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11.06.2013 Views

itmo della clave cubana, suonata in genere con due speciali bacchette di legno (claves) in maniera tale da produrre suoni della medesima altezza: L’altro elemento è la scansione, che è la suddivisione interna alla forma, una griglia ritmica da cui emerge la forma stessa, evidenziandone alcuni accenti. La scansione può essere sottintesa o suonata da altri tamburi. Le principali scansioni comuni a tutti i ritmi di derivazione africana sono: Ogni forma ritmica porta con sé la sua scansione come una forma di inerenza, come se la scansione fosse il terreno su cui la forma si poggia. La forma della clave porta con sé il terreno della scansione binaria su cui si poggia, che può essere evidenziato nella maniera che segue: È come se la scansione binaria srotolasse un tappeto, una griglia di suddivisioni sulla quale sono presenti tutti i colpi che il suonatore può suonare e tutte le pause che egli può attendere. Nei ritmi della santería questa scansione è quasi sempre udibile, spartita tra da due percussionisti, che incastrano i loro accenti. Questi nella loro unione formano la scansione del ritmo, in genere seguendo queste forme: Scansione binaria Scansione ternaria IL RITO SOTTRATTO 66

La scansione ritmica fornisce un primo paesaggio sonoro, riportabile a questi due modelli principali, nei quali si possono inserire quasi tutti i ritmi di origine africana, compresi quelli della santería. La successione reiterata di colpi differenti ma equidistanti tra loro diffonde il respiro della ripetizione, irretisce i corpi in una ciclicità che è lo sfondo del ritmo e che sarà il riferimento di tutte le forme che in essa si muoveranno. Considerate di per sé, ovvero senza la presenza di una forma, queste scansioni finiscono col suscitare una certa tensione: sono ripetizioni ossessive, senza alcun cambiamento, senza una qualche modulazione che possa lasciar suggerire una forma. È come muovere lo sguardo su un paesaggio monotono, senza forme da focalizzare, o come aprire gli occhi nella più profonda oscurità, dove ogni forma potrebbe apparire ma nessuna si illumina. Se vi è solo la scansione, vi è la forza di un ritmo inespresso nella forma, che impone ai presenti una frequenza di marcia, un respiro, un’andatura che però non li conduce da nessuna parte poiché non traccia alcuna linea da seguire: c’è solo il ritmo monotono dei passi, una cantilena che può sembrare noiosa oppure ossessiva. Se il partecipante, nel disperato tentativo di poggiarsi su qualcosa di “formato”, volesse eleggere un colpo della scansione come accento su cui iniziare a fare perno, si ritroverebbe vittima dell’arbitrarietà del suo atto intenzionale. Con il suo volere egli si stacca dal monotono paesaggio ritmico disteso dalla scansione per aderire a un altro che però ancora non ha forma: per averla egli deve emettere un suono, un colpo, un passo che fornisca corpo alla sua scelta e la diffonda tra i presenti. Senza questo atto, il suo riferimento non può spiccare rispetto agli altri colpi della scansione. In tale stato, egli può rendersi conto che avrebbe potuto anche eleggere un altro punto di riferimento, ma questo non avrebbe cambiato la situazione: il “tic-tac” della scansione fornisce solo un respiro, ma nulla di concreto su cui poggiarsi. Se questa scansione non si arricchisce di qualche elemento in più, di una forma ritmica o un movimento, anche solo abbozzato, si finisce col vagare persi in un territorio desolato, senza punti di riferimento, facile preda di quegli umori e di quelle corporeità già esperite in una situazione analoga. Allora possono comparire delle sensazioni fastidiose, che accrescono la tensione fino a divenire quasi un’ansia. È quel che avveniva in certe fasi del rito alla corporeità del danzatore, che sembrava tesa e incerta nella sua motilità, carica di una confusione espressa concretamente con gesti e azioni confuse 107 . Quel corpo stava risuonando la scansione monotona e ossessiva con una motilità analoga, caratterizzata dalla perdita di equilibrio del suo baricentro. In sintonia con questa corporeità vi era la tensione emotiva che, proprio per la mancanza di orientazioni nella motilità, emergeva a completare questo stato e a reclamarne una soluzione, a richiedere un punto d’appoggio, pena un continuo e crescente disagio. La tensione nel rito può divenire ansia, 107 Questo spaesamento è molto importante nel rito, perché favorisce la distanza necessaria dagli equilibri quotidiani e dal controllo cosciente dei propri movimenti. IL RITO SOTTRATTO 67

