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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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non mediate da alcuna elaborazione di senso 63 . In queste interazioni non è possibile individuare i<br />

segni di alcun disegno intellettuale: l’urgenza rituale semplicemente impedisce il riferimento a<br />

questi strumenti. I comportamenti seguono unicamente la sinergia che li modula, un contatto<br />

talmente ricco di forme e così stretto da non riservare alcuno spazio alla possibilità di una<br />

contemplazione intellettuale.<br />

Il corpo sottratto assiste al venir su del rito con stupore 64 . Ma le<br />

fasi della festa, eventi meravigliosi che sospendevano ogni giudizio al partecipante straniero,<br />

venivano condotte dai cubani con la naturalezza propria delle pratiche usuali. Essi mostravano la<br />

loro esperienza all’esposizione corporea collettiva, forti di un’educazione rituale, sensibili alla<br />

nuda connessione reciproca che, solo per il fatto di essersi instaurata, bastava da sé a generare<br />

tutti i nuovi comportamenti che sarebbero seguiti. Pur sottratti dei loro sensi culturali, i loro corpi<br />

apparivano analoghi a dei violini ben fatti: non solo ben costruiti ma lievemente assestati, messi<br />

in forma dalle tante note che hanno risuonato nel corso della loro vita. Così la loro storia<br />

depositava in questi corpi alcuni tratti che la sottrazione non poteva più sospendere.<br />

Pensare sottratto<br />

Ripensare l’esperienza in una forma che non tradisca il vissuto<br />

originario significa ristabilire il discorso non nell’ordine di un pensiero determinante, ma di un<br />

pensare sottratto 65 che non dice alcunché di oggettivo, ma che si poggia sul fulcro delle<br />

dinamiche corporee, delle espressioni coreutiche e musicali, della partecipazione al rito. Per<br />

portare avanti un simile discorso è necessario partire dal ricordo di quello stato di pura corporeità<br />

vissuto nel rito. In questo modo il pensiero può basarsi sul solo fatto esperenziale, che ha la<br />

caratteristica di essere stato vissuto al di qua del controllo di un soggetto-agente che si<br />

intestardisse a tradurlo nelle forme del suo volere o con gli strumenti del suo linguaggio. Allora<br />

affermare di aver visto un ballerino è già dire troppo, perché con ciò si focalizza non un corpo<br />

ma un intero soggetto ben formato. Sarà preferibile dire di aver visto un corpo danzante, le cui<br />

63 Ciò verrà definito più avanti con il termine di «mimesi sottratta».<br />

64 L’atteggiamento di stupore, che Merleau-Ponty riteneva essere uno dei migliori approcci alla descrizione della<br />

formula della riduzione fenomenologica [cfr. Merleau-Ponty M., op. cit., p. 22], non deve lasciar intendere un<br />

atteggiamento mistico di uscita dal mondo [cfr. Nancy J. – L., Essere singolare plurale, p. 16]. Al contrario, esso<br />

scaturisce proprio dall’immersione totale nella propria co-esistenza.<br />

65 Secondo Nancy il pensiero sottratto è «pensiero che si sottrae a sé stesso», che si priva del suo sapere in quanto<br />

esso non è altro che «la conoscenza di un oggetto». Ma «la totalità dell’essere non dipende da un sapere. Sapere ciò,<br />

cioè non-sapere, […] significa entrare nell’oscurità e nell’opacità di ciò che non dipende più in alcun modo dal<br />

sapere. Il pensiero che là si esercita è dunque «ancora un pensiero» in senso inaudito» [Nancy J. – L., Il pensiero<br />

sottratto, p. 41]. Non contemplando più oggetti né categorie, il pensare sottratto si rivolge allora alle spaziature dei<br />

corpi nel gioco del loro toccarsi reciproco, all’interno di una dimensione collettiva come quella rituale.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 37

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