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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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gettano le basi di una prassi, alcova di un senso nuovo e comune 265 . A questo proposito, la<br />

citazione che segue si rivela molto stimolante:<br />

[…] i culti di possessione apparsi fra i Tonga […] mostrano per intero il<br />

carattere drammatico dell’incontro con l’elemento alieno, ed evidenziano anche<br />

come la mimesi abbia costituito una strategia nel far fronte agli effetti devastanti<br />

originati dal rapporto con quanto era sconosciuto e minaccioso […], come<br />

nell’episodio esemplare ripreso dall’autore in dettaglio, che ricorda di un<br />

aeroplano atterrato nel 1940 in una radura della foresta. La forma di quella<br />

strana «macchina» e il rombo dei motori spaventarono a tal punto una donna da<br />

spingerla a fuggire nella foresta, in preda a una crisi di confusione e di panico; la<br />

donna fu poi trovata e ricondotta dai familiari nel villaggio, ma per giorni e<br />

giorni continuava ad avere visioni dell’aeroplano, e quest’ultimo tornava nei<br />

suoi incubi sino a quando ella sognò di una danza, di un costume, di suoni e<br />

ritmi di tamburo. Vestita di un abito nero cominciò allora a roteare come<br />

un’elica. Molte donne che avevano assistito a quella danza «nata dal terrore»<br />

credevano di essere state anch’esse prese da un nuovo spirito: se si ammalavano,<br />

si riteneva che «esse fossero possedute dallo spirito dell’aeroplano e potevano<br />

essere curate solo attraverso l’iniziazione all’interno del nuovo rituale» 266 .<br />

Questa donna ha inserito nella prassi del rito una motilità preintenzionale<br />

dalla quale non poteva sottrarsi. È questa una corporeità non voluta ma liberata, che<br />

si manifesta come una catarsi 267 ; è la coreutica di un’esperienza forte e traumatica, non è l’atto<br />

di un volere. È una motilità che freme prima ancora di sapere quello che sta facendo, cosa sta<br />

265<br />

Sulla base di questa dinamica si può elaborare l’interpretazione della «mimesi come strategia di comprensione<br />

del reale» [Beneduce R., op. cit. ,p. 237]. Ma questo lavoro sospende la sostanziale determinazione del “reale”,<br />

cosicché questo non può più divenire un riferimento solido e immutabile per le esplorazioni del corpo. Il reale, come<br />

dice Merleau-Ponty, si costruisce a partire dal fenomeno; il fenomeno a sua volta, come dice Nancy, è una costruzione<br />

operata proprio grazie a quel «co-».<br />

266<br />

Kramer, The Red Fez. Art and Spirit Possession in Africa, London-New York, Verso, 1993, p. 121, cit. in<br />

Beneduce, op. cit., pp. 282-283.<br />

267<br />

Un evento mette in crisi i nostri ordini di pensiero, che non riescono a comprendere quanto è accaduto. La catarsi<br />

è una liberazione che rimette tutto in gioco, compresa la realtà percepita, per rimescolare gli ordini e trovare poi una<br />

nuova soluzione attraverso le proprie ripercussioni corporee, che forniranno i primi elementi per una nuova<br />

interpretazione di “ciò che è accaduto”. Quando tentiamo di elaborare un ordine di idee, «tentiamo di dividerci<br />

artificialmente in corpo e anima. Quando tentiamo di liberarci da tutto ciò ci rimettiamo ad urlare e a scalpitare<br />

scuotendoci convulsamente al ritmo della musica. Nella nostra ricerca di liberazione raggiungiamo il caos biologico.<br />

Soffriamo soprattutto di una mancanza di totalità, che ci porta alla dispersione e alla dissipazione di noi stessi. […]<br />

Lottiamo quindi per scoprire, per sperimentare la verità su noi stessi; per strappar via le maschere dietro le quali ci<br />

nascondiamo ogni giorno» [Grotowski J., op. cit., pp. 295-297]. Sulla funzione della catarsi nei riti di possessione<br />

cfr. Bastide R., Sogno, trance e follia, p. 105.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 166

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