You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
CAPITOLO 9<br />
La via dei suoni<br />
L’altare<br />
Il rito si sottrae già nella stanza dell’altare. Prima le preghiere<br />
individuali e poi quelle collettive danno voce a quei corpi che poi diventeranno coro e cantante<br />
solista. Gli omaggi collettivi sollevano i partecipanti dalle loro molteplici intenzionalità e li posano<br />
a comporre un elemento corale dalle espressioni sincroniche. Tutti sono protesi all’ascolto del<br />
sacerdote che prega, per rispondere all’unisono. Allo stesso modo l’intenzionalità del sacerdote<br />
viene sottratta dalla sua stessa voce: il suo corpo si sorprende nel canto, che lo orienta a raffinare le<br />
risonanze vocali e il repertorio degli omaggi verbali, che diffonde nei presenti attorno a lui. La<br />
preghiera diffonde le oscillazioni rarefatte delle parole e le vibrazioni vocali, avviando una prima<br />
strutturazione del rito, che già assume un elemento centrale e una risonanza corale.<br />
Con l’oru de igbodu cominciano gli omaggi ritmici all’altare. I ritmi<br />
sacri formano i percussionisti in un corpus unico di tre elementi. Una nuova via espressiva entra<br />
nel rito, imparentandosi col canto e con il coro per via dell’identica relazione nei confronti<br />
dell’altare. Questo funge da centro, non perché irradia una vibrazione, ma perché fa da perno alla<br />
Per gentile concessione di Antonio Baiano<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 143