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CAPITOLO 6<br />
Canto<br />
Le risonanze della voce<br />
Il canto è la vibrazione di uno spazio areale molto ampio e<br />
problematico, che è il luogo della vocalità. In questo spazio scorrono parole significanti e canti<br />
melodici, oltreché espressioni prosodiche come risa, pianti, urla, ecc. Queste ultime, legate alla<br />
mimica facciale, fanno del passaggio alle risonanze non vocali uno scorrere graduale senza<br />
soluzioni di continuità con il suono, che a poco a poco si fa rarefatto fino a scomparire nel corpo<br />
stesso.<br />
La voce è un’attività sonora e come tale viene afferrata<br />
dall’ascolto: si ascolta un suono, o meglio un timbro, un complesso di frequenze che ha la<br />
composizione unica dell’individuo in cui la voce risuona. La “voce cantata” risuona in questo<br />
complesso timbrico, può modificarne gli equilibri e la forma quotidiana – che è la “voce<br />
parlata” – esaltando alcune frequenze, usando delle risonanze differenti, mantenendo i legami<br />
con le forze che la attraversano e liberando le frequenze cantate in una successione melodica.<br />
Ogni nota cantata è una vibrazione emessa e simultaneamente immessa, poiché la vibrazione<br />
non ha un corpo proprio ma una diffusione sferica che fa risuonare ogni corpo, anche quello<br />
del cantante 166 , che potrebbe sembrare il soggetto intenzionale del canto. Così, cantando una<br />
nota, egli assume la forma di uno “strumento cantante” per via della nota stessa che emette:<br />
grazie a questa, il cantante può percepire il suo riverbero vocale ed è solo dopo aver maturato<br />
questa esperienza che egli può provare a modulare le sue risonanze, tentando di dirigerle verso<br />
alcune zone di risonanza, capaci di amplificare alcune sonorità particolari. Dopo aver<br />
sperimentato a lungo in uno stato di sussunzione ai suoni della voce, egli può maturare una<br />
166 L’intima connessione che la voce origina crea la spaziatura tra il sé e gli altri. Attraverso la voce è possibile<br />
comprendere ancora una volta la fondamentalità del “con” rispetto all’essere. E inoltre è possibile imparentare la<br />
voce a un gesto, per efficacia pragmatica e per l’effetto riverberante che lo stesso gesto ha simultaneamente in chi lo<br />
compie e in chi lo riceve. Per ciò Sini tratta della voce come di un gesto vocale: «Il gesto vocale infatti influenza<br />
l’individuo che lo produce nello stesso modo in cui influenza gli altri, così come gli altri influenzano lui» [Sini C.,<br />
op. cit., p. 17].<br />
<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 101