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permeabilità al gioco di rinvii, espone la sua immissione nel tutto come una sussunzione. Questa<br />
non si può evitare se non allontanandosi dal rito stesso, assumendo la distanza e la postura<br />
necessaria a un’osservazione frontale del fenomeno. La partecipazione apre il corpo a molte<br />
forme, le quali seguono tutte la medesima dinamica condivisa: ogni partecipante, mentre è<br />
contagiato da una forza espressiva, libera dei movimenti che sono le sue spaziature, effetto del<br />
contagio collettivo in un corpo singolo, che genera una forma originale, uno stile singolare.<br />
Questa dinamica non può essere strutturata secondo il modello dello stimolo-risposta, poiché<br />
questo necessita di una separazione, nonché di una priorità logica e temporale dello stimolo<br />
rispetto alla risposta. La diffusione contagiosa delle attività rituali sembra seguire invece il<br />
modello dinamico della risonanza 59 : prima ancora di poterne afferrare un contenuto, un<br />
movimento è già in atto, a liberare le “sue” forze che, come vibrazioni, si diffondono<br />
contemporaneamente tra i partecipanti e nel corpo di chi sta agendo. Così la separazione tra<br />
ricezione e diffusione diviene una questione mal posta perché la struttura cui fa riferimento è<br />
fuori luogo, in quanto l’essere-parte può percepire solo nella misura in cui funge nello stesso<br />
tempo da cassa di risonanza, da diffusore di attività corporee. Le modalità di azione individuale<br />
si ristabiliscono sulla base di questa dinamica: come una camera d’eco, il sé mima, ripercuote,<br />
risuona i movimenti, i ritmi, i canti della collettività in cui è inserito 60 .<br />
Cambiando il modello teorico di riferimento, cambia anche la<br />
connotazione dell’informazione, che ora rompe gli argini del canale sul quale scorreva nel<br />
modello precedente. Adesso essa può finalmente presentarsi denudata e mostrare la sua radice<br />
etimologica: è una forza capace di mettere-in-forma un corpo 61 . Con l’esposizione a un gruppo,<br />
ossia con la partecipazione, i corpi si informano tra loro. Essi realizzano quella prassi del<br />
movimento di senso in cui la teoria è sospesa; essi generano un flusso vibratorio sottratto da ogni<br />
focalizzazione oggettivante, poiché non vi è soggetto alcuno che possa stabilire un concetto.<br />
Aprendosi, il partecipante fa l’eco alle forze che lo attraversano con un corpo messo-in-forma;<br />
egli non dice alcun che di oggettivo ma istituisce la relazione, si attiva proprio come farebbe una<br />
corda pizzicata in una cassa di risonanza. Quindi in questa dimensione partecipativa l’apertura<br />
non chiama in causa una qualche forma ulteriore di disponibilità 62 del soggetto: se egli è parte,<br />
non dispone più di una volontà separata dal tutto che decida di assecondare gli stimoli<br />
spaziature e i rispettivi ritmi della loro temporalità, aprendo lo spazio di una nuova messa-in-gioco, che è quello<br />
esposto dalla loro stessa dis-posizione.<br />
59<br />
Il modello della risonanza qui verrà usato in un’accezione che oltrepassa il dominio delle vibrazioni sonore per<br />
estendersi a ogni movimento del corpo.<br />
60<br />
Questo aspetto verrà trattato nel capitolo seguente.<br />
61<br />
Questa accezione è stata presa da E. Barba, che la usa in riferimento al lavoro dell’attore, in La canoa di carta, Il<br />
Mulino, Bologna, 1993, p. 32.<br />
62<br />
Questa è implicita nella partecipazione stessa.<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 34