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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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Ma la partecipazione non mi ha dato modo di astrarmi così tanto dalle pressioni della situazione<br />

contingente. Le attività che praticavo si fondevano con l’attenzione costante a ciò che accadeva nel<br />

centro del circolo: ora posso affermare che è stata proprio questa attenzione collettiva a consentire<br />

alle attività centrali di svolgersi nella loro pienezza. Il ruolo del circolo rituale è quindi quello di<br />

supervisionare il centro, di correggerlo nella realizzazione delle sue specifiche finalità e di<br />

proteggerlo dall’insensatezza o dai comportamenti non voluti. L’attenzione era fondamentalmente<br />

rivolta alla danza dei ballerini rituali. Ogni oricha, in virtù della sua “divisa” specifica, veniva<br />

rappresentato da una danza che ne mimava alcune caratteristiche. La danza era sempre intrecciata col<br />

ritmo, anch’esso specifico di ogni oricha, e il ritmo era a sua volta legato al canto di invocazione<br />

dell’oricha. In questo modo il sacerdote, o il cantante più esperto, poteva modulare le dinamiche<br />

interne al rito, determinando i tempi di omaggio dei rispettivi orichas nonché la scelta dei canti, a cui<br />

si legavano ritmi e coreografie specifiche. Alla luce dei momenti precedenti, in questa fase tutti i<br />

partecipanti sembravano costituire, nel loro complesso, una sorta di “preghiera vivente”: ogni<br />

individuo esprimeva, a seconda dell’espressività competente al suo ruolo, un omaggio alla divinità,<br />

un omaggio che era allo stesso tempo una preghiera e una simulazione mimica. Il contenuto dei canti<br />

infatti poteva variare dalla venerazione diretta dell’oricha all’evocazione dei luoghi, dei fenomeni e<br />

delle attività che lo caratterizzano 43 . Anche il ritmo e la danza “esploravano” la natura emotiva<br />

dell’oricha, evocando simbolicamente quei fenomeni su cui si riteneva che esso avesse potere. Tale<br />

“preghiera vivente” proseguiva le attività celebrative del pantheon yoruba secondo modelli di<br />

espressione formali, attività mimiche selezionate e stabilizzate dalla specifica tradizione religiosa.<br />

Generando una tale composizione collettiva, la comunità poteva godere di un’efficacia<br />

sincronica molto potente, capace di stimolare nuove forze al suo interno, nella forma di attività<br />

preparatorie all’accoglienza dell’oricha in quanto l’ospite atteso della celebrazione, incarnato<br />

nelle temporanee vesti di una persona vivente. Ciò è avvenuto nella fase seguente, dove i<br />

ballerini hanno assunto una corporeità creativa tale da potersi esporre all’incorporazione del<br />

santo. Nella fase immediatamente precedente è possibile ritrovare tutti quegli elementi che, una<br />

volta abbandonati i necessari e propedeutici formalismi, sono capaci di esplodere in tutta la loro<br />

portata evocativa. Si può considerare questa fase come il momento-soglia delle attività, situato al<br />

limite dei rapporti intransitivi con l’oricha, limite che allo stesso tempo lascia intendere il principio<br />

di una relazione reciproca, transitiva in quanto attuata dalla trance. Con l’oru de eya aranla ho<br />

potuto osservare una sorta di sottomissione, o sospensione del ballerino in quanto entità autonoma,<br />

a ricevere la divisa corporea di un santo. La fase che segue completerà la trasformazione di questa<br />

motilità con l’emergere di un nuovo soggetto, altro, l’oricha incarnato. Si ritiene che l’oricha<br />

43<br />

Per conoscere la ricchezza dei contenuti trattati nei canti della santería, cfr. Pedroso L., Obbedí: cantos a los<br />

orishas, Ediciones Artex, La Habana, 1995.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 25

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