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nulla, l’ascia non taglia niente. Rimane il corpo, irretito nell’atto dello scagliare una freccia assente,<br />
nell’atto del tagliare un oggetto che il rito sospende. Questa sospensione ristabilisce le attenzioni sul<br />
gesto in quanto motilità corporea purificata, immersa nello spazio disteso dall’ascolto, non dalla<br />
visione di una preda o di un oggetto da tagliare. La centratura è di nuovo sul corpo, che ora percorre<br />
un cammino orientato dallo strumento e dal gesto nudo, un cammino che traccia il vettore esplorativo<br />
di un tipo di corporeità 147 . Sulla base di una simile tipologia, dove i movimenti sono liberati<br />
dall’adesione a una finalità concreta nella dimensione quotidiana, la comunità rituale vestirà il corpo<br />
danzante con un nome, che indicherà la “danza di un oricha”.<br />
Movimenti simbolici<br />
Il movimento si completa solo in riferimento a uno spazio, a un<br />
ambiente percettivo. Sciolto dal suo legame con un territorio, esso diviene subito astratto,<br />
mobilitando l’immaginazione e la memoria per ovviare a tale mancanza. Se il significato di un<br />
gesto compiuto in uno spazio di senso viene sottratto, sospeso e denudato alla sola<br />
manifestazione corporea, è possibile guardarlo-attraverso 148 , nello spettro esteso delle<br />
possibilità dei suoi usi, nella sua sola forza evocativa. Nell’atto del danzare, lo spazio acustico<br />
diviene situazione sui generis: il movimento si impregna di riferimenti quotidiani in una<br />
situazione extra-quotidiana. Il corpo attiva il gioco delle analogie col senso comune,<br />
riecheggiando i movimenti in una dimensione nuova. Alcuni gesti ricordano schemi motori<br />
tipici di altre situazioni – come scagliare una freccia, zoppicare o agitare un ventaglio – ma qui<br />
si ritrovano in una dimensione del tutto nuova, dove l’attenzione non è rivolta al bersaglio da<br />
colpire con la freccia – perché non c’è né bersaglio né freccia – e dove il corpo non risente di<br />
alcuna infermità che lo fa zoppicare –perché non c’è alcun dolore. Questo luogo fuori dalle<br />
dimensioni quotidiane è uno spazio istituito dall’ascolto, ben differente dagli spazi istituiti<br />
dalla visione. In questo territorio l’azione dello scagliare una freccia dissolve la sua stessa<br />
natura di azione 149 per farsi gesto, movimento, esperienza che possiamo chiamare “scagliare<br />
una freccia” solo a patto di metterla tra virgolette, considerandola come la forma coreutica di<br />
alcuni schemi selezionati dal ricordo dell’azione, non dalla sua canonica attuazione 150 . Perciò<br />
il territorio in cui si inserisce la gestualità danzata è una dimensione diversa, uno spazio in cui<br />
147 Cfr. Mason M. A, “I Bow My Head to the Ground: The Creation of Bodily Experience in a Cuban-American<br />
Santería Initiation”, in Journal of American Folklore 107, American Foklore Society, Bodylore, 1994, p. 23-39.<br />
148 Cfr. Wittgenstein L., Ricerche Filosofiche, p.60, § 90. Cfr. anche Garroni E., op. cit., pp. 11-25.<br />
149 Per azione qui si intende un movimento compiuto in una dimensione ordinaria.<br />
150 Questa messa-tra-virgolette costituisce il nucleo centrale dell’uso simbolico di un’azione o di una parola. A tale<br />
proposito si veda Sperber D., Per una teoria del simbolismo, Einaudi, Torino, 1981.<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 90