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Conclusioni<br />
Il valore di questo lavoro è quello di mostrare come le dinamiche<br />
rituali possano essere descritte facendo a meno dei riferimenti alla storia culturale di un corpo,<br />
svelando una prospettiva che, pur nell’impossibilità effettiva di sradicarsi dalla propria<br />
grammatica, ne sospende gli imperativi epistemologici, sottraendosi dai suoi pregiudizi 307 . Con<br />
ciò non si nega in alcun modo il fatto che ogni estensione formale sia culturale: questa riflessione<br />
si limita a relativizzare la sua importanza alla luce di una decostruzione.<br />
Il fatto che ogni gesto possa essere messo in accordo con una<br />
ragione storica e culturale non significa che questo stesso gesto, nell’atto stesso della sua<br />
liberazione, venga mosso necessariamente da queste ragioni, che questo si debba poggiare su di<br />
esse come se queste, e solo queste, fossero la sua spinta motrice 308 . Ciò non giustifica<br />
l’assunzione di un senso culturale come il solo riferimento, spesso inteso come imprescindibile e<br />
logicamente fondante, senza il quale non è possibile elaborare una riflessione sul rito. Questo<br />
lavoro mostra che l’accordo tra un corpo e un altro può essere descritto anche sulle sole basi di<br />
una prospettiva oscillatoria, elaborata attraverso un linguaggio preso in prestito dall’acustica.<br />
Grazie all’acustica è stato possibile non solo decostruire il rito, ma anche cogliere un sistema di<br />
relazioni differente da un modello causale. Le oscillazioni infatti non si sostituiscono alle ragioni<br />
storiche o sociali lasciando immutata la struttura logica precedente: le oscillazioni mettono in<br />
crisi lo stesso determinismo mostrando un’indivisibile compresenza di elementi, la cui unione è<br />
una risonanza. Il suono non è prima in un corpo e poi in un altro: è un fenomeno originario, il cui<br />
ascolto origina il tempo e la cui diffusione crea lo spazio, mostrando così una natura<br />
inafferrabile, che si trova solo nel passaggio tra un corpo e un altro. Questi sono solo gli effetti<br />
della connessione originaria; essi non possono essere oggettivati come ciò che il suono mette in<br />
risonanza, come se preesistessero al movimento oscillatorio. Ciò che il suono rappresenta qui – e<br />
che è stato chiamato di volta in volta accordo, magnetismo, attrazione, movimento, simpatia,<br />
307 Su questi «pregiudizi» si fonda tutto il sapere di una comunità, perciò, come direbbe Wittgenstein, questo «non è<br />
un pregiudizio stupido» [Wittgenstein L., Ricerche Filosofiche, p. 145, § 340].<br />
308 Con ciò si ripropone il paradosso wittgensteiniano: «una regola non può determinare un modo d’agire, poiché<br />
qualsiasi modo d’agire può essere messo d’accordo con la regola» [Ivi, p. 108, § 201].<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 192