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lingua delle invocazioni è il lucumí, un linguaggio non comune che non tutti conoscono. Il suo<br />
ascolto già è sufficiente a evocare un certo mistero 182 , che si incorpora nel corpus con una certa<br />
tensione. Il non-comprendere manifesta una forma di apertura simile allo spaesamento del<br />
ballerino che, messo in gioco dalla scansione dei batá, non riesce a poggiarsi su un accento<br />
significante. La sua corporeità non è statica, immobile, in attesa di un indizio, ma è più simile<br />
alla corporeità di un gesto disperato, liberato non tanto per rivolgersi a un oggetto quanto per<br />
reclamarne la focalizzazione.<br />
Terminate le preghiere vocali cominciano le invocazioni<br />
ritmiche, che i tamburi ripropongono sostanzialmente con la stessa funzione e le stesse<br />
dinamiche. I ritmi si diffondono nella stanza dell’altare e nella camera d’eco del cantante che,<br />
seppure muto, tacitamente già è “intonato”, messo in tensione dalle vibrazioni dei tamburi<br />
sacri.<br />
Canto rituale<br />
Il canto comincia con dei codici stereotipati, che sono i canti<br />
degli orichas più generici e conosciuti. Attraverso questi, il cantante può sviluppare la<br />
sincronizzazione con le altre attività centrali, stimolando e riverberando le forze del corpus che<br />
si sta formando. Nella prima fase del lavoro non vi è ancora la necessità di avviare interazioni<br />
complesse e di modulare tensioni profonde: i canti infatti intonano un repertorio rivolto a tutta<br />
la successione degli orichas. Ogni canto attiva le risonanze di tutto il corpus, ma queste non<br />
vengono esplorate in profondità, per il semplice fatto che non si dà loro il tempo necessario.<br />
Con la fine di uno o più canti, i ritmi cessano e il silenzio – o le sfumature dei ritmi –<br />
permettono di reiterare questo momento iniziale di sincronizzazione ad ogni canto. A poco a<br />
poco le forze iniziano a scaldarsi e il cantante prende confidenza non solo con gli altri corpi cui<br />
è legato, ma anche con le forze liberate dalla sua vocalità: è il canto che chiama l’inizio della<br />
musicalità rituale, influenzando le armonizzazioni delle attività centrali. Il cantante può<br />
modulare le sue forze attraverso un’accurata scelta dei canti che, similmente alle frasi dell’iyá,<br />
reclamano una pronta risposta del coro, della danza e dei ritmi. L’immissione nello stesso<br />
corpus traccerà i primi solchi compositivi, abbozzerà lo svolgimento di una forma da seguire<br />
che il canto, in relazione alla danza e ai ritmi, evolverà attraverso una risonante scelta del suo<br />
repertorio.<br />
182 A tale proposito si veda Castellanos I., Language Use in the Lucumí Cult of Cuba (tesi di dottorato), University<br />
Microfilms International Georgetown University, Washington, D.C., 1976.<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 108