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questo è un teatro convincente, o un’incredibile tecnica di comunicazione con gli antenati, o<br />
ancora una pratica superstiziosa dove non c’è nulla di vero. Ma viverlo senza poterne dire<br />
alcunché, perché coinvolti in una totalità densa di scambi, dischiude lo spazio di un’esperienza<br />
radicalmente diversa. La riduzione del fenomeno vissuto al solo nucleo di questa esperienza apre<br />
la riflessione nei termini di una ricerca nuova. Il prodotto della sua riduzione non è un ego<br />
trascendentale ma, al contrario, è proprio quello che la sua epoché dischiude: canti, ritmi, danze,<br />
gesti, urla, privati del loro senso culturale, rivelano un corpo che ha la capacità di impressionare,<br />
di comunicare forme ai corpi che lo circondano, anche senza la mediazione di un senso.<br />
Qui non si risponde del senso o dei sensi possibili che il culto degli<br />
orichas può rappresentare: si prende atto di un’adesione al corpus, che può mostrare un mondo<br />
trascendentale a ogni sua veste di senso, sia essa mistica o antropologica, ludica o psicologica.<br />
Lo spazio aperto da questa riflessione è quello che emerge dopo che ogni linea di senso è stata<br />
sospesa: è il valore della partecipazione corporea, di una presenza esposta, nonché delle<br />
dinamiche riverberanti che sottraggono il pensare dal corpo. Questa sottrazione è assimilabile a<br />
una riduzione fenomenologica dell’esperienza vissuta che ne salva il solo nucleo partecipativo:<br />
ciò che rimane ad ogni spoliazione di senso è la particolare forma di inerenza che ci lega a<br />
un’esperienza, stabilita da forme corporee amplificate in canti, ritmi e danze. In questa<br />
dimensione comincia ad apparire un sistema di forze connettive che possono essere considerate<br />
come delle vere e proprie forze fisiche, suscettibili di una trattazione che chiarirà i termini e lo<br />
svolgimento di questa ricerca.<br />
Nel capitolo che segue si mostrano le dinamiche a cui obbediscono<br />
le forze spoglianti, che sospendono il soggetto dal corpo: queste allo stesso tempo lo legano<br />
indissolubilmente a un corpus collettivo, realizzando un essere condiviso, distribuito, decentrato,<br />
singolare-plurale. La partecipazione viene istituita seguendo le dinamiche del suono:<br />
un’oscillazione – sonora o coreutica – mette in vibrazione – sonora o coreutica – i corpi tutti, in<br />
un gioco di rinvii reciproci che forma la corporeità del rito.<br />
Una fenomenologia del vissuto di un rito della santería deve poter<br />
contemplare una modalità d’essere che è quella del vivere un’esperienza non nella misura in cui<br />
la si domina con la propria soggettività cosciente ma nella misura in cui ogni “io” è dominato<br />
dalla propria corporeità riverberante. Il valore di questo lavoro è quello di mostrare questa<br />
modalità d’essere, che può dirsi vivere un’esperienza. Da questo vissuto, una volta ritornati in sé,<br />
ovvero soggetti, artefici di azioni e di focalizzazioni, è possibile elaborare la vestizione di ogni<br />
ordine di senso, le cui possibilità sono legate ai limiti del senso comune, della tradizione<br />
culturale, del linguaggio specifico. L’osservatore può interpretare, assumere prospettive, al limite<br />
può individuarsi come sguardo che osserva da una posizione prospettica, culturale,<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 45