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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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generale, che ubbidisce sempre alla stessa dinamica dei suoni, la cui diffusione sferica fa<br />

risuonare tutti i corpi che ne subiscono l’onda. Il contatto risonante può generare un’armonia<br />

diretta, ovvero può diffondere la stessa forma oscillatoria anche nei domini delle corporeità<br />

acquisite, oppure può interrompere quella specifica forma, pur continuando a diffondere la<br />

vibrazione secondo ondulazioni diverse, che nondimeno risuonano in armonia con lo stimolo<br />

oscillatorio di partenza e che quindi possono a loro volta richiamare nel rito una memoria<br />

operativa compatibile alle oscillazioni. Questo aspetto diviene più chiaro nel momento in cui<br />

ricordiamo di essere immersi in un pensiero sottratto da ogni soggetto intenzionale. Seguendo il<br />

solo potere delle forze del rito, il corpo non vede alcuna differenza tra l’evocazione e la<br />

convocazione, perché il richiamo del ricordo è di fatto una convocazione nel corpus, una sua<br />

riattuazione.<br />

Il riverbero è la forza capace di comporre e amplificare i legami<br />

areali. Le forze del rito attraverso il riverbero creano una simbiosi che ora può dirsi anche<br />

simbolica, un’unione di forze che si amplificano tra di loro, estendendosi ai territori dei gesti<br />

acquisiti dalla prassi comune 215 . La risonanza non è riducibile al potere delle singole forze<br />

separate ma centra l’attenzione sul tutto della connessione, che mostra un legame più potente<br />

della somma delle sue parti 216 . Questa amplificazione simbiotica proietta attorno alla motilità dei<br />

corpi uno spazio nel quale aderire, un territorio che dapprima è solo acustico, ma che poi si<br />

colora delle analogie con altri contesti, che accolgono la danza a modellarne le ondulazioni. Lo<br />

spazio è extra-quotidiano: il danzatore si muove nel cortile ma la sua danza irradia un terreno<br />

nuovo attorno al corpus. I movimenti che aprono a queste dimensioni sono potenzialmente<br />

assimilabili a dei gesti, sono sottoposti alla risonanza con la gestualità rarefatta delle parole nel<br />

canto e arricchiscono lo spazio di situazioni e contesti esperenziali, messi tra virgolette. Il cortile<br />

può trasformarsi in un mare, ma in un “mare” danzato, cantato, risuonato. Questa è una nuova<br />

esperienza scaturita dal connubio tra una situazione ricordata e un corpo che vi danza dentro. La<br />

pratica tradizionale dei riti non è altro che una reiterazione di queste forme di inerenza, un<br />

rievocare quella che finora è stata qualificata come una nuova esperienza al solo scopo di<br />

215 Questo passaggio è stato compreso fin da subito da Durand, seppure in direzione inversa: egli, citando Bachelard,<br />

perviene alla natura risonante del simbolo: «Si può dire che il simbolo non faccia parte del territorio della<br />

semiologia, ma del settore di una semantica speciale, che cioè possiede più di un senso artificialmente dato, ma<br />

detiene un essenziale e spontaneo potere di risonanza» [Durand G., Le strutture antropologiche dell’immaginario,<br />

Dedalo Libri, Bari, 1972, p. 22 (corsivo mio)].<br />

216 Questo legame è la risonanza stessa, assunto non nelle sue proprietà formali, ma nella sua forza. Sempre guidato dai<br />

contributi di Bachelard, Durand prosegue la sua interpretazione del simbolo: «i simboli non devono essere giudicati dal<br />

punto di vista della loro forma […] ma della loro forza», pervenendo così al cuore della nostra analisi sottratta, quello<br />

di un «movimento senza materia», costitutivo della natura degli archetipi come vettori, come costanti di una<br />

«direzione», non di «un punto nello spazio immaginario» [Ivi, p. 37. Le citazioni sono tratte da Bachelard G., L’Eau et<br />

les rêves, Corti, Paris, 1942, p. 161 e La Terre et les rêveries du repos, Corti, Paris, 1948, p. 60].<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 131

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