai capricciosi effetti <strong>di</strong> luce o <strong>di</strong> ottica<br />

strisciavano balzando lungo i muri, o si<br />

lasciavano trascinare ai nostri fianchi sul suolo:<br />

erano i fantasmi della città addormentata <strong>di</strong> cui<br />

noi venivamo a profanare <strong>il</strong> sonno e che si rifacevano<br />

perseguitandoci con le loro pose ven<strong>di</strong>cative.<br />

Dalle lontane oscurità dell’orrib<strong>il</strong>e dedalo<br />

si muoveva, davanti al nostro sguardo affascinato,<br />

un gioco d’ombre fantasmagorico, misterioso.<br />

Ci sentivamo relegati in un mondo<br />

che non era più quello <strong>dei</strong> vivi. Nella penosa<br />

allucinazione che ci tormentava avemmo un<br />

solo desiderio: quello <strong>di</strong> abbandonare questi<br />

luoghi che trasformavano in realtà ai nostri occhi<br />

le più sinistre ispirazioni <strong>di</strong> Virg<strong>il</strong>io o <strong>di</strong><br />

Dante, e <strong>di</strong> rivedere finalmente la dolce luce<br />

del giorno. Seguendo stretti passaggi praticati<br />

in uno spesso strato <strong>di</strong> lava si penetra in quello<br />

che fu un tempo <strong>il</strong> <strong>teatro</strong>. La circonferenza <strong>di</strong><br />

questo monumento misura 280 pie<strong>di</strong><br />

all’esterno e 230 all’interno. 21 gra<strong>di</strong>ni, sormontati<br />

da una galleria, ornata un tempo <strong>di</strong><br />

statue in bronzo, servivano da posti per gli<br />

spettatori, <strong>il</strong> cui numero doveva essere immenso<br />

a giu<strong>di</strong>care dall’estensione dello spazio destinato<br />

a riceverli. Là, come a Pompei,<br />

l’orchestra era posta tra gli spettatori e <strong>il</strong> proscenio.<br />

Il fondo del <strong>teatro</strong> era aperto su tre<br />

porte per le quali entravano o uscivano gli attori,<br />

i quali avevano <strong>di</strong>etro la scena camere e<br />

corridori particolari.


32<br />

Tutti i corridoi, le arcate, i vomitori o<br />

passaggi e le porte esistono ancora intatti;<br />

ma l’acqua che cola senza posa<br />

dalle volte deteriora le pareti <strong>dei</strong> muri e<br />

rovina <strong>il</strong> marmo bianco <strong>di</strong> cui sono rivestiti.<br />

È stato necessario puntellare le cavità<br />

e chiudere l’entrata <strong>di</strong> una parte <strong>dei</strong><br />

corridoi per prevenire i crolli. Meno felice<br />

<strong>di</strong> Pompei, Ercolano è probab<strong>il</strong>mente<br />

condannata a un’eterna sepoltura.<br />

Questo <strong>teatro</strong>, rivestito <strong>di</strong> belle lastre <strong>di</strong><br />

marmo, ornato <strong>di</strong> affreschi assai ben<br />

conservati, testimonia ancora oggi la<br />

magnificenza dello spagnolo Balbo che<br />

lo fondò.


Ricostruzione del <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Ercolano in due tavole <strong>di</strong> Francesco Piranesi (1783)<br />

33


Louise Colet, L'Italie des italiens. Italie du sud, Dentu, Paris, 1863,<br />

pagg. 109-110:<br />

34<br />

Portici e <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio <strong>di</strong> Resina sorgono<br />

oggi su tutta l’estensione <strong>di</strong> Ercolano,<br />

che fu inghiottita sotto una<br />

massa formidab<strong>il</strong>e <strong>di</strong> lava vomitata<br />

dalla bocca del vulcano; ci fermiamo<br />

per visitare ciò che è stato scoperto<br />

della città antica; guar<strong>di</strong>ani che portano<br />

delle torce accese ci fanno <strong>di</strong>scendere<br />

nel <strong>teatro</strong> <strong>di</strong>venuto un immenso<br />

sotterraneo. È <strong>il</strong> più vasto<br />

monumento <strong>di</strong> questo genere che<br />

sia giunto fino a noi; poteva contenere<br />

8000 spettatori. Proce<strong>di</strong>amo<br />

attraverso <strong>il</strong> dedalo <strong>dei</strong> corridoi sul<br />

fango nero e liquido che copre <strong>il</strong> pavimento;<br />

arriviamo nel cerchio ancora<br />

intatto dove si <strong>di</strong>ramano 19 f<strong>il</strong>e <strong>di</strong><br />

