11.06.2013 Views

IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

ostensivi e delle oggettivazioni che qui sono sospese: «possessione da parte di … nei confronti<br />

di…» 237 – ma uno stato di transito 238 in un luogo di nessuno, dove vi è la nudità di un corpo che si<br />

muove nella musica, la cui ciclicità ipnotica trasforma il tempo in uno spazio da percorrere. In<br />

questo luogo il corpo centrale porta con sé tutto il rito, grazie al contatto mantenuto tra tutti i<br />

partecipanti in virtù delle oscillazioni. Il ciclo di attrazione e ritrazione proprio del contatto, diffuso<br />

nei corpi, gli dona la forza di un movimento collettivo. Questi permettono al contatto di assumere<br />

una direzione, una tendenza orientata da una certa tipologia areale. L’urgenza di una rispondenza<br />

del corpo danzante alle vibrazioni continue e sempre differenti delle pressioni perimetrali fa sì che<br />

ogni percezione altra da questa simbiosi venga sacrificata. Così il corpo mantiene da sé, in virtù<br />

delle sue nude proprietà, l’andatura nel cammino rituale. Questo distanziarsi da ogni intenzionalità,<br />

che sospende ogni soggetto attraverso l’atto, può essere compreso meglio se si considera ciò che<br />

accade ad ogni corpo quando è sottoposto a pressioni diverse e stancanti. Si pensi al lavoro degli<br />

atleti, che devono mantenere uno schema motorio sacrificando tutto ciò che non è utile alle azioni<br />

stesse, al loro sguardo in trance durante una maratona e all’importanza di assecondare un ritmo nel<br />

respiro, capace di accordarsi all’andatura, per fondersi ancora di più con essa e non sentire più il<br />

peso della fatica. Si pensi anche ai tanti studi sul lavoro degli attori e dei danzatori 239 , ai loro<br />

tentativi di muoversi in un territorio privo di giudizi estetici, affinché il loro corpo possa liberare<br />

gesti e azioni senza il filtro deformante del proprio ego: anche per loro, la comprensione della<br />

stanchezza diviene un aspetto fondamentale. Chi non pratica attività del genere si rapporta alla<br />

fatica del corpo come a un limite in cui rimanere al di sotto, evitando di superarlo per paura di<br />

sentirsi male, ma forse questa è la paura di mandare a morte la propria soggettività, il proprio<br />

controllo cosciente nelle azioni. Il lavoro degli atleti, degli attori e dei danzatori invece si basa su<br />

una concezione della stanchezza ben differente: questa delimita una zona di confine che è<br />

necessario superare al più presto 240 , per fondere il proprio corpo nel ritmo dell’andatura, per<br />

renderlo una cosa sola con l’ambiente collettivo, scenico, partecipativo, con il corpus del rito.<br />

È comprensibile che un corpo così sottratto, per riuscire a<br />

proseguire il cammino rituale, debba aver maturato una grande esperienza. Altrimenti sarebbe fin<br />

Come si vede, la denotazione non rimane solo nell’ambito di una logica formale ma i suoi effetti giungono ovunque<br />

si tenti una spiegazione. Nel nostro caso, è il termine «possessione» a rivelare un eccesso grammaticale.<br />

237 Rouget definisce la possessione, proprio in virtù dei suoi caratteri ostensivi, come una trance «identificatoria», in<br />

cui i partecipanti ricercano il nome della divinità incarnata. [Cfr. Rouget G., op. cit., p. 44].<br />

238 La trance può anche mantenersi a lungo in questo luogo sottratto da ogni soggetto. In questo caso, molti studiosi<br />

qualificano questo stato con il nome di «erè». [Cfr. Ivi, p. 72].<br />

239 Qui basterà menzionare l’antropologia teatrale di Grotowski e Barba, concentrata sull’individuazione dei caratteri<br />

pre-espressivi della corporeità umana, nonché le tecniche per la loro emersione.<br />

240 A tale proposito, è interessante menzionare un commento di Grotowski a tale proposito: «il fatto che il lavoro sia<br />

stancante è assolutamente indispensabile. Spesso dovete sentirvi completamente esausti al fine di rompere qualsiasi<br />

resistenza mentale e cominciare a recitare con verità» [Grotowski J., op. cit., p. 274].<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 147

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!