Claudia Benedettini Il libro di lettura che non c'è: una proposta che ...

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11.06.2013 Views

Il motivo per cui si sia fatta traslocare la grammatica nel libro di lettura è da rintracciare, a mio avviso, in un fraintendimento delle indicazioni programmatiche, le quali, è vero, ponevano l’accento su attività di riflessione che partissero dal testo e che a questo tornassero, ma non si riferivano alla vivisezione e alla conseguente mortificazione del testo letterario. La riflessione linguistica Il fanciullo ha le sue curiosità linguistiche. Altre curiosità possono essere stimolate in lui: è il momento della riflessione sulla lingua, una riflessione esplicita concepita come momento valido in sé e come strumento di conferma della competenza e delle abilità linguistiche. Dapprima e per lungo tempo la riflessione dovrebbe rivolgersi all'ambito del significato (di parole estratte dal contesto o di unità superiori alla parola); questo aspetto della lingua non si può ridurre alla spiegazione episodica di una parola sconosciuta, né ad una meccanica consultazione del vocabolario, ma deve dar luogo ad un'attività programmata che tenga conto del gusto del fanciullo di giocare con la lingua, di scoprire relazioni tra forme, tra significati, tra forme e significati, di costruire catene di parole, di ripercorrere con l'aiuto dell'insegnante, anche "storie di parole". La riflessione, poi, può diventare individuazione di certe fondamentali strutture sintetiche: predicati che esprimono la caratteristica di un soggetto, predicati che mettono in relazione il soggetto, con un altro elemento. I rilievi morfologici possono essere fatti sul testo e mostrare la funzionalità di certe "marche" formali che collegano tra loro parole o che segnalano particolari rapporti. Importante, in tutti i casi, è che l'osservazione "grammaticale" emerga dal testo orale e scritto e serva per tornare ai testi assicurandone una più precisa e consapevole interpretazione. La grammatica va concepita come sollevamento a livello consapevole di fenomeni che l'alunno è già in grado di produrre e percepire. In questo concetto allargato di grammatica rientra la rielaborazione del testo, una delle operazioni più produttive e capaci di sintetizzare le varie attività linguistiche. 5 Ho evidenziato i due pezzi su cui i curatori dei libri di testo hanno un po’ troppo calcato la mano deformando le indicazioni effettive: i testi orali e scritti da cui l’osservazione “grammaticale” debba emergere e a cui, poi, debba tornare sono stati identificati (quasi esclusivamente, e poi lo vedremo) nei testi letterari, ossia in tutti quei brani selezionati e tratti dai libri per bambini che occupano le pagine del libro di lettura; di conseguenza, anche la rielaborazione del testo è stata intesa (anche qui, quasi esclusivamente) come rielaborazione del testo letterario. La prima preoccupazione degli autori dei libri di testo, quindi, è stata quella di accorpare la parte dedicata alla grammatica a quella dedicata alla lettura: ci si è, in pratica, fermati alla superficie delle parole espresse dai Programmi e, senza sforzarsi di elaborare dei veri e propri nuovi percorsi di apprendimento-insegnamento della grammatica, si è scivolati facilmente nell’approssimazione; in