Unità di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice - Q. Orazio Flacco

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M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo Editore] Epica on line 26 pagina 1 Modulo 3 Da Virgilio a Dante Unità di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice Unità di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice V i è un mito, nato anch’esso in Grecia come la maggior parte dei miti che permangono nell’immaginario della cultura occidentale, che racconta di un eroe che riesce ad entrare vivo nell’oltremondo per riportare in vita la sposa che la morte gli aveva strappato. Glielo concedono gli dèi, non perché commossi dal suo dolore – altrimenti dovrebbero concederlo a tutti coloro che soffrono quando perdono chi amano –, ma perché ammaliati dal suo canto. L’impresa dell’eroe però non riesce perché egli non sarà capace di rispettare il patto che gli era stato imposto: non voltarsi mai a guardare il volto della donna che lo seguiva nel cammino verso la luce finché non fosse uscito dal mondo degli Inferi. Orfeo, questo è il nome dell’eroe, invece si voltò, proprio quando la luce del mondo era vicina. Quale fu la causa del gesto sconsiderato? Fu per troppo amore? Fu un errore umano: un cedimento di debolezza, un attimo di follia? Fu perché niente vince la morte, neppure l’incanto dell’arte? Il racconto del cantore Orfeo e della sua sposa Euridice deriva da una fiaba antichissima. È stato Virgilio a conferirle altezza poetica: grazie al poeta latino è diventata uno dei miti più fortunati, nella letteratura, nella musica, nella pittura. La fiaba antica ha svelato i tanti temi che sottende: l’amore e la morte, il potere e i limiti dell’arte, il viaggio nell’oltremondo, il divieto e la disubbidienza. Sono le ambivalenze che il mito rivela a motivarne la sua continua elaborazione: da un lato il fascino e l’eternità dell’arte, dall’altro la legge di vita e morte che l’arte non è capace di modificare; da un lato il potere persuasivo della parola e dell’arte, dall’altro l’inettitudine dell’artista nel modificare la realtà. In questa unità ripercorreremo la elaborazione del mito dalle origini al nostro tempo.

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 1<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento<br />

<strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

V<br />

i è un <strong>mito</strong>, nato anch’esso in Grecia come la maggior<br />

parte dei miti che permangono nell’immaginario della<br />

cultura occidentale, che racconta <strong>di</strong> un eroe che riesce ad<br />

entrare vivo nell’oltremondo per riportare in vita la sposa<br />

che la morte gli aveva strappato. Glielo conc<strong>ed</strong>ono gli dèi, non<br />

perché commossi dal suo dolore – altrimenti dovrebbero conc<strong>ed</strong>erlo<br />

a tutti coloro che soffrono quando perdono chi amano –, ma perché<br />

ammaliati dal suo canto. L’impresa dell’eroe però non riesce perché<br />

egli non sarà capace <strong>di</strong> rispettare il patto che gli era stato imposto:<br />

non voltarsi mai a guardare il volto della donna che lo seguiva nel<br />

cammino verso la luce finché non fosse uscito dal mondo degli<br />

Inferi. <strong>Orfeo</strong>, questo è il nome dell’eroe, invece si voltò, proprio<br />

quando la luce del mondo era vicina. Quale fu la causa del gesto<br />

sconsiderato? Fu per troppo amore? Fu un errore umano: un<br />

ce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> debolezza, un attimo <strong>di</strong> follia? Fu perché niente vince la<br />

morte, neppure l’incanto dell’arte?<br />

<strong>Il</strong> racconto del cantore <strong>Orfeo</strong> e della sua sposa Euri<strong>di</strong>ce deriva da<br />

una fiaba antichissima. È stato Virgilio a conferirle altezza poetica:<br />

grazie al poeta latino è <strong>di</strong>ventata uno dei miti più fortunati, nella<br />

letteratura, nella musica, nella pittura. La fiaba antica ha svelato i<br />

tanti temi che sottende: l’amore e la morte, il potere e i limiti<br />

dell’arte, il viaggio nell’oltremondo, il <strong>di</strong>vieto e la <strong>di</strong>subbi<strong>di</strong>enza. Sono<br />

le ambivalenze che il <strong>mito</strong> rivela a motivarne la sua continua<br />

elaborazione: da un lato il fascino e l’eternità dell’arte, dall’altro la<br />

legge <strong>di</strong> vita e morte che l’arte non è capace <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare; da un<br />

lato il potere persuasivo della parola e dell’arte, dall’altro<br />

l’inettitu<strong>di</strong>ne dell’artista nel mo<strong>di</strong>ficare la realtà.<br />

In questa unità ripercorreremo la elaborazione del <strong>mito</strong> dalle origini<br />

al nostro tempo.


da<br />

Virgilio, Georgiche, Tutte le<br />

opere. Versione, introduzione e<br />

note <strong>di</strong> E. Cetrangolo, Sansoni,<br />

Firenze 1975<br />

1 demenza: irragionevolezza,<br />

follia.<br />

2 Mani: <strong>di</strong>vinità dell’Oltretomba.<br />

3 immemore: <strong>di</strong>mentico<br />

dell’or<strong>di</strong>ne ricevuto.<br />

4 Averno: il lago d’Averno è<br />

uno dei luoghi infernali. Per sin<strong>ed</strong>doche,<br />

cioè la parte per il<br />

tutto, si intende l’inferno intero.<br />

5 il naufrago viso mi nasconde<br />

il sonno: or<strong>di</strong>na: il<br />

sonno (della morte) mi nasconde<br />

il volto naufrago (cioè che si<br />

perde nell’abisso come un naufrago<br />

nel mare).<br />

6 vane: inutili, cioè inutilmente.<br />

7 il nocchiero dell’Orco: Caronte.<br />

8 Stige: la barca del nocchiero<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

che attraversa il fiume che porta<br />

al mondo dei morti. Lo Stige<br />

è uno dei cinque fiumi del<br />

mondo degli Inferi secondo la<br />

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pagina 2<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Virgilio<br />

La demenza <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> e il rimprovero<br />

<strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

L’opera Georgiche Sono un’opera in versi <strong>di</strong> Publio Virgilio Marone, scritta tra il 36 e il 29 a.C., <strong>di</strong>visa in<br />

quattro libri de<strong>di</strong>cati rispettivamente al lavoro nei campi, all’arboricoltura, all’allevamento del bestiame<br />

e all’apicoltura. Si tratta <strong>di</strong> un poema <strong>di</strong>dascalico sul lavoro dei campi che viene in<strong>di</strong>cato come<br />

esempio <strong>di</strong> virtù civile. In tal senso le Georgiche sono affini alle Opere e i giorni del greco Esiodo. Di<br />

particolare importanza è il IV libro in cui si parla <strong>di</strong> apicoltura. L’organizzazione delle api <strong>di</strong>viene metafora dell’ideale<br />

sociale. Apicoltore è Aristeo, involontario colpevole della morte della giovane Euri<strong>di</strong>ce. Le pagine de<strong>di</strong>cate all’amore<br />

<strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce inaugurano<br />

la fortuna del <strong>mito</strong><br />

in Occidente. (Per saperne<br />

<strong>di</strong> più su Virgilio e sulle<br />

Georgiche, ve<strong>di</strong> on line<br />

25).<br />

<strong>Il</strong> testo<br />

La ninfa Euri<strong>di</strong>ce muore per il morso <strong>di</strong> un serpente, lo sposo <strong>Orfeo</strong><br />

sfida il regno dei morti e, grazie al’armonia del suo canto, ottiene dagli<br />

dèi dell’oltremondo il privilegio <strong>di</strong> riportare l’amata nel mondo dei vivi,<br />

ma a patto che durante il cammino non si volti a guardarla. <strong>Orfeo</strong> trasgre<strong>di</strong>sce<br />

al <strong>di</strong>vieto e perde Euri<strong>di</strong>ce per sempre. Stravolto dal dolore rifiuta il rapporto<br />

con le donne e le folli baccanti, sentendosi respinte, lo uccidono e ne fanno a pezzi<br />

il corpo. La testa, gettata nel fiume Ebro, trasportata dalle acque verso il mare continua<br />

a invocare il nome <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce.<br />

La strada lunga <strong>di</strong> paure ormai compiuta,<br />

Euri<strong>di</strong>ce saliva all’aria della terra<br />

<strong>di</strong>etro ai passi <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>- era questa la legge<br />

<strong>di</strong> Proserpina – quando una demenza, 1 perdonabile<br />

490 se i Mani 2 perdonassero, fermò l’incauto amante:<br />

e si volse immemore 3 a guardare lei che pareva<br />

attesa ombra su l’orlo della luce. Allora tutta<br />

si <strong>di</strong>sperse quella dura fatica; rotti<br />

furono i patti dell’abisso e fu tre volte u<strong>di</strong>to<br />

495 per gli stagni <strong>di</strong> Averno 4 un orrido fragore.<br />

<strong>Il</strong> breve dono <strong>di</strong> lei era una voce: “Quale follia,<br />

<strong>Orfeo</strong>, è questa che miseri ci perde?<br />

Ecco la morte in<strong>di</strong>etro mi richiama<br />

e il naufrago viso mi nasconde il sonno. 5<br />

500 Ad<strong>di</strong>o: mi riporta la notte alle sue rive gran<strong>di</strong><br />

e vane 6 tendo verso te, ahi non più tua, le mani”.<br />

E poi sùbito sparve sciolta come fumo<br />

lieve nell’aria; e più non vide<br />

lui che vaghe ombre toccava, lui che voleva<br />

505 parlare della luce. Né il nocchiero dell’Orco 7<br />

volle mai più che passasse qualcuno lo stagno.<br />

Che fare? Ove andare or che la sposa era stata due volte<br />

rapita? Come commuovere i Mani piangendo, come gli Dei<br />

cantando? Ella già fr<strong>ed</strong>da ormai nella barca <strong>di</strong> Stige 8<br />

510 navigava. E <strong>di</strong>cono ch’egli la pianse sotto una rupe<br />

alta per sette mesi continui dov’è dello Striamone 9<br />

<strong>mito</strong>logia greca e romana, gli<br />

altri sono Cocito, Acheronte,<br />

Flegetonte e Lete. La geografia<br />

fluviale dell’Inferno pagano è<br />

stata ripresa da Dante nella Divina<br />

Comme<strong>di</strong>a.<br />

9 Striamone: fiume della Tracia.


10 crudo: crudele.<br />

11 Iperbòrei: terra fr<strong>ed</strong>da all’estremo<br />

nord delle terre conosciute.<br />

12 Tanai: è un fiume.<br />

13 i campi Rifèi: i Rifei sono<br />

una catena montuosa.<br />

14 l’inutile dono <strong>di</strong> Dite: la<br />

concessione sprecata <strong>di</strong> riportare<br />

alla vita e alla luce Euri<strong>di</strong>ce.<br />

15 Le madri dei Cìconi: Le<br />

donne dei Ciconi. I Ciconi erano<br />

una popolazione che viveva<br />

nel sud-est della Tracia; le loro<br />

madri erano seguaci del <strong>di</strong>o<br />

Bacco (o Dioniso), il <strong>di</strong>o della<br />

forza vitale. <strong>Orfeo</strong>, che dopo<br />

aver perso per la seconda volta<br />

Euri<strong>di</strong>ce, non aveva voluto più<br />

congiungersi con nessuna don-<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

più sola la riva; e narrava il dolore tra gli antri<br />

ammansendo col canto le tigri e muovendo le querce.<br />

Così un usignolo infelice tra l’ombre del pioppo<br />

515 lamenta i suoi figli perduti, che un crudo 10 aratore<br />

gli tolse implumi dal nido; e piange la notte<br />

e sul ramo compie il suo flebile verso<br />

<strong>ed</strong> empie <strong>di</strong> meste note i luoghi d’intorno.<br />

Amore non più, nozze non più lo attraevano.<br />

520 Ma solo errava tra i ghiacci Iperbòrei 11 e lungo<br />

le rive nevose del Tanai, 12 tra i campi Rifèi 13<br />

sempre coperti <strong>di</strong> gelo, piangendo la morta Euri<strong>di</strong>ce<br />

e l’inutile dono <strong>di</strong> Dite. 14 Le madri dei Cìconi, 15<br />

per tanta pietà 16 <strong>di</strong>sprezzate, tra l’orgia <strong>di</strong> Bacco<br />

525 notturna, sbranato sparsero il giovane ai campi.<br />

I gioghi dell’Ebro 17 portavan la testa staccata<br />

dal can<strong>di</strong>do collo; e la voce, la lingua ormai fr<strong>ed</strong>da,<br />

chiamava Euri<strong>di</strong>ce, mentre il respiro fuggiva, Euri<strong>di</strong>ce<br />

misera. E la riva del fiume rispondeva Euri<strong>di</strong>ce.”<br />

na, viene ucciso e sbranato dalle<br />

baccanti invasate dal <strong>di</strong>o, of-<br />

Gustave Moreau, Ragazza tracia con la testa <strong>di</strong><br />

<strong>Orfeo</strong>, 1865. Musée d’Orsay, Parigi.<br />

on line 26<br />

pagina 3<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Virgilio La demenza <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> e il rimprovero <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

fese dal <strong>di</strong>sprezzo dell’uomo.<br />

16 pietà: dolore.<br />

Leggere le immagini<br />

17 i gioghi dell’Ebro: i gorghi<br />

del fiume Ebro.<br />

Gustave Moreau fu un artista francese (1826-1898) che<br />

ritrasse soggetti del mondo <strong>mito</strong>logico con uno stile<br />

personalissimo e con una visione onirica e simbolica. La<br />

testa mozza <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> è poggiata su una lira retta dalla<br />

fanciulla, coperta da una veste lunga e raffinata e a pie<strong>di</strong><br />

nu<strong>di</strong>. <strong>Il</strong> volto dell’eroe è <strong>di</strong>afano nella morte. <strong>Il</strong> profilo è<br />

parallelo a quello della ninfa. L’atmosfera è <strong>di</strong> estrema<br />

malinconica dolcezza. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>pinto si <strong>di</strong>vide in due parti<br />

simmetriche e contrapposte: a sinistra dominano i toni<br />

scuri della montagna sullo sfondo su cui si stagliano in<br />

primo piano i due volti illuminati. A destra la forte<br />

luminosità del cielo si riflette su un paesaggio <strong>di</strong> fiumi e<br />

<strong>di</strong> monti che si perdono in lontananza in più piani<br />

prospettici.


M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

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Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Virgilio La demenza <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> e il rimprovero <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

L’autore Publio Virgilio Marone nacque nel 70 avanti Cristo ad Andes, un piccolo villaggio<br />

sulle rive del Mincio, presso Mantova. Secondo i biografi antichi, la sua famiglia sarebbe<br />

stata modesta: il padre – <strong>di</strong>cono – faceva il vasaio oppure il bracciante agricolo. Ma in<br />

realtà, se Virgilio poté frequentare le scuole migliori e de<strong>di</strong>carsi alla poesia per tutta la<br />

vita, la sua famiglia doveva essere abbastanza ricca, forse proprietaria <strong>di</strong> terreni. I biografi<br />

raccontano <strong>di</strong> presagi eccezionali che avrebbero accompagnato la nascita <strong>di</strong> Virgilio come<br />

segni premonitori della sua grandezza: la madre, ad esempio, avrebbe sognato <strong>di</strong> partorire<br />

un ramo <strong>di</strong> alloro, simbolo della poesia, che avrebbe messo ra<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>ventando presto un<br />

albero rigoglioso.<br />

Virgilio compì i primi stu<strong>di</strong> a Cremona, fino ai <strong>di</strong>ciassette anni, che per gli antichi segnavano<br />

l’entrata nella maggiore età. Continuò poi gli stu<strong>di</strong> a Milano, a Roma, infine a Napoli, dove<br />

seguì gli insegnamenti del filosofo Sirone, noto maestro <strong>di</strong> filosofia epicurea (ve<strong>di</strong> Modulo<br />

1, Lucrezio, on line 7).<br />

Gli eventi storici che seguirono alla morte <strong>di</strong> Giulio Cesare (44 a.C.) lo toccarono <strong>di</strong>rettamente.<br />

Nel periodo delle guerre civili fra Ottaviano e Antonio, infatti, chiunque avesse dei<br />

terreni correva il rischio che gli venissero confiscati per essere <strong>di</strong>stribuiti ai veterani <strong>di</strong><br />

guerra. Fu quello un periodo <strong>di</strong> particolare ansia per Virgilio, che lo rappresentò nelle Bucoliche.<br />

Virgilio però sarebbe uscito indenne grazie all’appoggio <strong>di</strong> personaggi influenti.<br />

A Roma, Virgilio fu ammesso nel circolo <strong>di</strong> Mecenate, uno dei più stretti collaboratori <strong>di</strong><br />

Augusto, illuminato protettore delle arti. In onore <strong>di</strong> Mecenate, compose le Georgiche,<br />

che celebravano il lavoro dei campi.<br />

A partire dal 29, si de<strong>di</strong>cò all’Eneide, con l’intento <strong>di</strong> celebrare la storia <strong>di</strong> Roma e della<br />

famiglia <strong>di</strong> Augusto: la gens Iulia, <strong>di</strong>scesa da Iulo, figlio <strong>di</strong> Enea. Lavorò al suo capolavoro<br />

per un<strong>di</strong>ci anni. Qua e là lasciava dei versi provvisori, che definiva ‘puntelli’ (tibicines in<br />

latino), in attesa <strong>di</strong> trasformarli in colonne del suo e<strong>di</strong>ficio poetico.<br />

A cinquant’anni, Virgilio decise <strong>di</strong> fare un viaggio in Grecia e in Asia Minore, per de<strong>di</strong>carsi<br />

alla revisione della sua opera. Incontrato Augusto ad Atene, lo volle accompagnare in una<br />

gita a Megara, ma si sentì male per una forte insolazione. La fatica del viaggio <strong>di</strong> ritorno<br />

in Italia aggravò le sue con<strong>di</strong>zioni. Morì poco dopo essere sbarcato a Brin<strong>di</strong>si, il 21 settembre<br />

del 19 avanti Cristo.<br />

Fu sepolto a Napoli, sulla via per Pozzuoli. Sulla sua tomba fu inciso un epigramma che,<br />

tradotto in italiano, suona così: “Mantova mi ha messo al mondo, i Calabri [gli antichi<br />

abitanti della Puglia meri<strong>di</strong>onale] mi hanno strappato alla vita, ora Napoli conserva i miei<br />

resti; ho cantato i pascoli, i campi, gli eroi”.<br />

Partendo per la Grecia, Virgilio aveva chiesto all’amico Vario <strong>di</strong> bruciare l’Eneide se gli<br />

fosse capitata qualche <strong>di</strong>sgrazia: tanto grande era l’esigenza <strong>di</strong> perfezione del poeta. Ma<br />

Augusto si assunse la responsabilità <strong>di</strong> non rispettare la sua volontà: dobbiamo quin<strong>di</strong><br />

alla saggezza del principe se anche noi possiamo leggere l’Eneide. Augusto, infatti, affidò<br />

agli amici del poeta Vario Rufo e Plozio Tucca il compito <strong>di</strong> pubblicare il poema, senza rimaneggiare<br />

nulla. Così, in alcuni passi troviamo ancora una sessantina <strong>di</strong> versi incompiuti<br />

(detti puntelli), che rimangono anche nelle e<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> oggi, quasi a serbare la traccia materiale<br />

della mano del poeta.


