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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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quando nuota, con la terra che pone resistenza al suo scavare. Allora il movimento indeterminato<br />

è anche un gesto sottratto che mostra la nuda compresenza di individuo e ambiente, che articola<br />

il corpo di un essere che è al mondo, e che non potrebbe essere altrove.<br />

Gesti e situazioni non sono altro che gli estremi nominabili di un<br />

connubio inscindibile, di un legame che, una volta instaurato, li istituisce contemporaneamente,<br />

così come crea nello stesso tempo soggetto e oggetto, corpo e mondo, gesto e situazione 259 . Così<br />

come l’amigdala preistorica rispecchia l’intero repertorio dei gesti che l’hanno fatta 260 , allo<br />

stesso modo ogni movimento mostra il vissuto di una residenza, di una situazione scolpita nel<br />

gesto stesso che, al pari di una ruga del viso o di una vecchia cicatrice, racconta una storia<br />

sottratta che non dice alcunché di oggettivo – non sappiamo quale sole e quale vento hanno<br />

scavato la ruga; ci è ignoto il tipo di oggetto che ha ferito la pelle – ma attesta l’esperienza di un<br />

corpo in un avvicendarsi di momenti, espone il suo essere al mondo con una nudità eloquente,<br />

carica di senso. È la pelle della memoria, lo strato sedimentato di tutte le sue articolazioni<br />

vissute, una superficie elastica che mostra le sue possibilità di spaziare, così come nel capitolo<br />

precedente aveva fatto il corpo con le sue spaziature e con i suoi equilibri. La forza di questa<br />

pelle è una nube di sensi che ogni movimento solleva, è la capacità di dispiegare territori su<br />

territori, ognuno con il suo magnetismo che attrae i passi a poggiarvisi, per aprirgli un cammino.<br />

Questa è la via del senso: non un cammino ma un invito ad andare, a tracciare il solco in uno<br />

spazio non realmente presente ma com-presente al corpo. È un luogo della memoria, che il<br />

movimento apre con la tentazione di riabitarlo, quasi fosse una vibrazione, che suonando chiama<br />

a irretire ogni ascoltatore nel suo spazio abitabile.<br />

Gesti e operazioni qui vengono liberati non grazie al ricordo della<br />

compresenza di uno sfondo quotidiano su cui si poggiano: questi possono essere rievocati dal<br />

corpus anche in virtù della sola simbiosi coreutica. Così come la vibrazione ha liberato un<br />

movimento, allo stesso modo ora questo può dispiegare uno sfondo di senso. Allora il rito<br />

sottratto può estendersi oltre i limiti delle oscillazioni, che sembravano essere il solo dato su cui<br />

esso poteva operare una denudazione. Ma tutto sommato è sempre di oscillazioni che stiamo<br />

trattando; queste però ora riverberano nella memoria, trasformando il corpo, ancora una volta. I<br />

partecipanti non si uniscono solo come se fossero degli strumenti capaci di vibrare e ondeggiare:<br />

essi, specialmente quelli al centro, mimano, ricordano gesti, situazioni, pragmatiche contestuali.<br />

Si riferiscono così a una memoria che, prima di rivolgersi alle sue specificità culturali, è<br />

259 Come per Merleau-Ponty è il campo fenomenico ad essere trascendentale, a costituire l’io e il mondo [cfr.<br />

Merleau-Ponty M., op. cit., p. 104], così qui è il legame della connessione a svolgere una funzione trascendentale.<br />

Dapprima individuato nelle vibrazioni, esteso alle ondulazioni, ora questo elemento fondante si estende al legame<br />

tra gesto e situazione.<br />

260 Cfr. Leroi-Gourhan, L’homme et la matiere, p. 310.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 162

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