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della sua vibrazione. Nel canto la vibrazione delle corde vocali è amplificata da tutto il tratto vocale, oltrechè dalle ossa porose della maschera, dalla testa, dai denti, dal petto. Nel ritmo, è la cassa di risonanza stessa, il legno del tamburo, ad amplificare il suono e caratterizzarlo come suono di un tamburo africano, diverso da un timpano d’orchestra. Nel caso della danza, se il movimento oscillatorio si origina nelle gambe o nelle braccia, è possibile notare che questo si ripercuote sul resto del corpo: l’oscillazione viene trasmessa alla colonna vertebrale, che comincia a diffondere il movimento in ogni parte, creando una forma vibratoria molto più estesa che rafforza lo stesso movimento delle gambe che l’ha generata. Per comprendere il fenomeno fisico della risonanza bisogna innanzitutto premettere che tutti i corpi – in fisica ci si riferisce ai corpi inerti – hanno una propria frequenza di oscillazione 87 . Ogni corpo, sottoposto a una determinata frequenza, entra in vibrazione: questa non è innescata da un contatto fisico ma dal solo movimento di masse d’aria la cui frequenza vibratoria, se è uguale a quella dell’oggetto, entra “in simpatia” con esso, che inizia a vibrare secondo quella stessa frequenza. È il caso dei vetri delle finestre, che al passaggio di una macchina iniziano a vibrare, quando invece rimangono statici anche se dentro la stanza emettiamo un suono molto forte. Questo fenomeno è verificabile con chiarezza osservando le corde di un pianoforte o di un’arpa nel momento in cui si canta una nota: ad ogni vibrazione vocale corrisponde sempre un’oscillazione di una corda, sebbene questa non sia stata pizzicata. Nel momento in cui una nota viene diffusa nello spazio, questa fa vibrare il corpo – presente in questo spazio – che ha la sua stessa frequenza di risonanza. I due suoni allora si compongono, sommando l’ampiezza delle loro vibrazioni 88 . Nel caso del tamburo, la sua risonanza si lega all’amplificazione del tronco su cui la pelle è tesa. Il legno, non potendo vibrare come la pelle colpita, fa da amplificatore mettendosi in risonanza con le vibrazioni della pelle. Nel canto le risonanze avvengono quando le note fanno vibrare alcune parti del corpo: la maschera facciale vibra con le note acute e il petto con le note più gravi 89 . Una certa vibrazione fa risuonare alcune parti del corpo, che dispongono di una certa gamma di frequenze di risonanza. Cambiando la forma della cavità vocale, spostando la lingua e indirizzando la voce in alcune zone del tratto vocale, è possibile amplificare certe frequenze rispetto a delle altre: in 87 Questa è la frequenza di vibrazione dell’aria contenuta all’interno del corpo. Cfr. Leoni S., Rossi P. A., Manuale di acustica e teoria del suono, Rugginenti, Milano, 1992, p. 55. 88 In questo caso le due note si compongono armoniosamente, dove l’armonia è data dalla consonanza della maggioranza dei loro armonici [Cfr. ivi, p. 59]. Il corpo che risuona tale consonanza si comporta come una cassa armonica, poiché la sua colonna d’aria entra in risonanza con la nota che lo attraversa [Cfr. ivi, pp. 69-70]. 89 La tecnica dei risuonatori fisiologici è ben conosciuta e applicata nelle arti sceniche. Tra i molti esercizi dell’attore, vi è la tecnica di amplificare la portata dei suoni vocali: in riferimento a questo lavoro, citiamo per le note acute il risuonatore superiore o cranico, mentre per i suoni gravi il risuonatore pettorale. Per approfondimenti, si rimanda a Grotowski J., Per un teatro povero, Bulzoni, Roma, 1970, pp. 175-176. IL RITO SOTTRATTO 54

eve si può modificare il timbro. Ciò avviene perché il corpo umano non è un oggetto inerte: cambiando forma, esso cambia le proprie frequenze di risposta alle oscillazioni. La risonanza arricchisce la vibrazione di un potere connettivo tra corpi diversi, fisicamente separati ma uniti dall’aria in cui sono immersi, legati dalle vibrazioni acustiche e dalle percezioni visive. Questa è una forza che sprigiona una forma oscillatoria capace di congiungere una vibrazione con un’attività del tutto differente, stabilendone un legame armonioso. La risonanza è una modalità di connessione che, al pari del magnetismo, merita di essere considerata come “forza”, perché riesce a muovere, generando pressioni capaci di stabilire quelle connessioni che il rito intreccia e sviluppa. Il canto propone una melodia, il ritmo la amplifica secondo un’attività corporea differente, che non è un’incorporazione vocale, ma è il prodotto di una risonanza che fa vibrare un corpo diverso, quello del percussionista, la cui vibrazione è radicata in movimenti articolatori differenti. Una melodia – al di qua del suo valore simbolico che, come vedremo più avanti 90 , non farà altro che amplificare questa natura dinamica – viene messa in risonanza con l’architettura corporea nella quale si diffonde. Questa architettura non è solo il corpo del cantante, ma l’intero corpus del rito: la melodia si riflette nei ritmi dei percussionisti, che si immettono in essa attraverso il riverbero diffuso sulla loro corporeità. La loro capacità riverberante è letteralmente una ripercussione. Lo stesso avviene nelle espressioni danzate. Questa sequenza espositiva – canto, ritmo, danza – non ha alcun ordine logico, poiché tutte queste attività sono simultanee e compenetranti, facenti parte dello stesso corpus che si muove: il rimando simultaneo e reciproco di queste attività crea un’unione circolare che mortifica ogni tentativo di strutturare una gerarchia di livelli espressivi. Il canto può generare un’onda che si ripercuote nel ritmo e la danza, ma esso stesso può essere stato messo-in-voce in quanto riverbero di un’altra espressione del rito. Questo amalgama può essere colto solo se si comprende la particolarità delle informazioni che scorrono in esso: queste seguono tutte la natura tipica delle vibrazioni. Chi suona riceve il suono stesso che emette e lo riceve nella forma stessa della sua emissione. Il suonatore non rinvia una vibrazione fuori di sé se non nella misura in cui essa si diffonde in sé, proprio perché l’architettura corporea che mette in risonanza quel suono è innanzitutto la sua. E il suono, diffondendosi nell’aria, passa sia nel corpo del suonatore che attraverso gli altri corpi, che possono esprimere il loro contagio secondo diverse forme espressive. La natura della vibrazione viene qui sottratta dal suo dominio acustico per svelare il suo nucleo centrale: un movimento ciclico che ripropone la stessa forma nel tempo, ma è più corretto dire che la forma stessa può essere individuata proprio sulla base di tale ciclicità. I suoi caratteri ulteriori, quali 90 Vedi cap. 8 del presente lavoro. IL RITO SOTTRATTO 55

