Aprile 2009 - Pilo Albertelli
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<strong>Aprile</strong> <strong>2009</strong><br />
www.ondanomalapilo.com ndanomal<br />
LIBRI<br />
questi versi è contenuto tutto il disco. Il tema<br />
della solitudine sconfitta dall'amore. Il ritorno<br />
alla nostra origine, il fango. La bellezza del<br />
mondo che ci circonda. La gioia, ovvero l'unica<br />
emozione che ci fa ridere e piangere al tempo<br />
stesso. È un'atmosfera da resurrezione.<br />
Un'altra comunione con la natura, questa<br />
invece improvvisa e dolorosa, è descritta da<br />
Edvard Munch nei suoi diari. Ci sta<br />
raccontando l'origine de "Il grido". "Camminavo<br />
lungo la strada con due amici- quando il sole<br />
tramontò. I cieli diventarono improvvisamente<br />
rosso sangue e percepii un brivido di tristezza.<br />
Un dolore lancinante al petto. Mi fermai- mi<br />
appoggiai al parapetto, in preda a una<br />
stanchezza mortale. Lingue di fiamma come<br />
sangue coprivano il fiordo neroblu e la città. I<br />
miei amici continuarono a camminare- e io fui<br />
lasciato tremante di paura. E sentii un<br />
immenso urlo infinito attraversare la natura."<br />
Torna alla mente un gioco da cruciverba. Ci<br />
sono due immagini apparentemente uguali,<br />
fatta eccezione per un certo numero di dettagli.<br />
Lo scopo è trovare le differenze. Immaginiamo<br />
di avere nella vignetta di destra Jovanotti e<br />
in quella di sinistra Munch. Entrambi diventano<br />
tutt'uno con il respiro del mondo, ma dove<br />
il pittore sente un urlo angosciante, l'altro<br />
sente musica. Dove Munch rimane solo,<br />
abbandonato dagli amici, probabilmente più<br />
distratti che malvagi, Jovanotti no. Abbiamo<br />
trovato la differenza tra i due. La solitudine.<br />
Cosa vuol dire solitudine? Non certo essere<br />
soli. Gli amici di Munch sono distanti appena<br />
pochi metri, non un abisso insondabile. Lo stesso<br />
Jovanotti ci dice, in maniera sibillina, che<br />
anche senza compagnia non è solo. Esistono<br />
persone che ritengono di essere incomprese,<br />
abbandonate, e continuerebbero a pensarlo<br />
anche in mezzo a una folla. Solitudine vuol dire<br />
sentirsi soli. Jovanotti era solo, disperato,<br />
contro il muro. Poi è arrivata lei, chiunque sia,<br />
e gli ha mostrato la bellezza del mondo. Forse<br />
non è vero che per lui sia andata così. Capriccio<br />
d'artista. Ma è una storia reale ancor prima che<br />
realistica. E comunque la questione è un'altra,<br />
ed è contenuta tutta nelle parole "Io lo so".<br />
Non si tratta di ciò che è veramente, ma di ciò<br />
che pensiamo sia. Munch non era solo, ma si<br />
sentiva solo. Era lui a creare l'abisso incolmabile<br />
tra sé e gli altri (gli amici, l'umanità), non viceversa.<br />
Un'altra storia. Un altro ponte. È sera tarda,<br />
un uomo in piedi sul parapetto fissa l'acqua nera<br />
sotto di sé come se fosse preda di una magnetica<br />
attrazione. Ma ecco giungere qualcuno<br />
a impedire il suicidio. Un angelo, o più semplicemente<br />
un uomo di cuore, come la protagonista<br />
di "A te". Tu, che stai per suicidarti, perché<br />
lo fai? non hai visto come è bello il mondo? dici<br />
di non avere più nulla, che ti sembra del mare,<br />
del sole, dell'amore? Cioè, inspira. Lascia<br />
entrare il mondo nella tua anima. E non sarai<br />
mai solo. Meraviglioso.<br />
O A<br />
La masseria delle allodole<br />
Antonia Arslan<br />
Cecilia Lugi V B<br />
Spesso tendiamo a dimenticare, o a ricordare<br />
parzialmente, le brutture e le atrocità<br />
del nostro passato più o meno recente. Per<br />
questo dovremmo mantenere sempre vivo il ricordo<br />
degli eventi storici di cui si parla troppo<br />
