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minime all’interno di una cornice ritmica sempre più accelerata e tesa. Così il vettore –non il<br />
vertice- dei movimenti centrali diviene più chiaro, puntando a una profondità scandita dalle<br />
tensioni musicali, che si ripercuotono nel corpo danzante attraverso la realizzazione di forme<br />
sempre nuove e mutevoli, di risonanze sempre più raffinate e impressionanti.<br />
Improvvisazioni<br />
In questa liberazione di attività, in uno stato non più controllato da<br />
alcun volere ma rispondente solo all’adesione con il contatto istituito dalle vibrazioni, il corpo<br />
improvvisa. Esso genera forme non propriamente formate, che non sono pre-determinate dal<br />
sapere del danzatore, ma sono in formazione, la cui realizzazione è nell’atto stesso di passare da<br />
un momento a un altro, nel passaggio, è un agire-tra, non è un fissarsi su una forma, anche<br />
perché la dinamica stessa del flusso di forze acustiche sospende ogni possibilità di riferimento a<br />
un termine fisso, immutato nel tempo. L’unico elemento su cui il corpo torna a centrarsi è la<br />
ciclicità dell’oscillazione, sebbene questa possa essere seguita secondo le corporeità più<br />
differenti. Allora le improvvisazioni possono essere intese come un’oscillazione tra una forma<br />
“formata” e una “in-formazione”, che non si ripete mai 245 . A ciò corrisponde una messa-in-gioco<br />
dei termini «creazione» e «tradizione». Il repertorio rituale e la sua strutturazione costituiscono<br />
un insieme di codici tradizionali che, messi in atto, sono le prime forme che si diffondono su tutti<br />
i partecipanti. La tradizione perciò offre una prima scansione, la forma di un’onda che<br />
attraverserà tutti i presenti e che ne orienterà le loro risonanze originali, creative, il loro agire nel<br />
territorio acustico disteso dai codici prefissati.<br />
Le improvvisazioni gettano il corpo in un’infinità di percorsi rituali,<br />
ma questo prosegue solo quelli che si accordano con<br />
le forme tradizionali. Allora vi può essere un<br />
proseguimento creativo, un’improvvisazione su un<br />
ritmo o su un canto, una liberazione di forme che<br />
partono e tornano ai modelli tradizionali, scavando la<br />
via dei suoni nel cammino rituale. Si crea così un<br />
andirivieni di oscillazioni tra tradizione e creazione,<br />
ognuno dei quali disegna un giro della spirale<br />
centripeta 246 . La dinamica oscillatoria che si viene a<br />
245 Cfr. Giannattasio F., op. cit., p. 201.<br />
246 É proprio questa oscillazione che, sciogliendosi dall’intenzionalità di un soggetto, si libera dalla trappola della<br />
visione paradossale in cui i termini di tradizione e creazione si contraddicono [Cfr. Leroi-Gourhan A., Il gesto e la<br />
parola, p. 268].<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 150