IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr
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situazione nuova potesse scalzare il fatto del rito. La liberazione di una tale corporeità situazionale è innanzitutto generata da un connubio con la musica e con la danza, non dalla percezione di una situazione ordinaria in cui ci si trova immersi. Tutto si svolge all’interno del rito e ciò basta a marcare le differenze con le corporeità quotidiane. Ma la parentela è assimilata, l’ondulazione danzata ricorda un gesto, che a sua volta evoca un’azione compiuta in una situazione differente, nello stesso modo in cui una parola riesce a evocare il contesto sul quale essa può inerire, acquistando il suo senso 192 . Ecco sbocciare un’altra trasformazione: il linguaggio stesso, mostrando la sua appartenenza alla natura dei movimenti, evoca dal suo interno il paesaggio di senso su cui si muove, emergendo come prassi significante. Questa dona un senso alla parola: senza il suo movimento pragmatico la parola non potrebbe esistere, o sarebbe slegata da tutto il resto 193 . Oppure potrebbe avere ogni significato possibile, o meglio: privata dei gesti, degli usi e delle situazioni ad essa legate, la parola non significherebbe più nulla. Dal suono, esteso alla danza, riverberato nel movimento, compiuto nell’azione, si è giunti a coinvolgere lo stesso linguaggio. Questo non può più essere inteso come un insieme di significanti che, connesso a un corrispondente insieme di concetti determinati, basta a sé stesso, si dona da sé la sua ragion d’essere. Il linguaggio in questa prospettiva assume una forma del tutto diversa: esso è un complesso aperto di parole che rimanda a un complesso altrettanto esteso di usi gestuali, di esperienze di motilità, di messe-in-forma che assumono il controllo del corpo nel momento in cui questo vive un’esperienza nuova, quando apprende un nuovo uso, un nuovo significato, movimento, gesto o parola che sia 194 . Tutti questi aspetti, sebbene mostrino una natura tutta loro, differente dalle dinamiche del riverbero, qui emergono come i tracciati evocativi che i suoni hanno impresso nei corpi del rito. L’evocazione rimanda, ex-voce, ad altro dalla voce sonora: tutto il canale fonetico diffonde il suo riverbero oltre il dominio acustico, per via della sua stessa natura vibratoria. Questo spazio ulteriore è il gesto dischiuso dalla parola messa-in-voce 195 . 192 Il significato di una parola in Wittgenstein è la sua incorporazione nel linguaggio, che avviene attraverso un uso, che a sua volta chiama in causa tutto il sistema di regole su cui si poggia il senso delle pratiche comuni. Insomma, apprendendo una parola, ci si radica in una forma di vita. Cfr. Wittgenstein L., Della certezza, p. 13, § 61. 193 Wittgenstein L., Ricerche Filosofiche, p. 126, § 271. 194 Ivi, p. 160, § 401. 195 Il linguaggio stesso è definito da Leroi-Gourhan come «un unico fenomeno mentale, fondato neurologicamente su territori connessi ed espresso insieme dal corpo e dai suoni» [Leroi-Gourhan A., Il gesto e la parola,, p. 465]. IL RITO SOTTRATTO 122
Avviene un rimando ad altro, a dei sensi che giungono da un’altra dimensione, che oltrepassano l’acustica del corpo, colorandolo di quei caratteri che i canti, i ritmi e le danze, dal loro concreto corpus, sembrerebbero reclamare. Come un’opera d’arte, il corpo rimanda fuori di sé nella misura in cui è esso stesso informato, al pari di un oggetto sonoro quando è in vibrazione. Allora esso si apre agli altri corpi attraverso il movimento, fonte di suggerimenti per gli equilibri della danza e centro delle focalizzazioni per le percezioni visive, tattili e uditive. La motilità che ne emerge riflette un sapere esperenziale vasto e completo, acquisito in un altro luogo e in un’altra esperienza, che il corpo incarna nel rito come un ricordo – altro termine implicito nel significato di evocazione. La memoria richiamata è quella delle situazioni quotidiane, istituite da