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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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CAPITOLO 10<br />

La via del senso<br />

Il cammino nella via dei suoni non ha necessitato altro che<br />

vibrazioni e ondulazioni. Oltre la nuda arena oscillatoria si dipartono dei tracciati di senso che<br />

sembrano connaturati nella più intima nudità del corpo, a spalancargli dimensioni più ampie e<br />

complesse dove questo può dirigersi. Un senso nasce dal corpo, ma dal corpo nudo. Allora<br />

questo non sarà un senso compiuto, determinato da un’elaborazione ragionata, ma solo<br />

un’apertura al senso, alla possibilità stessa che il senso ha di istituirsi come tale. Perciò questo<br />

capitolo tratterà del senso aperto dal corpo, e quindi del senso come contatto, come quel tocco<br />

che ha in sé raggiungimento e distanziamento, attrazione e repulsione, focalizzazione e sfocatura,<br />

un movimento che non fa altro che mostrare la sua natura oscillante, avvicinandosi così alle<br />

proprietà delle vibrazioni sonore. La via del senso sottratto, proprio perché non può basarsi su<br />

un’elaborazione concettuale, è un cammino tracciato dalle risonanze tra movimenti simili,<br />

simpatici, affini, la cui consonanza coinvolge la memoria nel gioco delle armonie. Il ricordo qui<br />

non verrà esplorato nelle sue possibilità intenzionali, ma solo nel suo sapere acquisito,<br />

connaturato nel corpo stesso che muovendosi sedimenta una serie di schemi di movimento,<br />

alcuni dei quali sono la forma operativa di un’inerenza contestuale. Seguendo questa riflessione,<br />

il cammino sarà un’esplorazione di spazi situazionali e di modelli archetipici di movimento,<br />

richiamati da una memoria messa in consonanza con un movimento coreutico, arrivando a<br />

distendere nel rito sottratto uno spettro molto vasto di sensi “sospesi”. Ciascuno di essi non verrà<br />

oggettivato e riportato alla sua appartenenza etnica, perché ciò equivarrebbe a vestire il corpo del<br />

suo sapere effettivo, interrompendo così il cammino del rito sottratto. A questo lavoro basterà<br />

nutrirsi delle possibilità di senso aperte dal gesto, non dei suoi significati specifici. Potersignificare<br />

vuol dire distendere lo spazio della memoria, dispiegare quello sfondo che ogni corpo<br />

non può non avere proprio in quanto è tale, perché la sua stessa natura biologica è un<br />

rispecchiamento dell’ambiente 258 , seppure in questa ricerca esso appaia rarefatto e spoglio di<br />

oggetti. Il movimento di un arto non getta luce solo sulle possibilità specifiche delle articolazioni<br />

umane, ma ne svela il connubio originario con l’aria che questo fende, con l’acqua che muove<br />

258 È questa la teoria proposta da Damasio: «per tutelare la sopravvivenza del corpo, la natura […] si imbatté in una<br />

soluzione molto potente: rappresentare il mondo esterno in termini di modificazioni che esso provoca nel corpo»<br />

[Damasio A., L’errore di Cartesio, Adelphi, Milano, 1995, p. 313].<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 161

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