Guida alla lettura<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 5<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Virgilio La demenza <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> e il rimprovero <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Le forme<br />

Quello <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> è un tipico racconto folclorico, una “favola”<br />

incentrata sul meccanismo del <strong>di</strong>vieto, cui segue<br />

la trasgressione, quin<strong>di</strong> la punizione. <strong>Orfeo</strong> trasgre<strong>di</strong>sce<br />

al <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> voltarsi in<strong>di</strong>etro a guardare Euri<strong>di</strong>ce: è proibito<br />

il contatto con il mondo dei morti; ciò comporta<br />

la catastrofe. Grazie alla versione in<strong>di</strong>menticabile <strong>di</strong><br />

Virgilio, la favola, <strong>di</strong> per sé schematica, segnerà profondamente<br />

l’arte occidentale, non solo nella letteratura,<br />

ma nella musica e nella pittura.<br />

I temi<br />

<strong>Il</strong> racconto virgiliano è dolce e struggente. I primi sette<br />

versi ci introducono al momento culminante della vicenda:<br />

Euri<strong>di</strong>ce segue il suo sposo nel cammino verso la<br />

luce, sino all’improvviso e tragico errore <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>. <strong>Il</strong> motivo<br />

del gesto è in<strong>di</strong>viduato da Virgilio in una improvvisa<br />

«demenza» che coglie l’eroe «incauto» e «immemore»;<br />

il senso fatale della per<strong>di</strong>ta è sottolineato dal fatto che<br />

l’infrazione avviene proprio sull’«orlo della luce», quando<br />

l’impresa era quasi compiuta. <strong>Il</strong> contrasto luce-oscurità<br />

è metafora dell’opposizione vita-morte. La rottura del<br />

patto è sancita da un triplice fragore <strong>di</strong> tuono.<br />

Dolore e stupore nelle ultime parole che Euri<strong>di</strong>ce pronuncia<br />

al suo sposo: quale follia lo aveva portato al<br />

gesto irreparabile che la condannava a tornare nel<br />

buio, e per sempre? La fanciulla descrive ciò che le<br />

accade: il sentirsi risucchiare all’in<strong>di</strong>etro, il sonno della<br />

morte che avanza, l’oscurità che la circonda mentre<br />

tende invano le mani.<br />

<strong>Il</strong> <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> Caronte che nega un secondo passaggio<br />

chiude ogni possibilità <strong>di</strong> ritorno alla vita. Dopo una<br />

breve focalizzazione su <strong>Orfeo</strong>: che fare? dove andare?<br />

come commuovere i Mani? L’attenzione si rivolge per<br />

l’ultima volta su Euri<strong>di</strong>ce, «già fr<strong>ed</strong>da» sulla barca dello<br />

Stige. <strong>Il</strong> poeta torna infine su <strong>Orfeo</strong> che, ormai solo,<br />

canta in luoghi deserti e fr<strong>ed</strong><strong>di</strong> come fr<strong>ed</strong>da è Euri<strong>di</strong>ce.<br />

<strong>Il</strong> mondo animale e il mondo vegetale rispondono al<br />

suo canto. <strong>Il</strong> senso <strong>di</strong> corrispondenza con gli elementi<br />

naturali è sottolineato dalla similitu<strong>di</strong>ne fra il canto <strong>di</strong><br />

dolore del poeta e quello <strong>di</strong> un usignolo che ha perso<br />

i suoi piccoli per colpa <strong>di</strong> un crudele aratore che gli ha<br />

<strong>di</strong>strutto il nido.<br />

A questo punto segue il racconto della morte <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>,<br />

sbranato dalle Baccanti. <strong>Il</strong> motivo del terribile finale è<br />

attribuito al rifiuto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> ad unirsi ad altre donne per<br />

f<strong>ed</strong>eltà alla memoria della moglie. Sentendosi <strong>di</strong>sprezzate,<br />

le donne invasate dal <strong>di</strong>o Bacco lo sbranano con<br />

ferocia e spargono i pezzi del suo corpo. Gli ultimi quattro<br />

versi ci descrivono la testa mozzata del poeta che,<br />

trascinata dai gorghi del fiume, ripete il nome <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce.


L’opera<br />

da<br />

Ovi<strong>di</strong>o, Metamorfosi, a cura <strong>di</strong> P.<br />

Bernar<strong>di</strong>ni Marzolla, Einau<strong>di</strong>,<br />

Torino 1994<br />

1 Grave l’auspicio: la narrazione<br />

<strong>di</strong> Ovi<strong>di</strong>o ha inizio con i<br />

presagi inquietanti che offuscano<br />

il giorno delle nozze. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>o<br />

Imeneo, che nella <strong>mito</strong>logia<br />

greca e romana presi<strong>ed</strong>eva i<br />

matrimoni, partecipa cupo in<br />

volto senza pronunziare le consuete<br />

parole augurali. Si allontana<br />

anzi tempo dalla cerimonia<br />

risalendo in cielo col mantello<br />

color zafferano, come lo<br />

<strong>di</strong>segna l’iconografia mitica greca,<br />

e con la fiaccola d’augurio<br />

spenta.<br />

2 Nàia<strong>di</strong>: le Nàia<strong>di</strong> erano ninfe<br />

che presi<strong>ed</strong>evano alle acque<br />

dolci della terra, fiumi, sorgenti,<br />

fontane, laghi e palu<strong>di</strong>; si <strong>di</strong>ceva<br />

che poss<strong>ed</strong>essero facoltà<br />

guaritrici.<br />

3 Morì, morsa… da un serpente:<br />

le Nàia<strong>di</strong> non riuscirono<br />

a salvare Euri<strong>di</strong>ce dal veleno<br />

mortale del serpente che le aveva<br />

morso un pi<strong>ed</strong>e mentre ella<br />

stava fuggendo dalla corte insistente<br />

dell’apicultore Aristeo.<br />

4 Ròdope: monte della Tracia,<br />

patria <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>.<br />

5 Stige: ve<strong>di</strong> nota 9 de Le Georgiche<br />

<strong>di</strong> Virgilio, p. 2 <strong>di</strong> questo<br />

on line.<br />

6 porta del Tènaro: si <strong>di</strong>ceva<br />

che presso la foce del Tènaro,<br />

nella regione della Laconia, una<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

X<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

caverna immettesse nel regno<br />

dei morti.<br />

7 Persèfone: era la sposa <strong>di</strong><br />

Ade (Plutone per i Latini), re<br />

degli Inferi. Secondo il <strong>mito</strong><br />

Persefone, figlia <strong>di</strong> Zeus e della<br />

dea dell’agricoltura Demetra,<br />

era stata rapita da Ade e portata<br />

nell’oltremondo, ma Demetra<br />

ottenne da Zeus che la figlia ritornasse<br />

sulla terra nelle stagioni<br />

Primavera e Estate.<br />

8 signore… delle ombre: è<br />

Ade, il <strong>di</strong>o degli Inferi.<br />

9 lira: strumento musicale a<br />

corde, che accompagnava<br />

nell’antichità il canto dei poeti.<br />

Lo strumento era formato da<br />

due braccia unite da una traver-<br />

on line 26<br />

pagina 6<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Ovi<strong>di</strong>o<br />

Un gesto d’amore<br />

Metamorfosi Ovi<strong>di</strong>o, circa trenta dopo, racconta nelle Metamorfosi (ve<strong>di</strong> Modulo 1, p. 40) la sua<br />

versione sul <strong>mito</strong>, <strong>di</strong>versa da quella virgiliana non nel resoconto dei fatti, ma nell’interpretazione<br />

del gesto. Nessuna colpa <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>, nessun rimprovero da parte <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce. E <strong>di</strong> che cosa potrebbe<br />

lamentarsi<br />

una donna, se non <strong>di</strong> essere<br />

amata? <strong>Il</strong> sentimento<br />

dell’amore è una fonte<br />

ispiratrice <strong>di</strong> tutta la poesia<br />

<strong>di</strong> Ovi<strong>di</strong>o.<br />

<strong>Il</strong> testo<br />

Nella elaborazione <strong>di</strong> Ovi<strong>di</strong>o, la figura <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce è solo un’ombra muta.<br />

È <strong>Orfeo</strong> l’unico protagonista che commuove col canto tutto e tutti, mentre<br />

Euri<strong>di</strong>ce riesce appena a pronunciare un ad<strong>di</strong>o, così flebile da essere<br />

a fatica percepito. L’assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo tra i due amanti sottolinea la<br />

barriera invalicabile tra il mondo dei morti e quello dei vivi.<br />

<strong>Orfeo</strong> per Ovi<strong>di</strong>o è il “poeta” e come tale è simbolo del valore della poesia, della<br />

sua capacità <strong>di</strong> controllo sul mondo.<br />

Grave l’auspicio; 1 gravissimo quello che accadde. E infatti la sposa novella, mentre<br />

vagava per i prati in compagnia <strong>di</strong> una schiera <strong>di</strong> Nàia<strong>di</strong>, 2 morì, morsa al tallone da<br />

un serpente. 3<br />

Dopo averla debitamente pianta sulla terra, il poeta del Ròdope, 4 per non lasciare<br />

nulla d’intentato, nemmeno nell’al<strong>di</strong>là, osò <strong>di</strong>scendere fino allo Stige 5 attraverso la<br />

porta del Tènaro, 6 e avanzando tra folle svolazzanti, tra i fantasmi dei defunti onorati<br />

<strong>di</strong> sepoltura, si presentò a Persèfone 7 e al signore dello spiacevole regno delle ombre.<br />

8 E facendo vibrare le corde della lira, 9 così prese a <strong>di</strong>re cantando:<br />

«O dèi del mondo che sta sottoterra, dove tutti veniamo a ricadere, noi mortali<br />

creature, senza <strong>di</strong>stinzione, se posso parlare e se mi permettete <strong>di</strong> <strong>di</strong>re la verità,<br />

senza i rigiri <strong>di</strong> chi <strong>di</strong>ce il falso, io non sono <strong>di</strong>sceso qui per visitare il Tartaro 10 buio,<br />

né per incatenare i tre colli ammantati <strong>di</strong> serpenti del mostro della stirpe <strong>di</strong> M<strong>ed</strong>usa.<br />

11 La ragione del mio viaggio è mia moglie, nel cui corpo una vipera calpestata<br />

ha iniettato veleno troncandone la giovane esistenza. Avrei voluto poter sopportare,<br />

e non posso <strong>di</strong>re <strong>di</strong> non aver tentato. Ma Amore 12 ha vinto! È questo un <strong>di</strong>o ben<br />

noto lassù, sulla terra; se anche qui, non so, ma spero <strong>di</strong> sì; e se non è menzogna<br />

quanto si narra <strong>di</strong> un antico ratto, 13 anche voi foste uniti da Amore. Per questi luoghi<br />

paurosi, per i silenzi <strong>di</strong> questo immenso regno dell’abisso, vi prego, ritessete il filo<br />

sa; le corde, tese parallele nello<br />

spazio interno delle due braccia,<br />

erano legate alla traversa.<br />

10 Tartaro: genericamente la<br />

parola designa l’Inferno. In origine<br />

la parola in<strong>di</strong>cava la buia<br />

voragine dove Zeus aveva rinchiuso<br />

i Titani, un oltretomba<br />

<strong>di</strong>stinto dall’Ade, destinato agli<br />

uomini.<br />

11 tre colli… M<strong>ed</strong>usa: anche<br />

il <strong>mito</strong> <strong>di</strong> M<strong>ed</strong>usa viene raccontato<br />

nelle Metamorfosi. M<strong>ed</strong>usa<br />

era una delle Gorgoni, tre sorelle<br />

i cui nomi erano Steno,<br />

Euriale e M<strong>ed</strong>usa, dall’aspetto<br />

mostruoso tale da impietrire<br />

per il terrore chiunque le guardasse.<br />

<strong>Il</strong> <strong>mito</strong> narra che Perseo,<br />

che aveva il compito <strong>di</strong> tagliare<br />

la testa a M<strong>ed</strong>usa, riuscì nell’impresa<br />

guardandone l’immagine<br />

in uno specchio per evitare <strong>di</strong><br />

rimanere pietrificato dallo<br />

sguardo. Ovi<strong>di</strong>o narra che M<strong>ed</strong>usa<br />

era stata una donna <strong>di</strong><br />

grande bellezza e dagli splen<strong>di</strong><strong>di</strong><br />

capelli. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>o Poseidone<br />

approfittò <strong>di</strong> lei all’interno <strong>di</strong> un<br />

tempio de<strong>di</strong>cato alla dea Minerva,<br />

la quale, per non lasciare<br />

impunito il fatto empio, trasformò<br />

gli splen<strong>di</strong><strong>di</strong> capelli della<br />

donna in orri<strong>di</strong> serpenti.<br />

12 Amore: scritto con la A<br />

maiuscola è personificato nel<br />

<strong>di</strong>o dell’amore.<br />

13 ratto: rapimento.


14 vallata dell’Averno: la valle<br />

dove si trova il lago d’Averno<br />

è uno dei luoghi infernali. Per<br />

sin<strong>ed</strong>doche, cioè la parte per il<br />

tutto, si intende l’Inferno intero.<br />

15 le donne dei Cíconi: ve<strong>di</strong><br />

nota 15 delle Georgiche <strong>di</strong> Virgilio,<br />

p. 3 <strong>di</strong> questo on line. Le<br />

Baccanti, dette anche Mena<strong>di</strong>,<br />

vestite con pelli <strong>di</strong> animali, celebravano<br />

il <strong>di</strong>o cantando e<br />

danzando per monti e foreste.<br />

<strong>Orfeo</strong>, che dopo aver perso per<br />

la seconda volta Euri<strong>di</strong>ce, non<br />

aveva voluto più congiungersi<br />

con nessuna donna, viene visto<br />

da un gruppo <strong>di</strong> Baccanti mentre<br />

vaga nei boschi accompagnando<br />

il suo canto con la lira.<br />

Le donne invasate e frenetiche,<br />

offese dal <strong>di</strong>sprezzo dell’uomo,<br />

lo uccidono.<br />

16 apollineo: seguace <strong>di</strong><br />

Apollo.<br />

17 impera la Furia impazzita:<br />

solo la Follia, personalizzata<br />

dalla maiuscola e rafforzata dall’aggettivo,<br />

domina il campo.<br />

18 flauti berencizii dalla<br />

canna storta: Berecinto è un<br />

monte della Frigia consacrato<br />

alla dea Cibele. <strong>Il</strong> flauto berecintio<br />

è il flauto frigio, un tipo<br />

<strong>di</strong> flauto incurvato all’estremità.<br />

19 ululati bacchici: le urla<br />

delle donne invasate dal <strong>di</strong>o.<br />

20 Drìa<strong>di</strong>: erano le ninfe custo<strong>di</strong><br />

dei boschi.<br />

21 Lesbo: è un’isola greca<br />

dell’Egeo nordorientale, che <strong>di</strong>venne<br />

famosa per aver dato i<br />

natali, nel VII secolo a.C., alla<br />

poetessa Saffo.<br />

22 Febo: è un altro nome che<br />

identifica il <strong>di</strong>o Apollo.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Ovi<strong>di</strong>o Un gesto d’amore<br />

prematuramente spezzato della vita <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce! Tutti quanti vi spettiamo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

e dopo un breve soggiorno <strong>di</strong> sopra, presto o tar<strong>di</strong>, ci affrettiamo verso questa s<strong>ed</strong>e,<br />

che è la stessa per tutti. Qui tutti siamo <strong>di</strong>retti, questa è l’ultima nostra <strong>di</strong>mora, e il<br />

vostro dominio sul genere umano non ha poi più fine. Anche costei sarà vostra<br />

quando avrà compiuto fino in fondo il giusto percorso della sua vita: vi prego solo<br />

<strong>di</strong> ridarmela in prestito. Ma se il destino mi nega questa grazia per la mia consorte,<br />

io non voglio riandarmene, no. Così godrete della morte <strong>di</strong> due!».<br />

Piangevano le anime esangui mentre egli <strong>di</strong>ce queste cose e accompagnava le parole<br />

col suono della lira. […] E né la consorte del re, né il re stesso degli abissi ebbero<br />

cuore <strong>di</strong> opporre un rifiuto a quella preghiera; e chiamarono Euri<strong>di</strong>ce. Era essa tra le<br />

ombre nuove, e venne avanti con passo lento, per la ferita. <strong>Orfeo</strong> del Ròdope la prese<br />

per mano, e insieme ricevette l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> non volgere in<strong>di</strong>etro lo sguardo finché non<br />

fosse uscito dalla vallata dell’Averno. 14 Vana altrimenti sarebbe stata la grazia.<br />

