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seconda parte Le forze del rito<br />
Le cerimonie della santería si consolidano sulla base di una<br />
continua e reciproca relazione tra danza e musica, come del resto accade in molte manifestazioni<br />
rituali di differenti culture. Ciò che ora attira la nostra attenzione è il potere connettivo di queste<br />
attività intese come modalità informative, capaci cioè di mettere-in-forma i corpi del rito e di<br />
modellarli secondo le dinamiche che queste diffondono. Si tratta di sviluppare i termini di<br />
vibrazione, risonanza e armonia in relazione alle attività rituali, senza il bisogno di riferirsi alle<br />
interpretazioni culturali per fornire una ragion d’essere a queste relazioni. Nella misura in cui i<br />
partecipanti sono immessi all’interno di queste informazioni, è possibile constatare la forza delle<br />
attività rituali al di qua dei loro riferimenti simbolici e religiosi. Inoltre l’esperienza vissuta come<br />
corpo sottratto, denudato di ogni tessuto di senso, non ha impedito l’inserimento della corporeità<br />
nel tutto rituale. Il coinvolgimento nelle attività collettive ha dischiuso un mondo che non<br />
sarebbe stato percepibile dall’esterno di uno sguardo isolato. Ora è il momento di apprezzare le<br />
potenzialità delle espressioni rituali, seguendo una riflessione guidata dall’ascolto e dalle forze<br />
trasformative che il rito diffonde sui suoi partecipanti.<br />
In questa parte il rito della santería viene descritto in quanto<br />
spogliato, ridotto alla sua sola arena connettiva. In questo modo emergono chiaramente i legami<br />
risonanti e le armonie proprie di ogni attività espressiva. La loro denudazione svela delle forze<br />
nude 100 , non confuse con le forze derivanti dall’appartenenza a una forma di vita, ma connaturate<br />
al materiale con cui ogni forma di vita diviene possibile. Queste sono forze universalmente<br />
umane, non culturali ma antropiche. Solo dopo questa trattazione sarà possibile inserire le attività<br />
del rito nel loro specifico contenitore di senso, nei codici della sua tradizione specifica. In questo<br />
modo si può contenere la confusione derivante dall’osservazione di tanti caratteri simultanei e<br />
compenetranti, che di fatto confondono livelli antropici e culturali: in ogni gesto è presente la<br />
storia di una cultura, ma anche la sua preistoria, che mostra il valore di una relazione non ancora<br />
sensata, di un senso non ancora determinato 101 . Poiché è impossibile risalire a uno stadio<br />
100 Pur senza i riferimenti semantici, svuotate del disegno complessivo cui fanno riferimento, le forze del rito<br />
mostrano il loro potere, che è quello di congiungere tra loro i partecipanti. Con la sottrazione, dice Nancy, «abbiamo<br />
perso la faccia […]. Miliardi di immagini salgono dal video siderale o numerico, senza comporre alcuna figura. Ma<br />
queste immagini hanno la forza sbalorditiva del video da cui si propagano. Questa forza è smisurata. Ci attraversa, ci<br />
disloca, ci sfigura» [Nancy J. – L., Il pensiero sottratto, p. 26].<br />
101 Beneduce definisce il gesto come quell’atto che «cancella […] una memoria incarnata in comportamenti e<br />
tradizioni […] e inscrive, sempre all’interno del corpo, altri significati, nuove memorie» [Beneduce R., op. cit., p.<br />
253]. Così si mostra nel gesto stesso il gioco tra gli imperativi tradizionali –sottoforma di uno stile etnico nei<br />
comportamenti- e lo scarto individuale –che fornisce nuovi spunti, dapprima indeterminati, ma nondimeno capaci di<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 61