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dinamica del simbolismo ubbidisce alle modalità connettive di un dispositivo acustico: il simbolismo può essere allora definito come una modalità di risonanza che, superando le qualità fisiche delle onde sonore per estendersi alle multivoche oscillazioni di un corpo umano, irretisce al suo passaggio anche i sensi connessi a tali dimensioni, che così possono confondersi l’uno nell’altro. Sarà interessante allora reinterpretare il simbolismo secondo questo ripensamento mediato dall’ascolto. Qui verrà presa in esame una teoria strutturalista 199 del simbolismo, quella di Dan Sperber, mostrandone le affinità con la prospettiva emersa in questo lavoro. I momenti cruciali della sua esposizione sono introdotti da queste premesse: Il trattamento simbolico sembrerebbe infatti comportare due aspetti: da un lato, uno spostamento dell’attenzione o focalizzazione; dall’altro una ricerca nella memoria o evocazione 200 . Dal nostro punto di vista, lo spostamento dell’attenzione è assimilabile all’inerenza corporea con un ambiente e alla messa-in-forma che ne consegue: per esempio, una musica provoca un ondeggiare del corpo, sottoponendolo a una scansione che modula e orienta il suo guardare, liberando un vettore, una protensione verso un punto di fuga che è può essere colto solo dalla residenza in quel luogo connettivo. L’appartenenza a quello spazio risonante è resa possibile dalla forma ritmica o melodica su cui il corpo si poggia, marcandone gli accenti con dei movimenti. La forma dinamica del corpo viene orientata da questa inerenza, da questa messa in risonanza con alcuni tratti musicali, che sono come dei punti di attrazione gravitazionale per gli equilibri del movimento. Su queste basi ristabilite si può intendere un nuovo movimento delle focalizzazioni e una originale modulazione delle attenzioni. Diverso è il caso dell’evocazione: Sperber la definisce come “una ricerca nella memoria”, lasciando quasi intendere che questa sia un’operazione attuata da un soggetto intenzionale. Però egli si affretta a precisare quanto segue: Le informazioni memorizzate dall’individuo vengono a un dato momento distribuite in due gruppi: le une sono mobilitate dall’attività intellettuale e costituiscono la memoria attiva; le altre, molto più numerose, non intervengono in quella attività e costituiscono la memoria passiva 201 . 199 Lo strutturalismo è una corrente antropologica che tenta di elaborare una struttura universale del pensiero attraverso l’analisi comparata delle forme di pensiero delle società etniche con quelle dell’Occidente. Per approfondimenti, cfr. Ciattini A., Antropologia delle religioni, Carocci, Roma, 1998, pp. 98-115. 200 Sperber, D., op. cit., p. 116. 201 Ibidem. IL RITO SOTTRATTO 124

Il richiamo alla memoria viene strutturato secondo due tipologie di incorporazione: da un lato ci sono le forme sincroniche, compresenti all’ambiente sonoro nei gesti che riflettono le focalizzazioni dei molti tratti musicali. Queste si manifestano come accentuazioni di un’ondulazione generale, scandita dai passi; sono la “memoria attiva” di un corpo nudo, che persegue proprio quello stile di movimenti aperto dalla sua rispondenza a certi accenti. Un legame del genere non dà origine a una forma immutabile ma può essere inteso meglio come un’ancorarsi attorno a un punto prospettico, a un perno su cui è possibile sviluppare continue trasformazioni. Le informazioni della memoria passiva invece possono essere assimilate a un sapere corporeo inalienabile, perché il corpo conosce ogni volta che si conforma alla natura dell’ambiente in cui risiede, incorporandolo, immergendosi in esso e nutrendosi dei suoi giochi dinamici. Ritrovando un’armonia in questo spazio, il corpo si espone a un nuovo mondo e a un nuovo vissuto. Queste esperienze vanno a costituire il suo sapere, la sua memoria, che diviene passiva solo in quanto non trova una risonanza con la forma che lo sta attraversando, ma ciò non esclude che in seguito potrebbero connettersi tra loro, trovare un accordo. Se l’inerenza con alcuni tratti sonori è capace di generare uno schema motorio che a sua volta si lega alla corporeità di un vissuto precedente, ecco allora che il senso di questo vissuto viene riattivato, selezionato all’interno della “memoria passiva”: Arriva una nuova informazione: sento nominare qualcuno che conosco. Le informazioni raccolte nella memoria passiva e riguardanti direttamente quella persona […] passano almeno in parte dalla memoria passiva alla memoria attiva 202 . Questo “sentir nominare qualcuno che conosco”, nel rito è un sentire 203 , non è un’informazione “nuova” ed “altra” dalle attività che il corpo sta liberando: questa proviene dalla stessa dimensione nella quale esso è irretito e risuona con la sua memoria acquisita e/o con quella di una parte corale del corpus. Nel momento dell’azione rituale l’informazione risiede nel movimento stesso. Il suggerimento arriva da un elemento che può dirsi “esterno” in quanto non proviene da un atto intenzionale: è fuori dalla volontà del soggetto ma si dà nella sua motilità. “Sentir nominare qualcuno” è un’informazione verbale: se quel “qualcuno” è un conoscente, allora se ne conserva un’informazione nella memoria, che non è un insieme di 202 Ivi, pp. 116-117. 203 “Sentire” è qui inteso nell’accezione dell’estetica filosofica. IL RITO SOTTRATTO 125