Si avviarono attraverso muti silenzi per un sentiero in salita, ripido, buio, immerso<br />

in una fitta e fosca nebbia. E ormai non erano lontani dalla superficie, quando, nel<br />

timore che lei riscomparisse, e bramoso <strong>di</strong> riv<strong>ed</strong>erla, egli pieno d’amore si voltò. E<br />

subito essa riscivolò in<strong>di</strong>etro, e tendendo le braccia cercò convulsamente <strong>di</strong> aggrapparsi<br />

a lui e <strong>di</strong> essere riafferrata, ma null’altro strinse, infelice, che l’aria sfuggente.<br />

E già <strong>di</strong> nuovo morendo non ebbe parole <strong>di</strong> rimprovero per il marito (e <strong>di</strong> che cosa<br />

avrebbe dovuto lamentarsi, se non <strong>di</strong> essere amata?), e gli <strong>di</strong>sse per l’ultima volta<br />

ad<strong>di</strong>o, un ad<strong>di</strong>o che a stento giunse alle sue orecchie. E rifluì <strong>di</strong> nuovo nell’abisso.<br />

[…]<br />

XI<br />

on line 26<br />

pagina 7<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Con questo canto <strong>Orfeo</strong>, il poeta <strong>di</strong> Tracia, ammaliava le selve e l’animo delle bestie,<br />

e attirava anche le pietre. Quand’ecco che le donne dei Cíconi, 15 con i petti deliranti<br />

coperti <strong>di</strong> pelli d’animali, dall’alto <strong>di</strong> un colle lo scorsero mentre associava il canto<br />

al tocco delle corde.<br />

E una <strong>di</strong> esse, scuotemdo la chioma nell’aria, gridò: «Eccolo, eccolo, colui che ci<br />

<strong>di</strong>sprezza!», e contro la bocca melo<strong>di</strong>osa del cantore apollineo 16 lanciò il suo bastone,<br />

il quale, essendo in cima fasciato <strong>di</strong> frasche, gli lasciò un segno, ma non lo ferì.<br />

Un’altra usa come proiettile un sasso, ma questo, mentre ancora vola, rimane estasiato<br />

dai soavi concenti, della voce e della lira, e gli cade <strong>di</strong>nanzi ai pie<strong>di</strong>, quasi a chi<strong>ed</strong>er<br />

perdono <strong>di</strong> quell’ar<strong>di</strong>re folle. Ma ormai la sconsiderata battaglia cresce e <strong>di</strong>vampa<br />

sfrenata, impera la Furia impazzita. 17 In verità, tutte le armi avrebbero potuto essere<br />

ammansite dal canto; ma il gran clamore e i flauti berecinzii dalla canna storta, 18 e<br />

i tamburelli e i battimani e gli ululati bacchici 19 sommersero il suono della lira. E<br />

così alla fine i sassi si arrossarono del sangue del poeta, che non si u<strong>di</strong>va più.<br />

[…]<br />

Gli uccelli afflitti ti piansero, <strong>Orfeo</strong>, ti piansero le schiere <strong>di</strong> animali selvatici, e<br />

i sassi duri, e le selve che spesso avevano seguito il tuo canto: gli alberi, deposte le<br />

loro chiome, rimasero rasi, in segno <strong>di</strong> lutto. E <strong>di</strong>cono anche che i fiumi crebbero<br />

a furia <strong>di</strong> piangere, e che le Nàia<strong>di</strong> e le Drìa<strong>di</strong> 20 misero manti neri sui loro veli e andarono<br />

con i capelli scompigliati. Le membra giacciono sparse qua e là. Tu, fiume<br />

Ebro, accogli la testa e la lira. Ed ecco (pro<strong>di</strong>gio!), mentre filano via in mezzo alla<br />

corrente, la lira suona un non so che <strong>di</strong> triste, la lingua morta mormora tristemente:<br />

triste l’eco risponde dalle sponde. E portate finalmente al mare lasciano il fiume<br />

della loro Tracia, e vanno ad arenarsi sulle coste <strong>di</strong> Lesbo, 21 dove è la città <strong>di</strong> Metimna.<br />

Qui, un feroce serpente si avventa contro la testa sbattuta su quella spiaggia<br />

straniera, contro i capelli grondanti <strong>di</strong> stille rugiadose; ma all’ultimo istante Febo 22<br />

interviene, e blocca il serpente che si appresta a mordere, congelandone in pietra<br />

le fauci spalancate, indurendolo così com’è, a bocca aperta.


M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Ovi<strong>di</strong>o Un gesto d’amore<br />

on line 26<br />

pagina 8<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

L’ombra <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>di</strong>scende sottoterra. Egli riconosce uno per uno i luoghi che<br />

già ha visto una volta e, cercandola per i campi delle anime pie, ritrova Euri<strong>di</strong>ce, e<br />

la abbraccia appassionatamente. E qui passeggiano insieme: a volte, accanto; a volte,<br />

lei lo prec<strong>ed</strong>e e lui la segue; altre volte è <strong>Orfeo</strong> che cammina davanti, e ormai senza<br />

paura <strong>di</strong> perderla, si gira in<strong>di</strong>etro a guardare la sua Euri<strong>di</strong>ce.<br />

L’autore Publio Ovi<strong>di</strong>o Nasone nacque a Sulmona, in Abruzzo, nel 43 a.C. da un’agiata famiglia <strong>di</strong> cavalieri. <strong>Il</strong> padre lo<br />

mandò giovanissimo a Roma per stu<strong>di</strong>are retorica. Nonostante gli ottimi stu<strong>di</strong>, Ovi<strong>di</strong>o non tentò la via della politica, ma si<br />

de<strong>di</strong>cò completamente alla letteratura, <strong>di</strong>ventando presto un poeta <strong>di</strong> vastissimo successo grazie alla composizione <strong>di</strong><br />

opere <strong>di</strong> carattere erotico che rispondevano al gusto della società brillante dell’epoca augustea, che egli frequentava amabilmente,<br />

senza bisogno <strong>di</strong> appoggiarsi alla protezione delle famiglie influenti. Proprio all’apice del successo, mentre stava<br />

lavorando alle Metamorfosi, lo coglie, nell’8 d.C., un improvviso provve<strong>di</strong>mento punitivo da parte dell’imperatore Augusto,<br />

il quale condanna il poeta al confino a Tomi, sul mar Nero. I motivi della condanna rimangono oscuri, ma forse sono da<br />

collegare agli scandali che qualche anno prima avevano turbato la casa imperiale. Fatto sta che Ovi<strong>di</strong>o fu costretto ad allontanarsi<br />

da Roma. Dal suo confino <strong>di</strong> Tomi Ovi<strong>di</strong>o continuò a scrivere, lamentandosi <strong>di</strong> essere costretto a vivere in una<br />

regione inospitale, i cui abitanti nemmeno conoscevano il latino né la grande civiltà <strong>di</strong> cui il poeta era stato il cantore. Nonostante<br />

le numerose richieste <strong>di</strong> grazia, Ovi<strong>di</strong>o non riuscì a tornare, e morì a Tomi nel 17 o nel 18 dopo Cristo.<br />

Guida alla lettura<br />

I temi e le forme<br />

Nel decimo libro Ovi<strong>di</strong>o racconta la sfida <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> all’oltremondo<br />

e riporta <strong>di</strong>rettamente le parole del canto col<br />

quale l’eroe si rivolge ai signori dell’Ade. <strong>Il</strong> suo <strong>di</strong>scorso<br />

si basa su un argomentare lucido e inattaccabile. Due<br />

i punti <strong>di</strong> forza: la forza dell’amore che non accetta la<br />

per<strong>di</strong>ta e la morte prematura. <strong>Il</strong> regno dei morti è la s<strong>ed</strong>e<br />

destinata a tutti gli umani, ma perché andarci prima<br />

del tempo? Lui in fondo chi<strong>ed</strong>e solo che Euri<strong>di</strong>ce gli sia<br />

data in prestito per restituirla alla morte quando sarà<br />

il momento. Al canto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> tutte le anime che popolano<br />

l’inferno piangono commosse. <strong>Il</strong> re e la regina degli<br />

Inferi, altrettanto commossi, conc<strong>ed</strong>ono la grazia e chiamano<br />

Euri<strong>di</strong>ce. Sembra che nulla possa ostacolare la<br />

Lavorare sui testi<br />

Riassumi la vicenda mitica come viene raccontata<br />

dai due poeti.<br />

In<strong>di</strong>ca eventuali <strong>di</strong>fferenze che nel racconto dei fatti<br />

hai trovato nelle due versioni.<br />

Secondo te la figura della donna è mortificata o meno<br />

nella versione ovi<strong>di</strong>ana rispetto a quella virgiliana?<br />

Commenta e motiva la tua risposta.<br />

Perché, secondo Virgilio, <strong>Orfeo</strong> trasgre<strong>di</strong>sce all’or<strong>di</strong>ne<br />

avuto?<br />

Perché, secondo Ovi<strong>di</strong>o, <strong>Orfeo</strong> trasgre<strong>di</strong>sce all’or<strong>di</strong>ne<br />

avuto?<br />

potenza persuasoria del canto. Assieme alla sposa e<br />

alla possibilità <strong>di</strong> riportarla alla luce <strong>Orfeo</strong> riceve un or<strong>di</strong>ne,<br />

ma trasgre<strong>di</strong>sce non per demenza o furore, ma<br />

per eccesso d’amore. Si volta perché teme <strong>di</strong> non v<strong>ed</strong>erla<br />

e perché brama <strong>di</strong> riv<strong>ed</strong>erla. Per questo nessuna<br />

lamentela della donna che muore per la seconda volta.<br />

Nell’un<strong>di</strong>cesimo libro il canto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> ammalia le selve,<br />

le bestie, le pietre. Non riesce ad ammansire la furia<br />

delle baccanti perché le loro urla selvagge impe<strong>di</strong>scono<br />

la percezione del suo canto. Alla morte <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> tutta<br />

la natura è in lutto. Nel finale i toni tragici si stemperano:<br />

nella morte i due sposi si ricongiungono, passeggiano<br />

insieme nei luoghi dell’oltretomba e <strong>Orfeo</strong> può<br />

volgersi a guardare la sua amata ogni volta che vuole.<br />

Perché, secondo te, <strong>Orfeo</strong> trasgre<strong>di</strong>sce all’or<strong>di</strong>ne<br />

avuto?<br />

In che consiste la forza del canto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>?<br />

I toni ti sono sembrati più dolci in Virgilio o in Ovi<strong>di</strong>o?<br />

I toni ti sono sembrati più vivaci in Virgilio o in Ovi<strong>di</strong>o?<br />

L’orrore dell’uccisione <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> è stemperata da<br />

un’immagine <strong>di</strong> grande forza emotiva in entrambi i<br />

testi: la testa mozzata che ripete il nome dell’amata.<br />

Come racconta Virgilio questa scena e quanto<br />

spazio le dà? Come racconta Ovi<strong>di</strong>o questa scena<br />

e quanto spazio le dà?


pagina degli strumenti • la storia<br />

<strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong><br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 9<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Quando nasce il <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> nella letteratura greca?<br />

Nella letteratura greca arcaica e classica i riferimenti<br />

ad <strong>Orfeo</strong> sono rari, nonostante il <strong>mito</strong> oralmente fosse<br />

conosciuto e <strong>di</strong>ffuso; non se ne fa nessun accenno ad<br />

Nel <strong>mito</strong> <strong>Orfeo</strong> è sempre visto come un eroe positivo?<br />

No, il personaggio <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> si presta all’ambiguità.<br />

Nel Simposio il filosofo Platone (V-IV sec. a.C.) è<br />

critico sull’eroe <strong>Orfeo</strong> che giu<strong>di</strong>ca un sofista, che<br />

utilizza la parola per persuadere gli altri non per af-<br />

esempio all’interno dei poemi omerici né in Esiodo. Tra<br />

i testi più antichi abbiamo un frammento <strong>di</strong> una trage<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> Eschilo incentrata però sulla uccisione <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>.<br />

fermare verità. Secondo Platone Euri<strong>di</strong>ce gli è stata<br />

negata dagli dèi perché il suo eros (sentimento<br />

d’amore) era falso come il suo logos (la sua parola,<br />

il suo canto).<br />

Chi invece nel mondo greco lo ha esaltato come un eore positivo?<br />

Nel periodo ellenistico Apollonio Ro<strong>di</strong>o (III sec. a. C)<br />

inserisce il personaggio <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> nel poema Argonautiche.<br />

Nel poema <strong>di</strong> Apollonio, <strong>Orfeo</strong> partecipa al viaggio<br />

sulla nave Argo che porterà il mitico Giasone alla<br />

conquista del vello d’oro. Grazie al suo canto gli argonauti<br />

riuscirono a superare indenni l’isola delle sirene<br />

perché il canto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> aveva offuscato la melo<strong>di</strong>a<br />

ammaliatrice delle sirene.<br />

La fama <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> si lega ad una tragica vicenda d’amore e <strong>di</strong> morte<br />

Non è l’impresa sulla nave Argo a dare l’immortalità<br />

letteraria al personaggio <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>, quanto la tragica<br />

vicenda d’amore e morte che lo lega alla ninfa Euri<strong>di</strong>ce.<br />

La giovane sposa muore a causa delle avances<br />

<strong>di</strong> Aristeo, uno dei tanti figli <strong>di</strong> Apollo, che, in-<br />

Lo sguardo negato<br />

<strong>Orfeo</strong> non si rassegnò alla per<strong>di</strong>ta, penetrò negli Inferi<br />

incantando i guar<strong>di</strong>ani del regno dei morti con<br />

la sua musica. La regina degli Inferi Persefone, commossa<br />

e s<strong>ed</strong>otta dal suo canto, persuase il <strong>di</strong>o Ade<br />

a consentire ad <strong>Orfeo</strong> <strong>di</strong> riportare Euri<strong>di</strong>ce sulla terra.<br />

Ade accettò, ma ad un patto: <strong>Orfeo</strong> avrebbe do-<br />

namorato non corrisposto, continuava a <strong>di</strong>mostrarle<br />

eccessive attenzioni. Un giorno la fanciulla, correndo<br />

per sfuggire al suo corteggiatore, mise inavvertitamente<br />

il pi<strong>ed</strong>e su un serpente dal morso velenoso.<br />

vuto prec<strong>ed</strong>ere Euri<strong>di</strong>ce per tutto il cammino fino<br />

alla porta degli Inferi senza voltarsi mai all’in<strong>di</strong>etro.<br />

Proprio vicino all’uscita dagli Inferi, <strong>Orfeo</strong> però non<br />

riuscì a resistere al dubbio e si voltò, per v<strong>ed</strong>ere<br />

Euri<strong>di</strong>ce scomparire e tornare tra le tenebre per<br />

sempre.


pagina degli strumenti • la storia<br />

La vendetta delle donne<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Disperato per la per<strong>di</strong>ta, non volle più congiungersi<br />

ad alcuna donna. Le Baccanti della Tracia, seguaci<br />

del <strong>di</strong>o Dioniso, si ven<strong>di</strong>carono assalendolo e facendolo<br />

a pezzi. La sua testa venne gettata nel<br />

fiume. La testa <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> continuò a cantare trasportata<br />

dalla corrente fino al mare, per approdare<br />

on line 26<br />

pagina 10<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

<strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce c’è anche nella Comme<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dante?<br />

Dante, oltre a Virgilio, considerava Ovi<strong>di</strong>o il suo “autore”,<br />

tanto da gareggiare virtualmente con lui quando<br />

si trattava <strong>di</strong> descrivere delle metamorfosi infernali:<br />

conosceva quin<strong>di</strong> benissimo le Metamorfosi <strong>di</strong><br />

Ovi<strong>di</strong>o. Dante nomina una volta sola <strong>Orfeo</strong>: lo scorge<br />

insieme agli altri poeti antichi, nel limbo (Inf. IV<br />

140). Ma in tutta l’opera dantesca è assente il <strong>mito</strong><br />

<strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce, la sposa <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> ineluttabilmente respinta<br />

in<strong>di</strong>etro nell’oscurità degli Inferi. Euri<strong>di</strong>ce è<br />

infine all’isola <strong>di</strong> Lesbo, dove fu sepolta nel santuario<br />

<strong>di</strong> Apollo. A Lesbo nacque Saffo, e con lei<br />

la poesia lirica. <strong>Il</strong> corpo <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> venne seppellito<br />

dalle Muse ai pie<strong>di</strong> dell’Olimpo. La sua lira venne<br />

invece infissa nel cielo e formò la costellazione<br />

della Lira.<br />

una specie <strong>di</strong> antimodello <strong>di</strong> Beatrice (la riecheggia<br />

anche nel nome), <strong>di</strong> cui Dante non parla mai, forse<br />

per esorcizzare una per<strong>di</strong>ta della donna amata che<br />

a lui sarebbe insopportabile: perché Dante non vuol<br />

perdere la sua donna, la vuol piuttosto ritrovare. E<br />

infatti così è: Dante, al contrario <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>, con la<br />

sua poesia è riuscito ad andare nell’oltremondo,<br />

dove ha ritrovato Beatrice per sempre, e l’ha resa<br />

immortale.