La scansione ritmica fornisce un primo paesaggio sonoro,<br />

riportabile a questi due modelli principali, nei quali si possono inserire quasi tutti i ritmi di<br />

origine africana, compresi quelli della santería. La successione reiterata di colpi differenti ma<br />

equidistanti tra loro diffonde il respiro della ripetizione, irretisce i corpi in una ciclicità che è lo<br />

sfondo del ritmo e che sarà il riferimento di tutte le forme che in essa si muoveranno.<br />

Considerate di per sé, ovvero senza la presenza di una forma, queste scansioni finiscono col<br />

suscitare una certa tensione: sono ripetizioni ossessive, senza alcun cambiamento, senza una<br />

qualche modulazione che possa lasciar suggerire una forma. È come muovere lo sguardo su un<br />

paesaggio monotono, senza forme da focalizzare, o come aprire gli occhi nella più profonda<br />

oscurità, dove ogni forma potrebbe apparire ma nessuna si illumina. Se vi è solo la scansione, vi<br />

è la forza di un ritmo inespresso nella forma, che impone ai presenti una frequenza di marcia, un<br />

respiro, un’andatura che però non li conduce da nessuna parte poiché non traccia alcuna linea da<br />

seguire: c’è solo il ritmo monotono dei passi, una cantilena che può sembrare noiosa oppure<br />

ossessiva. Se il partecipante, nel disperato tentativo di poggiarsi su qualcosa di “formato”,<br />

volesse eleggere un colpo della scansione come accento su cui iniziare a fare perno, si<br />

ritroverebbe vittima dell’arbitrarietà del suo atto intenzionale. Con il suo volere egli si stacca dal<br />

monotono paesaggio ritmico disteso dalla scansione per aderire a un altro che però ancora non ha<br />

forma: per averla egli deve emettere un suono, un colpo, un passo che fornisca corpo alla sua<br />

scelta e la diffonda tra i presenti. Senza questo atto, il suo riferimento non può spiccare rispetto<br />

agli altri colpi della scansione. In tale stato, egli può rendersi conto che avrebbe potuto anche<br />

eleggere un altro punto di riferimento, ma questo non avrebbe cambiato la situazione: il “tic-tac”<br />

della scansione fornisce solo un respiro, ma nulla di concreto su cui poggiarsi. Se questa<br />

scansione non si arricchisce di qualche elemento in più, di una forma ritmica o un movimento,<br />

anche solo abbozzato, si finisce col vagare persi in un territorio desolato, senza punti di<br />

riferimento, facile preda di quegli umori e di quelle corporeità già esperite in una situazione<br />

analoga. Allora possono comparire delle sensazioni fastidiose, che accrescono la tensione fino a<br />

divenire quasi un’ansia. È quel che avveniva in certe fasi del rito alla corporeità del danzatore,<br />

che sembrava tesa e incerta nella sua motilità, carica di una confusione espressa concretamente<br />

con gesti e azioni confuse 107 . Quel corpo stava risuonando la scansione monotona e ossessiva<br />

con una motilità analoga, caratterizzata dalla perdita di equilibrio del suo baricentro. In sintonia<br />

con questa corporeità vi era la tensione emotiva che, proprio per la mancanza di orientazioni<br />

nella motilità, emergeva a completare questo stato e a reclamarne una soluzione, a richiedere un<br />

punto d’appoggio, pena un continuo e crescente disagio. La tensione nel rito può divenire ansia,<br />

107<br />

Questo spaesamento è molto importante nel rito, perché favorisce la distanza necessaria dagli equilibri quotidiani<br />

e dal controllo cosciente dei propri movimenti.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 67

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