IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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11.06.2013 Views

pur senza condividerne le note o la tonalità, è comunque un riverbero, una connessione in riferimento alle oscillazioni sonore. Del flusso vibrante da cui è attraversata, la voce conserva alcuni caratteri che ripropone nella sua cavità fisica. Questo gioco di attraversamenti, selezioni e rinvii è armonia. Non è una connessione immobile: armonia è questo legame di forze udibili, che permette lo scambio e il rinvio tra persone. Nel momento in cui il canto risuona, esso seleziona molte frequenze tra cui una che assume come dominante. Quando la voce risuona nella cavità del cantante, essa suggerisce una serie di altre frequenze, creando così un repertorio di toni su cui egli può modulare la sua voce, creare una melodia. A volte può capitare che dal coro si faccia avanti un cantante esperto a proporre un canto solista: in questo caso i cantanti si alternano con rispetto, occupando una zona più centrale durante la loro esecuzione solista e arretrando al livello degli altri partecipanti quando svolgono funzioni corali. Si vede qui che la differenza di ruoli non si stabilizza in una struttura rigida ma rimane al contrario dinamica e aperta agli scambi. Ciò può accadere anche ai danzatori e ai percussionisti, qualora siano presenti più persone capaci di rivestire queste funzioni. I partecipanti, oltre alle attività vocali, sostengono la poliritmia con battiti di mani, ritmi semplici ed efficaci che rappresentano la pulsazione tipica (la clave) dei ritmi folklorici cubani. I fedeli che battono le mani in genere eseguono uno di questi modelli ritmici, a seconda che la ritmica sottintesa dei batá sia binaria (4/4) o ternaria (12/8): Modelli base Sviluppi Tutte queste attività rientrano nella prassi della partecipazione al rito. I fedeli non fruiscono della cerimonia ma vi partecipano attivamente: i loro corpi sono percorsi dalle attività evocative e perciò diffondono al centro le forze del loro riecheggiamento, incrementando le azioni centrali. I partecipanti svolgono un ruolo molto importante: IL RITO SOTTRATTO 118

posizionandosi al perimetro, essi creano il centro di una scena, si aprono al suo contatto, ne contengono le forze entro i loro corpi e le riconsegnano al centro con un riverbero in più, che è quello amplificato dalla loro unione corale. Costituito il circolo, il coro istituisce una dimensione scenica, non privata, extra-quotidiana, non la abbandona alla deriva, non lascia che il rito sia condannato perché privo di senso: il coro dona al rito il senso dell’apertura a un corpus, la sua avvenuta organizzazione. Il coro gli dona il senso dell’esposizione reciproca nelle forme della sua prassi 187 , offre non un significato, ma il senso del senso, che si dà solo sottraendosi 188 . Sebbene le azioni cerimoniali siano culturalmente indirizzate verso la veste di un senso religioso, verso un’entità altra e come tale esterna alla stessa dimensione rituale, è il corpus stesso che, incorporando espressioni, evocazioni e aperture di senso da ogni sua parte, riattualizza ogni volta l'effettivo orientamento del rito. Le sue corporeità nude, vestite del senso religioso, si confondono con gli strati del tessuto che le avvolge, al punto che queste possono essere considerate come le forme corporee di un oricha 189 . Il raggrupparsi dei partecipanti attorno a un centro di attività corporee mostra i caratteri, le forze e i limiti di un’unione collettiva. Ma il suo attraente dinamismo mostra anche le tecniche di costruzione del senso: un agire non determinato da regole o concetti, ma dall’appartenenza a un complesso vivente, poliritmico, coreutico, corale, inscindibile in un flusso multivoco di forze, espresso dall’unione dinamica di azioni vibranti, da una connessione fluttuante che è il nucleo stesso di una partecipazione nuda. 187 E con la prassi, come ci insegna Wittgenstein, non apprendiamo una sola regola o un solo uso, ma tutto il sistema su cui si poggia il gruppo in cui siamo inseriti [Cfr. Wittgenstein L., Della certezza, Einaudi, Torino, 1978, p. 26, § 140-142]. 188 Sottraendosi dal gioco di rinvii tra una «cosa» e un’altra «cosa», il senso espone il movimento del rinvio stesso, come il suo senso più proprio [Cfr. Nancy J. – L., Il pensiero sottratto, p. 43]. 189 In un orizzonte religioso precostituito, le forze del rito obbligano «gli dèi a danzare, ma per far ciò occorre loro un supporto visibile, e questo li costringe ad incarnarsi» [Rouget G., op. cit., p. 160]. Quando si è all’interno di una logica –e non si può non esservi- questa avvolge il visibile con il tessuto grammaticale con cui essa si organizza, trasformando il reale con i colori e i concetti di ciò che è “visibile” e “dicibile”. IL RITO SOTTRATTO 119

