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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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spaziature possibili, dato che queste ora possono irradiarsi da ogni zona del corpo ridimensionato.<br />

La corporeità così raffinata andrà a formare il corpo di un altro risonatore che ancora una volta sarà<br />

sottoposto alle pressioni del rito e di nuovo mostrerà uno spazio di vibrazioni più evidenti, su cui<br />

andrà a concentrarsi, ritrasformandosi ancora una volta. Assunta la nuova forma, il mondo si<br />

ristabilisce su di essa: a uno sguardo che volesse misurare<br />

l’estensione degli spazi questa trasformazione potrebbe<br />

sembrare una restrizione dell’area di spazializzazione, ma<br />

non è affatto così: una porzione ristretta del mondo diviene a<br />

sua volta un mondo se l’occhio che lo guarda è una lente di<br />

ingrandimento. L’ampiezza delle oscillazioni viene<br />

compensata dalla profondità del vortice. La zona areale di<br />

maggior risonanza diviene una finestra su un mondo dove la<br />

danza può immergersi a liberare un’immensità di nuove<br />

forme amplificanti.<br />

Nello stesso modo in cui era<br />

stato denudato all’inizio del rito, il corpo della danza non<br />

smette di sottrarsi ad ogni passo del cammino: ogni<br />

vibrazione ne sospende la forma per portarlo ad<br />

assumerne un’altra, mai del tutto formata, sempre in transito nel territorio della sua stessa<br />

cavità risonante. Sostituendosi a un’area di vibrazioni, l’arealità occupata è il luogo che il<br />

corpo di volta in volta percorre con nuovi passi, trasformandosi esso stesso in questo spazio,<br />

per confondersi e sottrarsi ancora nello sfondo adatto a una nuova risonanza, a una nuova<br />

informazione sempre più raffinata 252 . Ogni passaggio mostra la distanza dalle tappe precedenti:<br />

il corpo continua a muoversi, a cambiare forma, mortificando ogni tentativo fissazione da parte<br />

di un soggetto o di un volere, che per essere tale ha bisogno di posare lo sguardo, almeno per<br />

un attimo, su uno sfondo fermo. Ora lo sfondo è il corpo danzante stesso, scosso e nutrito dal<br />

flusso vorticoso in cui scorrono le forze del rito, che gli donano la linfa con cui esso potrà<br />

generare le sue forme.<br />

Il corpus intero è un insieme di risonatori cangianti: è una camera<br />

d’eco fatta di casse di risonanza plastiche. Alcuni operatori – plastici e risonanti anch’essi – la<br />

252 Raffinare un movimento non vuol dire farlo “più bello”, introducendo schemi stilistici che rispondano a un<br />

principio estetico. Per raffinatezza qui si intende qualcosa di vicino all’essenzialità di un movimento, al suo infinito<br />

processo di semplificazione pragmatica. Non si tratta insomma di compiere dei gesti aggraziati ma di fare<br />

esattamente il contrario: semplificare un movimento, liberarlo da ogni giudizio estetico per rispondere così a uno<br />

stato di inerenza più profondo, a un’occupazione più aderente di una zona vibrante, tutto ciò esalta l’efficacia del<br />

gesto stesso, la sua forza impressionante e contagiosa.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 154

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