M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Ermes, Euri<strong>di</strong>ce e <strong>Orfeo</strong>, bassorilievo marmoreo.<br />

Museo Archeologico <strong>di</strong> Napoli.<br />

<strong>Orfeo</strong> cantore tra le fiere, mosaico, fine II-inizio III<br />

secolo d.C. Museo Archeologico Regionale <strong>di</strong><br />

Palermo.<br />

on line 26<br />

pagina 11<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Leggere le immagini<br />

<strong>Il</strong> bassorilievo è la rappresentazione artistica più antica<br />

del <strong>mito</strong>. Si tratta <strong>di</strong> una copia d’età romana <strong>di</strong> un<br />

originale greco risalente al V secolo a.C. I tre personaggi<br />

sono accomunati da una grande tristezza. <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Ermes<br />

sono ai lati <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce che, col capo velato e lunga veste<br />

drappeggiata, guarda l’amato per l’ultima volta. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>o la<br />

tiene per mano, accingendosi ad accompagnarla in<strong>di</strong>etro<br />

nell’oltretomba. Ermes (Mercurio per i latini) era un <strong>di</strong>o<br />

psicopompo, aveva cioè il compito <strong>di</strong> condurre agli inferi<br />

le anime dei defunti.<br />

Leggere le immagini<br />

Si tratta <strong>di</strong> un grande mosaico a tessere nere, bianche,<br />

beige, marroni, ver<strong>di</strong>, rosse e grigie <strong>di</strong> più <strong>di</strong> sei metri per<br />

cinque. <strong>Il</strong> mosaico riporta al centro un grande pannello<br />

con <strong>Orfeo</strong> che ammansisce gli animali. <strong>Orfeo</strong> è s<strong>ed</strong>uto su<br />

una roccia, indossa una corta tunica <strong>di</strong> colore verde scuro,<br />

un breve mantello (clamide) <strong>ed</strong> un berretto rossi come gli<br />

stivali sui calzari aderenti. Nella mano sinistra tiene una<br />

lira a quattro corde, formata da due corna <strong>di</strong> gazzella su<br />

un guscio <strong>di</strong> tartaruga. Dietro <strong>di</strong> lui un albero, sui cui rami<br />

corti è appollaiato un uccello, costituisce l’unico elemento<br />

del paesaggio naturale, mentre il cantore è circondato da<br />

ben <strong>di</strong>ciannove animali: un uccello, un cane, una scimmia,<br />

un pappagallo, un toro, un leone, un serpente, un<br />

leopardo, un cervo, una tartaruga, una lucertola, una<br />

volpe, una lepre, una cicogna, un pavone, un’ antilope, una<br />

tigre, uno struzzo <strong>ed</strong> un corvo. Tutto il mondo animale<br />

rende omaggio all’uomo poeta e musico.


<strong>Il</strong> melodramma<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

pagina degli strumenti • la musica<br />

<strong>Orfeo</strong> non è solo poeta né solo suonatore <strong>di</strong> lira; il<br />

suo <strong>mito</strong> mostra l’in<strong>di</strong>ssolubile legame tra musica e<br />

parole, segno del bisogno profondo, antropologico,<br />

d’esprimere nel canto sentimenti <strong>ed</strong> emozioni e <strong>di</strong><br />

raccontare: la letteratura nasce legata alla musica,<br />

col canto degli antichi ae<strong>di</strong>, dei poeti lirici, del coro<br />

tragico, e anche la nostra tra<strong>di</strong>zione poetica delle origini<br />

ce ne segnala in più mo<strong>di</strong> il legame (basti pensare<br />

a forme metriche quali la canzone, il sonetto,<br />

la ballata della Scuola poetica siciliana). Questo spiega<br />

la straor<strong>di</strong>naria fortuna musicale del <strong>mito</strong> d’<strong>Orfeo</strong><br />

sino ai nostri giorni.<br />

Tra le prime opere in musica che raccontano il <strong>mito</strong><br />

è la Favola d’<strong>Orfeo</strong> <strong>di</strong> Angelo Ambrogino detto il Poliziano<br />

(1454-1494) composta nel 1480 a Mantova<br />

per uno spettacolo a corte. L’ambientazione è campestre.<br />

Ade e Persefone sembrano una coppia <strong>di</strong> signori<br />

rinascimentali. La scena conclusiva è uno sfrenato<br />

e festoso baccanale, che stravolge il senso tragico<br />

della favola originaria. L’opera <strong>di</strong> Poliziano è l’archetipo<br />

<strong>di</strong> una nuova forma <strong>di</strong> intrattenimento teatrale<br />

che, dal Seicento, <strong>di</strong>venterà molto in voga nelle<br />

corti, formato da danza, musica e poesia.<br />

Proprio all’alba del Seicento nacque infatti un nuovo<br />

genere musicale: il melodramma, cioè uno spettacolo<br />

teatrale (-dramma) cantato e musicato (melo-).<br />

<strong>Il</strong> primo melodramma della storia fu de<strong>di</strong>cato nel<br />

1600 proprio ad Euri<strong>di</strong>ce, la sposa sfortunata <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong><br />

(volume <strong>di</strong> Narrativa, on line 63), su musica <strong>di</strong><br />

Jacopo Peri e libretto <strong>di</strong> Ottavio Rinuccini; ma anche<br />

il primo grande compositore <strong>di</strong> melodrammi,<br />

Clau<strong>di</strong>o Montever<strong>di</strong> (1567-1643), de<strong>di</strong>cò un melodramma<br />

ad <strong>Orfeo</strong>, nel 1607. Non è un caso che la<br />

nascita del melodramma si leghi alla figura mitica <strong>di</strong><br />

<strong>Orfeo</strong> che basa la sua forza sull’intreccio in<strong>di</strong>ssolubile<br />

<strong>di</strong> parola, canto e musica.<br />

on line 26<br />

pagina 12<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Meno <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni dopo, nel 1616, avremo <strong>Orfeo</strong> dolente,<br />

melodramma <strong>di</strong> Domenico Belli, e così via sino<br />

al capolavoro settecentesco <strong>di</strong> Christoph Willibald<br />

Gluck, <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce (1762) su libretto <strong>di</strong> Ranieri<br />

de Calzabigi <strong>di</strong> cui è famosa l’aria “Che farò senza<br />

Euri<strong>di</strong>ce, dove andrò senza il mio bene?”.<br />

La ripresa del <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> nel Settecento dovuta a<br />

Gluck (1714-1787) e Calzabigi è importante perché,<br />

musicalmente, segna l’avvio della “riforma” dell’opera<br />

in musica, avvicinabile alla “riforma” che Goldoni<br />

nello stesso periodo attua per il teatro comico (ve<strong>di</strong><br />

volume <strong>di</strong> Poesia, Modulo 6, p. 348).<br />

<strong>Il</strong> fascino del canto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> e della dolorosa storia<br />

d’amore ha continuato a ispirare compositori nei secoli<br />

successivi. Per citare una delle opere in musica<br />

più conosciute del Novecento, ricor<strong>di</strong>amo <strong>Orfeo</strong>, balletto<br />

<strong>di</strong> Igor Stravinskij, composto nel 1947.<br />

La copertina del<br />

libretto del<br />

melodramma <strong>di</strong><br />

Montever<strong>di</strong><br />

rappresentato a<br />

Mantova nel<br />

1609.


da<br />

sito www.librettidopera.it<br />

1 larve: fantasmi.<br />

2 barbaro: il dolore viene definito<br />

barbaro perché, come<br />

fosse fuori da ogni regola civile,<br />

egli non riesce a contenerlo.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 13<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Ranieri De Calzabigi<br />

<strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce e il lieto fine<br />

L’opera <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce <strong>Il</strong> melodramma <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Gluck-Calzabigi andò in scena nel 1762 al<br />

Burgtheater <strong>di</strong> Vienna per l’onomastico dell’imperatore Francesco I.<br />

L’azione inizia davanti alla tomba <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce. Motore <strong>di</strong> tutta la vicenda è Amore, a cui si deve anche<br />

il merito del lieto fine, assente nel <strong>mito</strong> originario. <strong>Orfeo</strong> entra in un Ade terrificante, connotato da<br />

una danza macabra <strong>di</strong> Furie e Spiriti, ma non tragico, perché anche gli esseri infernali sembrano con<strong>di</strong>videre i<br />

principi illuministici della<br />

cultura dell’epoca. I sovrani<br />

dell’Ade rappresentano<br />

il programma politico “illuminato”<br />

degli imperatori<br />

d’Asburgo che <strong>di</strong>chiarano<br />

<strong>di</strong> considerare il potere come<br />

un compito ricevuto in<br />

ere<strong>di</strong>tà, da assolvere per<br />

il bene <strong>di</strong> tutti.<br />

<strong>Il</strong> testo<br />

Sono stati antologizzati scene tratte dal II atto e dal III atto. Le anime<br />

infernali costituiscono il coro che a mano a mano viene ammansito dal<br />

canto melo<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>. Più il tono del canto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> si fa appassionato,<br />

più il canto del coro si addolcisce. <strong>Orfeo</strong>, ammansite le anime infernali,<br />

riesce a convincere i signori dell’Inferno <strong>di</strong> riportare Euri<strong>di</strong>ce alla vita. Euri<strong>di</strong>ce<br />

segue <strong>Orfeo</strong> che, ubbi<strong>di</strong>ente al vincolo del <strong>di</strong>vieto, non si volta a guardarla. La donna<br />

interpreta questo comportamento come un atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>samore e si rifiuta <strong>di</strong> seguire<br />

l’uomo. <strong>Orfeo</strong>, che ha anche l’obbligo <strong>di</strong> non rivelare nulla all’amata, non resiste<br />

alle suppliche e ai rimproveri <strong>di</strong> lei e si volta a guardarla, condannando Euri<strong>di</strong>ce per<br />

la seconda volta alla morte. <strong>Orfeo</strong> <strong>di</strong>sperato vorrebbe morire per ricongiungersi con<br />

la sua sposa, ma interviene il <strong>di</strong>o Amore che risolve l’azione drammatica in un lieto<br />

fine, rovesciando il senso del <strong>mito</strong>. Poiché <strong>Orfeo</strong> era stato f<strong>ed</strong>ele ai princìpi d’Amore,<br />

il <strong>di</strong>o dell’Amore gli restituirà Euri<strong>di</strong>ce in modo che la felicità dei due amanti <strong>di</strong>verrà<br />

segno della sua gloria.<br />

ORFEO<br />

Deh! placatevi con me.<br />

Furie, larve, 1 ombre sdegnose…<br />

CORO<br />

No…<br />

ORFEO Vi renda almen pietose<br />

il mio barbaro 2 dolor.<br />

Personaggi<br />

ORFEO contralto<br />

EURIDICE soprano<br />

AMORE soprano<br />

Pastori e Ninfe<br />

Furie e spettri nell’inferno<br />

Eroi <strong>ed</strong> Eroine negli Elisi<br />

Seguaci d’<strong>Orfeo</strong><br />

ATTO II<br />

Scena I<br />

CORO<br />

(raddolcito e con espressione <strong>di</strong> qualche compatimento)<br />

Misero giovine!<br />

Che vuoi, che me<strong>di</strong>ti?<br />

Altro non abita


3 l’inferno mio: metaforicamente<br />

la grande pena d’amore<br />

<strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> viene paragonata alle<br />

pene che le ombre patiscono<br />

nel mondo infernale.<br />

4 Ah qual incognito… nostro<br />

furor: è un ritornello che<br />

si ripeterà più volte. Le ombre<br />

sottolineano come la dolcezza<br />

del pianto d’amore, sentimento<br />

a loro sconosciuto, abbia la capacità<br />

<strong>di</strong> frenare la loro furia<br />

che non conosceva pietà.<br />

5 se provaste… languir<br />

d’amor: solo chi ha esperienza<br />

d’amore può capire la sofferenza<br />

<strong>di</strong> chi ama.<br />

6 al vincitor: <strong>Orfeo</strong> è chiamato<br />

vincitore perché ha ottenuto<br />

quel che voleva: entrare nel<br />

mondo infernale per riprendere<br />

la sua amata.<br />

7 Sogno? Veglio? Deliro?: è<br />

una climax.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

che lutto e ge<strong>mito</strong><br />

in queste orribili<br />

soglie funeste.<br />

on line 26<br />

pagina 14<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Ranieri De Calzabigi <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce e il lieto fine<br />

ORFEO Mille pene, ombre sdegnose,<br />

come voi sopporto anch’io;<br />

ho con me l’inferno mio, 3<br />

me lo sento in mezzo al cor.<br />

CORO (con maggior dolcezza)<br />

Ah qual incognito<br />

affetto flebile,<br />

dolce a sospendere<br />

vien l’implacabile<br />

nostro furor! 4<br />

ORFEO Men tiranne, ah! voi sareste<br />

al mio pianto, al mio lamento,<br />

se provaste un sol momento<br />

cosa sia languir d’amor. 5<br />

CORO<br />

(sempre più raddolcito)<br />

Ah quale incognito<br />

affetto flebile,<br />

dolce a sospendere<br />

vien l’implacabile<br />

nostro furor!<br />

Le porte stridano<br />

su’ neri car<strong>di</strong>ni<br />

e il passo lascino<br />

sicuro e libero<br />

al vincitor. 6<br />

ATTO III<br />

Scena I<br />

ORFEO<br />

(ad Euri<strong>di</strong>ce, che conduce per mano sempre senza guardarla)<br />

Vieni: segui i miei passi,<br />

unico amato oggetto<br />

del f<strong>ed</strong>ele amor mio.<br />

EURIDICE<br />

(con sorpresa)<br />

Sei tu! M’inganno?<br />

Sogno? Veglio? Deliro? 7<br />

ORFEO<br />

(con fretta)<br />

Amata sposa,<br />

<strong>Orfeo</strong> son io, e vivo ancor; ti venni<br />

fin negli Elisi a ricercar; fra poco<br />

il nostro cielo, il nostro sole, il mondo<br />

<strong>di</strong> bel nuovo v<strong>ed</strong>rai.


8 con quale arte?: con quale<br />

artificio?<br />

9 Imeneo: Imeneo è la <strong>di</strong>vinità<br />

che presi<strong>ed</strong>eva alle nozze.<br />

10 tronchiam le <strong>di</strong>more:<br />

Rompiamo gli indugi, affrettiamoci.<br />

11 riveggo: riv<strong>ed</strong>o.<br />

12 t’annoia: Euri<strong>di</strong>ce rimprovera<br />

<strong>Orfeo</strong> <strong>di</strong> essersi stancato <strong>di</strong><br />

lei nell’attimo stesso in cui l’ha<br />

rivista.<br />

13 oh legge crudel!: <strong>Orfeo</strong> lamenta<br />

l’obbligo <strong>di</strong> non poter<br />

svelare nulla a Euri<strong>di</strong>ce. Tra parentesi<br />

sono gli a parte: cioè le<br />

espressioni che il personaggio<br />

non rivolge all’altro ma a se<br />

stesso.<br />

14 mai t’affanna… lieto momento:<br />

Euri<strong>di</strong>ce non riesce a<br />

comprendere come mai <strong>Orfeo</strong><br />

sia così teso in un momento<br />

tanto lieto.<br />

15 il cimento: a parte <strong>Orfeo</strong><br />

<strong>di</strong>ce che la vera prova è questa.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

EURIDICE<br />

(sospesa)<br />

Come! ma con quale arte? 8<br />

ma per qual via?<br />

ORFEO<br />

Saprai<br />

tutto da me;<br />

(con premura)<br />

per ora<br />

non chi<strong>ed</strong>er più, meco t’affretta, e il vano<br />

importuno timor dall’alma sgombra:<br />

ombra tu più non sei, io non son ombra.<br />

EURIDICE<br />

Che ascolto! e sarà ver? Pietosi numi,<br />

qual contento è mai questo! Io dunque, in braccio<br />

all’idol mio, fra’ più soavi lacci<br />

d’Amore e d’Imeneo, 9<br />

nuova vita vivrò!<br />

ORFEO<br />

Sì, mia speranza;<br />

ma tronchiam le <strong>di</strong>more, 10<br />

ma seguiamo il cammin. Tanto è crudele<br />

la fortuna con me, che appena io cr<strong>ed</strong>o<br />

<strong>di</strong> poss<strong>ed</strong>erti; appena<br />

so dar f<strong>ed</strong>e a me stesso.<br />

EURIDICE<br />

(mesta e risentita, ritirando la mano da <strong>Orfeo</strong>)<br />

E un dolce sfogo<br />

del tenero amor mio, nel primo istante<br />

che tu ritrovi me, ch’io te riveggo, 11<br />

t’annoia, 12 <strong>Orfeo</strong>!<br />

ORFEO<br />

Ah! non è ver, ma… sappi…<br />

senti… (oh legge crudel!) 13 bella Euri<strong>di</strong>ce,<br />

inoltra i passi tuoi.<br />

EURIDICE<br />

Che mai t’affanna<br />

in sì lieto momento? 14<br />

on line 26<br />

pagina 15<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Ranieri De Calzabigi <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce e il lieto fine<br />

ORFEO<br />

(Che <strong>di</strong>rò! lo prev<strong>ed</strong><strong>di</strong>; ecco il cimento.) 15<br />

EURIDICE<br />

Non mi abbracci! non parli!<br />

(tirandolo perché la guar<strong>di</strong>)<br />

Guardami almen. Dimmi: son bella ancora<br />

qual era un dì? ve<strong>di</strong>: che forse è spento<br />

il roseo mio volto? O<strong>di</strong>: che forse<br />

s’oscurò quel che amasti<br />

e soave chiamasti<br />

splendor de’ sguar<strong>di</strong> miei?


16 Più che l’ascolto… <strong>Orfeo</strong><br />

coraggio: anche questi versi<br />

costituiscono un a parte.<br />

17 Ah infido: Euri<strong>di</strong>ce non<br />

può capire perché <strong>Orfeo</strong> abbia<br />

definito ‘sventura’ il guardarla,<br />

e <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> non potersi fidare <strong>di</strong><br />

lui.<br />

18 E a che svegliarmi… faci:<br />

a che è valso svegliarla dal sonno<br />

della morte se doveva spegnere<br />

le luci dell’amore nuziale,<br />

che erano state care ad entrambi?<br />

19 Duetto: il duetto è un brano<br />

musicale per due voci soliste,<br />

con o senza accompagnamento<br />

strumentale. <strong>Il</strong> termine<br />

in<strong>di</strong>ca interpretazioni vocali a<br />

due che cantano alternandosi.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

ORFEO<br />

(Più che l’ascolto,<br />

meno resisto: <strong>Orfeo</strong> coraggio.) 16 An<strong>di</strong>amo,<br />

mia <strong>di</strong>letta Euri<strong>di</strong>ce; or non è tempo<br />

<strong>di</strong> queste tenerezze; ogni <strong>di</strong>mora<br />

è fatale per noi.<br />

EURIDICE<br />

Ma… uno sguardo solo…<br />

ORFEO<br />

È sventura il mirarti.<br />

EURIDICE<br />

Ah infido! 17 E queste<br />

son l’accoglienze tue! mi nieghi un sguardo,<br />

quando dal caro amante<br />

e dal tenero sposo<br />

aspettarmi io dovea gli amplessi e i baci!<br />

ORFEO<br />

(sentendola vicina, prende la sua mano e vuol condurla)<br />

(Che barbaro martir!) Ma vieni e taci.<br />

EURIDICE<br />

(ritira la mano con sdegno)<br />

Ch’io taccia! e questo ancora<br />

mi restava a soffrir! dunque hai perduta<br />

la memoria, l’amore,<br />

la costanza, la f<strong>ed</strong>e!… E a che svegliarmi<br />

dal mio dolce riposo, or che hai pur spente<br />

quelle a entrambi sì care<br />

d’Amore e d’Imeneo pu<strong>di</strong>che faci! 18 …<br />

Rispon<strong>di</strong>, tra<strong>di</strong>tor.<br />

ORFEO<br />

Ma vieni e taci.<br />

[Duetto19 ]<br />

ORFEO<br />

Vieni: appaga il tuo consorte.<br />

EURIDICE<br />

No: più cara è a me la morte,<br />

che <strong>di</strong> vivere con te.<br />

ORFEO<br />

Ah crudel!<br />

EURIDICE<br />

Lasciami in pace…<br />

on line 26<br />

pagina 16<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Ranieri De Calzabigi <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce e il lieto fine<br />

ORFEO<br />

No: mia vita, ombra seguace<br />

verrò sempre intorno a te.<br />

EURIDICE<br />

Ma perché sei sì tiranno?


