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Grandimostre n 04 - Emmi srl

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Rubriche<br />

ARTISTI CONTEMPORANEI E LORO MITI<br />

OPERE D’ARTE LOST & FOUND<br />

14 |<strong>Grandimostre</strong><br />

LO VOLEVO FARE IO A CURA DI MARA DE FALCO<br />

Flavio Favelli / Mausoleo di Teodorico<br />

“Sono nato a Firenze. Abitavo in centro e la prima gita d’arte<br />

con mia madre fu a Ravenna. Abituato alle opere in città o<br />

comunque in luoghi che ritenevo adeguati, mi colpì Ravenna,<br />

con poca gente, la nebbia e i suoi monumenti che mi<br />

sembrarono quasi sparsi. Quando poi andammo a vedere il<br />

Mausoleo di Teodorico rimasi ammaliato. Era quasi in mezzo<br />

alla campagna, mi parve severo, sinistro, spettrale. Avevo otto<br />

anni. Fu la prima volta che con consapevolezza vidi un’opera<br />

d’arte, oppure la vidi perché quella gita aveva un significato<br />

particolare: era la prima di una serie. Mia madre voleva dare<br />

un’alternativa al nostro quotidiano. La vita era meno triste<br />

con l’arte, pensava. Era un’evasione dai problemi della mia<br />

famiglia. Captavo da qualche parte il vero motivo di queste<br />

visite: era legato allo stare lontano, almeno con i pensieri,<br />

da casa. L’arte nascondeva, ma alla fine dava risalto al dramma<br />

familiare. La mia infanzia e la mia adolescenza furono un<br />

continuo fuggire, coi viaggi d’arte, da quello che c’era in casa.<br />

Ora non fuggo più, ma riprendo e riattingo, cerco di ricreare quelle immagini, quelle situazioni che rimangono nitide<br />

nella mia mente. Il Mausoleo di Teodorico fu la prima immagine di una situazione psicologica che dovevo percorrere.<br />

Nella mia camera da letto ho una vecchia foto in bianco e nero del Mausoleo che trovai anni fa da un robivecchi. É lì a<br />

rammentarmi che qualche cosa iniziò da una tomba. Non ci ho seppellito nulla, ma ho solo riesumato”.<br />

Il prossimo desiderio sarà espresso da Paola Pivi<br />

Mausoleo di Teodorico, prima metà del VI secolo, Ravenna<br />

CACCIA AL TESORO<br />

L’arma per l’arte, l’arte per l’arma<br />

Questa volta a finire in mostra sono i carabinieri e le loro opere raccolte e difese durante i<br />

quarant’anni di attività del Comando Tutela Patrimonio che proprio quest’anno - il primo<br />

vagito data maggio ‘69 - arriva al traguardo della mezza età. E per festeggiare l’importante<br />

genetliaco i militari non si sono armati di tela e pennello ma, grazie all’iniziativa L’Arma<br />

per l’Arte, hanno deciso di offrire comunque al pubblico un saggio delle loro capacità.<br />

Centinaia di opere, monili e reperti archeologici sottratti alla clandestinità, agli appetiti dei<br />

collezionisti privati, all’oblio, in questi primi quarant’anni di lavoro dagli “007 del bello”<br />

saranno raccolte in tre visioni d’insieme che meglio testimoniano l’immenso e prezioso lavoro<br />

svolto. Opere di cui i militari sono in qualche modo coautori perché, se possiamo continuare<br />

ad ammirarle nelle loro sedi naturali disseminate lungo tutta la Penisola, è grazie al pennello o<br />

al cesello dell’artista ma anche ai pedinamenti, agli interrogatori e alle intercettazioni dell’Arma.<br />

L’Arma per l’Arte, dunque, e oggi, per una volta, l’Arte per l’Arma. La prima esposizione ad aprire<br />

i battenti, dall’8 maggio al 30 settembre nelle sontuose sale del Palazzo Reale di Napoli, è L’archeologia<br />

che ritorna : reperti provenienti da scavi clandestini e furti, sottratti a tombaroli e trafficanti e “tornate” a noi,<br />

al Patrimonio dello Stato. Un esempio per tutti, tra gli innumerevoli reperti recuperati che coprono un periodo che va dall’VIII sec.<br />

a.C. al V sec. d.C.: l’affresco con Figura femminile (I sec. d.C.) trafugato a Pompei dalla casa di Fabio Rufo intorno al 1975 e recuperato<br />

soltanto l’anno scorso. Da Napoli a Roma, a Castel Sant’Angelo, con L’Antologia delle Meraviglie che raccoglie il testimone con una<br />

rassegna di reperti e opere storiche in mostra dal 10 settembre 2009 al 10 gennaio 2010. C’anche la cosiddetta Muta di Raffaello, del<br />

1507, rubata da Palazzo Ducale a Urbino nel 1975 e recuperata l’anno dopo a Locarno in Svizzera, a testimonianza del fatto che non<br />

esistono luoghi sicuri e inaccessibili ai ladri d’arte. Infine a Firenze, dal 21 novembre al 6 aprile 2010 nella Sala Bianca della Galleria<br />

Palatina, dove la mostra Aspetti del sacri ritrovati accende i riflettori sul lavoro di salvaguardia dei capolavori di arte a soggetto religioso:<br />

dipinti su tavola e su tela, sculture, codici miniati, oreficerie, suppellettili e arredi sacri. Impresa titanica perché il museo è senza confini,<br />

disseminato in tutte le chiese italiane. In mostra anche la preziosa Croce-reliquario del XII secolo eseguita in metallo, pietre e smalti<br />

proveniente dal Museo della Cattedrale di San Clemente di Velletri (Roma), rubata nel 1983 e poi recuperata a Rimini, dopo essere<br />

passata per Londra. Ad accoglierla al suo ritorno nella cittadina laziale l’allora cardinale Ratzinger.<br />

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