della sua vibrazione. Nel canto la vibrazione delle corde vocali è amplificata da tutto il tratto<br />

vocale, oltrechè dalle ossa porose della maschera, dalla testa, dai denti, dal petto. Nel ritmo, è la<br />

cassa di risonanza stessa, il legno del tamburo, ad amplificare il suono e caratterizzarlo come<br />

suono di un tamburo africano, diverso da un timpano d’orchestra. Nel caso della danza, se il<br />

movimento oscillatorio si origina nelle gambe o nelle braccia, è possibile notare che questo si<br />

ripercuote sul resto del corpo: l’oscillazione viene trasmessa alla colonna vertebrale, che<br />

comincia a diffondere il movimento in ogni parte, creando una forma vibratoria molto più estesa<br />

che rafforza lo stesso movimento delle gambe che l’ha generata.<br />

Per comprendere il fenomeno fisico della risonanza bisogna<br />

innanzitutto premettere che tutti i corpi – in fisica ci si riferisce ai corpi inerti – hanno una<br />

propria frequenza di oscillazione 87 . Ogni corpo, sottoposto a una determinata frequenza, entra in<br />

vibrazione: questa non è innescata da un contatto fisico ma dal solo movimento di masse d’aria<br />

la cui frequenza vibratoria, se è uguale a quella dell’oggetto, entra “in simpatia” con esso, che<br />

inizia a vibrare secondo quella stessa frequenza. È il caso dei vetri delle finestre, che al<br />

passaggio di una macchina iniziano a vibrare, quando invece rimangono statici anche se dentro la<br />

stanza emettiamo un suono molto forte. Questo fenomeno è verificabile con chiarezza<br />

osservando le corde di un pianoforte o di un’arpa nel momento in cui si canta una nota: ad ogni<br />

vibrazione vocale corrisponde sempre un’oscillazione di una corda, sebbene questa non sia stata<br />

pizzicata. Nel momento in cui una nota viene diffusa nello spazio, questa fa vibrare il corpo –<br />

presente in questo spazio – che ha la sua stessa frequenza di risonanza. I due suoni allora si<br />

compongono, sommando l’ampiezza delle loro vibrazioni 88 . Nel caso del tamburo, la sua<br />

risonanza si lega all’amplificazione del tronco su cui la pelle è tesa. Il legno, non potendo vibrare<br />

come la pelle colpita, fa da amplificatore mettendosi in risonanza con le vibrazioni della pelle.<br />

Nel canto le risonanze avvengono quando le note fanno vibrare alcune parti del corpo: la<br />

maschera facciale vibra con le note acute e il petto con le note più gravi 89 . Una certa vibrazione<br />

fa risuonare alcune parti del corpo, che dispongono di una certa gamma di frequenze di<br />

risonanza. Cambiando la forma della cavità vocale, spostando la lingua e indirizzando la voce in<br />

alcune zone del tratto vocale, è possibile amplificare certe frequenze rispetto a delle altre: in<br />

87 Questa è la frequenza di vibrazione dell’aria contenuta all’interno del corpo. Cfr. Leoni S., Rossi P. A., Manuale<br />

di acustica e teoria del suono, Rugginenti, Milano, 1992, p. 55.<br />

88 In questo caso le due note si compongono armoniosamente, dove l’armonia è data dalla consonanza della<br />

maggioranza dei loro armonici [Cfr. ivi, p. 59]. Il corpo che risuona tale consonanza si comporta come una cassa<br />

armonica, poiché la sua colonna d’aria entra in risonanza con la nota che lo attraversa [Cfr. ivi, pp. 69-70].<br />

89 La tecnica dei risuonatori fisiologici è ben conosciuta e applicata nelle arti sceniche. Tra i molti esercizi<br />

dell’attore, vi è la tecnica di amplificare la portata dei suoni vocali: in riferimento a questo lavoro, citiamo per le<br />

note acute il risuonatore superiore o cranico, mentre per i suoni gravi il risuonatore pettorale. Per approfondimenti,<br />

si rimanda a Grotowski J., Per un teatro povero, Bulzoni, Roma, 1970, pp. 175-176.<br />

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