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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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Changò, oricha della virilità, dei tamburi e del tuono. Sono stato accolto non come un turista, ma<br />

nemmeno come un fedele, semplicemente come un partecipante; la mia presenza inoltre non era<br />

vistosamente esotica, data la mescolanza etnica dell’isola. Sono entrato in una casa molto grande<br />

e, accedendo ad un cortile interno, potevo già notare i preparativi: tutto sembrava pronto per<br />

cominciare. Il centro della cerimonia non era ancora il cortile ma una stanza più piccola, dove si<br />

trovava l’altare del santo che si sarebbe festeggiato quel giorno. Ho potuto vedere le sue tante<br />

raffigurazioni simboliche, che non si limitavano all’icona cattolica del santo corrispondente<br />

(Santa Barbara 32 ), ma comprendevano una miriade di oggetti e feticci, bicchieri d’acqua 33 ,<br />

sculture fatte di un materiale difficile da identificare. Molti feticci vengono fatti modellando una<br />

pasta nera e collosa, che già mi suggeriva qualcosa di magico, o almeno di misterioso, nella<br />

scelta e nella composizione degli ingredienti. Oltre agli altari, alle immagini e ai feticci, la stanza<br />

era ornata con dolci e cibi di ogni tipo, di bevande e sigari accesi, tutto in onore di Changò.<br />

Questo ancora non era “presente”, eppure le sue rappresentazioni simboliche venivano trattate<br />

come se lo fosse: i fedeli si prostravano di fronte all’altare, gli donavano qualcosa e in sottovoce<br />

si confidavano con l’icona del santo. Ad una ad una tutte le persone si sono inchinate, suonando<br />

una maraca rituale (acheré), come a voler attirare l’attenzione del santo, e rivolgendosi ad esso in<br />

una lingua che non comprendevo, una sorta di mescolanza tra ispano-cubano e yoruba, detto<br />

lucumí 34 . Ognuno invocava il santo: vedere la cura con cui ogni fedele si relazionava<br />

personalmente all’altare mi ha fatto pensare ad alcune scene della nostra religiosità popolare, alle<br />

quali ancora oggi si può assistere nel corso di molte manifestazioni religiose, specie nel Sud<br />

d’Italia. Questo rapporto mi è sembrato ancora più confidenziale di quello col prete nel<br />

confessionale: sembrava che la relazione tra santo e fedele fosse un rapporto “alla pari”, dove si<br />

rispettavano le ragioni e le tendenze di entrambi. Si supponeva che il santo comprendesse le<br />

ragioni degli uomini; io, esterno al loro credo, ero più propenso a credere che fossero gli uomini<br />

che, conoscendo la natura del santo, si mettessero nei suoi panni, immaginandone i pensieri e i<br />

desideri; così essi potevano avvicinarcisi, assecondando la sua personalità. Io non mi sono<br />

32<br />

L’oricha della virilità, sincretizzato da Santa Barbara, mi sembrava un evidente paradosso. Una iyaloricha<br />

(sacerdotessa) mi narrò della leggenda che ha vestito questo oricha di un’immagine femminile: sempre mosso da<br />

desideri sessuali, Changò si mascherava da donna per accedere in luoghi da cui gli uomini non erano ammessi. Così<br />

si è creata un’associazione credibile con l’icona di Santa Barbara. Per maggiori informazioni su questo aspetto cfr.<br />

Bolivar Arostegui N., Cepero M. L., ¿Sincretismo religioso?, Pablo de la Torrente, La Habana,1995.<br />

33<br />

L’acqua simboleggia un elemento puro e spesso viene utilizzata come mezzo per accedere alla comunicazione con<br />

gli orichas.<br />

34<br />

Secondo Fernando Ortiz questo termine deriva dalla locuzione «oloku-mi» («amico mio» in yoruba), secondo altri<br />

deriverebbe da «ulkumi», che era il nome della costa africana da cui venivano deportati la maggior parte degli<br />

yoruba. Il lucumí è un linguaggio di origine africana: gli orichas, considerati antenati ancestrali dell’umanità,<br />

affinché rispondano, devono essere chiamati in una lingua a loro comprensibile, che non è quella dei coloni ma<br />

quella della loro terra.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 21

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