realtà, infatti, non è che la grammatica si sia davvero trasformata in riflessione linguistica, perché a un confronto attento tra i libri vecchi e quelli “nuovi” appare evidente un ristagno della grammatica normativa, mascherata dal tentativo frettoloso di diventare altro. Due sono state le conseguenze negative di questa integrazione tra antologia e grammatica: aver messo in secondo piano la letteratura per l’infanzia (che peraltro, in Italia, stava attraversando proprio allora il suo “periodo d’oro” 6 ), alla quale si relegava sempre di più un ruolo di “ancella della grammatica”; aver diffuso tra i docenti la falsa convinzione di essere stati alleggeriti nel proprio lavoro quotidiano. Il tentativo era quello di rendere unitari, e quanto più possibile correlati fra loro, i percorsi dell’educazione linguistica e quelli dell’educazione letteraria: ma alla base c’era, come abbiamo visto, un fraintendimento. È mancato, inoltre, un interessamento incrociato verso la questione, ossia un contributo costante e durevole di studi, ricerche e sperimentazioni che provenisse da più fronti e che giungesse a conclusioni condivise: gli insegnanti (per primi), le associazioni preposte alla formazione e all’aggiornamento, gli autori dei libri di testo e, dunque, anche gli editori scolastici, e poi i linguisti, i pedagogisti e i critici letterari hanno operato perlopiù separatamente e (escludendo gli editori scolastici) non su larga scala, chi in maniera molto affrettata, chi poco, chi addirittura per niente. Tutto il fermento culturale della prima metà degli anni Ottanta, in effetti, è andato scemando, disperdendosi in iniziative isolate di ricerca e di innovazione che ancora oggi devono trovare la maniera per fare sistema e imporsi, quindi, all’attenzione del mondo scolastico, di quello accademico e di quello editoriale, a livello nazionale. Con il passare degli anni, si è consolidato fra gli insegnanti un atteggiamento di accettazione quasi incondizionata nei riguardi di tutto il materiale prodotto dall’editoria scolastica, la quale dal canto suo si è sempre più “prodigata” per assecondare le richieste (a quel punto in aumento: la situazione creatasi sembra un cane che si morde la coda…) di “facilitazione” della didattica provenienti dai collegi docenti delle scuole. Ecco come oggi, perciò, ci si trova di fronte a una grande quantità di testi scolastici che, però, sono molto simili l’uno all’altro e non costituiscono una vera alternativa di scelta. Oltre a ciò, da qualche anno, ormai, il libro di testo dell’area linguistica si articola in più volumi offrendo agli insegnanti proposte operative che spaziano dalla riflessione sui contenuti testuali alla scrittura e rielaborazione del testo (generalmente letterario), fino alla riflessione sull’arte figurativa e sulla musica, passando per le strade (non veramente ricostruite, ma soltanto un po’ “ripulite” sul manto superficiale) della grammatica: vi si trova di tutto… e purtroppo sono tanti gli insegnanti che, probabilmente per inerzia e assuefazione, vi si sono adagiati. 5 Dai Programmi didattici per la scuola primaria, Ministero della Pubblica Istruzione, Roma, 1985. 6 Definizione data da Silvia Blezza Picherle: cfr. l’articolo “La qualità tra le pieghe del testo” in Pepe Verde, n.46 ottobre-dicembre 2010.

