IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr
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CAPITOLO 7 Coro Questo è il luogo di residenza del vissuto personale: in questa posizione è stato possibile essere parte del rito come esperienza. Chiamare “coro” il perimetro dei corpi rituali suona un po’riduttivo, visto che i partecipanti in questa zona non si limitano a cantare, ma danzano e battono le mani, condividendo e diffondendo forme abbozzate di tutte le espressioni centrali. La coralità va quindi ristabilita anch’essa su delle basi più ampie, a comprendere non solo l’unisono armonioso delle voci, ma anche le poliritmie di battiti di mani e i movimenti ondulatori di tutti i partecipanti che si trovano attorno al centro del rito. Il perimetro rituale è la cassa di risonanza del rito. Se paragoniamo le attività centrali a delle corde, il coro allora è l’architettura di tutti quei corpi che, contenendo le loro vibrazioni, le amplificano. La più grande differenza con uno strumento acustico è che nel rito sia le corde che la cassa di risonanza sono fatte di corpi viventi: le pareti corali riverberano le forze centrali facendo eco alle forme dei cantanti, dei percussionisti e dei danzatori. In virtù dell’inserimento nel coro è stato possibile maturare questa esperienza e ripensarla nei termini di questa ricerca. Da una prospettiva perimetrale, è stato possibile vivere l’apertura del corpo nei confronti di tutte le forze centrali, assoggettato al suo lavoro di assimilazione delle forme. Il lavoro ha potuto godere di una simile riflessione proprio perché il corpo di chi scrive è stato ripercosso dai ritmi, mosso nella danza, messo in vibrazione dai canti rituali. Il rito ha modellato le forme concrete della partecipazione, ha stabilito un’inerenza tra gesti e canti, tra ritmi e movimenti, che è il dato esperenziale nudo. Questo è stato ripensato nella forma di una ragnatela di connessioni capaci di attrarre anche i corpi non abituati a tali pratiche, non conformati ai principi religiosi di cui il rito è espressione. Il luogo del coro, per la sua risonanza collettiva, accoglie più facilmente al suo interno una varietà confusa di partecipanti, che non devono perciò spiccare come esperti in queste attività, altrimenti il loro corpo si distinguerebbe da quello degli altri: al rito basta di muoverli in sincronia, senza richiedere ad essi alcuna raffinatezza esecutiva. È sufficiente che questi costruiscano una dimensione chiusa, resa IL RITO SOTTRATTO 116
solida dall’attenzione rivolta al centro, che li trasforma di colpo nel “contenitore” del rito. Il coro, amplificando le corde centrali, si mette in forme danzanti, canore, percussive. Ogni partecipante dà corpo a questo flusso di vibrazioni semplicemente iniziando a ondeggiare in sincronia con la collettività. Il circolo di fedeli attorno al centro del rito ripropone le dinamiche di risonanza, armonia e simpatia già affrontate nei capitoli precedenti, ma ristabilite al livello di un corpus collettivo. L’attenzione al centro determina la sua forma circolare e le forze che gli passano attraverso sono simili a delle onde che increspano la superficie di un lago. La vibrazione si diffonde circolarmente in un flusso che trasforma le attività di tutti i presenti; inoltre il movimento dei rinvii elegge il circolo come il limite delle sue forze. Queste, così come si diffondono verso l’esterno, vengono ripiegate nel centro con almeno con un’intensità accresciuta dall’eco corale. L’immagine delle onde che si diffondono al centro si completa così di un ondeggiare opposto, che rimette al centro le forze riecheggiate. Il coro diffonde le proprietà vibranti del centro nel centro stesso. Il circolo dei fedeli ha perciò la funzione di sostenere le attività centrali e di stimolarne lo sviluppo. La ripetizione dei canti e il sostegno ai ritmi si sovrappone alla danza lieve, che sembra essere l’attività che con più prontezza si diffonde in tutti i partecipanti: questi sincronizzano i loro movimenti ondulatori spostando alternativamente un piede lungo l'asse laterale e, in corrispondenza di questi passi, avvicinando e allontanando le mani con le braccia leggermente piegate. Tutti i partecipanti al rito rispondono al canto solista ripetendo i suoi stessi canti; altre volte li completano con brevi