gestualità depositate così profondamente nella storia del corpo al punto che questo riesce a liberarle anche senza una supervisione intenzionale 196 . Questi schemi di motilità possono essere acquisiti solo sulla base di pratiche reiterate, che in virtù di questo ripetersi – come un ciclo oscillatorio –, riescono a radicarsi in una forma di vita secondo le stesse modalità del linguaggio. Un corpo che nuota assume lo schema motorio del nuotare, una serie di azioni ben differenti da quelle che lo stesso corpo assumerebbe nella corsa. Ma se una musica si diffonde in un corpo che danza, coinvolgendolo nella connessione secondo alcune ondulazioni che sono comuni anche allo schema del nuotare, allora la motilità che pervade il corpo si spazializza non solo come risonanza sonora, ma anche come riverbero nel senso, in un senso sottratto dei suoi concetti ma assimilato nelle azioni 197 . Il senso può essere denudato, le dimensioni non presenti possono essere sospese, ma quello schema motorio non può essere separato dal corpo senza mutilarne allo stesso tempo la nudità. Ciò che rimane è un senso spoglio del suo sapere, ma nondimeno mobile nelle azioni. Questi movimenti non sono ulteriormente alienabili, gli appartengono di diritto perché danno forma al suo essere vivo, fondano il bios del suo essere al mondo. Lo schema del nuotare condivide la natura di un corpo che si è immerso nel mare, la cui consistenza liquida gli ha donato delle forme e dei movimenti da cui esso non può più sottrarsi. Così corpo e mondo si mettono in risonanza tra loro 198 . Lo stesso scorrere di senso può compiersi anche nella direzione opposta: la parola evoca un uso, il suo significato come azione; l’azione compiuta si diffonde nel movimento e questo si riverbera nella danza; questa a sua volta riecheggia la musica, influenzando così la dimensione sonora. Questi passaggi di senso mostrano che la stessa 196 Sini ci ricorda, citando Wundt, che un gesto è «parte di un atto sociale che solo in seguito diviene simbolo» e citando Mead, che «il gesto […] precede il simbolo e la stessa intenzione comunicativa» [Sini C., op. cit., p.15]. 197 Ecco allora che il senso, sottraendosi, diviene praxis: «cioè l’azione che trasforma il suo agente […]. La sottrazione del pensiero è la sua praxis: il pensiero che si disfa dei suoi oggetti, per diventare se stesso: noi, gli uni con gli altri e il mondo» [Nancy J. – L., Il pensiero sottratto, p. 52]. 198 Cfr. Nancy J. – L., All’ascolto, p. 68. IL RITO SOTTRATTO 123
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Un corpo che nuota assume lo schema motorio del nuotare, una<br />
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separato dal corpo senza mutilarne allo stesso tempo la nudità. Ciò che rimane è un senso spoglio<br />
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alienabili, gli appartengono di diritto perché danno forma al suo essere vivo, fondano il bios del<br />
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Lo stesso scorrere di senso può compiersi anche nella direzione<br />
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movimento e questo si riverbera nella danza; questa a sua volta riecheggia la musica,<br />
influenzando così la dimensione sonora. Questi passaggi di senso mostrano che la stessa<br />
196 Sini ci ricorda, citando Wundt, che un gesto è «parte di un atto sociale che solo in seguito diviene simbolo» e<br />
citando Mead, che «il gesto […] precede il simbolo e la stessa intenzione comunicativa» [Sini C., op. cit., p.15].<br />
197 Ecco allora che il senso, sottraendosi, diviene praxis: «cioè l’azione che trasforma il suo agente […]. La<br />
sottrazione del pensiero è la sua praxis: il pensiero che si disfa dei suoi oggetti, per diventare se stesso: noi, gli uni<br />
con gli altri e il mondo» [Nancy J. – L., Il pensiero sottratto, p. 52].<br />
198 Cfr. Nancy J. – L., All’ascolto, p. 68.<br />
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