Per molti anni la grammatica (travestita da riflessione linguistica) ha occupato, e in diversi casi ancora occupa, la parte conclusiva dell’antologia, accrescendone perciò le pagine. Oggi quasi tutti i testi suddividono in due volumi distinti la parte antologica e quella grammaticale. Ma se le due parti, magari pur all’interno di un unico volume, avessero mantenuto una propria autonomia, i danni sarebbero stati minimi, connessi solamente a ragioni formali (due cose diverse nello stesso libro forse stonano… ) e pratiche (un libro assai lievitato nel numero delle pagine diventa poco maneggevole e pesante): il fatto è che non ci si è limitati a un semplice accorpamento di pagine, ma si è via via arrivati a realizzare una vera e propria fusione tra le due parti. Infatti non abbiamo più a che fare con delle antologie, cioè con delle raccolte ragionate di testi per l’infanzia, ma con dei “sussidiari dei linguaggi” 7 . A dare anche soltanto una prima occhiata sommaria a questi libri non se ne coglie la funzione prevalente. Poi, analizzandoli bene, almeno una cosa è chiara: di certo non è l’amore per la lettura che se ne vuole ricavare; viene a mancare lo scopo principale dell’antologia; agli occhi degli stessi alunni il libro di testo altro non è che un eserciziario. Ciascun testo viene letteralmente attorniato da tutta una serie di domande sui contenuti e, ancor peggio, da inviti a sottolineare precise parti del discorso, a coniugare verbi, a fare analisi grammaticali e altre simili, “pensose”, anzi “penose” (se calate in un contesto del genere), operazioni di vivisezione delle frasi e dei periodi. Confrontiamo tra loro, a titolo esemplificativo, cinque libri di testo dell’area linguistica, rappresentativi delle cinque fasi in cui si potrebbero suddividere gli ultimi trentacinque anni (più indietro non sono voluta né potuta andare) dell’editoria scolastica per le elementari inerente al libro di lettura: 1. Oggi, classe IV, F. Enna, ed. Janus, Bergamo, 1977; 2. Il libronuovo, classe IV, B. Reggiani, A. Salvatore, ed. Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1981; 3. Progetto lingua italiana, classe III, M. Chiara, L. Zanchi, ed. Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1989; 4. Il cerchio delle parole, classe IV, L. Cima, A. Terzoli, ed. Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1996; 5. Binario magico, classe IV, A. Denzi, ed. Fabbri, Milano, 2009. Oggi del 1977 (era il mio libro di lettura della classe quarta) è, esclusivamente, un’antologia: i brani selezionati si susseguono pagina dopo pagina, accompagnati soltanto dalle immagini (illustrazioni, fotografie e disegni di bambini) e raggruppati in sezioni definite “libri” 8 . Così si presentavano, più o meno, anche altri libri di lettura di quegli anni, seppure con differenze, maggiori rispetto a quelle che possiamo cogliere oggi tra i tanti libri in uso, attinenti alla scelta dei testi e agli intenti educativo-didattici. In Oggi non si scorge neppure l’ombra di una proposta operativa; in altri libri di testo dello stesso periodo appaiono timidamente e discretamente alcune proposte di scrittura creativa (che seguono la presentazione di un testo fantastico o, ancora più di rado, realistico), di attività volte alla comprensione, alla discussione collettiva e alla riflessione sui messaggi espliciti o impliciti. In Oggi, inoltre, la selezione testuale risulta orientata in larga parte sulla produzione rodariana e su quella dell’autore stesso del libro di testo, Francesco Enna, che in effetti (l’ho scoperto un paio d’anni fa) è uno scrittore di narrativa per bambini (oltre a essere stato, anche lui, maestro elementare). E c’è un’altra particolarità: sono presenti, nel libro, anche diversi testi scritti proprio dagli alunni delle scuole elementari di più città (Sassari: e si può ipotizzare un collegamento con la scuola o le scuole frequentate da Enna; Vho: e si può immaginare una collaborazione con Mario Lodi; Firenze: e mi viene in mente che un altro grande maestro, Bruno Ciari, era toscano…). Siamo nella fase in cui ancora non si intravedono, ben definiti, i germi di quell’interpretazione frettolosa dei Nuovi Programmi (lontani solo di pochi anni dalla loro stesura) che porterà in seguito ad avvicinare sempre di più l’antologia alla grammatica. Nel testo Il libronuovo del 1981 (utilizzato invece da mia sorella, più giovane di me di sei anni) è già evidente un passo verso la trasformazione dell’antologia: compaiono, nella maggioranza delle pagine, le note a margine dei testi, che invitano alla riflessione sui contenuti, alla conversazione con i compagni e con i familiari, alla scrittura o alla rielaborazione di testi, alla ricerca di informazioni correlate agli argomenti affrontati nei testi. In pratica, si sta facendo strada l’idea che i testi antologici possano mettere in moto attività di studio, di ricerca, di scrittura, di riflessione sugli argomenti contenuti: l’antologia si sta modificando in qualcos’altro; siamo infatti nella fase in cui già si parla molto, nelle scuole e nelle case editrici, della imminente sostituzione dei Programmi ministeriali; la 7 L’espressione è stata inaugurata nel 2003-2004, durante il ministero Moratti: ben si addice, comunque, al tipo di libro confezionato, che unisce le proposte di lettura a quelle di “riflessione linguistica”, di scrittura e di riflessione sui linguaggi dell’arte. 8 “IL LIBRO DELLE STORIE DIVERTENTI”, “IL LIBRO DELLE STORIE NATURALI”, “IL LIBRO DELLE STORIE SENZA TEMPO”, “IL LIBRO DEI TEMPI MODERNI”, “IL LIBRO DELLE FIABE MODERNE”, “IL LIBRO DEI POETI”. Nella presentazione del libro di testo l’autore scrive: “Nelle pagine che seguono, abbiamo raggruppato in ‘libri’ i diversi generi letterari, ricercando in ciascuno i possibili legami con la realtà del nostro tempo”.

