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Un parroco può avere ragioni valide e difficoltà vere e degne di rispetto per non sentirsi disposto o preparato ad aprirsi a nuove impostazioni pastorali; ma in questo caso, il bene delle anime e il cammino della Chiesa devono avere la precedenza assoluta. Nella Chiesa Locale si può amare il Signore e spendersi per la salvezza delle anime fino all’ultimo respiro, pur non avendo responsabilità pastorali dirette. L’unità pastorale, come la parrocchia, è un tesoro irrinunciabile, perché garantisce frutti insperati. Il cammino verso l’unità pastorale, infatti, fa passare il pastore e la comunità: • dall’individualismo, alla comunione; • dal cammino solitario, alla mobilitazione ecclesiale; • dallo spreco di energie, al saggio impiego delle risorse proprie e altrui; • dai tentativi di sopravvivenza, alla pianificazione di rinascita della zona; • dalla conservazione del passato, all’attenzione al presente; • da risposte a domande occasionali di servizio, al progetto pastorale integrato; • dalla cura di alcuni, alla ricerca di tutti; • dalla conservazione di abitudini pastorali ereditate da un passato che non c’è più, alla necessità di aggiornarsi. Per questi motivi, l’unità pastorale, non può germogliare da una semplice imposizione dall’alto. Deve essere esigenza di pastori, di operatori pastorali, comunità parrocchiale. Non è frutto di tecnicismo pastorale, ma di consapevolezza di dover adeguare l’organizzazione pastorale alle urgenze che emergono dal nuovo modo di pensare e di vivere degli uomini, delle famiglie, della società del nostro tempo. Il cantiere dell’unità L’impegno per far sviluppare la cultura e lo spirito dell’unità non è uguale per tutti; chiede di lavorare su diversi fronti; prima di “fare”, domanda di “cambiare”: • bisogna ricredersi dall’essere il migliore, l’inimitabile, l’irraggiungibile; • si deve riflettere prima di progettare iniziative proprie, per non creare difficoltà e disagi ad altri confratelli e comunità; 32
330 • si deve uscire da un isolamento antico e da roccaforti con le porte sbarrate; • si deve cominciare a guardare con occhio più sereno ciò che forse si è sempre pregiudizialmente considerato, avendo sempre da ridire sugli orientamenti, le proposte, le iniziative della Diocesi o delle altre Comunità; • si deve superare la paura di perdere autonomia, autorevolezza, libertà, mettendosi in dialogo; • si deve essere più disponibili a guardarsi intorno, ad aggiornarsi, a prendere atto di dove va il mondo e di come la Chiesa cerca di capirlo per dare risposte; di individuare vie nuove, metodi e criteri efficaci, per essere casa di comunione e di salvezza per tutti; • bisogna liberarsi dal “lievito vecchio” dell’inquietudine, dell’insoddisfazione, della insopportabilità di tutto e di tutti, del malessere di non sapere cosa si vuole. I passi fatti verso l’unità Parlando di conversione a una pastorale di comunione, credo che sia doveroso anche dare un veloce sguardo retrospettivo e proiettare in avanti la nostra realtà presbiterale e pastorale del 2005, per prepararci all’immediato futuro. Dal 1997, con la riforma della Curia, l’elaborazione del progetto pastorale e dei programmi diocesani, le assemblee dell’Incoronata, la celebrazione diocesana del Corpus Domini, la visita pastorale, le iniziative del “Seminario per laici”, (come la S.F.T.P., il Pozzo di Giacobbe), la costituzione del Consiglio Pastorale Diocesano e della Consulta delle Aggregazioni Laicali, i campi-scuola unitari di A.C., gli esercizi spirituali diocesani per Sacerdoti e Laici, la spinta a costituire i Consigli Pastorali e per gli Affari Economici nelle Parrocchie, abbiamo cercato di mettere pietre per costruire la difficile strada dell’unità e di dare un volto di comunione alla nostra Diocesi. Ora ci attende un altro passo da muovere con urgenza e necessariamente: il cammino verso l’unità pastorale. È una responsabilità che grava sulle nostre spalle e di cui dobbiamo rendere conto al Signore, a questa generazione e ai posteri.
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Un parroco può avere ragioni valide e difficoltà vere e degne di rispetto<br />
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Chiesa devono avere la precedenza assoluta. Nella Chiesa Locale si può<br />
amare il Signore e spendersi per la salvezza <strong>delle</strong> anime fino all’ultimo<br />
respiro, pur non avendo responsabilità pastorali dirette.<br />
L’unità pastorale, come la parrocchia, è un tesoro irrinunciabile, perché<br />
garantisce frutti insperati. Il cammino verso l’unità pastorale, infatti,<br />
fa passare il pastore e la comunità:<br />
• dall’individualismo, alla comunione;<br />
• dal cammino solitario, alla mobilitazione ecclesiale;<br />
• dallo spreco di energie, al saggio impiego <strong>delle</strong> risorse proprie e altrui;<br />
• dai tentativi di sopravvivenza, alla pianificazione di rinascita della<br />
zona;<br />
• dalla conservazione del passato, all’attenzione al presente;<br />
• da risposte a domande occasionali di servizio, al progetto pastorale<br />
integrato;<br />
• dalla cura di alcuni, alla ricerca di tutti;<br />
• dalla conservazione di abitudini pastorali ereditate da un passato che<br />
non c’è più, alla necessità di aggiornarsi.<br />
Per questi motivi, l’unità pastorale, non può germogliare da una semplice<br />
imposizione dall’alto. Deve essere esigenza di pastori, di operatori<br />
pastorali, comunità parrocchiale. Non è frutto di tecnicismo pastorale,<br />
ma di consapevolezza di dover adeguare l’organizzazione pastorale alle<br />
urgenze che emergono dal nuovo modo di pensare e di vivere degli uomini,<br />
<strong>delle</strong> famiglie, della società del nostro tempo.<br />
Il cantiere dell’unità<br />
L’impegno per far sviluppare la cultura e lo spirito dell’unità non è<br />
uguale per tutti; chiede di lavorare su diversi fronti; prima di “fare”, domanda<br />
di “cambiare”:<br />
• bisogna ricredersi dall’essere il migliore, l’inimitabile, l’irraggiungibile;<br />
• si deve riflettere prima di progettare iniziative proprie, per non creare<br />
difficoltà e disagi ad altri confratelli e comunità;<br />
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