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Queste ambiguità sono amplificazioni e ripetizioni di accenti che<br />
catturano i movimenti coreutici nel loro gioco connettivo, il quale può spingersi fino a cambiare<br />
l’intera marcia, il respiro interno, la scansione ritmica e perciò l’intero sfondo su cui liberare delle<br />
forme. Così è possibile sviluppare nuove motilità, ben diverse e sempre più distanti dai riferimenti<br />
di partenza. Che alterino la percezione del “battere” o della metrica, queste forme vengono rispecchiate<br />
nel corpo del danzatore al punto che la sua adesione all’ambiente acustico muta improvvisamente<br />
di prospettiva. Ciò è come un salto dell’apprendimento, visivamente assimilabile ad alcuni<br />
disegni di bivalenza gestaltica, come nel caso<br />
dell’immagine “lepre-anatra”: nella figura a<br />
lato possiamo vedere un’anatra o, ruotando la<br />
pagina, una lepre 125 . Questa immagine,<br />
assieme alle figure A e B, mostrano la loro<br />
sostanziale parentela nella modalità<br />
dell’intendere percettivo. L’ambiguità della<br />
figura “lepre-anatra” spiazza l’univocità della<br />
percezione visiva: modificando la prospettiva,<br />
cambia la composizione delle parti e con essa il significato dei tratti. La posizione prospettica<br />
dispiega lo sfondo che suggerisce un ordine di composizione dei tratti: se quest’ordine cambia, con<br />
esso muta la prospettiva e il significato stesso delle focalizzazioni. A partire da un punto<br />
prospettico, e quindi da un’adesione a un territorio areale, la connessione risuona alcuni tratti, che<br />
divengono i tratti distintivi di un’anatra; se la risonanza viene stabilita con altri tratti, allora la<br />
posizione prospettica è mutata e con essa la figura generale, che ora appare come lepre. Simili a<br />
degli accenti sonori, questi tratti cambiano l’assimilazione della figura. Allo stesso modo le<br />
ambiguità ritmiche ripropongono una figura simile, tale che la cavità danzante possa risuonare<br />
alcuni accenti o altri: se essa dà corpo a un certo ordine di accenti, allora si colloca in uno sfondo<br />
determinato e si muove secondo una certa motilità, manifestando così un tipo di inerenza col<br />
ritmo. Se segue un altro ordine compositivo, allora essa sta amplificando il senso di un’altra<br />
posizione prospettica. Risuonare un ritmo significa stabilire un legame armonico: la connessione<br />
non lega due punti ma origina due mondi, all’interno dei quali il corpo può muoversi ad<br />
assumere differenti posizioni prospettiche per mantenere tale legame.<br />
Attraverso una forma ritmica si mostra un intero mondo, che come<br />
tale può svelare differenti approcci connettivi, ambiguità che mettono in crisi ogni univocità<br />
nell’atto di adesione con esso. Ciò contribuisce a sciogliere l’inerenza univoca e a creare un<br />
125 L’immagine è tratta da Wittgenstein L., Ricerche Filosofiche, p. 256.<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 80