IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr
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- la via del senso, che si rivolgerà a tutto il repertorio dei gesti e delle situazioni che vengono richiamate nel rito dalla memoria del corpus. Queste non possono emergere se non rispondono comunque a una sincronizzazione con le vibrazioni, ma una volta richiamate distendono una rete di situazioni e di sensi sempre più grande. Sarà il connubio con la via dei suoni a orientare lo spettro dei sensi verso quei significati percorribili fino alla fine del rito. Prima di compiersi nella loro vestizione grammaticale, questi contenuti sono sottratti dalla loro stessa incarnazione, si danno solo in forma di azioni che, come vettori o archetipi, dirigono il corpo del danzatore verso la sua realizzazione finale. Situazioni rievocate ed archetipi motori mostrano la possibilità di tracciare uno spazio di senso non ancora sensato in cui potersi muovere ed attuare una tecnica umanamente valida ed efficace di connessione, capace di valicare i limiti etnici delle culture. I due capitoli mostrano due aspetti compresenti in ogni fase del rito. La loro divisione si deve al fatto che questi seguono due dinamiche opposte di svolgimento: a un movimento centripeto delle risonanze corrisponde una diffusione centrifuga di dimensioni di senso. Con ciò si esplora la totalità-plurale e l’unità-singolare di questa modalità d’essere, superandone il paradosso. Questi due movimenti alla fine del lavoro verranno ricongiunti a costruire un unico cammino, capace così di mostrare lo svolgersi del rito sottratto nella sua singolare pluralità. IL RITO SOTTRATTO 142
CAPITOLO 9 La via dei suoni L’altare Il rito si sottrae già nella stanza dell’altare. Prima le preghiere individuali e poi quelle collettive danno voce a quei corpi che poi diventeranno coro e cantante solista. Gli omaggi collettivi sollevano i partecipanti dalle loro molteplici intenzionalità e li posano a comporre un elemento corale dalle espressioni sincroniche. Tutti sono protesi all’ascolto del sacerdote che prega, per rispondere all’unisono. Allo stesso modo l’intenzionalità del sacerdote viene sottratta dalla sua stessa voce: il suo corpo si sorprende nel canto, che lo orienta a raffinare le risonanze vocali e il repertorio degli omaggi verbali, che diffonde nei presenti attorno a lui. La preghiera diffonde le oscillazioni rarefatte delle parole e le vibrazioni vocali, avviando una prima strutturazione del rito, che già assume un elemento centrale e una risonanza corale. Con l’oru de igbodu cominciano gli omaggi ritmici all’altare. I ritmi sacri formano i percussionisti in un corpus unico di tre elementi. Una nuova via espressiva entra nel rito, imparentandosi col canto e con il coro per via dell’identica relazione nei confronti dell’altare. Questo funge da centro, non perché irradia una vibrazione, ma perché fa da perno alla Per gentile concessione di Antonio Baiano IL RITO SOTTRATTO 143
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