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CAPITOLO 4<br />
Ritmo<br />
Con questo termine ci si riferisce a tutto il potenziale sonoro di una<br />
forma corporea reiterata, impegnata in un’attività ciclica. Movimento e ciclo, l’essenza stessa<br />
della vibrazione, vengono scanditi dal ritmo. Camminare, lavorare, danzare, percuotere, sfregare,<br />
masticare: ogni corporeità suscettibile di un’acustica ciclica può essere messa in accordo con un<br />
ritmo. Prima della tonalità – un sistema che organizza le melodie – il ritmo come pura<br />
espressione vibratoria risuona in uno spazio denso di ascolti e di casse di risonanza. Esso<br />
diffonde la sua sonorità nei termini di una scansione. Cogliendo le sue parti cicliche, l’ascolto<br />
ristabilisce il flusso lineare del tempo in un movimento circolare. Ogni ciclo viene conosciuto e<br />
periodicamente ri-conosciuto nei suoi caratteri sonori che, come piccole tessere di un mosaico,<br />
gettano le basi di uno spazio che può essere abitato, esplorato, percorso 106 . Per padroneggiare un<br />
ritmo, esso va fatto risuonare nel corpo attraverso differenti modalità espressive: non solo con la<br />
percussione, ma anche con il suo canto e con la danza che esso suggerisce. Il tamburo è solo<br />
l’amplificatore di una ciclicità corporea che incorpora lo strumento per scandire ritmi. Essa però<br />
può essere anche cantata, nonché scandita col corpo e con i passi come se fosse una danza. In<br />
questo modo un ritmo può essere pienamente assimilato, al punto da farlo risuonare in un<br />
tamburo. Così come in una nota sola vi è un microcosmo armonioso, allo stesso modo nella<br />
corporeità di un ritmo suonato è possibile cogliere un canto e una danza. Queste vengono appena<br />
accennate dal corpo del percussionista, sono spaziature vive ma assopite, in quanto il ritmo, tutto<br />
preso a fondere il corpo in una simbiosi dinamica col tamburo, non può svilupparle con<br />
altrettanta cura.<br />
In ogni ritmo è possibile riconoscere due ordini di ciclicità: uno è<br />
la forma specifica del ritmo, costituita dalle sue accentazioni più evidenti, eventualmente<br />
disposte in una sequenza di colpi acuti, medi e gravi. La figura che segue è la trascrizione del<br />
106 Senza queste tessere scandite dal ritmo, non vi sarebbe un rivestimento su cui poggiare le nozioni di spazio e di<br />
tempo. A tale proposito cfr. Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola, p. 361.<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 65