<strong>Il</strong> motivo per cui si sia fatta traslocare la grammatica nel <strong>libro</strong> <strong>di</strong> <strong>lettura</strong> è da rintracciare, a mio avviso, in un<br />

frainten<strong>di</strong>mento delle in<strong>di</strong>cazioni programmati<strong>che</strong>, le quali, è vero, ponevano l’accento su attività <strong>di</strong> riflessione <strong>che</strong><br />

partissero dal testo e <strong>che</strong> a questo tornassero, ma <strong>non</strong> si riferivano alla vivisezione e alla conseguente mortificazione del<br />

testo letterario.<br />

La riflessione linguistica<br />

<strong>Il</strong> fanciullo ha le sue curiosità linguisti<strong>che</strong>. Altre curiosità possono essere stimolate in lui: è il momento della riflessione<br />

sulla lingua, <strong>una</strong> riflessione esplicita concepita come momento valido in sé e come strumento <strong>di</strong> conferma della<br />

competenza e delle abilità linguisti<strong>che</strong>.<br />

Dapprima e per lungo tempo la riflessione dovrebbe rivolgersi all'ambito del significato (<strong>di</strong> parole estratte dal contesto<br />

o <strong>di</strong> unità superiori alla parola); questo aspetto della lingua <strong>non</strong> si può ridurre alla spiegazione episo<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> <strong>una</strong> parola<br />

sconosciuta, né ad <strong>una</strong> meccanica consultazione del vocabolario, ma deve dar luogo ad un'attività programmata <strong>che</strong><br />

tenga conto del gusto del fanciullo <strong>di</strong> giocare con la lingua, <strong>di</strong> scoprire relazioni tra forme, tra significati, tra forme e<br />

significati, <strong>di</strong> costruire catene <strong>di</strong> parole, <strong>di</strong> ripercorrere con l'aiuto dell'insegnante, an<strong>che</strong> "storie <strong>di</strong> parole".<br />

La riflessione, poi, può <strong>di</strong>ventare in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> certe fondamentali strutture sinteti<strong>che</strong>: pre<strong>di</strong>cati <strong>che</strong> esprimono la<br />

caratteristica <strong>di</strong> un soggetto, pre<strong>di</strong>cati <strong>che</strong> mettono in relazione il soggetto, con un altro elemento. I rilievi morfologici<br />

possono essere fatti sul testo e mostrare la funzionalità <strong>di</strong> certe "mar<strong>che</strong>" formali <strong>che</strong> collegano tra loro parole o <strong>che</strong><br />

segnalano particolari rapporti.<br />

Importante, in tutti i casi, è <strong>che</strong> l'osservazione "grammaticale" emerga dal testo orale e scritto e serva per tornare ai<br />

testi assicurandone <strong>una</strong> più precisa e consapevole interpretazione.<br />

La grammatica va concepita come sollevamento a livello consapevole <strong>di</strong> fenomeni <strong>che</strong> l'alunno è già in grado <strong>di</strong> produrre<br />

e percepire. In questo concetto allargato <strong>di</strong> grammatica rientra la rielaborazione del testo, <strong>una</strong> delle operazioni<br />

più produttive e capaci <strong>di</strong> sintetizzare le varie attività linguisti<strong>che</strong>. 5<br />

Ho evidenziato i due pezzi su cui i curatori dei libri <strong>di</strong> testo hanno un po’ troppo calcato la mano deformando le<br />

in<strong>di</strong>cazioni effettive: i testi orali e scritti da cui l’osservazione “grammaticale” debba emergere e a cui, poi, debba<br />

tornare sono stati identificati (quasi esclusivamente, e poi lo vedremo) nei testi letterari, ossia in tutti quei brani<br />

selezionati e tratti dai libri per bambini <strong>che</strong> occupano le pagine del <strong>libro</strong> <strong>di</strong> <strong>lettura</strong>; <strong>di</strong> conseguenza, an<strong>che</strong> la<br />

rielaborazione del testo è stata intesa (an<strong>che</strong> qui, quasi esclusivamente) come rielaborazione del testo letterario.<br />

La prima preoccupazione degli autori dei libri <strong>di</strong> testo, quin<strong>di</strong>, è stata quella <strong>di</strong> accorpare la parte de<strong>di</strong>cata alla<br />

grammatica a quella de<strong>di</strong>cata alla <strong>lettura</strong>: ci si è, in pratica, fermati alla superficie delle parole espresse dai Programmi<br />

e, senza sforzarsi <strong>di</strong> elaborare dei veri e propri nuovi percorsi <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento-insegnamento della grammatica, si è<br />

scivolati facilmente nell’approssimazione; in realtà, infatti, <strong>non</strong> è <strong>che</strong> la grammatica si sia davvero trasformata in<br />

riflessione linguistica, perché a un confronto attento tra i libri vecchi e quelli “nuovi” appare evidente un ristagno della<br />

grammatica normativa, mas<strong>che</strong>rata dal tentativo frettoloso <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare altro.<br />

