IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr
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un’interpretazione sottratta non è più distinguibile da una dimensione scenica. Attori e danzatori rituali, pur agendo in contesti diversi e con finalità differenti, si ritrovano al centro attorno al circolo degli spettatori-partecipanti. Qui non si tratta di avvicinare la dimensione rituale a quella teatrale, ma di sottrarle entrambe per lasciar emergere le proprietà del corpo denudato. Numerosi sono gli studi che, per comprendere le tecniche di presenza scenica, usano i riferimenti di altre culture e di altre dimensioni, come appunto quella del rito 156 . Attore e danzatore sviluppano un lavoro sul proprio corpo, che contemporaneamente è il mezzo e il fine – personaggio od oricha che sia. Qui si evidenziano solo le forze comuni, centrate sulla sola corporeità, al di qua della separazione culturale dei rispettivi ambiti e della loro conseguente specializzazione: la nudità è la stessa, le finalità cambiano. Il rito è circolare, il palcoscenico è frontale; il primo vuole chiamare gli orichas, il secondo vuole mostrare a un pubblico un percorso narrativo e/o poetico col corpo. Le gesta del corpo nudo attestano la sospensione della gabbia identitaria, detronizzano la soggettività quotidiana, sussumono ogni controllo cosciente dell’io sul corpo. Ciò vale sia per il ballerino che per l’attore: anche quest’ultimo si muove libero dalla propria identità per assumere una parte, diventando un personaggio della scena. In entrambe le dimensioni la tecnica punta a un uso extra-quotidiano del corpo, basato in genere non sull’economia delle forze ma su un dispendio eccessivo di energia. Eugenio Barba, dopo una lunga ricerca transculturale, evidenzia i principi pre-espressivi che sono alla base dell’azione scenica, tra l’altro già adottati in questa ricerca: Le tecniche quotidiane del corpo tendono alla comunicazione […]. Le tecniche extra-quotidiane, invece, tendono all’informazione: esse, alla lettera, mettono-in- forma il corpo rendendolo artificiale/artistico, ma credibile. 157 Il corpo dell’attore è messo-in-forma nello stesso modo in cui quello del ballerino rituale è messo-in-risonanza, originando una danza che oscilla tra i codici 156 Qui basterà citare l’ambito dell’antropologia teatrale, che, come la definisce uno dei suoi principali esponenti «è lo studio del comportamento dell’essere umano che utilizza la sua presenza fisica e mentale secondo principî diversi da quelli della vita quotidiana in un situazione di rappresentazione organizzata» [E. Barba, “Prefazione” in AA. VV., Il corpo scenico, Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1990, p. 8]. Ma è interessante citare anche un frammento della descrizione del teatro balinese, secondo la prospettiva teatrale di A. Artaud, poiché essa conferma i tanti parallelismi tra acustica e coreutica su cui questo lavoro si poggia: «le più imperiose corrispondenze fondono di continuo la vista e l’udito, l’intelletto alla sensibilità […]. I sospiri di uno strumento a fiato prolungano le vibrazioni delle corde vocali con un tale senso di identità che non si sa più se è la voce a prolungarsi o il senso ad averla assorbita sin dalle origini […], tutto appare ai nostri occhi come un ininterrotto gioco di specchi in cui le membra umane paiono scambiarsi echi e musiche» [A. Artaud, Il teatro e il suo doppio, Einaudi, Torino, 1968, p. 172] 157 E. Barba, op. cit., p. 32. IL RITO SOTTRATTO 94
che la tradizione accetta e la creazione originale, e che proprio per questi suoi ritorni viene accettata dai fedeli attorno a lui. Questa forma è un nuovo equilibrio dinamico che comporta un notevole dispendio di energie al corpo, un “equilibrio di lusso” 158 , un’incoerenza col quotidiano che sulla scena del rito ritrova la sua coerenza: L’attore, attraverso una lunga pratica ed un allenamento continuo, fissa questa «incoerenza» in un processo di innervazione, sviluppa nuovi riflessi neuro- muscolari che sboccano in una rinnovata cultura del corpo, in una «seconda natura», in una nuova coerenza, artificiale, ma segnata dal bios. 159 Il corpo si denuda, entrando a far parte del corpus, luogo di tutte le pressioni, territorio da cui possono emergere nuovi personaggi e rinnovati equilibri. Le forze del rito sono il suo materiale espressivo e percettivo: queste possono essere percepite solo in quanto vengono espresse.; le forze che la corporeità riverbera sono orientate e amplificate in virtù dei suoi gesti. Ogni movimento assimilato diviene la base su cui si può poggiare un altro movimento, in uno svolgimento armonioso di fasi sempre più intense che portano il corpus ad addentrarsi nel suo cammino. Per riuscire a seguire questo svolgimento è necessario un lungo addestramento. Eppure ogni volta tutte queste fasi di allontanamento dalle corporeità quotidiane vengono affrontate con gradualità e moderazione, senza alcuna fretta di ricercare subito la nudità tutta. La fretta è una forza che, se incorporata, può portare lontano dalla quotidianità e dagli equilibri identitari, ma solo la cura e la gradualità nell’incorporare possono orientare i movimenti verso quei nuovi e stabili equilibri che sono alla base della realizzazione di un personaggio. La prassi degli agenti rituali è disciplinata dalla tecnica, sebbene durante lo svolgersi del rito tutto sembri accadere come se fosse la prima volta. Il corpo così apprende a seguire le tensioni, a non esaltarne solo una parte ma a metterle in relazione con il tutto organico della sua nudità. Esso non si abbandona ciecamente alla sua forza scenica, altrimenti potrebbe perdere l’orientamento del suo cammino, con il conseguente smarrimento di ogni equilibrio, a cui non corrisponde alcuna vestizione identitaria, nessun personaggio incarnato. 158 Ivi, p. 36. 159 Ivi, p. 46. IL RITO SOTTRATTO 95
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che la tradizione accetta e la creazione originale, e che proprio per questi suoi ritorni viene<br />
accettata dai fedeli attorno a lui. Questa forma è un nuovo equilibrio dinamico che comporta un<br />
notevole dispendio di energie al corpo, un “equilibrio di lusso” 158 , un’incoerenza col quotidiano<br />
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L’attore, attraverso una lunga pratica ed un allenamento continuo, fissa questa<br />
«incoerenza» in un processo di innervazione, sviluppa nuovi riflessi neuro-<br />
muscolari che sboccano in una rinnovata cultura del corpo, in una «seconda<br />
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ogni volta tutte queste fasi di allontanamento dalle corporeità quotidiane vengono affrontate con<br />
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equilibri che sono alla base della realizzazione di un personaggio. La prassi degli agenti rituali è<br />
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smarrimento di ogni equilibrio, a cui non corrisponde alcuna vestizione identitaria, nessun<br />
personaggio incarnato.<br />
158 Ivi, p. 36.<br />
159 Ivi, p. 46.<br />
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