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11.06.2013 Views

formazione di un circolo, riuscendo a mettere in forma gli elementi espressivi che comporranno il rito nel cortile. Percussionisti e cantanti guardano all’altare come al loro centro, disponendo le attenzioni nella direzione comune del loro sguardo e del loro agire. L’identica relazione con l’altare fa sì che l’espressione verbale della preghiera e l’espressione musicale delle poliritmie dei batá trovino una loro prima comunanza, che gradualmente si farà sempre più ricca di consonanze. Il circolo rituale Le fasi successive si svolgono in un cortile, dove si crea il circolo rituale vero e proprio. La figura centrale, il punto focale delle invocazioni e delle preghiere ritmiche, viene assunta dai danzatori. Essi si muovono al centro, che è il luogo dove convergono tutte le forze del circolo. Questo viene messo sotto pressione, impressionato dai canti, dai ritmi e dall’incitazione corale, che premono sul corpo dei danzatori a reclamare nuove forme coreutiche. Il perimetro guarda al centro e allo stesso tempo ne mantiene una distanza, tracciando così il terreno delle improvvisazioni coreutiche, una zona protetta di espressioni extra-quotidiane, di corporeità non comuni. Senza la barriera perimetrale, queste espressioni potrebbero disperdere le loro risonanze, che finirebbero con l’essere fraintese dalle percezioni accidentali dei non-partecipanti. Allora il senso di un centro senza il circolo –un senso non ancora sensato- verrebbe subito indicato come “folle”, fuori da ogni luogo quotidiano perché non protetto, non incorniciato dal rito. Le attività centrali sarebbero facili prede della repressione o dell’allontanamento da parte della comunità locale. Per essere accettate, queste devono far parte del rito innanzitutto come corpus organizzato e protetto in un perimetro chiuso. Il corpus focalizza al centro del circolo poiché sarà il centro stesso a fungere da vertice tracciante del suo cammino. Ora il circolo è organizzato secondo lo schema che segue: IL RITO SOTTRATTO 144

Per gentile concessione di Antonio Baiano I corpi tutti, esponendosi alle vibrazioni dei movimenti suonati e danzati, fanno corpus. Le vibrazioni scandiscono il loro toccarsi, la loro formazione unitaria in un cerchio rituale, che è l’unione riverberante delle forze del rito. L’intreccio tra danza, canto e ritmo è strutturato secondo una figura centripeta dalla quale è possibile vedere il centro in ogni posizione. Questa si approssima a un cerchio, che è la figura di tutti i punti equidistanti da un unico riferimento. Il perimetro così composto accerchia la danza, per amplificarla con le risonanze delle sue spaziature collettive ma anche per proteggerla dai suoi eccessi creativi, che porterebbero il danzatore a muoversi in direzioni tangenziali a quelle circoscritte dal corpus. Il centro è sotto-pressione: sta liberando forme a partire dai molti riverberi perimetrali, dalle vibrazioni delle voci e dei tamburi. L’aggettivo “coreutico” non indica la danza propriamente detta – danza africana, cubana, salsa, samba, ecc. – ma una danza sottratta dalle sue forme codificate. È questa la ripercussione di un corpo, strumento del movimento, alle pressioni del circolo. Coreutica è la sinestesia che si instaura tra la percezione e l’elaborazione cinetica. Così come l’ascolto può fare da base percettiva a una rappresentazione grafica 235 , allo stesso modo questo può fungere da riferimento per una liberazione coreutica che, a forza di esplorare con il movimento la ciclicità 235 Si consultino a tale proposito gli esperimenti di Willmann, Cowles e Krauss, riportati in Merriam A., op. cit., pp. 102-106. IL RITO SOTTRATTO 145

formazione di un circolo, riuscendo a mettere in forma gli elementi espressivi che comporranno il<br />

rito nel cortile. Percussionisti e cantanti guardano all’altare come al loro centro, disponendo le<br />

attenzioni nella direzione comune del loro sguardo e del loro agire. L’identica relazione con<br />

l’altare fa sì che l’espressione verbale della preghiera e l’espressione musicale delle poliritmie dei<br />

batá trovino una loro prima comunanza, che gradualmente si farà sempre più ricca di consonanze.<br />

Il circolo rituale<br />

Le fasi successive si svolgono in un cortile, dove si crea il circolo<br />

rituale vero e proprio. La figura centrale, il punto focale delle invocazioni e delle preghiere ritmiche,<br />

viene assunta dai danzatori. Essi si muovono al centro, che è il luogo dove convergono tutte le forze<br />

del circolo. Questo viene messo sotto pressione, impressionato dai canti, dai ritmi e dall’incitazione<br />

corale, che premono sul corpo dei danzatori a reclamare nuove forme coreutiche. Il perimetro guarda<br />

al centro e allo stesso tempo ne mantiene una distanza, tracciando così il terreno delle<br />

improvvisazioni coreutiche, una zona protetta di espressioni extra-quotidiane, di corporeità non<br />

comuni. Senza la barriera perimetrale, queste espressioni potrebbero disperdere le loro risonanze, che<br />

finirebbero con l’essere fraintese dalle percezioni accidentali dei non-partecipanti. Allora il senso di<br />

un centro senza il circolo –un senso non ancora sensato- verrebbe subito indicato come “folle”, fuori<br />

da ogni luogo quotidiano perché non protetto, non incorniciato dal rito. Le attività centrali sarebbero<br />

facili prede della repressione o dell’allontanamento da parte della comunità locale. Per essere<br />

accettate, queste devono far parte del rito innanzitutto come corpus organizzato e protetto in un<br />

perimetro chiuso. Il corpus focalizza al centro del circolo poiché sarà il centro stesso a fungere da<br />

vertice tracciante del suo cammino. Ora il circolo è organizzato secondo lo schema che segue:<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 144

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