Due sono state le conseguenze negative <strong>di</strong> questa integrazione tra antologia e grammatica: aver messo in secondo piano<br />

la letteratura per l’infanzia (<strong>che</strong> peraltro, in Italia, stava attraversando proprio allora il suo “periodo d’oro” 6 ), alla quale<br />

si relegava sempre <strong>di</strong> più un ruolo <strong>di</strong> “ancella della grammatica”; aver <strong>di</strong>ffuso tra i docenti la falsa convinzione <strong>di</strong> essere<br />

stati alleggeriti nel proprio lavoro quoti<strong>di</strong>ano.<br />

<strong>Il</strong> tentativo era quello <strong>di</strong> rendere unitari, e quanto più possibile correlati fra loro, i percorsi dell’educazione linguistica e<br />

quelli dell’educazione letteraria: ma alla base c’era, come abbiamo visto, un frainten<strong>di</strong>mento.<br />

È mancato, inoltre, un interessamento incrociato verso la questione, ossia un contributo costante e durevole <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>,<br />

ricer<strong>che</strong> e sperimentazioni <strong>che</strong> provenisse da più fronti e <strong>che</strong> giungesse a conclusioni con<strong>di</strong>vise: gli insegnanti (per<br />

primi), le associazioni preposte alla formazione e all’aggiornamento, gli autori dei libri <strong>di</strong> testo e, dunque, an<strong>che</strong> gli<br />

e<strong>di</strong>tori scolastici, e poi i linguisti, i pedagogisti e i critici letterari hanno operato perlopiù separatamente e (escludendo<br />

gli e<strong>di</strong>tori scolastici) <strong>non</strong> su larga scala, chi in maniera molto affrettata, chi poco, chi ad<strong>di</strong>rittura per niente. Tutto il<br />

fermento culturale della prima metà degli anni Ottanta, in effetti, è andato scemando, <strong>di</strong>sperdendosi in iniziative isolate<br />

<strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong> innovazione <strong>che</strong> ancora oggi devono trovare la maniera per fare sistema e imporsi, quin<strong>di</strong>, all’attenzione<br />

del mondo scolastico, <strong>di</strong> quello accademico e <strong>di</strong> quello e<strong>di</strong>toriale, a livello nazionale.<br />

Con il passare degli anni, si è consolidato fra gli insegnanti un atteggiamento <strong>di</strong> accettazione quasi incon<strong>di</strong>zionata nei<br />

riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutto il materiale prodotto dall’e<strong>di</strong>toria scolastica, la quale dal canto suo si è sempre più “pro<strong>di</strong>gata” per<br />

assecondare le richieste (a quel punto in aumento: la situazione creatasi sembra un cane <strong>che</strong> si morde la coda…) <strong>di</strong><br />

“facilitazione” della <strong>di</strong>dattica provenienti dai collegi docenti delle scuole.<br />

Ecco come oggi, perciò, ci si trova <strong>di</strong> fronte a <strong>una</strong> grande quantità <strong>di</strong> testi scolastici <strong>che</strong>, però, sono molto simili l’uno<br />

all’altro e <strong>non</strong> costituiscono <strong>una</strong> vera alternativa <strong>di</strong> scelta. Oltre a ciò, da qual<strong>che</strong> anno, ormai, il <strong>libro</strong> <strong>di</strong> testo dell’area<br />

linguistica si articola in più volumi offrendo agli insegnanti proposte operative <strong>che</strong> spaziano dalla riflessione sui<br />

contenuti testuali alla scrittura e rielaborazione del testo (generalmente letterario), fino alla riflessione sull’arte<br />

figurativa e sulla musica, passando per le strade (<strong>non</strong> veramente ricostruite, ma soltanto un po’ “ripulite” sul manto<br />

superficiale) della grammatica: vi si trova <strong>di</strong> tutto… e purtroppo sono tanti gli insegnanti <strong>che</strong>, probabilmente per inerzia<br />

e assuefazione, vi si sono adagiati.<br />

5 Dai Programmi <strong>di</strong>dattici per la scuola primaria, Ministero della Pubblica Istruzione, Roma, 1985.<br />

6 Definizione data da Silvia Blezza Pi<strong>che</strong>rle: cfr. l’articolo “La qualità tra le pieghe del testo” in Pepe Verde, n.46<br />

ottobre-<strong>di</strong>cembre 2010.

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