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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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Data una nota di partenza, ovvero una frequenza fondamentale, la<br />

serie delle armoniche sarà sempre uguale per ogni strumento. Ciò che caratterizza il timbro di ogni<br />

strumento è la composizione delle armoniche, ovvero come queste risuonino, con quali intensità di<br />

pressione sonora. La nota fondamentale è<br />

quella che viene percepita con più evidenza,<br />

ma tutta la successione delle armoniche –<br />

dette anche le «formanti» del suono – è<br />

ristabilita su ordini di intensità differenti.<br />

Uno strumento può avere la seconda<br />

armonica molto lieve e la terza più forte di<br />

volume, mentre un altro può avere la<br />

seconda armonica più intensa e la terza più<br />

lieve, ecc. Queste differenze vengono<br />

percepite come differenze di timbro, di<br />

colore sonoro. Ma il cosiddetto colore<br />

sembra rimandare a una medesima forma,<br />

stabilita dall’oscillazione che produce la nota fondamentale. È possibile cogliere tale forma<br />

attraverso un modello bidimensionale che ponga il colore sull’asse della seconda dimensione,<br />

disegnando così la forma complessiva del suono. Emettere una nota significa diffondere una forma<br />

dai contorni smussati e dalla struttura interna a spina di pesce, dove le spine – la serie delle<br />

armoniche- sono più lunghe o più corte a seconda del loro livello di pressione sonora. Così si<br />

visualizza una forma che, partendo da una frequenza dominante, disegna una curva che circoscrive<br />

le intensità delle altre armoniche 97 . Se a questo oggetto sonoro ne avviciniamo un altro – è il caso<br />

del secondo corista che emette la sua nota – questi si possono comporre armoniosamente nella<br />

misura in cui condividono almeno una parte della loro struttura, almeno un certo numero di<br />

frequenze che siano comuni alle due serie delle armoniche, ai due microcosmi cantati. Se vi è<br />

una tale comunanza, allora quella zona sonora che viene amplificata, per risonanza, dalla loro<br />

unione al punto da non poter più distinguere le due forme, tanto la loro unione è salda a formarne<br />

un’altra.<br />

Il primo corista emette una nota. Il secondo non canta la stessa<br />

nota ma un’altra, per esempio una nota che corrisponde alla frequenza emessa dal primo cantante<br />

come la sua terza armonica. Quindi il secondo non si inserisce con una nota “a caso” – che<br />

97 L’immagine è tratta da Karoly O., La grammatica della musica, Einaudi, Torino, 1969, p. 22.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 58

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