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IL RITO SOTTRATTO - DSpace@Unipr

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individuato questo spazio come il luogo che persiste alla sottrazione di ogni forma sensata, allora<br />

diverrà possibile abitarlo, giovandosi di una posizione centrale e disincantata dalla quale sarà<br />

possibile assistere al “venir su del rito”, ovvero alle sue molteplici istituzioni di senso.<br />

Il lavoro si svolgerà nel modo seguente: i primi tre capitoli<br />

costituiscono la prima parte, che ha una funzione propedeutica alla trattazione vera e propria: in<br />

essi il lettore potrà ricevere alcune informazioni sul rito della santería, potrà comprendere la<br />

metodologia specifica di questa ricerca, nonché acquisire i primi elementi logico-grammaticali<br />

che verranno utilizzati per costruire la nuova linea interpretativa. All’inizio il rito della santería<br />

verrà descritto nella sua veste culturale (cap. 1, Il rito vestito), nel suo habitat specifico,<br />

mostrando la ricchezza delle sue forme cultuali nonché il panorama di studi incentrati su di esso.<br />

Seguirà una narrazione del rito vissuto, ovvero un resoconto delle mie personali percezioni e<br />

riflessioni alla luce della tradizione culturale che ha orientato la mia comprensione sensata. In<br />

questo modo il lettore potrà ricomprendere le differenze tra un approccio antropologico, guidato<br />

da una ricerca scientifica nella tradizione religiosa locale, e un approccio narrativo, guidato dalla<br />

forza che scaturisce dalla consonanza tra certe situazioni nuove e il ricordo di contesti familiari.<br />

Le finalità sono ben differenti ma entrambi gli approcci, cercando di “dire un senso” del rito, si<br />

ritrovano a poggiarsi su uno sfondo culturale preesistente. Questo sfondo verrà sottratto e con<br />

esso verrà meno ogni pretesa di individuare un “senso sensato” del rito. Ma l’insieme delle<br />

credenze religiose, così come la rete di somiglianze e differenze con la mia tradizione culturale,<br />

non è la causa efficiente del concreto muoversi del corpus collettivo: queste lo istituiscono come<br />

“rito compiuto”, gli danno una veste con cui presentarsi. Il corpus invece non ha bisogno di<br />

ragioni: esso, pur denudato a una semplice relazione di scambi reciproci, avvia un processo<br />

capace di un’orientazione e di uno sviluppo. Il rito sottratto è al mondo “nonostante tutto”, prima<br />

di ogni ragione.<br />

Alla prima esperienza rituale vissuta a Cuba ne sono seguite delle<br />

altre, che hanno confermato alcuni modelli e li hanno raffinati, avviando un ripensamento che<br />

dura ancora oggi, la cui funzione è quella di perfezionare le forme grammaticali e la struttura<br />

logica del vissuto originario, affinché esso possa essere esposto in forma scritta. I momenti<br />

salienti di questo ripensamento vengono esposti nel secondo capitolo (Ripensare l’esperienza).<br />

Ribadita la centralità del corpus antropico, il rito viene sottratto d’un tratto. La trasformazione<br />

egli mostra come questo non solo determini i vari soggetti, ma soprattutto «l’intersoggettiva connessione dei sé»<br />

[Sini C., Gli abiti, le pratiche, i saperi, Jaca Book, Milano, 1996, p. 30]. L’ego cum di Nancy, prima della nascita di<br />

ogni essente, viene nominato dal gesto vocale, come «verità pubblica», che non si riferisce immediatamente né al<br />

corpo che origina il gesto né a quello cui è destinato [Ivi, p.38] La camera d’eco nella quale il gesto si diffonde è<br />

aperta e affermata dal gesto stesso, mostrando così la verità assoluta, universale, antropica: la congiunzione degli<br />

uomini, la permeabilità trascendentale dei loro corpi nel gioco della loro esposizione reciproca.<br />

<strong>IL</strong> <strong>RITO</strong> <strong>SOTTRATTO</strong> 10

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