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seguendo anche i riferimenti di questo connubio. Un movimento finisce col ricadere nel gesto,<br />
che di conseguenza porta con sé la situazione in cui esso si compie 278 . La situazione diviene lo<br />
sfondo di senso che può trasformare un movimento in un gesto, guidando la sua corporeità. Un<br />
movimento del danzatore può ricordare una gestualità pragmatica come cucinare, andare a<br />
caccia, nuotare, ecc. Il gesto fa riferimento a un’azione compiuta che è tale in quanto è<br />
connaturata a una situazione che ne contiene e ne dirige il senso verso una specifica<br />
determinazione. Questo ordine di senso nel rito è solo ricordato: esso è “messo tra virgolette”,<br />
non realizzato secondo le sue finalità quotidiane.<br />
La gestualità è tale perché riflette una forma di vita. La comunità<br />
elegge il movimento a gesto legandolo a una situazione il cui senso è comune, condiviso e<br />
istituito proprio grazie a quel gesto. Sulla base di questa circolarità si organizza la grammatica<br />
della prassi di un gruppo 279 . Ma il rito con un gesto non ricrea quella situazione riconosciuta e<br />
condivisa. Se il corpo danzante finisce col ricadere in una motilità gestuale, allora è il gesto che<br />
ristabilirà il suo senso nel rito, in una trasformazione che stravolgerà tutta la situazione<br />
quotidiana – per cui quel gesto vale – in un’accezione nuova. Il contesto rievocato viene qui<br />
trasformato grazie a un gesto che ora è consonante con un luogo differente 280 . In un corpo<br />
sottratto, un movimento può arrivare a farsi gesto solo se un’ondulazione lo fa muovere nelle<br />
forme di uno schema acquisito in una certa situazione, in un uso già appreso, che porta con sé<br />
tutto un dispositivo di rimandi contestuali 281 . Il gesto, nel momento in cui si realizza come tale,<br />
dispiega contemporaneamente un intero sfondo per l’azione, il suo sfondo, in cui esso si colloca<br />
a svolgerne i momenti. In armonia col movimento si apre un paesaggio, che è il territorio capace<br />
di sostenere i passi nel loro cammino. Eppure nel rito sottratto la riflessione non ha fatto altro<br />
che seguire quel contatto che dalla vibrazione ha coinvolto le ondulazioni e queste a loro volta<br />
hanno richiamato delle situazioni, facendosi gesti. Questa estensione di senso può essere colta<br />
anche nel caso in cui una vocalità non verbale stia seguendo una musica: essa spazia oltre<br />
l’estetica della melodia per assumere delle qualità prosodiche, le cui forme sono pragmatiche –<br />
piangere, ridere, sussurrare, urlare – e perciò cariche di sensi situazionali, il cui richiamo reclama<br />
278 Questi passaggi di senso sono stati schematizzati nella cosiddetta “legge della struttura”: un gesto porta con sé la<br />
struttura della situazione in cui esso si è verificato; la vecchia struttura si conserva nella nuova situazione: «singoli<br />
elementi della situazione possono modificarsi, mentre la struttura continua ad agire come un insieme unico»<br />
[Vygotskij L. S.- Lurija A. R., La scimmia, l’uomo primitivo, il bambino, Giunti, Firenze, 1987, pp. 38-39.pp. 38-<br />
39]. Tuttavia la struttura operazionale di un comportamento nel rito viene “messa tra virgolette” rispetto a quella di<br />
una situazione quotidiana: essa la ricorda, senza dubbio, ma non la ripropone tale e quale.<br />
279 Cfr. Wittgenstein L., Ricerche Filosofiche, p.117, § 241.<br />
280 Come è già accaduto per il soggetto, esso viene sollevato e ritrasposto in una dimensione diversa e collettiva.<br />
281 Questa è una qualità che accomuna non solo gli uomini tra loro, ma anche le altre specie animali. Secondo Leroi-<br />
Gourhan «l’animale svolge allora concatenazioni nuove nel canale del suo precondizionamento genetico o ritrova il<br />
filo di operazioni già vissute in condizioni identiche» [Leroi-Gourhan A., Il gesto e la parola, p. 276].<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 173