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già detto, ogni ritmo consta di una serie di parti che tracciano uno sviluppo musicale del codice<br />
di partenza: a un tale sviluppo della musicalità corrisponde un analogo sviluppo della coreutica<br />
del danzatore, poiché il corpo che le pratica è un organismo collettivo. All'interno di ogni singola<br />
parte vi sono sempre delle “chiamate” dell'iyá e delle “risposte” dell'itotele che diffondono<br />
nuove oscillazioni nell’arena della danza, suggerendole nuovi punti d’appoggio, sebbene i passi<br />
ritornino sempre alla loro base oscillatoria, che a sua volta è sostenuta da un modello ritmico di<br />
base.<br />
Alcune improvvisazioni dell'iyá, nonché alcuni “dialoghi” con<br />
l'itotele, generano delle forme multivoche, ovvero delle oscillazioni che sono maggiormente<br />
percepibili come ambigue: poggiandosi su di esse, può accadere che il corpo danzante sostituisca<br />
il “battere” su cui si poggia il ritmo con un altro riferimento (ambiguità ritmica) oppure che<br />
confonda la suddivisione interna delle misure (ambiguità metrica) 123 . Gli esempi che seguono<br />
mostrano le forme più comuni che possono suscitare queste confusioni. Esse sono delle modalità<br />
acustiche per stravolgere gli equilibri del movimento 124 , in quanto forniscono al corpo una<br />
marcia totalmente differente, come se all’improvviso l’intero sfondo sia cambiato, attraverso un<br />
“salto di prospettiva”. Per esempio, l’iyá può marcare intenzionalmente gli accenti acuti<br />
dell’itotele in modo da stimolare una percezione differente dell'intera poliritmia, come nel caso<br />
che segue:<br />
permanente» [Giannattasio F., Il concetto di musica, Bulzoni, Roma, 1998, p. 121 (egli cita S. Arom, Poliphonies et<br />
polyrythmies instrumentales d’Afrique Centrale, SELAF, Paris, 1985)].<br />
123 Alcuni esempi di ambiguità sono ben esposti da F. Giannattasio in AA. VV., Grammatica della musica etnica,<br />
Bulzoni, Roma, 1991, pp. 49-52, avvalorati da alcuni dati di psicologia sperimentale nella percezione dei ritmi.<br />
124 Oltre al contributo dei ritmi, questa funzione è svolta da tutte le cosiddette «manifestazioni motorie o verbali non<br />
abituali», che nel rito ricoprono una funzione molto importante. Queste hanno come risultato finale l’eccitazione<br />
psichica, pur partendo da una rottura degli equilibri viscerali. Cfr. Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola, pp. 331-332.<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 78