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Dirigendosi verso queste tendenze dinamiche e tentando di<br />
purificare le qualità motorie dalle situazioni-guida che le hanno generate, eliminando al<br />
contempo tutti quei movimenti che sono fuori tendenza, il danzatore si distanzia dal suo<br />
equilibrio motorio usuale, il suo corpo è in incarnazione di un archetipo che domina tutta la sua<br />
motilità e orienta su di essa tutto lo spettro delle possibilità di legami armoniosi. Nel momento in<br />
cui raggiunge un’effettiva purificazione, il corpo si distanzia di tutti quegli aspetti che<br />
sporcherebbero la risonanza.<br />
La motilità quotidiana è il prodotto di una serie di vettori<br />
contrastanti; quando si inerisce a una situazione si è sempre pronti a cambiare marcia qualora nel<br />
percorso si incontrassero degli ostacoli. Seguire un archetipo è diverso: qui la motilità non<br />
aderisce a una situazione, sebbene questa sia stata d’aiuto a svilupparla secondo un cammino. La<br />
purezza di un archetipo fa sì che esso non possa aderire saldamente a nessuna situazione,<br />
sebbene molte situazioni possano accordarsi con esso. Quando il corpo si concentra su una<br />
qualità motoria, allora è sciolto da ogni inerenza situazionale, è libero di proseguire ed esaltare<br />
tutte le tensioni che il corpus sta generando. Il muoversi dolce che può essere suggerito da una<br />
scansione lenta e ternaria, per esempio, si può accordare a tutta una serie di elementi gestuali,<br />
situazionali, mimetici, strumentali, che guidano il corpo nei soli spazi pragmatici che sono<br />
ammissibili da questa armonizzazione con le forze. Così si purifica un archetipo, sottraendogli le<br />
corporeità usuali, privandolo dell’aderenza allo sfondo ricordato come se questo fosse reale, in<br />
favore dell’inerenza con quello stesso sfondo, ma senza l’imperativo gravitazionale. Esso si fa<br />
più leggero, meno vincolante, più rarefatto e duttile perché la sua realtà è solo nel legame<br />
emanato dal corpo.<br />
L’ultimo passo<br />
Le guide evocative di un’orientazione, siano esse gesti, situazioni o<br />
strumenti, mostrano così di essere dei termini intermedi tra una corporeità quotidiana –<br />
determinata dai riferimenti oggettivati della percezione – e un archetipo pulito – liberato dagli<br />
imperativi situazionali – la cui pulizia coincide con la motilità del corpo al culmine del rito.<br />
Allora si può percorrere il cammino nelle due differenti direzioni: quella che va dall’oricha al<br />
corpo o quella che va dal corpo sottratto all’oricha. Seguiamo per un momento la prima,<br />
assumendo la vestizione come base di partenza: l’oricha viene incorporato imitando inizialmente<br />
la sua danza e i suoi atteggiamenti. Questi sono codici di passi, modelli di movimento, di<br />
atteggiamenti che non sono affatto lontani dalla realtà quotidiana di tante società umane: essi si<br />
esplicitano, oltre che con la danza tradizionale, con gesti pragmatici come fumare un sigaro,<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 187