20 Insieme: il termine in<strong>di</strong>ca<br />

interpretazioni vocali a due che<br />

cantano insieme.<br />

21 smanio, fremo, deliro: è<br />

una climax.<br />

22 Aria: in campo musicale<br />

per “aria” si intende un brano,<br />

quasi sempre per voce solista,<br />

articolato in strofe o sezioni.<br />

Nella storia dell’opera essa si<br />

contrappone al recitativo e rappresenta<br />

un momento in cui la<br />

forma musicale prende il sopravvento<br />

sull’azione e sul <strong>di</strong>alogo.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 17<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Ranieri De Calzabigi <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce e il lieto fine<br />

ORFEO<br />

Ben potrò morir d’affanno,<br />

ma giammai <strong>di</strong>rò perché.<br />

[Insieme20 ]<br />

ORFEO<br />

Grande, o numi, è il dono vostro,<br />

lo conosco e grato sono<br />

ma il dolor, che unite al dono,<br />

è insoffribile per me.<br />

EURIDICE<br />

Grande, o numi, è il dono vostro,<br />

lo conosco e grata sono<br />

ma il dolor, che unite al dono,<br />

è insoffribile per me.<br />

[…]<br />

ORFEO<br />

Che affanno!… Oh come<br />

mi si lacera il cor! Più non resisto;<br />

smanio, fremo, deliro21… ah mio tesoro!…<br />

(si volta con impeto e la guarda)<br />

EURIDICE<br />

(alzandosi con forza e tornando a cadere)<br />

Giusti dèi, che m’avvenne. Io… manco… io… mo… ro…<br />

(more)<br />

ORFEO<br />

Ahimè! dove trascorsi! Ove mi spinse<br />

un delirio d’amor!…<br />

(le s’accosta con fretta)<br />

Sposa!… Euri<strong>di</strong>ce!…<br />

(la scuote)<br />

Euri<strong>di</strong>ce!… Consorte! ah più non vive,<br />

la chiamo in van, misero me, la perdo,<br />

e <strong>di</strong> nuovo e per sempre! oh legge! oh morte!<br />

oh ricordo crudel! non ho soccorso,<br />

non m’avanza consiglio. Io veggo solo<br />

(oh fiera vista!) il luttuoso aspetto<br />

dell’orrido mio stato;<br />

saziati sorte rea, son <strong>di</strong>sperato.<br />

[– Aria22 ]<br />

ORFEO<br />

Che farò senza Euri<strong>di</strong>ce!<br />

Dove andrò senza il mio ben!<br />

Euri<strong>di</strong>ce! Oh <strong>di</strong>o! rispon<strong>di</strong>,<br />

io son pure il tuo f<strong>ed</strong>el.<br />

Euri<strong>di</strong>ce! Ah! non m’avanza<br />

più soccorso, più speranza<br />

né dal mondo, né dal ciel!


23 fé: f<strong>ed</strong>eltà.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Ranieri De Calzabigi <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce e il lieto fine<br />

Che farò senza Euri<strong>di</strong>ce!<br />

Dove andrò senza il mio ben!<br />

<strong>Orfeo</strong> senza Euri<strong>di</strong>ce decide <strong>di</strong> morire per ricongiungersi con la sua sposa, ma<br />

interviene il <strong>di</strong>o Amore che risolve l’azione drammatica in un lieto fine, rovesciando<br />

il senso del <strong>mito</strong>.<br />

Poiché <strong>Orfeo</strong> era stato f<strong>ed</strong>ele ai principi d’Amore, il <strong>di</strong>o dell’Amore gli restituirà<br />

Euri<strong>di</strong>ce e la felicità dei due amanti gli darà eterna gloria.<br />

AMORE<br />

Mi desti prova <strong>di</strong> tua nobil fé; 23<br />

più non sarai, per mia gloria, infelice:<br />

Euri<strong>di</strong>ce ti rendo!<br />

Essa risorga e sia congiunta a te.<br />

[…]<br />

CORO<br />

Trionfi Amore,<br />

e il mondo intero<br />

serva all’impero<br />

della beltà.<br />

EURIDICE<br />

La gelosia<br />

strugge e <strong>di</strong>vora;<br />

ma poi ristora<br />

la f<strong>ed</strong>eltà.<br />

E quel sospetto<br />

che il cor tormenta,<br />

alfin <strong>di</strong>venta<br />

felicità.<br />

CORO<br />

Trionfi Amore,<br />

e il mondo intero<br />

serva all’impero<br />

della beltà.<br />

on line 26<br />

pagina 18<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

ATTO III<br />

Scena III


M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 19<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Ranieri De Calzabigi <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce e il lieto fine<br />

Leggere le immagini<br />

Fr<strong>ed</strong>erick Leighton, <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce, 1864. Leighton<br />

House Museum, Londra.<br />

Questo <strong>di</strong>pinto rappresenta<br />

con particolare intensità<br />

l’episo<strong>di</strong>o dello sguardo fatale<br />

che condanna Euri<strong>di</strong>ce agli<br />

inferi per sempre, ma con<br />

un’inversione <strong>di</strong> parti: non è<br />

<strong>Orfeo</strong> a volgere lo sguardo<br />

verso Euri<strong>di</strong>ce, ma è la donna<br />

che, abbracciando con<br />

passione il suo uomo, sembra<br />

chi<strong>ed</strong>ergli <strong>di</strong> guardarla,<br />

mentre questi, turbato e con<br />

gli occhi chiusi, tenta <strong>di</strong><br />

sottrarsi allo sguardo e <strong>di</strong><br />

allontanarla da sé.<br />

Fr<strong>ed</strong>erick Leighton (1830-<br />

1896), è stato uno scultore e<br />

pittore inglese le cui opere,<br />

preferibilmente a soggetto<br />

storico, biblico e <strong>mito</strong>logico,<br />

sono tra gli esempi artistici<br />

più raffinati dell’Ottocento<br />

inglese.<br />

Gli autori <strong>Il</strong> librettista Ranieri Simone Francesco Maria de’ Calzabigi (1714-1795) è<br />

stato un poeta e librettista italiano. Iniziò a de<strong>di</strong>carsi all’attività librettistica nel 1743 a<br />

Napoli. A causa del suo coinvolgimento in un processo penale, fu costretto a lasciare la<br />

città per Parigi, dove conobbe Pietro Metastasio, poeta e librettista italiano. Nel 1761<br />

lasciò la Francia per la città <strong>di</strong> Vienna, capitale dell’impero degli Asburgo, dove conobbe<br />

il compositore Christoph Willibald Gluck. Per Gluck scrisse tre libretti d’opera (<strong>di</strong> cui <strong>Orfeo</strong><br />

<strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce è il più famoso) e contribuì attivamente, grazie alla scrittura <strong>di</strong> libretti d’alto<br />

valore poetico, alla “riforma” del melodramma gluckiana.<br />

<strong>Il</strong> compositore Christoph Willibald Gluck (1714-1787) è stato un compositore t<strong>ed</strong>esco.<br />

Conosciamo poco della sua formazione: probabilmente seguì lezioni <strong>di</strong> organo e <strong>di</strong> clavicembalo<br />

presso il collegio dei Gesuiti <strong>di</strong> Komatau, dove imparò anche a suonare il violino<br />

e il violoncello. Quello che è certo è che, per seguire la sua passione per la musica, fuggì<br />

da casa guadagnandosi da vivere come cantore e suonatore ambulante nelle chiese e<br />

nelle piazze. Lavorò come compositore a Praga, a Vienna, a Milano, a Londra.<br />

Nel 1752 ritornò a Vienna dove, chiamato a <strong>di</strong>rigere un’importante orchestra, tranne qualche<br />

intervallo <strong>di</strong> vita parigina, rimase fino alla morte. <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce, su libretto <strong>di</strong> Calzabigi,<br />

fu la sua opera <strong>di</strong> maggior successo.


Guida alla lettura<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 20<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Ranieri De Calzabigi <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce e il lieto fine<br />

Le forme<br />

La musica in un melodramma assume la parte più autorevole,<br />

ricca <strong>di</strong> suggestioni, ma il significato è affidato<br />

al testo, parole tradotte in musica attraverso il canto,<br />

che <strong>di</strong>viene un mezzo cui affidare il piacere dell’invenzione<br />

fantastica e il coinvolgimento emotivo e sentimentale<br />

del pubblico. Vi sono le voci soliste <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong><br />

<strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce (rispettivamente contralto e soprano), che<br />

cantano in <strong>di</strong>aloghi, duetti e arie, la voce <strong>di</strong> Amore (soprano)<br />

che come il deus ex machina del teatro antico<br />

tutto risolve, e la voce del coro.<br />

I temi<br />

Nel brano proposto dell’atto II, si coglie il passaggio<br />

dalla furia implacabile delle ombre infernali alla compassione<br />

nello sfumare della violenza del «No» iniziale<br />

sino alla resa «le porte si aprano al passo del vincitor».<br />

La dolcezza del canto ha vinto la furia. <strong>Il</strong> sentimento<br />

d’amore vince su ogni altro sentimento.<br />

Nell’atto III è <strong>di</strong> scena l’impossibilità <strong>di</strong> comunicare: i<br />

due sposi intrecciano un drammatico <strong>di</strong>alogo, nel quale<br />

Lavorare sul testo<br />

Per comprendere<br />

Riassumi il contenuto dei brani letti.<br />

Sottolinea i versi in rima.<br />

Che cosa è un ritornello? Trova nei versi un ritornello.<br />

Da chi è pronunciato?<br />

Metti in costruzione <strong>di</strong>retta i seguenti due versi:<br />

Mille pene, ombre sdegnose,<br />

come voi sopporto anch’io<br />

L’espressione in costruzione <strong>di</strong>retta ha secondo te<br />

la stessa forza emotiva?<br />

Le <strong>di</strong>dascalie in<strong>di</strong>cano in successione come il coro<br />

si addolcisca sempre più. Mostra nel testo da quali<br />

elementi ricavi la maggiore dolcezza.<br />

Elenca gli argomenti portati da <strong>Orfeo</strong> per convincere<br />

gli spiriti infernali.<br />

Euri<strong>di</strong>ce assume un ruolo decisivo. Poiché <strong>Orfeo</strong> non<br />

solo non guarda Euri<strong>di</strong>ce, ma non può <strong>di</strong>rle del <strong>di</strong>vieto,<br />

Euri<strong>di</strong>ce, pensando che lui sia rimasto deluso e <strong>di</strong>samorato<br />

nel riv<strong>ed</strong>erla, si rifiuta <strong>di</strong> seguirlo: «No, più cara<br />

è a me la morte, che <strong>di</strong> vivere con te»; segue un duetto<br />

in cui i due sposi cantano le stesse parole, ma con significato<br />

<strong>di</strong>verso:<br />

Gran<strong>di</strong>, o Numi, è il dono vostro,<br />

Lo conosco e grato/grata son,<br />

Ma il dolor che unite al dono,<br />

È insoffribile per me.<br />

<strong>Orfeo</strong> per esprimerle il suo amore si volta, l’amore decreta<br />

la morte <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce. Qui abbiamo la celebre aria<br />

«Che farò senza Euri<strong>di</strong>ce?» (che verrà citata nel racconto<br />

<strong>di</strong> Gesualdo Bufalino <strong>Il</strong> ritorno <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce, ve<strong>di</strong> p. 25 <strong>di</strong><br />

questo on line). Ma impreve<strong>di</strong>bilmente sarà sempre<br />

l’amore a decretare la vita. Interviene il <strong>di</strong>o Amore che<br />

risolve l’azione drammatica nel lieto fine, riconoscendo<br />

la f<strong>ed</strong>eltà <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> ai princìpi stessi dell’amore. L’atto<br />

e l’opera si concludono col canto <strong>di</strong> trionfo <strong>di</strong> Amore.<br />

Cosa è un’aria?<br />

Fai la parafrasi dell’aria<br />

Che farò senza Euri<strong>di</strong>ce!<br />

Dove andrò senza il mio ben!<br />

Euri<strong>di</strong>ce! Oh <strong>di</strong>o! rispon<strong>di</strong>,<br />

io son pure il tuo f<strong>ed</strong>el.<br />

Euri<strong>di</strong>ce! Ah! non m’avanza<br />

più soccorso, più speranza<br />

né dal mondo, né dal ciel!<br />

Che farò senza Euri<strong>di</strong>ce!<br />

Dove andrò senza il mio ben!<br />

Per interpretare<br />

Per quale motivo Amore premia <strong>Orfeo</strong>?<br />

Che <strong>di</strong>fferenza c’è tra Amore e amore?


L’opera<br />

da<br />

D. Buzzati, Poema a fumetti,<br />

Mondadori, Milano 2007<br />

In alto la bocca <strong>di</strong> Orfi grida<br />

il nome della fanciulla<br />

che sembra non sentirlo e<br />

che continua il suo fatale<br />

andare. La porta chiusa<br />

non è un ostacolo per lei.<br />

<strong>Il</strong> suo viso, come la sua immagine,<br />

viene risucchiato<br />

all’interno.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 21<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Dino Buzzati<br />

Un poema a fumetti<br />

Poema a fumetti Nell’era della piena modernità la geografia dell’Ade assume i connotati <strong>di</strong> una<br />

città industriale, una Milano paradossalmente priva <strong>di</strong> caos, nel Poema a fumetti <strong>di</strong> Dino Buzzati, un<br />

fumetto dai contenuti profon<strong>di</strong> che contrastano con la leggerezza del genere. Fu lo stesso Buzzati,<br />

anche abile pittore, a <strong>di</strong>segnare nel 1969 le strisce a fumetti del suo poema. Protagonisti del <strong>mito</strong><br />

moderno sono Orfi un<br />

cantautore, l’unico poeta<br />

capace <strong>di</strong> incanto nell’epoca<br />

della modernità, e<br />

Eura, la sua ragazza.<br />

<strong>Il</strong> testo<br />

Una fr<strong>ed</strong>da notte <strong>di</strong> marzo Orfi v<strong>ed</strong>e un tassì fermarsi <strong>di</strong>nanzi a una misteriosa<br />

villa proprio <strong>di</strong> fronte alla sua casa, in via Saterna, una immaginaria<br />

via del centro <strong>di</strong> Milano. Dal tassì scende Eura che entra nella<br />

villa attraversando una porta chiusa senza aprirla, come uno spirito.


La tavola è <strong>di</strong>visa in due.<br />

Nella parte superiore la<br />

giacca, morbida come se<br />

fosse indossata da un corpo<br />

inconsistente, e nella<br />

parte inferiore le domande<br />

che la giacca pone ad Orfi,<br />

il suo invito ad affacciarsi<br />

a guardare dalla finestra<br />

e, tra le parole, delineato il<br />

profilo della città conosciuta<br />

con i suoi simboli: il Castello<br />

Sforzesco, le guglie<br />

del Duomo, case, ciminiere,<br />

grattacieli. Sembra che<br />

tra il mondo conosciuto e<br />

l’oltretomba non ci sia <strong>di</strong>fferenza.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Dino Buzzati Un poema a fumetti<br />

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pagina 22<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

L’indomani Orfi, venuto a conoscenza della morte improvvisa <strong>di</strong> Eura, si reca a<br />

tarda notte <strong>di</strong> fronte la porta che Eura aveva attraversato, portando con sé la chitarra<br />

per sentirsi più forte. Un uomo, che poi scompare, gli vieta l’ingresso, ma Orfi<br />

chi<strong>ed</strong>e col suo canto alla porta <strong>di</strong> aprirsi.<br />

«Perché?». Gli ripete più volte una voce d’oltretomba. «Perché là <strong>di</strong>etro c’è lei / se<br />

c’è lei io non ho paura / anche se tutti sanno / che <strong>di</strong> notte o <strong>di</strong> giorno / <strong>di</strong> là non<br />

esiste ritorno».<br />

La porta si apre e Orfi entra in un moderno Ade, che non è altro che una Milano<br />

riprodotta: un al<strong>di</strong>là popolato dal suo mondo. Una donna senza veli lo accompagna<br />

nel paese della morte, definita la vecchia signora che <strong>di</strong>strugge i piaceri e <strong>di</strong>sperde<br />

le liete compagnie. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>avolo custode è una giacca vuota che gli chi<strong>ed</strong>e <strong>di</strong> cantare<br />

un canto che ricor<strong>di</strong> ai morti tutto ciò che essi non hanno più.<br />

<strong>Il</strong> canto <strong>di</strong> Orfi si <strong>di</strong>spiega lungo sessantasette pagine; canta le delusioni, le angosce,<br />

le paure che accompagnano i vivi nel loro cammino: bassezze e nobiltà che albergano<br />

nel cuore <strong>di</strong> tutti, consce e inconsce. E il suo canto svela che la <strong>di</strong>mensione<br />

autentica della vita sta proprio nella consapevolezza della fine; ogni cosa acquista<br />

senso solo nella coscienza che dovrà finire, ribaltando l’interpretazione <strong>di</strong> Pavese:


L’immagine è molto suggestiva.<br />

Scaduto il tempo, Orfi<br />

è trascinato verso l’alto<br />

da un vortice che crea un<br />

movimento a spirale sullo<br />

sfondo della città infernale.<br />

Stringe la mano <strong>di</strong> Eura,<br />

ma il corpo della fanciulla<br />

resta fuori dal vortice e<br />

sembra porre resistenza a<br />

seguirlo.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Dino Buzzati Un poema a fumetti<br />

on line 26<br />

pagina 23<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

là la consapevolezza della morte toglieva senso alla vita, qui il senso della vita lo<br />

si coglie proprio attraverso la consapevolezza della morte.<br />

Orfi in virtù del suo canto viene lasciato passare nell’inferno e gli vengono concesse<br />

ventiquattro ore per trovare Eura: uno spazio <strong>di</strong> tempo in un mondo senza tempo.<br />

Trovatala, la perde, ma non per suo errore o per sua volontà; sarà Eura a non volerlo<br />

seguire perché appartenente ormai ad una <strong>di</strong>mensione altra. Nessun patto, nessun<br />

<strong>di</strong>vieto. La morte è morte e non si vince. Trascorso inesorabilmente il tempo, Orfi<br />

si ritroverà vivo in via Saterna, <strong>di</strong>nanzi alla sua casa. Dinanzi a lui è lo stesso uomo<br />

della sera prima gli <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> non tormentarsi perché quello che ha visto è solamente<br />

sogno. Orfi però si ritrova stretta nella mano una piccola ma reale testimonianza:<br />

l’anello sfuggito a Eura nel tentativo <strong>di</strong>sperato <strong>di</strong> trascinarla con sé.