posizionandosi al perimetro, essi creano il centro di una scena, si aprono al suo contatto, ne<br />

contengono le forze entro i loro corpi e le riconsegnano al centro con un riverbero in più, che è<br />

quello amplificato dalla loro unione corale. Costituito il circolo, il coro istituisce una dimensione<br />

scenica, non privata, extra-quotidiana, non la abbandona alla deriva, non lascia che il rito sia<br />

condannato perché privo di senso: il coro dona al rito il senso dell’apertura a un corpus, la sua<br />

avvenuta organizzazione. Il coro gli dona il senso dell’esposizione reciproca nelle forme della<br />

sua prassi 187 , offre non un significato, ma il senso del senso, che si dà solo sottraendosi 188 .<br />

Sebbene le azioni cerimoniali siano culturalmente indirizzate verso la veste di un senso religioso,<br />

verso un’entità altra e come tale esterna alla stessa dimensione rituale, è il corpus stesso che,<br />

incorporando espressioni, evocazioni e aperture di senso da ogni sua parte, riattualizza ogni volta<br />

l'effettivo orientamento del rito. Le sue corporeità nude, vestite del senso religioso, si<br />

confondono con gli strati del tessuto che le avvolge, al punto che queste possono essere<br />

considerate come le forme corporee di un oricha 189 .<br />

Il raggrupparsi dei partecipanti attorno a un centro di attività<br />

corporee mostra i caratteri, le forze e i limiti di un’unione collettiva. Ma il suo attraente<br />

dinamismo mostra anche le tecniche di costruzione del senso: un agire non determinato da regole<br />

o concetti, ma dall’appartenenza a un complesso vivente, poliritmico, coreutico, corale,<br />

inscindibile in un flusso multivoco di forze, espresso dall’unione dinamica di azioni vibranti, da<br />

una connessione fluttuante che è il nucleo stesso di una partecipazione nuda.<br />

187 E con la prassi, come ci insegna Wittgenstein, non apprendiamo una sola regola o un solo uso, ma tutto il sistema<br />

su cui si poggia il gruppo in cui siamo inseriti [Cfr. Wittgenstein L., Della certezza, Einaudi, Torino, 1978, p. 26, §<br />

140-142].<br />

188 Sottraendosi dal gioco di rinvii tra una «cosa» e un’altra «cosa», il senso espone il movimento del rinvio stesso,<br />

come il suo senso più proprio [Cfr. Nancy J. – L., Il pensiero sottratto, p. 43].<br />

189 In un orizzonte religioso precostituito, le forze del rito obbligano «gli dèi a danzare, ma per far ciò occorre loro<br />

un supporto visibile, e questo li costringe ad incarnarsi» [Rouget G., op. cit., p. 160]. Quando si è all’interno di una<br />

logica –e non si può non esservi- questa avvolge il visibile con il tessuto grammaticale con cui essa si organizza,<br />

trasformando il reale con i colori e i concetti di ciò che è “visibile” e “dicibile”.<br />

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