gra<strong>di</strong>ni. La scena è <strong>di</strong> un terzo più<br />

larga <strong>di</strong> quella del San Carlo; una<br />

folla <strong>di</strong> figure in bronzo e in marmo<br />

e quattro statue equestri in bronzo<br />

dorato ornavano questo <strong>teatro</strong> dove<br />

risuonavano volta per volta i versi <strong>di</strong><br />

Sofocle e <strong>di</strong> Aristofane, <strong>di</strong> Plauto, <strong>di</strong><br />

Terenzio e <strong>di</strong> Seneca. La maggior<br />

parte delle statue sono perdute,<br />

quelle che si sono ritrovate sono al<br />

museo <strong>di</strong> Napoli. Le colonne infrante<br />

hanno ceduto <strong>il</strong> posto a <strong>dei</strong> grossi<br />

p<strong>il</strong>astri che oggi reggono la volta<br />

del sotterraneo. Durante <strong>il</strong> giorno un<br />

po’ <strong>di</strong> chiarore vi penetra appena attraverso<br />

un pozzo aperto al <strong>di</strong> sopra<br />

<strong>di</strong> una galleria. Si esce rattristati da<br />

queste rovine come da una tomba.


Alphonse Cor<strong>di</strong>er de Tours, A travers la France, l'Italie, la Suisse et<br />

l'Espagne, 1865 et 1866, Vermot, Paris, 1866, pag. 196:<br />

35<br />

La visita <strong>di</strong> Ercolano si fa in breve<br />

tempo. Non ci sono da vedere che<br />

che un <strong>teatro</strong>, una bas<strong>il</strong>ica e due<br />

case. Il <strong>teatro</strong>, scavato a metà, offre<br />

un me<strong>di</strong>ocre interesse. Vi si sono<br />

trovate belle statue <strong>di</strong> marmo e<br />

<strong>di</strong> bronzo dorato, tra le quali quattro<br />

statue equestri. La bas<strong>il</strong>ica,<br />

lunga 228 palmi e larga 132, con<br />

un portico <strong>di</strong> 42 colonne, ha fornito<br />

al museo <strong>di</strong> Napoli le due statue<br />

equestri <strong>di</strong> Balbo, padre e figlio. E’<br />

nella v<strong>il</strong>la <strong>di</strong> Aristide che si sono<br />

recuperati i preziosi papiri, <strong>di</strong> cui<br />

abbiamo prima parlato, e una gran<br />

quantità <strong>di</strong> statue e <strong>di</strong> busti in<br />

bronzo, come <strong>il</strong> Fauno ebbro, le sei<br />

danzatrici, <strong>il</strong> Fauno dormiente, <strong>il</strong><br />

Mercurio, l’Aristide, l’Omero, e la<br />

Minerva etrusca. Infine la casa<br />

d’Argo ci ha restituito un gran numero<br />

<strong>di</strong> oggetti curiosi e tra l’altro<br />

<strong>dei</strong> cibi. Ecco qui tutto l’Ercolano,<br />

visib<strong>il</strong>e fino ad oggi. Il resto <strong>di</strong> questa<br />

città sarà mai portato alla luce?