La pagina presenta due<br />

immagini in successione.<br />

Nella prima immagine le<br />

mani sono ancora unite,<br />

nella seconda le mani che<br />

si separano segnano il momento<br />

tragico del <strong>di</strong>stacco,<br />

della per<strong>di</strong>ta definitiva. Ma<br />

un oggetto è passato da<br />

una mano all’altra, dal<br />

mondo dei morti a quello<br />

dei vivi, a <strong>di</strong>mostrazione<br />

che non si è trattato <strong>di</strong> un<br />

sogno.<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Dino Buzzati Un poema a fumetti<br />

on line 26<br />

pagina 24<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce


Guida alla lettura<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Dino Buzzati Un poema a fumetti<br />

Le forme<br />

La novità del poema <strong>di</strong> Buzzati sta nel mezzo formale,<br />

il fumetto, un fumetto colto, con <strong>di</strong>segni originali e surreali<br />

dai toni tenui. Abbondano nel fumetto le nu<strong>di</strong>tà<br />

<strong>di</strong> corpi femminili, ma anche Dante popola l’Inferno <strong>di</strong><br />

«anime lasse e nude».<br />

Lavorare sul testo<br />

on line 26<br />

Per comprendere e interpretare<br />

Descrivi ciò che ve<strong>di</strong> nella prima immagine.<br />

<strong>Il</strong> muro è scalcinato. Quale potrebbe esserne il significato<br />

simbolico secondo te?<br />

Perché l’ingresso all’Ade ha il <strong>di</strong>minutivo «porticina»?<br />

Quale potrebbe esserne il significato?<br />

Sotto l’immagine appare la scritta «come fosse stata<br />

uno spirito». Si tratta <strong>di</strong> una similitu<strong>di</strong>ne vera o<br />

falsa?<br />

Nelle immagini Orfi ha sempre con sé la sua chitarra.<br />

Cosa rappresenta la chitarra per lui, e cosa<br />

rappresenta per il lettore? Si tratta comunque in<br />

pagina 25<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

L’autore Dino Buzzati (1906-1972) nacque a S. Pellegrino, vicino Belluno, da una famiglia<br />

dell’agiata borghesia. La famiglia risi<strong>ed</strong>eva a Milano e la villa presso Belluno era luogo <strong>di</strong><br />

vacanza, amato e sempre ricordato. Seguì gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Giurisprudenza per volontà del padre,<br />

docente <strong>di</strong> Diritto internazionale, ma le sue gran<strong>di</strong> passioni erano la pittura e la scrittura.<br />

All’età <strong>di</strong> 22 anni intraprese la carriera giornalistica presso il «Corriere della Sera», dove<br />

rimase tutta la vita, non sottraendosi mai agli incarichi del semplice cronista o al lavoro<br />

<strong>di</strong> r<strong>ed</strong>azione, pur <strong>di</strong>venuto scrittore <strong>di</strong> fama. Nel 1939, agli inizi della prima guerra mon<strong>di</strong>ale,<br />

fu inviato speciale in Etiopia, e l’anno successivo scrisse e pubblicò il romanzo <strong>Il</strong> deserto<br />

dei Tartari, il suo capolavoro narrativo, un romanzo dall’atmosfera allucinata in cui il protagonista<br />

vive nell’attesa dell’aggressione <strong>di</strong> un nemico inesistente. Nel 1958 vinse il prestigioso<br />

premio Strega con un libro <strong>di</strong> racconti, dove risultava evidente la capacità <strong>di</strong> concentrare<br />

nel breve spazio <strong>di</strong> un racconto atmosfere enigmatiche e inquiete. Si de<strong>di</strong>cò anche<br />

al <strong>di</strong>segno e alla pittura, sempre inseguendo la sua vena surreale.<br />

I temi<br />

La novità del poema <strong>di</strong> Buzzati sta nella conclusione:<br />

Eura rimane nel mondo dei morti non più a causa del<br />

gesto <strong>di</strong> Orfi, ma perché è lei stessa ad accettare la<br />

legge della morte.<br />

Orfi rappresenta l’artista il cui destino è la solitu<strong>di</strong>ne.<br />

La sua impresa fallisce perché l’arte è impotente <strong>di</strong><br />

fronte l’ineluttabilità della morte.<br />

ogni caso <strong>di</strong> esprimere la tua personale interpretazione<br />

e la tua sensazione.<br />

Perché l’Ade ha i contorni della città dove Orfi vive?<br />

Nell’immagine del vortice le linee curve contrastano<br />

con i <strong>di</strong>segni lineari e geometrici dello sfondo. Ciò<br />

dà all’immagine<br />

A movimento B staticità<br />

Cosa manca alla mano <strong>di</strong> Eura nell’immagine finale?<br />

Per interpretare<br />

Scrivi un breve racconto che leghi le immagini le<br />

une alle altre.


da<br />

G. Bufalino, L’uomo invaso,<br />

Bompiani, Milano 2001<br />

1 barcaiolo: è Caronte, traghettatore<br />

delle anime infernali<br />

anche nella Divina Comme<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> Dante.<br />

2 alzaia: grossa fune che serve<br />

per rimorchiare barche e barconi<br />

dalla riva <strong>di</strong> fiumi.<br />

3 colore sulfureo: giallastro.<br />

4 marna: roccia se<strong>di</strong>mentaria<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

formata da calcare e argilla, <strong>di</strong><br />

colore grigio-giallastro.<br />

5 pozzolana: roccia formata<br />

da lapilli e ceneri vulcaniche,<br />

<strong>di</strong> colore grigio o bruno rossastro.<br />

6 laschi: morbi<strong>di</strong>.<br />

7 lo stesso fiume: è lo Stige,<br />

uno dei tre fiumi che cingeva-<br />

on line 26<br />

pagina 26<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Gesualdo Bufalino<br />

<strong>Il</strong> ritorno <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

<strong>Il</strong> testo<br />

<strong>Il</strong> ruolo dell’artista, il suo potere d’incanto e la sua inettitu<strong>di</strong>ne sono<br />

ancora una volta oggetto d’indagine nel racconto leggero e ironico <strong>di</strong><br />

Gesualdo Bufalino.<br />

<strong>Il</strong> racconto uscì per la prima volta su «la Repubblica» il 17 luglio 1984,<br />

nella rubrica “Racconti d’estate”. Venne poi inserito nella raccolta L’uomo invaso,<br />

pubblicata nel 1986.<br />

L’ambigua e colta versione <strong>di</strong> Bufalino fa della vicenda <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce il luogo<br />

ideale per una riflessione sull’arte, autenticità o finzione, e sull’artista, vate incantatore<br />

o «adorabile buonannulla».<br />

Era stanca. Poiché c’era da aspettare, s<strong>ed</strong>ette su una gobba dell’argine, in vista del<br />

palo dove il barcaiolo 1 avrebbe legato l’alzaia. 2 L’aria era del solito colore sulfureo, 3<br />

come d’un vapore <strong>di</strong> marna 4 o <strong>di</strong> pozzolana, 5 ma sulle sponde s’incanutiva in fiocchi<br />

laschi 6 e su<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> bambagia. Si v<strong>ed</strong>eva poco, faceva fr<strong>ed</strong>do, lo stesso fiume 7 non<br />

pareva scorrere ma arrotolarsi su se stesso, nella sua pece pastosa, con una pigrizia<br />

<strong>di</strong> serpe. 8 Un guizzo d’ali inatteso, un lampo nero, sorse sul pelo dell’acqua e scomparve.<br />

L’acqua gli si richiuse sopra all’istante, lo inghiottì come una gola. Chissà, il<br />

volatile, com’era finito quaggiù, doveva essersi imbucato sottoterra <strong>di</strong>etro i passi<br />

e la musica del poeta.<br />

“<strong>Il</strong> poeta” … Era così che chiamava il marito nell’intimità, quando voleva farlo<br />

arrabbiare, ovvero per carezza, svegliandosi al suo fianco e v<strong>ed</strong>endolo intento a<br />

solfeggiare con gran<strong>di</strong> manate nel vuoto una nuova melo<strong>di</strong>a. “Che fai componi?”<br />

Lui non si sognava <strong>di</strong> rispondere, quante arie si dava. Ma com’era rassicurante e<br />

cara cosa che si desse tante arie, che si lasciasse crescere tanti capelli sul collo e<br />

li ravviasse continuamente col calamo <strong>di</strong> giunco che gli serviva per scrivere, e che<br />

non sapesse cuocere un uovo… Quando poi gli bastava pizzicare due corde e modulare<br />

a mezza voce l’ultimo dei suoi successi per rendere tutti così pacificamente,<br />

irremissibilmente felici …<br />

“Poeta” … A maggior ragione, stavolta. Stavolta lei sillabò fra le labbra la parola<br />

con una goccia <strong>di</strong> risentimento. Sventato d’un poeta, adorabile buonannulla … Voltarsi<br />

a quel modo, dopo tante raccomandazioni, a cinquanta metri dalla luce … Si<br />

guardò i pie<strong>di</strong>, le facevano male. Se mai possa far male quel poco d’aria <strong>di</strong> cui sono<br />

fatte le ombre.<br />

Non era delusione, la sua, bensì solo un quieto, rassegnato rammarico. In fondo<br />

non aveva mai cr<strong>ed</strong>uto sul serio <strong>di</strong> poterne venire fuori. Già l’ingresso – un cul <strong>di</strong><br />

sacco 9 a senso unico, un pozzo dalle pareti <strong>di</strong> ferro – le era parso decisivo. La morte<br />

era questo, né più né meno, e, precipitandovi dentro, nell’attimo stesso che s’era<br />

aggricciata 10 d’orrore sotto il dente dello scorpione, 11 aveva saputo ch’era per sem-<br />

no il mondo infernale, come<br />

l’Acheronte e il Cocito.<br />

8 arrotolarsi… con una pigrizia<br />

<strong>di</strong> serpe: il fiume richiama<br />

metaforicamente l’immagine<br />

<strong>di</strong> un serpente. L’acqua scorre<br />

lenta, pigra. Anche Virgilio parla<br />

<strong>di</strong> «tarda unda» ‘acque lente, pigre’<br />

(Georgiche, IV 479-480).<br />

9 cul <strong>di</strong> sacco: modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re<br />

metaforico per in<strong>di</strong>care un vicolo<br />

cieco, una strada senza<br />

uscita.<br />

10 s’era aggricciata: era rabbrivi<strong>di</strong>ta.<br />

11 scorpione: si tratta <strong>di</strong> un<br />

serpente secondo la versione <strong>di</strong><br />

Virgilio e <strong>di</strong> Ovi<strong>di</strong>o.


12 stava nascendo <strong>di</strong> nuovo,<br />

ma alla tenebra e per sempre:<br />

la morte è vista come una<br />

nascita al contrario. Se la nascita<br />

significa uscire alla luce per<br />

iniziare una vita che ha una durata.<br />

La morte significa entrare<br />

nelle tenebre e restarci per<br />

l’eternità.<br />

13 obolo:: antica moneta greca<br />

<strong>di</strong> poco valore. Si riteneva<br />

che fosse il prezzo richiesto da<br />

Caronte per il passaggio verso<br />

il regno dei morti. Ecco perché,<br />

secondo la tra<strong>di</strong>zione, la monetina<br />

si poneva sotto la lingua<br />

del morto all’atto della sepoltura.<br />

14 <strong>di</strong>ssuggellare: schiudere.<br />

15 i giochi con gli aliossi: gli<br />

aliossi sono dei piccoli ossicini,<br />

per la precisione ossa triangolari<br />

della caviglia, che gli antichi<br />

Greci e poi i Romani usavano<br />

per le loro <strong>di</strong>vinazioni. Si gettavano<br />

in aria gli ossicini e si<br />

“leggeva” il futuro. Con l’andare<br />

del tempo questa arte magica<br />

è <strong>di</strong>ventata un gioco, sia un<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 27<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Gesualdo Bufalino <strong>Il</strong> ritorno <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

pre, e che stava nascendo <strong>di</strong> nuovo, ma alla tenebra e per sempre. 12 Allora s’era avvinta<br />

agli uncini malfermi della memoria, s’era aggrappata al proprio nome, pendulo<br />

per un filo all’estremità della mente, e se lo ripeteva, Euri<strong>di</strong>ce, Euri<strong>di</strong>ce, nel mulinello<br />

vorticoso, mentre cascava sempre più giù, Euri<strong>di</strong>ce, Euri<strong>di</strong>ce, come un ulteriore<br />

obolo 13 <strong>di</strong> soccorso, in aggiunta alla moneta piccina che la mano <strong>di</strong> lui le aveva nascosto<br />

in bocca all’atto della sepoltura.<br />

Tu se’ morta, mia vita, <strong>ed</strong> io respiro?<br />

Tu se’ da me partita<br />

per mai più non tornare <strong>ed</strong> io rimango?<br />

Così aveva gorgheggiato lui con la cetra in mano e lei da quella mono<strong>di</strong>a s’era<br />

sentita rimescolare. Avrebbe voluto gridargli grazie, riguardarselo ancora amorosamente,<br />

ma era ormai solo una statuina <strong>di</strong> marmo fr<strong>ed</strong>do, con un agnello sgozzato<br />

ai pie<strong>di</strong>, coricata su una pira <strong>di</strong> fascine insolenti. E nessun comando che si sforzasse<br />

<strong>di</strong> spe<strong>di</strong>re alle palpebre, alle livide labbra, riusciva a fargliele <strong>di</strong>ssuggelare 14 un momento.<br />

Della nuova vita, che <strong>di</strong>re? E delle nuove membra che le avevano fatto indossare?<br />

Tenui, ondose, evasive come veli…<br />

Poteva andar meglio, poteva andar peggio. I giochi con gli aliossi, 15 le partite <strong>di</strong><br />

carte a due, le ciarle donnesche 16 con Persefone 17 al telaio; le reciproche confidenze<br />

a braccetto per i viali del regno, mentre Ade 18 dormiva col capo bendato da un<br />

casco <strong>di</strong> pelle <strong>di</strong> capro… Tutto era servito, per metà dell’anno almeno, a lenire l’uggia<br />

19 della vita <strong>di</strong> guarnigione. 20 Ma domani, ma dopo?<br />

Guardò l’acqua. Veniva, onda su onda (e sembravano squame, scaglie <strong>di</strong> pesce),<br />

a rompersi contro la proda. 21 Scura, fra<strong>di</strong>cia acqua, vecchissima acqua <strong>di</strong> stagno,<br />

battuta da remi remoti. Tese l’orecchio: il tonfo delle pale s’u<strong>di</strong>va in lontananza battere<br />

l’acqua a lenti intervalli, doveva essere stufo, il marinaio, <strong>di</strong> tanti su e giù …<br />

Mille e mille anime s’erano raccolte, frattanto, e aspettavano. Anche a mettersi<br />

in fila, sarebbero passate ore prima che giungesse il suo turno. “Non ci sono prec<strong>ed</strong>enze<br />

per chi ritorna?” si chiese con un sorriso, benché non avesse fretta, ormai<br />

che c’era, <strong>di</strong> rincasare. Erano mille e mille, le anime, e aspettavano tremando <strong>di</strong><br />

fr<strong>ed</strong>do e starnazzando, con una sorta d’impazienza affamata. <strong>Il</strong> fuoco che brillava<br />

in mezzo a loro, va a sapere come avevano fatto ad accenderlo, ad attizzarlo, con<br />

che pietre focaie 22 e pigne <strong>di</strong> pino. E vi si scaldavano attorno, l’aria <strong>di</strong> fiume è nociva<br />

ai corpi spogliati.<br />

Sorrise ancora. Come se i reumi avessero ancora corso, fra i morti. Benché a lei<br />

sarebbe piaciuto lo stesso consolarsi le palme a quella fiamma, mescere la sua voce<br />

– un pigolio – al pigolare degli altri. Non lo fece, non s’avvicinò al bivacco, 23 preferiva<br />

restare sola a pensare. Poiché un <strong>di</strong>sagio, lo stesso che lascia un cibo sbagliato, le<br />

faceva male sotto una costola, e lei sapeva che non era il cruccio della vita ripersa,<br />

della risurrezione andata a male, era un altro e curioso agrume, un rincrescimento,<br />

gioco <strong>di</strong> bambini che un gioco<br />

d’azzardo. Gli strumenti <strong>di</strong> gioco<br />

erano costituiti da tre piccole<br />

ossa: le rotule <strong>di</strong> agnelli. Esse<br />

si facevano essiccare al sole e<br />

poi potevano essere usate per<br />

il gioco. Si lanciavano in aria e,<br />

a secondo delle posizioni che<br />

assumevano cadendo, decidevano<br />

la vincita o la per<strong>di</strong>ta dei<br />

giocatori.<br />

16 ciarle donnesche: chiacchiere<br />

fra donne.<br />

17 Persefone: ve<strong>di</strong> nota 7 da<br />

Ovi<strong>di</strong>o, p. 6 <strong>di</strong> questo on line.<br />

18 Ade: è il <strong>di</strong>o dell’oltretomba,<br />

figlio <strong>di</strong> Crono e Rea, fratello<br />

<strong>di</strong> Zeus e Posidone. Combattè<br />

e vinse i Titani. Detto anche<br />

Plutone. Per estensione il suo<br />

nome designa l’oltretomba.<br />

19 uggia: noia, te<strong>di</strong>o.<br />

20 vita <strong>di</strong> guarnigione: vita<br />

sempre uguale, regolata come<br />

in una caserma.<br />

21 proda: sponda.<br />

22 pietre focaie: varietà <strong>di</strong><br />

pietra che, sfregata con forza<br />

l’una con un’altra, produce<br />

scintille.<br />

23 bivacco: luogo dove le anime<br />

sostavano in attesa <strong>di</strong> essere<br />

traghettate.


