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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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vigono le leggi della percezione acustica, è l’arena del rito, dove le vibrazioni si diffondono<br />

nei corpi e li orientano a stabilire legami al di qua dello spazio visivo. I movimenti si<br />

succedono attraverso le loro affinità con la musica, mostrando non un senso ma un groviglio di<br />

sensi non ancora sensati 151 , ripiegati sui corpi dei partecipanti e trasformati dalle loro attività.<br />

Se un’oscillazione coreutica ricorda una “certa azione”, allora essa porta con sé anche tutta la<br />

situazione che la riveste di senso 152 , assieme a un atteggiamento intenzionale che fa da guida<br />

agli schemi coreutici, orientandoli secondo lo svolgersi dell’azione stessa. Ma la situazione è<br />

rituale, non è una scena quotidiana, e ogni legame con lo spazio visivo è “messo tra<br />

virgolette”, evocato in base a un’analogia con un movimento corporeo. Se una musica<br />

riverbera nel corpo danzante dei movimenti tenui che possono essere intesi come “dolci”, o<br />

degli scatti improvvisi che possono sembrare “aggressivi”, allora la vestizione è già in atto, a<br />

ricoprire il corpo nudo di un senso più definito. Così si gettano le prime basi di un accordo, o<br />

meglio di un ri-accordo, del ricordo di una situazione che può accorrere a guidare lo sviluppo<br />

della danza. Questi movimenti finiscono con l’arricchire il paesaggio oscillatorio di un<br />

analogia con la visione – per guidare il corpo danzante, che ricorda i movimenti di un<br />

cacciatore, in un bosco ascoltato – o di un riferimento concettuale – la danza dell’infermità, o<br />

della sensualità, ecc. Su questa distinzione le danze possono essere divise in figurative e<br />

astratte 153 ma nel rito sottratto, dove il movimento è ridotto alla sola inerenza con uno spazio<br />

acustico, questa distinzione cade due volte: innanzitutto perché priva di senso – il senso è<br />

sospeso dalla sottrazione – e poi perché ogni danza fa necessariamente riferimento a una<br />

componente imitativa e a una componente astratta, in quanto il corpo non dà forma alla<br />

situazione ma al suo ricordo, alla sua incorporazione, riferendosi così al partecipante che si è<br />

esposto alla situazione, vivendola. L’attenzione focalizzata sul proprio corpo, che farebbe<br />

pensare a un’astrazione dalla situazione “reale”, si combina così con un modello coreutico che<br />

segue una dimensione non facilmente osservabile con lo sguardo ma di cui se ne ha una chiara<br />

percezione acustica.<br />

Oltrepassare la danza<br />

Le improvvisazioni del corpo danzante vengono ripercosse dai batá,<br />

che a loro volta seguono questa connessione aumentando le velocità e le forme amplificanti, che di<br />

151 Altro tentativo di definire la “singolare pluralità dell’essere”, la “non-essenza dell’essente”, cuore della<br />

riflessione in molte opere di Nancy. In questo caso la definizione di senso “escritto”, “al limite della nonsignificanza”,<br />

o ancora, “corpo-«parlante» che non ha «senso»” compare in Corpus, pp. 58-59 e pp. 88-89.<br />

152 Cfr. Wittgenstein, Osservazioni sulla filosofia della psicologia, p. 144, § 445.<br />

153 Cfr. Sachs C., op. cit., pp. 76-77.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 91

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