Juliette Figuier, L'Italie d'après nature. L'Italie méri<strong>di</strong>onale, Furne, Jouvet<br />

(Paris),1868, pagg. 236-238:<br />

Dopo Napoli, si segue, senza interruzione<br />

una lunga strada che <strong>di</strong>venta sempre più<br />

sporca. La Marinella è già molto sporca,<br />

Portici lo è ancora <strong>di</strong> più, Resina è completamente<br />

infetta. Non si può avere l’idea <strong>di</strong><br />

una tale fogna. Le case sono occupate da<br />

sor<strong>di</strong>de famiglie che si dondolano a ciascuna<br />

finestra. Le masserizie sono ammucchiate a<br />

casaccio davanti alle porte. I ragazzi, seminu<strong>di</strong>,<br />

si agitano con ogni sorta <strong>di</strong> animali,<br />

polli, cani e porci, nei ruscelli nerastri; cumuli<br />

<strong>di</strong> immon<strong>di</strong>zia si accumulano fin sulla<br />

soglia delle case. Tutti i mestieri confondono<br />

i loro lavori ai margini della strada. Il riparatore<br />

<strong>di</strong> carretti, <strong>il</strong> ciabattino, <strong>il</strong> panieraio<br />

si de<strong>di</strong>cano alle loro occupazioni, sbattendo<br />

ad ogni istante contro i carretti, i calessini e<br />

gli asini, che vanno, vengono e s’incrociano<br />

costantemente con loro. Donne curve, rugose,<br />

rauche, incartapecorite, provano a lavare<br />

alla fontana vecchie pentole. Ragazzine<br />

arruffate, correndo appresso a capre, lasciano<br />

sventolare le loro gonne in brandelli.<br />

Le madri gridano e i marmocchi piangono. È<br />

uno spettacolo rumoroso e orrendo 16 .<br />

_________<br />

16 Al <strong>di</strong> là <strong>dei</strong> termini forse troppo pesanti che la raffinata autrice usa, c’è da chiedersi cos’è cambiato<br />

da allora e quali termini userebbe se, viaggiatrice resuscitata, dovesse oggi fare i conti con<br />

l’emergenza rifiuti e non solo con quella...Non è tollerab<strong>il</strong>e, invece, la schif<strong>il</strong>tosità che <strong>di</strong>mostra anche,<br />

come vedremo più avanti, nel corso della sua visita al <strong>teatro</strong>: mancare <strong>di</strong> rispetto al presente<br />

transeat, ma <strong>il</strong> passato, soprattutto quando è stato scan<strong>di</strong>to dalla <strong>di</strong>sgrazia e dalla sofferenza, è<br />

sacro. Insomma l’autrice <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> essere più ignorante <strong>di</strong> colei che, pur nob<strong>il</strong>e <strong>di</strong> lignaggio, così<br />

si era definita (ignorante) in un sussulto <strong>di</strong> insospettab<strong>il</strong>e um<strong>il</strong>tà nel titolo della sua opera, <strong>di</strong> cui<br />

abbiamo avuto occasione <strong>di</strong> leggere <strong>il</strong> pezzo relativo a pag. 16, nonché <strong>di</strong> mancare <strong>di</strong> quella sensib<strong>il</strong>ità<br />

e delicatezza che traspaiono dalla testimonianza della nob<strong>il</strong>donna (in tutti i sensi) riportata a<br />

pag. 17.<br />

36


Seduto su una sor<strong>di</strong>da gra<strong>di</strong>nata, un battaglione<br />

<strong>di</strong> guide attende i <strong>viaggiatori</strong>. Il custode<br />

che ci tocca per spartizione è un piccolo<br />

vecchio, con gli occhi rossi, con la<br />

schiena curva, con gli abiti cenciosi. Ci fa<br />

passare in un orrendo vicolo e ci conduce<br />

davanti ad una porta bassa. Là arriva un<br />

secondo guar<strong>di</strong>ano, con una chiave. Appena<br />

la porta si apre ne fuoriesce una corrente<br />

<strong>di</strong> aria fredda, umida, sepolcrale. Lo<br />

sguardo non è in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere: si<br />