24 angui: serpenti.<br />

25 quella torcia… brutto fumo:<br />

l’episo<strong>di</strong>o è raccontato da<br />

Ovi<strong>di</strong>o.<br />

26 sodaglia: terreno sassoso o<br />

incolto.<br />

27 radura: spazio aperto in un<br />

bosco o in una foresta.<br />

28 pietraia: terreno pietroso.<br />

29 frangente: onda.<br />

30 Ecco già si fa sera… la luna<br />

s’elargisce dai monti: i<br />

versi del canto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> fanno<br />

eco a una poesia <strong>di</strong> Gabriele<br />

d’Annunzio La sera fiesolana<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

incapace per ora <strong>di</strong> farsi pensiero, ma ostinato a premere dentro in confuso, come<br />

preme un bambino non nato, putrefatto nelle viscere, senza nome né sorte. E lei<br />

non sapeva come chiamarlo, se presagio, sospetto, vergogna…<br />

Ricapitolò la sua storia, voleva capire.<br />

A ripensarci, s’era innamorata <strong>di</strong> lui tar<strong>di</strong> e <strong>di</strong> controvoglia. Non le garbava, all’inizio,<br />

che le altre donne gli corressero <strong>di</strong>etro a quel modo, insieme alle bestie,<br />

alle belve. Doveva essere un mago, quell’uomo, un s<strong>ed</strong>uttore d’orecchi, un accalappiatopi<br />

da non fidarsene. Con l’eterno strumento a tracolla, la guardata in<strong>di</strong>screta,<br />

la parola ciarlatana. Poi, una sera <strong>di</strong> molta luna, trovandosi in un boschetto ad andare,<br />

trasognata secondo il suo costume, coi pie<strong>di</strong> che le passeggiavano qua e là, temerari<br />

con tante angui 24 latenti nell’erba, a un certo punto, dentro il fitto d’alberi dove<br />

s’era cercata una cuccia <strong>di</strong> buio, un filo <strong>di</strong> musica s’era infilato, via via sempre più<br />

teso e robusto, fino a <strong>di</strong>ventare uno spago invisibile che la tirava, le circondava le<br />

membra, gliele liquefaceva in un miele umido e tiepido, in un rapimento e mancamento<br />

assai simile al morire. Né s’era svegliata prima che le grosse labbra <strong>di</strong> lui, la<br />

potenza <strong>di</strong> lui, le si fossero ritirate lentamente <strong>di</strong> dosso.<br />

Lo amò, dunque. E le nozze furono <strong>di</strong> gala, con portate a non finire e crateri <strong>di</strong><br />

vino nero. Turbate da un solo allarme irrisorio: quella torcia che, sebbene Imene<br />

l’agitasse con entrambe le mani, non s’avvivava ma continuava a eruttare tutt’intorno<br />

pennacchi <strong>di</strong> brutto fumo. 25<br />

Dopo <strong>di</strong> che c’erano stati giorni e notti celesti. Lui sapeva parole che nessun<br />

altro sapeva e gliele soffiava fra i capelli, nei due pa<strong>di</strong>glioni <strong>di</strong> carne rosea, come<br />

un respiro recon<strong>di</strong>to, quasi inu<strong>di</strong>bile, che però dentro <strong>di</strong> lei cresceva subito in<br />

tuono e rombo d’amore. Era un paese <strong>di</strong> nuvole e fiori, la Tracia dove abitavano, e<br />

lei non ne ricordava nient’altro, nessuna sodaglia 26 o radura 27 o petraia, 28 solo nuvole<br />

in corsa sulla sua fronte e manciate <strong>di</strong> petali, quando li strappava dal terreno coi<br />

pugni, nel momento del piacere. Giaceva con lui sotto un’ampia coppa <strong>di</strong> cielo, su<br />

un letto <strong>di</strong> foglie e <strong>di</strong> vento, mirando fra le ciglia in lacrime profili d’alberi vacillare,<br />

udendo un frangente 29 lontano battere la scogliera, una cerva bramire nel sottobosco.<br />

Si asciugava gli occhi col dorso della mano, li riapriva. Lui glieli chiudeva con<br />

un <strong>di</strong>to e cantava. Ecco già si fa sera, ora negli orti l’oro dei vespri s’imbruna, la<br />

luna s’elargisce dai monti, 30 palpita intirizzita fra le <strong>di</strong>ta ver<strong>di</strong> dell’araucaria… 31 Euri<strong>di</strong>ce,<br />

Euri<strong>di</strong>ce! E lei gli posava la guancia sul petto, vi origliava uno stormire <strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>ci, e battiti, anche, battiti lunghi d’un cuore d’animale o <strong>di</strong> <strong>di</strong>o.<br />

Lo aveva amato. Anche se presto aveva dubitato d’esserne amata altrettanto.<br />

Troppe volte lui s’eclissava su per i gioghi del Rodope 32 in compagnia d’un popolo<br />

<strong>di</strong> fanciulli che portavano al polso una fettuccia rossa; 33 o scendeva giù a valle, verso<br />

la marina, pavoneggiandosi del suo corteo d’usignoli stregati, 34 stregato lui stesso<br />

dalle cantilene che gli nascevano. Senza <strong>di</strong>re mai dove andava, senza preoccuparsi<br />

<strong>di</strong> lasciarla a corto <strong>di</strong> provviste, deserta d’affetto, esposta ai salaci approcci <strong>di</strong> un<br />

mandriano 35 del vicinato. Si fosse degnato <strong>di</strong> adontarsene, almeno, <strong>di</strong> fare una scenata.<br />

Macché. Si limitava, tanto per la forma, a intonare un lamento dell’amor geloso, <strong>di</strong><br />

cui, dopo un minuto, s’era già scordato. Quand’è così, una si <strong>di</strong>samora, si lascia<br />

(1899): Fresche le mie parole ne<br />

la sera. / ti sien come il fruscío<br />

che fan le foglie. / del gelso ne<br />

la man <strong>di</strong> chi le coglie. / silenzioso<br />

e ancor s’attarda a l’opra<br />

lenta. / su l’alta scala che s’annera.<br />

/ contro il fusto che<br />

s’inargenta. / con le sue rame<br />

on line 26<br />

pagina 28<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Gesualdo Bufalino <strong>Il</strong> ritorno <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

spoglie. / mentre la Luna è<br />

prossima a le soglie. / […].<br />

31 araucaria: è una specie arborea.<br />

32 Rodope: monte a nord della<br />

Tracia.<br />

33 fettuccia rossa: come il segno<br />

<strong>di</strong>stintivo del poeta.<br />

34 d’usignoli stregati: usignoli<br />

è una metafora. I giovani<br />

cantori sono ammaliati dal canto<br />

<strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>.<br />

35 mandriano: si riferisce al<br />

corteggiamento <strong>di</strong> Aristeo, che<br />

nel <strong>mito</strong> era sì un allevatore,<br />

ma <strong>di</strong> api.


36 la mala striscia: quella del<br />

crudele serpente.<br />

37 ferie: il periodo che trascorreva<br />

con la madre, sulla terra,<br />

nei campi.<br />

38 abbronzata: perché il sole,<br />

che non può penetrare nel<br />

mondo degli Inferi, aveva dato<br />

colore al suo viso.<br />

39 ligustri: arbusti semprever<strong>di</strong><br />

con fiori bianchi a grappoli.<br />

40 asfodeli: pianta erbacea<br />

con fiori banchi a grappolo e<br />

foglie lineari, che i Greci consideravano<br />

sacra ai morti.<br />

Nell’oltretomba le ombre dei<br />

defunti vagavano nel prato <strong>di</strong><br />

questi fiori.<br />

41 narcisi: sono fiori che fioriscono<br />

sulla terra in primavera.<br />

42 coniugali granelli <strong>di</strong> melagrana:<br />

in Oriente la melagrana<br />

era considerata simbolo <strong>di</strong><br />

fertilità, tanto che durante i matrimoni<br />

i suoi chicchi venivano<br />

lanciati in aria come gesto <strong>di</strong><br />

augurio.<br />

43 focose: le arance sono definite<br />

focose per via del loro colore.<br />

44 squittivano: lo squittio è il<br />

suono che fanno i topi.<br />

45 infernale: la definizione è<br />

ironicamente scontata. Come<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 29<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Gesualdo Bufalino <strong>Il</strong> ritorno <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

andare, sicché, negli ultimi tempi, lei s’era trascurata, si faceva v<strong>ed</strong>ere in giro con le<br />

chiome secche, male truccata, con la pelle indurita dai rovi, dalle tramontane. E sebbene<br />

ad Aristeo rispondesse sempre no e poi no, non lo <strong>di</strong>ceva con la protervia <strong>di</strong><br />

prima, ma blandamente, accettandone, ad<strong>di</strong>rittura, ora una focaccia <strong>di</strong> farro, ora un<br />

rustico mazzolino. Salvo a scappare, appena quello <strong>di</strong>mostrasse cupamente nei pomelli<br />

qualche porpora <strong>di</strong> vino o <strong>di</strong> desiderio. Finché era morta così, mentre gli scappava<br />

davanti, pestando con piante veloci la mala striscia 36 nell’erba.<br />

Mal<strong>ed</strong>etta erba… <strong>Il</strong> pensiero le si volse <strong>di</strong> nuovo a Persefone. Un fiore <strong>di</strong> ragazza,<br />

ma sfortunata. Che anche lei s’era messa nei guai per volere andare a spasso nei<br />

prati. Un’amica a mezzo servizio, purtroppo, ma così bella quando tornava dalle<br />

ferie, 37 abbronzata, 38 con le braccia colme <strong>di</strong> primavera, <strong>di</strong> ligustri 39 a fasci, <strong>di</strong> giacinti,<br />

amaranti, garofani… E se li metteva fra i capelli, quell’ora o due che duravano; in<strong>di</strong><br />

nei portafiori, dove s’ostinava a innaffiarli con acqua <strong>di</strong> Stige, figurarsi; decidendosi<br />

a buttarli nell’immon<strong>di</strong>zia solo quando decisamente puzzavano…<br />

Sfortunata ragazza. Cara, tuttavia, a uno sposo, a una madre. E che poteva permettersi<br />

<strong>di</strong> viaggiare, <strong>di</strong> alternare gli asfodeli 40 con i narcisi, 41 i coniugali granelli<br />

<strong>di</strong> melagrana 42 con le focose 43 arance terrene, <strong>di</strong> essere a un tempo gelo e vampa,<br />

orbita cieca e raggiante pupilla, femmina una e dea trina! …<br />

Un clamore la riscosse. La barca era apparsa <strong>di</strong> colpo, correva sulla cima dei<br />

flutti come per il repentino puntiglio <strong>di</strong> un conducente in ritardo. E dalla riva le<br />

anime applau<strong>di</strong>vano, squittivano, 44 tendevano le mani, qualcuno lanciava segnali<br />

impugnando un tizzone acceso. Euri<strong>di</strong>ce si levò in pie<strong>di</strong> a guardare. La scena era,<br />

come <strong>di</strong>re, infernale. 45 Con quella prora in arrivo sulle onde bigie, e questi riverberi<br />

<strong>di</strong> fuoco nebbioso, sotto cui la folla sembrava torcersi, moltiplicarsi. E si protendevano<br />

tutti, pronti a balzare. La chiatta 46 fu subito piena, straripava <strong>di</strong> passeggeri,<br />

stretti stretti, con le braccia in alto per fare più spazio. Un grappolo <strong>di</strong> esclusi tentò<br />

ancora un assalto, afferrandosi a una gomena. 47 Ricaddero in acqua, riemersero a<br />

fatica, fangosamente. Un posto solo era rimasto vuoto, proibito, uno stallo <strong>di</strong> legno<br />

accanto al vecchio nocchiero. “Euri<strong>di</strong>ce, Euri<strong>di</strong>ce!” chiamò il vecchio nocchiero.<br />

Riaprì gli occhi. Una lingua d’acqua fr<strong>ed</strong>da le lambiva le caviglie. La barca era<br />

immobile, ora, beccheggiava a metà della corrente. Vide davanti a sé la schiena<br />

nuda e curva del vecchio, ispida <strong>di</strong> peli bianchi. Da un buco del fasciame una lingua<br />

d’acqua era entrata e il vecchio era curvo a vuotarla e ad incerare la falla. Che barca<br />

vecchia. Quante cicatrici, sulla vela, e rammen<strong>di</strong> d’ago maldestro. “Ero più brava<br />

io, a cucire”, pensò. “Sono stata una buona moglie. Lo amavo, il poeta. E lui, dopotutto,<br />

mi amava. Non avrebbe, se no, pianto tanto, rischiato tanto per voragini e <strong>di</strong>rupi,<br />

fra Mani 48 tenebrosi e turbe <strong>di</strong> sogni 49 dalle unghie nere. Non avrebbe guadato<br />

acque, scalato erte, ammansito mostri e Moire, 50 avendo per sola armatura una clamide<br />

51 <strong>di</strong> lino, e una semplice fettuccia rossa legata al polso. 52 Né avrebbe saputo<br />

spremere tanta dolcezza <strong>di</strong> suoni davanti al trono dell’invisibile Ade…”<br />

<strong>Il</strong> peso contro il costato doleva, ora, ma lei non ne aveva più paura, sapeva cos’era.<br />

Era una smemoratezza che le doleva, <strong>di</strong> un particolare dell’avventura recente,<br />

definire altrimenti una scena<br />

dell’Inferno?<br />

46 chiatta: grosso natante usato<br />

per traghettare persone lungo<br />

fiumi, laghi o canali.<br />

47 gomena: grossa fune usata<br />

per ormeggio o per rimorchio<br />

delle imbarcazioni.<br />

48 Mani: erano <strong>di</strong>vinità degli<br />

Inferi.<br />

49 turbe <strong>di</strong> sogni: folle <strong>di</strong><br />

fantasmi.<br />

50 Moire: le Moire erano <strong>di</strong>vinità<br />

legate al regno dei morti,<br />

Ad esse era connessa l’esecuzione<br />

del destino assegnato a<br />

ciascuna persona e quin<strong>di</strong> erano<br />

la personificazione del destino<br />

ineluttabile. Erano tre:<br />

Cloto, che filava lo stame della<br />

vita; Lachesi, che lo svolgeva<br />

sul fuso e Atropo che, con le<br />

cesoie, lo recideva. La lunghezza<br />

dei fili corrispondeva alla<br />

lunghezza della vita degli uomini.<br />

51 clamide: tunica.<br />

52 fettuccia rossa legata al<br />

polso: segno <strong>di</strong>stintivo del<br />

poeta.


