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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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contesto delle forze rituali che di fatto li ha evocati. Perciò la situazione si sottrae ai vincoli del<br />

contesto ricordato per esporre non un luogo fuori dal corpo, ma solamente la sua incorporazione<br />

nel rito. Lo strumento si dissolve nel gesto e questo non ha più necessità di rispettare gli<br />

imperativi della materia con cui l’utensile è fatto. Tutte queste dimensioni dispiegate dalle forze<br />

del rito vengono aperte e simultaneamente sottratte: la caccia, la malattia, il mare, sussistono solo<br />

in virtù del gesto che ne incorpora una motilità inerente ad esse. Il movimento quindi scioglie la<br />

sua inerenza con le situazioni ricordate per ribadire la sua centralità, la sua residenza al centro di<br />

un corpo che è al centro del rito. Quindi, se la situazione vissuta è rievocata dal solo corpo, essa<br />

è al contempo sottratta, derubata e concentrata nel corpo stesso che la sta incarnando. Perciò non<br />

è corretto pensare che i movimenti possano veramente assoggettarsi a queste situazioni<br />

pragmatiche: esse servono ad indicare al corpo una tipologia di motilità, una modalità di<br />

esplorazione del mondo, a prescindere dalle concatenazioni operazionali specifiche. I movimenti<br />

allora possono seguire non tanto le finalità del contesto evocato quanto la continuità con la<br />

tipologia corporea che la situazione ha contribuito a chiarire. Questo tipo di motilità, sciolto da<br />

ogni inerenza situazionale, privato di una meta oggettiva da raggiungere, è solo una tendenza del<br />

movimento. Questa può essere chiamata archetipo, ma solo in riferimento al corpo.<br />

I movimenti acquisiti sono rievocati in virtù non di una situazione<br />

reale, di un gesto concreto, di uno strumento tangibile, ma dalle sole pressioni vibratorie. Questa<br />

origine li dispone in una forma diversa, li rende extra-quotidiani, sebbene ricordino una motilità<br />

ordinaria. Sottratti da ogni finalità quotidiana, i gesti seguono unicamente una linea di tendenza<br />

che, in quanto tale, non coincide con la situazione usuale. Situazioni e strumenti, mimesi e gesti<br />

non sono altro che guide nell’esplorazione di questa orientazione incorporata. La loro<br />

quotidianità è sottomessa a una spaziatura sciolta che porta con sé un’estensione capace di<br />

adattarsi a più spazi. Questa apertura è uno spettro che comprende molte dimensioni di senso,<br />

anzi, essa evoca non una situazione ma l’intera rete di «somiglianze e dissimiglianze» 298 cui fa<br />

perno un movimento. Così un movimento rispecchia la comunità che lo riceve e le forme del suo<br />

coinvolgimento, i cui accordi con le dimensioni di senso richiamate possono essere mantenuti<br />

solo se i movimenti mantengono una corrispondenza coreutica con l’arena vibratoria, solo se<br />

assumono le dinamiche dell’oscillazione come il motore del loro procedere. La situazione che<br />

guida il corpo nel bosco immaginario non può mai compiersi nel raggiungimento di un oggetto<br />

concreto, perché nel rito il bosco non è reale ma ricordato: l’unica concretezza è quella offerta<br />

dalle azioni al centro di uno scenario fatto di partecipanti, percussionisti e cantanti, non di alberi<br />

e foglie secche. La motilità che esplora un simile “bosco” non focalizza gli oggetti del bosco ma<br />

298 Cfr. Wittgenstein L., Ricerche filosofiche, pp. 70-71, § 130.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 182

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