<strong>di</strong>rebbe una cava nera e profonda. La guida<br />

ci precede e ci fa scendere i larghi gra<strong>di</strong>ni<br />

<strong>di</strong> una lunga scalinata. Ci rincresce vivamente<br />

che le torce, così spesso messe in<br />

scena dai poeti, non siano che un effetto<br />

della loro immaginazione. La verità è che <strong>il</strong><br />

nostro custode si serve, per farci luce, <strong>di</strong> un<br />

prosaico mozzicone <strong>di</strong> candela, insufficiente<br />

ad <strong>il</strong>luminare queste oscure volte. Ve<strong>di</strong>amo<br />

appena appena per non perderci. Arriviamo<br />

tastoni in una specie <strong>di</strong> sotterraneo in cui<br />

abbiamo la gioia <strong>di</strong> ricevere un raggio <strong>di</strong> luce<br />

da una apertura praticata in alto. Di là<br />

entriamo nell’anfi<strong>teatro</strong>. È, a quanto si pretende,<br />

un superbo e<strong>di</strong>ficio. Diciamo che attraverso<br />

l’oscurità che l’avv<strong>il</strong>uppava, i pipistrelli<br />

che battevano pesantemente con le<br />

ali e l’odore acre, nauseabondo, che esalava<br />

dal suolo fangoso, <strong>il</strong> <strong>teatro</strong> <strong>di</strong> Ercolano<br />

non ci ha per nulla entusiasmato. Ah, luce,<br />

figlia del sole, tu sola sai donare alla terra <strong>il</strong><br />

suo vigore, la sua gioia, la sua ricchezza, <strong>il</strong><br />

suo r<strong>il</strong>ievo e <strong>il</strong> suo splendore! Lontano da<br />

te, tutto <strong>di</strong>viene triste come la morte. Il circo<br />

<strong>di</strong> Ercolano, privato del tuo bagliore, non<br />

è più <strong>di</strong> una tomba che si apre, buia e fredda,<br />

sotto lo sguardo <strong>di</strong>spiaciuto.<br />

37


Théodore Verne d’Arlandes, Trois mois en Italie, Calman, Lévy (Paris),<br />

1876, pag. 150:<br />

Dopo <strong>il</strong> carnefice, la vittima; dopo <strong>il</strong> Vesuvio,<br />

Ercolano. È da questa città sepolta che si sono<br />

estratti gli oggetti che sono oggi gli ornamenti<br />

più belli del museo <strong>di</strong> Napoli e, ciononostante,<br />

nel visitare quel che qui è stato<br />

portato alla luce, la curiosità è molto meno<br />

sod<strong>di</strong>sfatta che a Pompei. Una piccola parte<br />

solamente è stata messa alla luce ed un’altra<br />

non può vedersi che sotto la lava, penetrando<br />

ad una grande profon<strong>di</strong>tà. Soltanto così si<br />

possono <strong>di</strong>stinguere i muri ed i gra<strong>di</strong>ni del<br />

suo <strong>teatro</strong>. Mentre si considerano i resti <strong>di</strong><br />

una grande città sparita, si sente <strong>il</strong> brontolio<br />

delle vetture che rotolano sulle vostre teste.<br />

Il contrasto tra questi rumori <strong>di</strong> strada e<br />

l’apparato <strong>di</strong> morte che ci avv<strong>il</strong>uppa sembra<br />

riassumersi in questa sinistra sonorità della<br />

tomba.<br />

38


Joseph Thierry (1812-1866), abbozzo (1859) <strong>di</strong> decoro dell’atto IV dell’Herculanum ou l’orgie romaine,<br />

libretto <strong>di</strong> Joseph Méry (Feissat Ainé et Demonchy, Marsiglia, 1834) e musica <strong>di</strong> Félicien David).<br />

Chiudo in tema con questi due graffiti, naturalmente rinvenuti ad Ercolano:<br />

<strong>il</strong> primo contiene una speranza destinata ad essere tra<strong>di</strong>ta:<br />

CIL IV, 10763 Q(UOD) B(ENE) EV(ENIAT)<br />

Ci vada bene!<br />

<strong>il</strong> secondo una riflessione che appare come un presentimento, pur in assenza,<br />

come già nel primo, della consapevolezza <strong>di</strong> un pericolo antico: <strong>il</strong><br />

Vesuvio; nonché, facendo i debiti scongiuri, un monito per i posteri.<br />

CIL IV, 10634 QUI SE TUTARI NESCIT NESCIT VIVERE/MINIMUM<br />

MALU(M) FIT CONTEMNENDO MAXIMUM<br />

Chi non sa tutelarsi non sa vivere; <strong>il</strong> male più piccolo <strong>di</strong>venta <strong>il</strong> più grande<br />

se non lo si tiene in conto.<br />

39

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