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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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tratti distintivi di quella persona, ma è l’intera corporeità relativa all’esperienza del conoscere<br />

quel “qualcuno”. La parola porta con sé la gestualità di un’esperienza: il loro legame è stabilito<br />

da un dispositivo riverberante sui generis. È come se la parola svelasse al corpo un’oscillazione,<br />

che è il movimento gestuale racchiuso in essa 204 , trasformato in forma fonetica. La verbalità non<br />

è imparentata direttamente con la gestualità, ma simbolicamente, attraverso complessi riverberi<br />

negli spazi del linguaggio. Il gesto in questo caso si diffonde nei corpi non attraverso il<br />

movimento toccante delle vibrazioni o delle ondulazioni ma tramite una parola, una gestualità<br />

rarefatta al punto che sembra perdere la natura dinamica di un movimento. Se invece riuscissimo<br />

a cogliere nella parola l’impressionante condensato di motilità che essa è capace di suscitare 205 ,<br />

allora essa apparirebbe propriamente informativa, capace cioè di armonizzarsi a un movimento<br />

che in quanto tale può far vibrare chi si immette nel suo ascolto. Ciò che il simbolo evoca, o ciò<br />

che la parola significa, prima ancora di essere determinato da concetti o da oggettivazioni della<br />

ragione, è uno spettro di per sé informe, la cui forma dipende dal legame che esso attiva con chi<br />

ne viene percorso. Ogni partecipante all’ascolto si lega alla parola con la forma del suo vissuto,<br />

donandogli il corpo di un’esperienza – o la corporeità di un’assenza –, che nella comunicazione<br />

come nel rito è un corpus, un insieme aperto di gesti e di pratiche, di sensi comuni. La rete che<br />

ne viene su è stabilita dalle connessioni diramate tra una vibrazione e una gestualità rarefatta.<br />

L’evocazione allora assume la forma di un’armonizzazione: ricevendo una parola, il corpo la<br />

accoglie nella sua cavità così come un suono farebbe in una camera d’eco. Essendo un gesto<br />

rarefatto, la parola non porta con sé una motilità specifica tale da mettere in quella forma i corpi:<br />

di per sé la parola non significa nulla, non dispone di una corporeità sciolta da ogni corpo<br />

risonante. Essa può evocare tutta quella serie di gesti e di usi – che sono i significati “possibili”<br />

della parola – che la cavità del partecipante sa far vibrare in sé come le sue possibilità gestuali,<br />

tracciando i limiti delle inerenze situazionali, i contorni sfumati del senso comune a un corpus 206 .<br />

L’informazione diviene il nucleo del movimento; il farsi di un<br />

legame riverberante è il centro di ogni trasformazione, che ogni volta si sottrae all’immobilismo<br />

di un senso per mostrare la sua nudità come un continuo spogliarsi 207 , come un movimento<br />

infinito nel cammino del senso, non nel suo fissarsi in una forma sensata. La cavità umana che fa<br />

204 Cfr. Sini C., op. cit., p. 17.<br />

205 É proprio grazie a questa motilità che la parola completa la comunicazione: «La parola è un autentico gesto e<br />

contiene il proprio senso allo stesso modo in cui il gesto contiene il suo. É ciò che rende possibile la<br />

comunicazione» [Merleau-Ponty M., op. cit., p. 254].<br />

206 Il senso stesso, una volta sottratto, perde la sua idealità concettuale per rarefarsi, assumendo una consistenza che<br />

Wittgenstein paragona all’«atmosfera». Cfr Wittgenstein L., Ricerche Filosofiche, p. 67, § 117.<br />

207 La denudazione è continua perché il senso non smette mai di sottrarsi. Come un’attrazione magnetica, l’invito al<br />

contatto è una denudazione continua che più tocca la nudità, più questa si sottrae, mostrando la sua separazione e la<br />

sua impossibilità a fondersi in un’unità. Questo gioco di contatto e distanza, come i poli magnetici, fanno della<br />

denudazione un processo di infinita attrazione. Cfr. Nancy J. – L., Il pensiero sottratto, p. 21.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 126

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