poco, e sui quali alcuni scrittori revisionisti,<br />
ancora oggi, con ostinata arroganza insistono<br />
a negare. Com’è giusto che la shoah rimanga<br />
eternamente impressa nella nostra memoria,<br />
dovremmo far sì che “l’olocausto degli armeni”<br />
non cada nell’oblio.<br />
Il termine “genocidio armeno” non si riferisce<br />
solamente alla campagna anti-armena del<br />
1894-1896 sostenuta e condotta dal sultanato<br />
turco-ottomano, ma anche all’eliminazione sistematica<br />
e alla deportazione forzata di circa<br />
due milioni di armeni cristiani compiuta dal governo<br />
dei Giovani Turchi negli anni 1915-1916.<br />
Tutta colpa di Mick Jagger<br />
Cyril Montana<br />
Alla questione sono dedicati alcune pellicole<br />
struggenti come Ararat di Atom Egoyan (2002), e<br />
specialmente, romanzi importanti come La masseria<br />
delle allodole di Antonia Arslan, dal quale i<br />
fratelli Taviani hanno realizzato l’omonimo film<br />
(2007).<br />
La masseria delle allodole rievoca la tragica<br />
avventura dello zio Sempad, trucidato insieme a<br />
tutti i membri di sesso maschile della famiglia,<br />
della tenace Shushanig, che grazie al proprio coraggio<br />
riuscirà a portare in salvo ad Aleppo i figli<br />
sopravvissuti al massacro della Masseria, agli<br />
stenti e alle sofferenze, alla sete e alla fame, e soprattutto,<br />
all’orribile sterminio, tristemente conosciuto<br />
come “la marcia della morte”.<br />
E ripercorre i momenti di sofferenza di<br />
Yerwant, padre di Antonia, fratello maggiore di<br />
Sempad, fuggito a Venezia all’età di 13 anni e mai<br />
più tornato in Anatolia, afflitto dal rimorso di<br />
non aver potuto raggiungere i congiunti, la<br />
drammatica vicenda della famiglia trucidata,<br />
spezzata, ma allo stesso tempo unita, e sorretta<br />
dalla forza della disperazione, e di un intero popolo<br />
senza patria, tuttora privo di una stabile<br />
identità nazionale, disperso in ogni angolo di<br />
mondo, che si batte affinché il proprio incubo sia<br />
ricordato, senza mai smettere di sognare il ritorno<br />
nella terra natia.<br />
Il romanzo è caratterizzato da una prosa<br />
sincopata, in cui prevalgono periodi brevi, carichi<br />
di pathos. Le pagine rapiscono il lettore grazie al<br />
racconto di episodi realmente accaduti, e alla descrizione<br />
di una nutrita galleria di personaggi<br />
“unici”, concepiti della fervida fantasia di Antonia<br />
Arslan, personaggi ai quali la scrittrice - nata a Padova<br />
nel 1938 - riesce a dare una tipicità, un ruolo<br />
e un destino, basandosi quasi esclusivamente<br />
su ricordi sbiaditi, frammenti di vecchie storie, e<br />
varie altre fonti raccolte e trasfigurate in questa<br />
mirabile e commovente narrazione.<br />
Claire<br />
Simon è un figlio di “figli dei fiori”,<br />
sballottato nell'infanzia tra il nido dell'adorata<br />
nonna e asili per bambini di hippies, ed è cresciuto<br />
con tutte le dovute conseguenze. A 30 anni<br />
deve conciliare la sua già complicata vita sentimentale<br />
con l'inseguimento continuo di una madre<br />
che è un'inguaribile settantottina, che da vera<br />
bohemien gira per gli alberghi più costosi di<br />
Francia e che sostiene che le sue emicranie siano<br />
causate dal fatto che Mick Jagger si è impossessato<br />
della sua testa.<br />
Attraverso una prosa piacevolmente<br />
sgangherata che si sviluppa tra flashback e monologhi<br />
interiori, Montana fornisce un delizioso<br />
ritratto di un immaginario ragazzo-frutto<br />
dell'amore libero, perseguitato da paure, manie e<br />
totalmente sconclusionato nelle sue avventure<br />
amorose, ridefinendo ironicamente l'eredità di<br />
quel '68 tanto idealizzato da noi adolescenti.<br />
Ed. Excelsior 1881, 2008, 183 pagg, 12.50 euro