53 Lete: nella <strong>mito</strong>logia grecoromana,<br />

fiume dell’oltretomba<br />

le cui acque, una volta bevute,<br />

cancellavano il ricordo della vita<br />

terrena. Lo si ritrova nell’oltretomba<br />

dantesco.<br />

54 Menippo: scrittore e filosofo<br />

greco (III secolo a.C.). Fu<br />

autore <strong>di</strong> satire, imitate da Luciano<br />

<strong>di</strong> Samosata che, nei<br />

Dialoghi dei morti, lo introdusse<br />

spesso come personaggio,<br />

famoso per il suo sarcasmo.<br />

Menippo era giunto nell’Ade<br />

con una bisaccia <strong>di</strong> lupini e e<br />

<strong>di</strong> fave.<br />

55 fool: ‘buffone’, ‘burlone’.<br />

56 E Tantalo… d’inutile<br />

piombo: Tantalo era condannato<br />

nell’eternità degli Inferi a<br />

non poter né cibarsi né bere,<br />

nonostante fosse circondato da<br />

cibo e acqua. Tantalo, infatti,<br />

era legato ad un albero carico<br />

<strong>di</strong> ogni qualità <strong>di</strong> frutti, in mezzo<br />

ad un lago la cui acqua arrivava<br />

fino al suo mento. Ma<br />

non appena Tantalo provava a<br />

bere il lago si asciugava, e non<br />

appena provava a prendere un<br />

frutto i rami si allontanavano.<br />

Sisifo per aver osato sfidare gli<br />

dèi, venne condannato per<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

una minuzia che aveva o visto o intuito o capito in un baleno e che il Lete 53 s’era<br />

provvisoriamente portato via. Come una rivelazione da mettere in serbo per ricordarsene<br />

dopo. Se ne sarebbe ricordata a momenti, certo, appena la sorsata <strong>di</strong> Lete<br />

avesse finito <strong>di</strong> sciogliersi, innocua ormai, nel d<strong>ed</strong>alo delle sue vene. Era questa la<br />

legge, anche se lei avrebbe preferito un oblio <strong>di</strong> tutto e per sempre, al posto <strong>di</strong><br />

questa vicenda <strong>di</strong> veglie e stupori, <strong>di</strong> queste temporanee vacanze della coscienza:<br />

come chi, sonnambulo, lascia il suo capezzale e si ritrova sull’orlo d’un cornicione…<br />

Ripensò al suo uomo, al loro ultimo incontro. Ci ripensò con fierezza. Poiché il<br />

poeta, era venuto qui per lei, e aveva sforzato le porte con passo conquistatore, e<br />

aveva piegato tutti alla fatalità del suo canto. Perfino Menippo, 54 quel buffone, quel<br />

fool, 55 aveva smesso <strong>di</strong> sogghignare, s’era preso il calvo capo fra le mani e piangeva,<br />

fra le sue bisacce <strong>di</strong> fave e lupini. E Tantalo aveva cessato <strong>di</strong> cercare con la bocca<br />

le linfe fuggiasche, Sisifo <strong>di</strong> spingere il macigno per forza <strong>di</strong> poppa… E la ventosa<br />

ruota d’Issione, eccola inerte in aria, come un cerchio d’inutile piombo. 56 Un eroe,<br />

un eroe padrone era parso. E Cerbero 57 gli s’era accucciato ai pie<strong>di</strong>, a leccargli con<br />

tre lingue i sandali stanchi… Ade dalla sua nube aveva detto sì.<br />

Rivide il sèguito: la corsa in salita <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lui, per un tragitto <strong>di</strong> sassi e spine,<br />

arrancando col pi<strong>ed</strong>e ancora zoppo del veleno viperino. Felice <strong>di</strong> poterlo v<strong>ed</strong>ere<br />

solo <strong>di</strong> spalle, felice del <strong>di</strong>vieto che avrebbe fatto più grande la gioia <strong>di</strong> riabbracciarlo<br />

fra poco…<br />

Quale Erinni, 58 quale ape funesta 59 gli aveva punto la mente, perché, perché<br />

s’era irriflessivamente 60 voltato?<br />

“Ad<strong>di</strong>o!” aveva dovuto gridargli <strong>di</strong>etro, “Ad<strong>di</strong>o!”, sentendosi la verga d’oro <strong>di</strong><br />

Ermete 61 picchiare piano sopra la spalla. E così, risucchiata dal buio, lo aveva visto<br />

allontanarsi verso la fessura del giorno, svanire in un pulviscolo biondo… Ma non<br />

sì da non sorprenderlo, in quell’istante <strong>di</strong> strazio, nel gesto <strong>di</strong> correre con <strong>di</strong>ta<br />

urgenti alla cetra e <strong>di</strong> tentarne le corde con entusiasmo professionale… L’aria non<br />

li aveva ancora <strong>di</strong>visi che già la sua voce baldamente intonava “Che farò senza Euri<strong>di</strong>ce?”,<br />

62 e non sembrava che improvvisasse, ma che a lungo avesse stu<strong>di</strong>ato davanti<br />

a uno specchio quei vocalizzi 63 e filature, 64 tutto già bell’e pronto, da esibire al pubblico,<br />

ai battimani, ai riflettori delle ribalta… 65<br />

La barca era tornata ad andare, già l’attracco s’intrav<strong>ed</strong>eva fra fiocchi laschi e<br />

sporchi <strong>di</strong> bruma. Le anime stavano zitte, appiccicate fra loro come nottole <strong>di</strong> caverna.<br />

Non s’u<strong>di</strong>va altro rumore che il colpo uguale e solenne dei remi nell’acqua.<br />

Allora Euri<strong>di</strong>ce si sentì d’un tratto sciogliere quell’ingorgo nel petto, e trionfalmente,<br />

dolorosamente capì: <strong>Orfeo</strong> s’era voltato apposta.<br />

l’eternità a spingere un masso<br />

dalla base alla cima <strong>di</strong> un monte.<br />

Tuttavia, ogni volta che Sisifo<br />

raggiungeva la cima, il<br />

masso rotolava nuovamente alla<br />

base del monte. Ogni volta,<br />

e per l’eternità, Sisifo avrebbe<br />

dovuto ricominciare da capo la<br />

sua scalata. La pena <strong>di</strong> Issione<br />

era quella <strong>di</strong> essere legato ad<br />

una ruota <strong>di</strong> fuoco che girava<br />

senza sosta. Ovi<strong>di</strong>o nelle sue<br />

Metamorfosi descrive la loro<br />

punizione e nel X libro (vv. 41-<br />

44), ricorda la sospensione delle<br />

loro pene dovuta al dolce<br />

canto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>, che è il passo<br />

cui si richiama Bufalino.<br />

on line 26<br />

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Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Gesualdo Bufalino <strong>Il</strong> ritorno <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

57 Cerbero: il cane a tre teste<br />

guar<strong>di</strong>ano dell’Inferno.<br />

58 Erinni: nella <strong>mito</strong>logia greca<br />

le Erinni (le Furie della <strong>mito</strong>logia<br />

romana) sono le personificazioni<br />

della vendetta.<br />

59 ape funesta: ape dal veleno<br />

mortale. È una metafora.<br />

60 irriflessivamente: irrazionalmente.<br />

61 Ermete: Ermete o Hermes<br />

era un <strong>di</strong>o che rivestiva anche<br />

il ruolo <strong>di</strong> psicopompo, ovvero<br />

<strong>di</strong> accompagnatore dello spirito<br />

dei morti nell’al<strong>di</strong>là. <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> racconta<br />

che fosse l’unico <strong>di</strong>o oltre<br />

ad Ade e Persefone che avesse<br />

il potere <strong>di</strong> entrare <strong>ed</strong> uscire<br />

dagli inferi senza problemi.<br />

62 Che farò senza Euri<strong>di</strong>ce?:<br />

sono i versi della famosa aria<br />

del melodramma <strong>di</strong> Gluck<br />

(1762). <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce (ve<strong>di</strong><br />

brano a p. 18 <strong>di</strong> questo on line).<br />

63 vocalizzi: melo<strong>di</strong>e o frammenti<br />

melo<strong>di</strong>ci eseguiti cantando<br />

su una o più vocali.<br />

64 filature: intrecci <strong>di</strong> note.<br />

65 riflettori delle ribalta:<br />

all’epoca <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

i riflettori certo non esistevano<br />

ma le “luci della ribalta” è<br />

un’espressione usata in senso<br />

figurato per in<strong>di</strong>care la vita nel<br />

mondo dello spettacolo.


M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

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pagina 31<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Gesualdo Bufalino <strong>Il</strong> ritorno <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Leggere le immagini<br />

Alberto Savinio, <strong>Orfeo</strong>,<br />

1929 ca.<br />

Alberto Savinio (1891-1952), scrittore e pittore italiano, fu sempre<br />

affascinato dal personaggio <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>. Era proprio l’ambiguità sottesa nella<br />

figura <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> ad affascinarlo: «<strong>Orfeo</strong> – scrive Savinio– attraverso Euri<strong>di</strong>ce<br />

amava se stesso; per meglio <strong>di</strong>re amava Euri<strong>di</strong>ce in se stesso. Perché <strong>Orfeo</strong><br />

era artista. Era l’artista. E l’artista è l’uomo solo per eccellenza. Come <strong>di</strong>ce<br />

anche il suo nome che deriva dal greco orfanós e dal latino orbus: il Solitario».<br />

Questo <strong>di</strong>pinto, tutto giocato sui toni dell’azzurro che ricordano il mare, ritrae<br />

una metamorfosi metaforica: la testa <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> è trasformata in una lira,<br />

perché tutto il suo pensiero mirava all’armonia della musica.


Guida alla lettura<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 32<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Gesualdo Bufalino <strong>Il</strong> ritorno <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Le forme<br />

<strong>Il</strong> narratore onnisciente focalizza la narrazione sul personaggio<br />

<strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce. <strong>Il</strong> tempo della narrazione comincia<br />

quando tutto è già avvenuto, con Euri<strong>di</strong>ce in attesa <strong>di</strong><br />

tornare in<strong>di</strong>etro nel regno eterno dei morti. La prima<br />

<strong>di</strong>gressione descrittiva riguarda il paesaggio infernale:<br />

i colori sono spenti, il grigio giallastro dello zolfo e delle<br />

rocce vulcaniche, qua e là variegato da un bianco su<strong>di</strong>cio<br />

come <strong>di</strong> bambagia sporca. Gli elementi oggettivi<br />

del paesaggio fanno tutt’uno con le sensazioni soggettive<br />

<strong>di</strong> stanchezza e <strong>di</strong> pigrizia, o meglio, <strong>di</strong> risentimento,<br />

o <strong>di</strong> quieto e rassegnato rammarico.<br />

La parola «poeta» si ripete più volte, come all’inizio del<br />

secondo e del terzo capoverso E attraverso la parola<br />

«poeta» («era così che chiamava il marito nell’intimità»)<br />

scorre all’in<strong>di</strong>etro l’orologio della narrazione, ma non<br />

in maniera lineare, piuttosto in una continua altalena<br />

tra il presente, quello dell’ombra e della morte, e la ricostruzione<br />

del passato.<br />

L’avvio all’attività conoscitiva parte dal <strong>di</strong>sagio fisico,<br />

da un dolore sotto una costola, lo stesso che lascia<br />

un cibo sbagliato, perché ogni forma <strong>di</strong> conoscenza<br />

parte dai sensi. Per capire le motivazioni profonde <strong>di</strong><br />

queste sensazioni Euri<strong>di</strong>ce ha bisogno <strong>di</strong> ricapitolare<br />

la sua storia d’amore.<br />

Ed ecco la voce narrante onnisciente seguire Euri<strong>di</strong>ce<br />

intenta a leggere i ricor<strong>di</strong> dell’amore e del <strong>di</strong>samore,<br />

dell’estasi e delle miserie quoti<strong>di</strong>ane.<br />

La voce narrante descrive il <strong>di</strong>scorrere con la mente<br />

da parte <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce lungo le due fasi dell’attesa e del<br />

viaggio sino all’approdo, per la seconda e definitiva<br />

volta, nel mondo dei morti.<br />

Nella prima fase, quella dell’attesa, il processo conoscitivo<br />

proc<strong>ed</strong>e per esclusione.<br />

Nella seconda fase, quella del viaggio, il dolore fisico<br />

c’è ancora, ma lei ora sa cos’è. È qualcosa che l’acqua<br />

del Lete le aveva momentaneamente cancellato dalla<br />

memoria, ma che presto avrebbe ripreso forma, legata<br />

L’autore Gesualdo Bufalino, scrittore siciliano (1920-1996), durante la sua lunga carriera<br />

<strong>di</strong> insegnante <strong>di</strong> Italiano e Storia nella scuola secondaria, scrisse prosa e versi, ma<br />

pubblicò il suo primo libro, Diceria dell’untore, soltanto nel 1981. <strong>Il</strong> romanzo ottenne<br />

subito grande successo <strong>di</strong> critica e <strong>di</strong> pubblico e vinse il premio Campiello, un importante<br />

premio letterario. Da quell’anno la pubblicazione <strong>di</strong> romanzi e racconti si susseguì intensa<br />

sino a quando, nel 1996, un grave incidente stradale mise tragicamente fine alla vita<br />

dello scrittore.<br />

a un gesto, «che lei aveva o visto o intuito o capito in<br />

un baleno e che il Lete si era provvisoriamente portato<br />

via»:<br />

Le citazioni letterarie sono tantissime vanno da Virgilio,<br />

a Ovi<strong>di</strong>o, Dante, d’Annunzio, Calzabigi.<br />

I temi<br />

<strong>Orfeo</strong> è il poeta per eccellenza, nel senso originario<br />

del termine, dal greco poiein, ‘fare’, ‘produrre’, ‘colui<br />

che fa, colui che crea’. È l’inventore della poesia e della<br />

musica. Ma nelle cose pratiche e quoti<strong>di</strong>ane rivela<br />

tutta la sua inettitu<strong>di</strong>ne:<br />

<strong>Il</strong> racconto <strong>di</strong> Bufalino è critica sottile alla pretesa dell’arte<br />

<strong>di</strong> cantare la vita. Ma dopo la ricostruzione della<br />

vita con <strong>Orfeo</strong> filtrata dalla memoria, anche la vita stessa<br />

appare solo illusione, o finzione, come l’arte. Se finora<br />

ci si era chiesto se il gesto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> nascesse da<br />

troppo amore per Euri<strong>di</strong>ce o da un eccesso d’amore<br />

<strong>di</strong> sé, in questo racconto anche la <strong>di</strong>mensione autentica<br />

dell’amore affidata ad Euri<strong>di</strong>ce sembra vacillare.<br />

Euri<strong>di</strong>ce amava veramente il suo <strong>Orfeo</strong>? O era pronta<br />

al tra<strong>di</strong>mento se la «mala striscia sull’erba» non avesse<br />

morso il suo pi<strong>ed</strong>e…?<br />

Proprio nell’attimo dell’approdo, Euri<strong>di</strong>ce sente sciogliere<br />

«quell’ingorgo nel petto» e «trionfalmente» (perché<br />

il suo processo <strong>di</strong> conoscenza l’ha portata alla<br />

scoperta della verità) ma «dolorosamente» (perché si<br />

tratta <strong>di</strong> una scoperta dolorosa) capisce che «<strong>Orfeo</strong><br />

s’era voltato apposta». <strong>Orfeo</strong> era sceso nell’Ade per<br />

riappropriarsi non dell’amore ma dell’entusiasmo <strong>di</strong><br />

poeta cantore. Quello <strong>di</strong> Bufalino è un <strong>Orfeo</strong> che cerca<br />

il dolore per farne pretesto <strong>di</strong> canto e occasione <strong>di</strong><br />

spettacolo e <strong>di</strong> successo. Egli si è voltato apposta,<br />

per eternare il suo dolore nelle forme dell’arte. <strong>Il</strong> gesto<br />

proibito <strong>di</strong> guardare Euri<strong>di</strong>ce è necessario per trasformare<br />

la vita in arte. Ma nella prospettiva <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

l’atto <strong>di</strong> voltarsi appare meschino come appaiono meschine<br />

le ragioni che lo hanno ispirato.


Lavorare sul testo<br />

Per comprendere<br />

M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B. Palumbo E<strong>di</strong>tore]<br />

Epica<br />

on line 26<br />

pagina 33<br />

Modulo 3 Da Virgilio a Dante<br />

<strong>Unità</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento <strong>Il</strong> <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> <strong>ed</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

Gesualdo Bufalino <strong>Il</strong> ritorno <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce<br />

In<strong>di</strong>vidua nelle sequenze iniziali del racconto gli elementi<br />

caratterizzanti il luogo in cui si svolge l’azione<br />

e descrivilo.<br />

A quale tempo verbale è legato l’aspetto narrativo<br />

del racconto?<br />

A quali sensazioni fisiche è assimilata la sofferenza<br />

morale <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce per il gesto <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>?<br />

La storia d’amore <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> e Euri<strong>di</strong>ce viene ricostruita<br />

dalla voce narrante con focalizzazione zero o focalizzando<br />

sul personaggio <strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce?<br />

La “catabasi” (<strong>di</strong>scesa agli Inferi) <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> nell’Ade<br />

si rifà alla versione <strong>di</strong> Virgilio nelle Georgiche e <strong>di</strong><br />

Ovi<strong>di</strong>o nelle Metamorfosi. Evidenzia quali analogie<br />

e <strong>di</strong>fferenze vi siano secondo te con l’una e/o l’altra<br />

delle versioni.<br />

<strong>Il</strong> tempo del racconto è caratterizzato da <strong>di</strong>gressioni<br />

riflessive e descrittive da parte della voce narrante,<br />

che ne determina una regressione verso fatti della<br />

storia antec<strong>ed</strong>enti rispetto all’avvenimento in corso<br />

<strong>di</strong> narrazione (flashback). In<strong>di</strong>viduale e ricostruisci<br />

i <strong>di</strong>versi piani temporali: passato/presente.<br />

Per interpretare<br />

<strong>Orfeo</strong> era stato secondo te in vita un buon marito?<br />

Quando e come Euri<strong>di</strong>ce scopre la verità sul gesto<br />

<strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong>?<br />

Per quale ragione <strong>Orfeo</strong> si era voltato apposta per<br />

guardare Euri<strong>di</strong>ce?<br />

La lingua<br />

<strong>Il</strong> racconto viene narrato in terza persona da parte<br />

<strong>di</strong> un narratore onnisciente, che conoscendo i pensieri<br />

e le parole del suo personaggio, spesso li riproduce<br />

ricorrendo alla tecnica del <strong>di</strong>scorso in<strong>di</strong>retto<br />

libero, ad esempio: «Sventato d’un poeta», «adorabile<br />

buonannulla»… In<strong>di</strong>vidua le forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso<br />

in<strong>di</strong>retto libero presenti nel testo.<br />

Nel racconto sono presenti numerose metafore e<br />

similitu<strong>di</strong>ni. Evidenziane alcune.<br />

Per scrivere<br />

<strong>Il</strong> racconto <strong>di</strong> Bufalino si presta ad essere drammatizzato.<br />

Prova a trasformarlo in un lungo monologo<br />

<strong>di</strong> Euri<strong>di</strong>ce che <strong>di</strong>viene così protagonista e io<br />

narrante. Inserisci le parti descrittive come <strong>di</strong>dascalie<br />

che spiegano gli elementi della scena. Una<br />

scena sarà costituita da un breve <strong>di</strong>alogo con Caronte.<br />

Su Internet potrai trovare moltissimi <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> gran<strong>di</strong><br />

artisti de<strong>di</strong>cati al <strong>mito</strong> <strong>di</strong> <strong>Orfeo</strong> e Euri<strong>di</strong>ce, opere<br />

musicali, il testo della canzone Euri<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Roberto<br />

Vecchioni che potresti anche ascoltare su youtube.<br />

Prova a costruire un ipertesto sul tema con le in<strong>di</strong>cazioni<br />

che puoi trovare on line per la costruzione<br />

<strong>di</strong> un ipertesto.

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