Grandimostre n 04 - Emmi srl
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Brera, restauro interattivo<br />
per lo Sposalizio di Raffaello<br />
È una delle icone assolute della Pinacoteca di Brera, nonché<br />
una delle opere d’arte forse più famose del mondo. Lo Sposalizio<br />
della Vergine di Raffaello col Cristo morto del Mantegna,<br />
il Bacio di Hayez e la Pala di Montefeltro di Piero della Francesca,<br />
è da sempre tra i capolavori che si viene apposta a Milano<br />
per ammirare. Ora, per le celebrazioni del bicentenario<br />
della celebre istituzione culturale e artistica meneghina, è stata<br />
finalmente restaurata e torna al suo posto vincendo ancora<br />
una volta la scommessa contro la sorte, che le ha riservato<br />
una storia travagliata. Dipinto nel 15<strong>04</strong> per la chiesa francescana<br />
di Città di Castello, lo Sposalizio fu acquistato nel 1803<br />
da Giacomo Sannazzari e donato l’anno successivo all’Ospedale<br />
Maggiore di Milano. Poi passò a Eugenio di Beauharnais<br />
e infine destinato, con decreto vicereale, alla Pinacoteca<br />
per merito soprattutto di Giuseppe Bossi, allora segretario<br />
dell’Accademia di Belle Arti. Molte volte era già stata anche<br />
restaurato. La prima forse già nel Settecento. La seconda, nel<br />
1858, dal pittore Giuseppe Molteni. La terza, nel 1958, da<br />
Mauro Pelliccioli, che fu incaricato di salvare il capolavoro<br />
dai danni procuratigli dalle martellate di un pazzo che sfregiò<br />
il gomito e il ventre della Vergine. Ma ora, a un secolo e mezzo<br />
dall’importante intervento del Molteni, l’opera era troppo<br />
offuscata dall’alterazione dei materiali superficiali e richiedeva,<br />
per non pregiudicarne la lettura, un ulteriore restauro.<br />
Già dagli anni Ottanta si era iniziato un percorso di studio<br />
non invasivo sul capolavoro, radiografie e riflettografie che<br />
hanno consentito di approfondirne la conoscenza e lo stato<br />
di conservazione. I restauratori della Soprintendenza - Paola<br />
Borghese, Andrea Carini e Sara Scatragli con la direzione di<br />
Matteo Ceriana ed Emanuela Daffra - hanno lavorato in un<br />
box trasparente montato nella sala XVIII (riservato ai grandi<br />
restauri) e continueranno a farlo sotto gli occhi dei visitatori<br />
anche dopo la presentazione del restauro, che avverrà il 19<br />
marzo. (e.p.)<br />
Dal 19 marzo 2009<br />
Milano, Pinacoteca di Brera, Sala XXIV<br />
Orari 8.30 -19.15 da martedì a domenica<br />
www.brera.beniculturali.it<br />
Salemi festeggia San Giuseppe<br />
con il Caravaggio<br />
Napoli, nella mostra su Ercolano<br />
una scoperta di... rilievo<br />
News<br />
C’è Maria, sfinita, che giace<br />
a terra con in grembo il<br />
Bambino che dorme. Giuseppe<br />
e i pastori, discosti,<br />
sono disposti a formare una<br />
croce. Sullo sfondo, il bue e<br />
l’asino fungono da quinta<br />
insieme alla mangiatoia. Arriva<br />
a Salemi per le “Cene<br />
di San Giuseppe”, una delle<br />
più importanti feste religiose<br />
siciliane in programma<br />
nella cittadina normanna in<br />
questi giorni, L’Adorazione<br />
dei pastori del Caravaggio,<br />
che - grazie al prestito del<br />
Museo Regionale di Messina<br />
- potrà essere ammirata fino a fine maggio nel borgo<br />
trapanese. Eseguita nel 1608 durante il passaggio dell’artista,<br />
in fuga dalle prigioni maltesi, in Sicilia, la tela è stata di recente<br />
oggetto di un confronto, a Messina, con l’omonima<br />
tela di Rubens. Proprio a Messina infatti il Merisi si trovava<br />
quando ricevette dal senato della città l’incarico di realizzare<br />
una pala per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria<br />
della Concezione, retta dai Cappuccini. Ed ecco dunque il<br />
capolavoro, che avrebbe inaugurato il genere della “Natività<br />
Povera” ambientata nella stalla. L’ingresso alla mostra nel<br />
giorno dell’inaugurazione sarà gratuito.<br />
www.cittadisalemi.it<br />
Una menade che pare l’antesignana,<br />
con quel mantello alzato,<br />
di Salomè e della sua famosa<br />
danza dei sette veli. Di fronte<br />
però non ha Erode ma Dioniso,<br />
con tanto di barba, che la<br />
osserva compiaciuto. Alla loro sinistra, davanti a una piccola<br />
statua della divinità su un piedistallo, due donne - una giovane,<br />
l’altra più anziana - sembrano recarle omaggio con un<br />
oggetto strano, forse una fiaccola. È il rilievo, databile alla prima<br />
metà del I secolo, venuto alla luce ad Ercolano il 18 febbraio<br />
scorso durante i lavori di manutenzione in un edificio<br />
residenziale che faceva parte dell’Insula nord-occidentale. Si<br />
trovava ad un altezza nella parete di circa due metri, e si celava<br />
nel rivestimento in intonaco dipinto della parete est di una<br />
grande sala decorata nel IV stile del celeberrimo sito archeologico,<br />
che evidentemente - come un giacimento inesauribile<br />
- continua a riservare nuove scoperte. Il rilievo, restaurato<br />
dagli assistenti tecnico-scientifici del Laboratorio di Restauro<br />
degli Scavi di Ercolano, andrà a far parte fino al 13 aprile<br />
della mostra Ercolano. Tre secoli di scoperte, in corso al Museo<br />
Archeologico di Napoli (catalogo Electa). Nel 1997 un rilievo<br />
analogo con un altro tema dionisiaco era riemerso dalla parete<br />
sud della medesima stanza: si trovava alla stessa altezza dal<br />
pavimento ed era stato inserito nella stessa maniera, secondo<br />
una moda assai diffusa nel mondo romano dal I secolo a.C. e<br />
gettonatissima dalle élite amanti dell’arte greca.<br />
Rilievo marmoreo con scene dionisiache, I sec. d.C. (foto Giorgio Massimo)<br />
<strong>Grandimostre</strong>| 13