frasi di incitamento o ripetendo solo alcune parole del canto. Si può dire che il coro esalti gli elementi ripetitivi del canto, ingigantendoli con una forte intensità sonora. Mentre il cantante sviluppa una vocalità nasale e gutturale – forse per emergere più chiaramente come figura solista – il coro risponde ai canti con una vocalità più libera, senza tradizionali vincoli di armonizzazione e di intonazione, poggiandosi comunque sul riferimento della voce solista. Il riverbero del cantante si diffonde su tutti i presenti che non risentono solo del suo attraversamento ma anche delle armonie della loro risposta corale: decine di casse di risonanza mescolano i loro suoni, creando una tale densità di riferimenti su cui ognuno può trovare la sua risonanza più adatta: una voce particolarmente stridula o incredibilmente possente può stimolare la risonanza di alcuni partecipanti in forme più intense di quelle del solista stesso. A volte capita che la risonanza corale non amplifichi tanto le qualità vibratorie delle note cantate quanto il legame armonico con cui queste si uniscono nella melodia principale, ovvero la loro successione di intervalli. Ciò viene messo-in-canto dal coro, che apparentemente sembra stonare, perché non ripete le stesse note del cantante ma solo la sua successione di intervalli, trasferita in un’altra tonalità. Aderire a questo riferimento di intervalli, IL RITO SOTTRATTO 117
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coro, amplificando le corde centrali, si mette in forme danzanti, canore, percussive. Ogni<br />
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un corpus collettivo. L’attenzione al centro determina la sua forma circolare e le forze che gli<br />
passano attraverso sono simili a delle onde che increspano la superficie di un lago. La vibrazione<br />
si diffonde circolarmente in un flusso che trasforma le attività di tutti i presenti; inoltre il<br />
movimento dei rinvii elegge il circolo come il limite delle sue forze. Queste, così come si<br />
diffondono verso l’esterno, vengono ripiegate nel centro con almeno con un’intensità accresciuta<br />
dall’eco corale. L’immagine delle onde che si diffondono al centro si completa così di un<br />
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vibranti del centro nel centro stesso. Il circolo dei fedeli ha perciò la funzione di sostenere le<br />
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La ripetizione dei canti e il sostegno ai ritmi si sovrappone alla<br />
danza lieve, che sembra essere l’attività che con più prontezza si diffonde in tutti i partecipanti:<br />
questi sincronizzano i loro movimenti ondulatori spostando alternativamente un piede lungo<br />
l'asse laterale e, in corrispondenza di questi passi, avvicinando e allontanando le mani con le<br />
braccia leggermente piegate. Tutti i partecipanti al rito rispondono al canto solista ripetendo i<br />
suoi stessi canti; altre volte li completano con brevi frasi di incitamento o ripetendo solo alcune<br />
parole del canto. Si può dire che il coro esalti gli elementi ripetitivi del canto, ingigantendoli con<br />
una forte intensità sonora. Mentre il cantante sviluppa una vocalità nasale e gutturale – forse per<br />
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libera, senza tradizionali vincoli di armonizzazione e di intonazione, poggiandosi comunque sul<br />
riferimento della voce solista. Il riverbero del cantante si diffonde su tutti i presenti che non<br />
risentono solo del suo attraversamento ma anche delle armonie della loro risposta corale: decine<br />
di casse di risonanza mescolano i loro suoni, creando una tale densità di riferimenti su cui<br />
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incredibilmente possente può stimolare la risonanza di alcuni partecipanti in forme più intense di<br />
quelle del solista stesso. A volte capita che la risonanza corale non amplifichi tanto le qualità<br />
vibratorie delle note cantate quanto il legame armonico con cui queste si uniscono nella melodia<br />
principale, ovvero la loro successione di intervalli. Ciò viene messo-in-canto dal coro, che<br />
apparentemente sembra stonare, perché non ripete le stesse note del cantante ma solo la sua<br />
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