Il richiamo alla memoria viene strutturato secondo due tipologie di<br />

incorporazione: da un lato ci sono le forme sincroniche, compresenti all’ambiente sonoro nei<br />

gesti che riflettono le focalizzazioni dei molti tratti musicali. Queste si manifestano come<br />

accentuazioni di un’ondulazione generale, scandita dai passi; sono la “memoria attiva” di un<br />

corpo nudo, che persegue proprio quello stile di movimenti aperto dalla sua rispondenza a certi<br />

accenti. Un legame del genere non dà origine a una forma immutabile ma può essere inteso<br />

meglio come un’ancorarsi attorno a un punto prospettico, a un perno su cui è possibile sviluppare<br />

continue trasformazioni.<br />

Le informazioni della memoria passiva invece possono essere<br />

assimilate a un sapere corporeo inalienabile, perché il corpo conosce ogni volta che si conforma<br />

alla natura dell’ambiente in cui risiede, incorporandolo, immergendosi in esso e nutrendosi dei<br />

suoi giochi dinamici. Ritrovando un’armonia in questo spazio, il corpo si espone a un nuovo<br />

mondo e a un nuovo vissuto. Queste esperienze vanno a costituire il suo sapere, la sua memoria,<br />

che diviene passiva solo in quanto non trova una risonanza con la forma che lo sta attraversando,<br />

ma ciò non esclude che in seguito potrebbero connettersi tra loro, trovare un accordo. Se<br />

l’inerenza con alcuni tratti sonori è capace di generare uno schema motorio che a sua volta si<br />

lega alla corporeità di un vissuto precedente, ecco allora che il senso di questo vissuto viene<br />

riattivato, selezionato all’interno della “memoria passiva”:<br />

Arriva una nuova informazione: sento nominare qualcuno che conosco. Le<br />

informazioni raccolte nella memoria passiva e riguardanti direttamente quella<br />

persona […] passano almeno in parte dalla memoria passiva alla memoria<br />

attiva 202 .<br />

Questo “sentir nominare qualcuno che conosco”, nel rito è un<br />

sentire 203 , non è un’informazione “nuova” ed “altra” dalle attività che il corpo sta liberando:<br />

questa proviene dalla stessa dimensione nella quale esso è irretito e risuona con la sua memoria<br />

acquisita e/o con quella di una parte corale del corpus. Nel momento dell’azione rituale<br />

l’informazione risiede nel movimento stesso. Il suggerimento arriva da un elemento che può dirsi<br />

“esterno” in quanto non proviene da un atto intenzionale: è fuori dalla volontà del soggetto ma si<br />

dà nella sua motilità. “Sentir nominare qualcuno” è un’informazione verbale: se quel “qualcuno”<br />

è un conoscente, allora se ne conserva un’informazione nella memoria, che non è un insieme di<br />

202 Ivi, pp. 116-117.<br />

203 “Sentire” è qui inteso nell’accezione dell’estetica filosofica.<br />

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